12.1 Follia.
Lottò con tutte le sue forze. Si aggrappò con le unghie e i denti al brandello di lucidità che faceva capolino nella sua mente, ma alla fine le uscì un sospiro, e Malfoy la strinse di più a sé, impercettibilmente.
Non si chiedeva cosa stesse facendo, era solo troppo piacevole per pensare alle conseguenze che avrebbe avuto. Un bacio. Stava davvero baciando Malfoy? Non sarebbe sembrato, sul serio. La sua aria austera, tutto ciò che sapeva sul suo conto, la cattiveria... Non sentiva nulla di tutto ciò. Sentiva solo un crescente calore, più forte del suo autocontrollo. Sentiva le sue labbra sulle sue, che la baciavano morbide e lente come non se le sarebbe mai aspettate. Sentiva il cuore batterle nelle orecchie, sfondandole i timpani. Sentiva il suo istinto, che le diceva di non fermarsi.
Fu come se insieme a quel sospiro le fosse sfuggita tutta la forza di volontà, era cosciente solo di lui, davanti a lei, che ora aveva portato una mano sul suo volto e usava il pollice per accarezzarle la gota cautamente. Si accasciò, e il suo corpo parve rilassarsi non appena ebbe chiusi gli occhi. Aveva caldo, ma avrebbe voluto avvicinarsi ancora. Il suo odore non le era mai sembrato più forte, e si rese conto che in quei dieci giorni l'aveva cercato. Non aveva mai provato una sensazione di così totale oblio, nemmeno con Ron. RON.
Oh mio Dio. Venne celermente riportata alla realtà, che le saltò addosso come una belva.
Sussultò, sgranando gli occhi, rendendosi conto in un solo istante di cosa stesse facendo.
Si staccò velocemente da Malfoy, guardandolo sconvolta per qualche secondo. Lui aveva gli occhi sgranati e le labbra socchiuse, dove fino a qualche istante prima erano poggiate le sue. Teneva le braccia ancora sollevate, con le mani protese verso di lei, nei suoi occhi ghiacciati ora pareva essersi insinuata una sfumatura selvaggia, e sembravano scioccati quanto lei.
-
«Che cosa ho fatto...» sussurrò la Granger, a un metro da lui, probabilmente non rendendosene nemmeno conto. Lo guardò per un attimo, sconvolta quanto lo doveva essere lui. Lui, che era stato bruscamente riportato alla Terra non appena lei aveva interrotto il loro contatto.
Non ebbe il tempo di focalizzare qualcosa da dire, perché lei si girò e corse via, scappando come nemmeno una serpe avrebbe saputo fare.
Ci volle qualche centesimo di secondo, ma poi riuscì a muovere le gambe per correrle dietro.
«Granger!» le urlò, non avendo la minima idea del perché delle sue azioni.
Lei fece una mossa veloce con il braccio e lui, mentre correva, andò a sbattere contro un muro di protezione solido e trasparente.
«'Fanculo» imprecò, e in un gesto di rabbia lanciò uno schiantesimo verso l'incanto Protego, che esso assorbì in un disegno di luci. Non contento, vi scagliò un calcio, col solo risultato di farsi male.
«'Fanculo» ripeté.
Cosa cazzo é appena successo?
...
Non riusciva a smettere di pensare a quella... Maria. Perché non la conosceva? Provava una fitta curiosità.
Blaise sembrava spendere tutto il suo tempo libero con la ragazza misteriosa, ultimamente.
Draco si era chiuso in una specie di trance da dieci giorni, e quella mattina sembrava essere stato stranamente interessato dal ritorno della Granger.
Theo non la evitava, diciamo, ma non passava nemmeno del tempo con lei, di certo. Aveva bisogno di tempo, lo capiva...
Millicent era sempre più convinta che il suo malumore fosse dovuto a Blaise e la sua ragazza, che idiozia... e per evitare anche lei, Daphne era rimasta sola.
Camminava avanti e indietro, aspettando che qualcuno che conoscesse entrasse con lei nell'aula di Pozioni. Lumacorno la stizziva, certe volte.
Vide avvicinarsi Theo che, una volta arrivato davanti a lei, si fermò. Daphne rimase immobile, ma sentiva bruciarle gli occhi... le mancava Theo, il suo amico, quello che si toglieva i guanti per darli a lei e quello che riusciva a capire ciò che pensava. Il suo dolce e pensieroso Theo. Ciò che più la spaventava era che, dopo ciò che era successo, non sapeva dove iniziava il Theo suo amico e dove invece il Theo innamorato di lei. Aveva paura che qualcosa mutasse, una volta che gli aveva detto di non provare le stesse cose.
Theo sospirò e fece un sorriso timido, di quelli che adorava. Allargò un po' le braccia, e lei non esitò un attimo: ci si fiondò e si lasciò stringere, odorando quell'odore di pulito, rassicurante.
«Che dici, ti ho fatta penare abbastanza?» le sussurrò all'orecchio, con un sorriso.
«Troppo» rispose lei, allontanandosi quel minimo da guardarlo in faccia, ma restandogli comunque vicina «mi dispiace tanto Theo.»
«Lo so, me l'hai già detto. Stai tranquilla.»
Lei non seppe cosa dire, si limitò solo ad abbracciarlo nuovamente.
Qualcosa, o meglio qualcuno, diede loro una spallata, prima di entrare nella classe alle loro spalle. Daphne si girò e fece appena in tempo a vedere le spalle contratte e i capelli mori di Blaise varcare la porta, senza guardarsi indietro.
«Brutto...» cominciò Daphne, cominciando ad andargli dietro, già infuriata, ma Theo la fermò.
«Lascia stare Daphne» le disse senza guardarla, tenendo gli occhi fissi sulla porta che ora si era richiusa. Le sue iridi erano pensierose, e sembravano lasciarla all'oscuro di qualcosa.
«Andiamo» gli disse, e si stava avvicinando alla classe quando qualcuno le picchiettò sulla spalla.
Konradin Albury era apparso dal nulla e la guardava, dietro di lui, la sua combriccola di amici.
«Ehm... Ciao Greengrass» la salutò, forse un po' in imbarazzo.
«Albury...» ricambiò il saluto lei, con un cenno del capo.
«Potrei parlarti?» disse, lanciando uno sguardo agli amici dietro di lui, che ridacchiavano.
«Ehm, non ora Albury, scusa, dobbiamo entrare in classe» rispose lei «può aspettare un paio d'ore?» chiese. Non voleva essere scortese, ma voleva solo che quella giornata andasse avanti, ed era così felice per aver chiarito con Theo.
«Oh, certo, sì...» rispose. Quindi le toccò la spalla come ad accompagnarla in classe, con uno dei suoi sorrisi mozzafiato. Daphne però allungò una mano verso Theo e, prendendogli un braccio, entrò nell'aula di pozioni insieme a lui.
-
Fottuta Mezzosangue, fottuta Mezzosangue, fottuta Mezzosangue.
Draco sembrava essere in uno stato confusionale. Era stato a camminare avanti e indietro per un'ora, e adesso si era seduto restando immobile, sul divano della sua Sala Comune. Non riusciva a catalogare ciò che era successo, e ripensarci lo sconvolgeva.
Chiuse gli occhi, e si portò le mani sul viso. Il suo respiro, che gli tornava indietro scontrandosi sulla superficie dei suoi palmi, gli ricordò quello della Granger sul proprio volto, caldo e leggero. Ripensò al modo in cui le sue labbra si muovevano lente e delicate sulle sue, le stesse labbra che aveva usato solo per insultarlo, le stesse labbra che avrebbe voluto cucire ogni volta che ne uscivano parole saccenti e di sprezzo, ogni volta che alzava la mano in classe per rispondere eccellentemente ad una domanda. Cercò di respingere il pensiero del suo respiro, delle sue labbra, del suo calore. Si tolse le mani dal volto e le strofinò tra loro.
Ma subito un altro pensiero gli pervase la mente, il pensiero che solo poco prima quelle stesse mani l'avessero toccata e, detestava ammetterlo, accarezzata. Gli sembrava di avere ancora il suo odore addosso, ancora il segno di quel bacio, sulle labbra. Rivide in mente la curva del suo collo, la sua pelle color miele e le sue clavicole magre che erano state scoperte solo un attimo, quando quei capelli arruffati si erano spostati, ma a lui era bastato.
Richiuse gli occhi, e venne avvolto di nuovo dal tepore di quella situazione, da quell'aura color oro che l'aveva avvolto durante quei pochi secondi. Sentì di nuovo il suo piccolo corpo appiccicato al proprio, la vita sottile sotto le sue mani, i palmi di lei sul suo petto... sentì la sensazione di averla vicina e di essere consumato dalle fiamme.
Una indistinguibile contrazione sotto l'ombelico lo colse, e la sua mano scivolò senza che potesse controllarla sul cavallo dei pantaloni. Sarebbe bastato un niente...
Un piccolo gemito, il proprio, lo fece risvegliare da quello stato di trance, e un ringhio uscì dalla gola di Draco, che scosse la testa e aprì gli occhi, tentando di scacciare le immagini dalla sua testa. Un brandello dell'antico disgusto fece capolino nella sua mente e lui lo accolse lieto, almeno era qualcosa che conosceva. Era sconvolgente il potere che la Granger aveva su di lui, e lo portava a detestarla sempre più intensamente.
Erano mesi e mesi che non aveva un'interazione con un altro essere umano di genere femminile, almeno in quel senso, e il fatto che quell'insopportabile grifondoro fosse sempre nel suo cervello non aiutava la situazione.
Fottuta, fottutissima Mezzosangue, non solo non aveva più il potere di direzionare i suoi pensieri ormai da quelli che sembravano secoli, ma ora non controllava nemmeno il suo corpo.
Si era rotto le palle, e in quel momento avrebbe voluto solo uscire dalla Sala Comune dei serpeverde e andare a cercare la Granger e riversarle contro un fiume di parole che non sapeva nemmeno dove avrebbe preso, ma voleva insultarla, voleva umiliarla come si sentiva umiliato lui, voleva sputarle addosso tutta la confusione che aveva in testa, voleva vedere i suoi occhi infiammarsi di rabbia, voleva guardarla perdere le staffe, voleva... Voleva vederla. Voleva vedere le pagliuzze dorate nelle sue iridi, dimostrare a sé stesso che non stava lentamente perdendo il senno, che non era pazzo a tal punto. Che lei non era che una Mezzosangue insopportabile.
«'Fanculo» imprecò. La testa gli stava scoppiando, e si sentiva contorcere le budella. Doveva averlo affatturato, sì, decisamente era possibile. D'altronde a quella dannata strega non mancavano di certo ne il cervello ne le nozioni teoriche per farlo impazzire... La odiava. Stava scivolando pian piano in una spirale di follia, e l'unica cosa che riusciva a vedere, nel bene e nel male, era la fottuta Granger.
-
Stupeficium!, pensò Hermione, e dalla sua bacchetta uscì una luce rossa e vivida, che si andò a schiantare sul suolo freddo dello spiazzo nella Foresta Proibita. Era lì da un'ora e mezza, lo sapeva dall'orologio, e ancora non era riuscita a far ordine nella sua testa, nemmeno ripassando tutti gli incantesimi che conosceva.
Nella mente continuavano a ripresentarlesi immagini di Malfoy, e ogni secondo credeva di meno a ciò che aveva fatto. L'aveva baciato. Aveva baciato Malfoy. Lei, Hermione Jane Granger, aveva baciato Draco Lucius Malfoy, l'ultima persona con cui avrebbe voluto anche condividere l'ossigeno. Cosa diamine le era preso, per Godric?!
Si sentiva sporca, e terribilmente in colpa. Nello stomaco sembravano esserlesi annodate tutte le viscere, non riusciva a respirare senza pensare alla vicinanza che c'era stata tra loro. Persino quel luogo le ricordava Malfoy, e non le piacque per niente. L'odore di umido e freddo era solo un promemoria del modo in cui vedeva lui prima di toccarlo. Rigido, ostile, austero. Non si era mai soffermata più di tanto a pensare obiettivamente a Draco Malfoy, il suo pessimo carattere era riuscito a nascondere qualsiasi altra cosa, in quegli anni... Ma, almeno, se aveva avuto l'istinto di baciarlo doveva essere un bel ragazzo. Ci pensò, e davanti agli occhi fu come se avesse la linea della sua mascella, gli occhi penetranti e il volto tormentato. La postura, i modi eleganti, le sue labbra... Le sue labbra. Non avrebbe mai immaginato che baciare Malfoy potesse essere... così. Anche adesso, se ripensava a tutte quelle sensazioni, non riusciva a credere che quel ghigno fosse stato... così. Al solo pensiero, il tepore del corpo di lui sembrò avvolgerla di nuovo, e nelle sue orecchie sentì ancora il proprio cuore battere velocemente. Scosse la testa, chiudendo gli occhi.
Okay, decisamente era un bel ragazzo. Ma lei non avrebbe dovuto nemmeno prendere in considerazione di parlargli. Se Harry e Ron avessero saputo tutto ciò che nascondeva loro... L'avrebbero odiata per sempre, specialmente Ronald. Lei amava il rosso, e non poteva credere di avergli fatto qualcosa di così terribile solo per un'incoscienza dettata dal momento. Perché era questo che era stata: un'incoscienza.
Perché non c'era nulla di logico o razionale nella costanza con cui pensava a Malfoy, questa era la conclusione a cui era arrivata. Quel furetto le stava entrando nella testa e sotto la pelle, e la sua paura era che ci restasse permanentemente: si sentiva preda di una nuova e sconosciuta follia, ed era sicura che quel furetto platinato bastardo sapesse ciò che faceva. Senza contare tutti gli anni precedenti, era da quando era tornato che la prendeva in giro, facendola impazzire appresso alle proprie congetture. Quel ragazzo le aveva portato via intere ore di pensieri, e la cosa peggiore era che non aveva idea di come farlo smettere di essere così... Insopportabile. Non riusciva a focalizzarsi per più di cinque minuti su qualcosa che non fosse lui, e sentiva di star perdendo tutto il proprio autocontrollo. Non capiva più cosa fosse vero o immaginato, era tutto confuso e tutto la riportava a lui.
Brancolava in quel Buio mascherato da Luce, e tutto ciò che riusciva a sentire e percepire, era Malfoy.
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