0.1 Hermione.
Hermione Granger era una strega brillante. La più brillante della sua età. Era babbana di nascita, ma aveva dimostrato al mondo magico quanto il pregiudizio sui "Mezzosangue" fosse infondato.
Riusciva in incantesimi potentissimi, era conosciuta per il suo ruolo accanto al famoso Harry Potter, suo migliore amico, nella sconfitta del mago oscuro Voldemort. Aveva risolto innumerevoli enigmi, aiutato innumerevoli persone, inventato addirittura alcuni incantesimi. Ma era anche lei umana.
Da quando la guerra era finita, le cose non erano state le stesse. Stava con Ronald, il rosso di casa Weasley che si era dimostrato un vero grifondoro. Era la migliore amica di Ginevra Weasley ed Harry Potter, i due si amavano.
Hogwarts, sebbene con alcune difficoltà, si stava riprendendo da ciò che era accaduto solo sei mesi prima.
Ma il cambiamento era radicato in lei. Non sapeva cosa era mutato, ma era sicura che qualcosa ci fosse. Nel frattempo, tentava di ignorarlo, almeno quando era possibile.
Era seduta vicino al Lago Nero, con Ron e Ginny. Le mani del grifondoro erano tra i suoi capelli, giocandoci e guardando come rilucevano sotto la fioca luce del Sole, coperto dalle nuvole. Appoggiata a lui, Hermione teneva gli occhi fissi sugli alberi della Foresta Proibita, oltre il lago.
Non si spiegava ciò che era successo la notte prima. Non vedeva Draco Malfoy da quando, nel bel mezzo della battaglia di Hogwarts, era scappato insieme alla sua famiglia.
Quando la scuola aveva riaperto i battenti, dire che i Serpeverde erano stati decimati, era poco. La McGranitt si era personalmente assicurata che il Cappello Parlante decidesse per ognuno della casa verde-argento se era il caso di farli restare. Inutile dire che il risultato era stato motivo di amarezza per la neo-preside, e tutte le altre case. Le classi della casata Serpeverde erano notevolmente diminuite, così come i suoi allievi. Non era per discriminazione, ma la paura che qualcosa di simile al passato potesse accadere di nuovo, era ancorata anche negli animi di chi più la combatteva.
Ma il giovane di famiglia Malfoy non si era visto allo smistamento avvenuto quell'anno. Non sapeva come sentirsi al riguardo. Probabilmente era sollevata, sì. Lo sputasentenze biondo platino era uscito dalla vita sua e di chi amava, impossibilitato a ferire di nuovo qualcuno di loro.
Ma non poteva evitare di provare compassione per lui. Non solo per ciò che aveva fatto tempo prima, durante la guerra, chiaramente obbligato e combattuto. Non per la gratitudine e l'incredulità che aveva letto sul suo viso quando l'avevano salvato nella Stanza delle Necessità. Non per il modo in cui si aspettava che lo lasciassero morire.
Era per lo sguardo che la notte prima, nascosto dall'oscurità della Foresta, le aveva rivolto. Nei suoi occhi aveva letto qualcosa di indistinto, che le faceva venire i brividi lungo tutto il corpo. Era per la sua voce fintamente fredda, quella notte. Era per il modo in cui credeva di averlo sentito sussurrare "aspetta", dopo che scappasse via.
Cosa ci faceva lì, dopo tutto quel tempo? Cosa lo aveva fatto tornare?
Probabilmente un nuovo tranello, oppure un qualche piano. Fatto stava che la famiglia Malfoy era nota per essersi data alla fuga, per paura del giudizio del Ministero della Magia, o di Merlino sapeva cosa.
Ma non poteva sapere quanto profondo fosse stato da allora il cambiamento in lui.
Se lui era tornato ad Hogwarts, per qualsiasi motivo l'avesse fatto, i suoi genitori non potevano essere lontani.
Istintivamente si portò la mano all'avambraccio sinistro. Le cicatrici che la marchiavano da quando Bellatrix Lestrange, zia di Draco, l'aveva torturata, sembravano bruciare ancora, quando ci ripensava.
La scritta "Mudblood" era coperta dai vestiti, ma il ricordo di come la sua pelle fosse ruvida e permanentemente segnata, le infiammava l'orgoglio, chiaro nella sua mente come il vetro.
Non poteva credere che fosse tornato. Probabilmente era un altro scherzo della sua mente, non sarebbe stata la prima volta... Ma non era il momento di pensarci. Permetteva ai pensieri di riaffiorare solo quando non aveva alcuna luce con cui combatterli. E adesso c'era Ron. C'era Ginny. La piccola di casa Weasley che si era dimostrata la più coraggiosa di tutti.
Girò la testa, guardando la rossa che le aveva rivolto un sorriso caldo.
«Cos'hai, Hermione?» la voce gentile dell'amica le giunse alle orecchie preoccupata. Preoccupata per lei.
«Niente, davvero, Ginny... Stavo solo pensando.» sorrise radiosa lei, sperando che la sua espressione non apparisse falsa tanto quanto lo era. Non ne aveva parlato con nessuno, e sul serio non sapeva se poteva farlo.
«E a cosa pensi?» Ron si scostò per guardarla in faccia, con solo l'amore negli occhi azzurri. Amore per quella brillante giovane strega che, solo Merlino sapeva come, ricambiava i suoi sentimenti.
«A tante cose... Dov'è Harry?» domandò, cercando di distogliere l'attenzione da sè. Funzionò.
Ginevra si illuminò, pensando al suo ragazzo. Avevano avuto tantissimi ostacoli, tra cui proprio Ronald, ma finalmente potevano stare insieme.
«Non è qui.» disse ironico Ron.
«Ma non dirmi!» ribatté lei con un sorriso.
«Lo so io dov'é.» intervenne Ginny.
«Ovviamente.» disse Ron.
Lei alzò gli occhi al cielo, poi parlò.
«È ad allenarsi.» disse semplicemente. Harry si allenava tutti i giorni. Era deciso più che mai a diventare un Auror, ed era sicuro che ce l'avrebbe fatta, lui era Harry Potter. Questo, però, non gli impediva di passare molto del suo tempo nell'aula dei duellanti ad esercitarsi negli incantesimi.
Nel mondo magico tutti conoscevano il suo nome, tutti sapevano ciò che aveva fatto, tutti davano per scontato che riuscisse nelle cose, tutti tranne lui. Non era facile essere il bambino che è sopravvissuto, il prescelto. Ma ormai tutti erano decisi a lasciarsi gli anni bui alle spalle, quindi nemmeno ci facevano più caso. Semplicemente, gli ricordava troppo ciò che avevano perso.
«Parli del diavolo...» disse ironicamente Ron.
«...e spuntano le corna?» con un sorriso Harry completò la frase. Hermione non si era nemmeno accorta del fatto che il grifondoro stava camminando verso di loro, i capelli disordinati scompigliati dal vento invernale.
Lui e la Granger avevano provveduto ad insegnare a Ron e Ginny alcuni detti babbani, tanto per farsi due risate, ma da allora il Weasley non faceva che metterli in mezzo. Che avesse preso dal suo babbanofilo padre?
Harry si chinò sul prato innevato, e diede un bacio dolce sulle labbra di Ginny. Ron ancora si irrigidiva ogni volta, quindi Hermione gli diede una gomitata scherzosa, per poi baciarlo sulla guancia.
«Com'è andata oggi?» chiese la rossa.
«Al solito... Sembra assurdo, ma ho delle difficoltà con gli incantesimi di base. Quelli un po' più avanzati mi riescono.» raccontò lui. Hermione, suo malgrado, pensò nuovamente alla notte prima.
Merlino, perché non poteva smetterla e basta?
«Ragazzi, ho trasfigurazione adesso...» disse.
«Anche io.» rispose Harry. La ragazza si alzò, attenta a non fare male a Ron, poi prese la mano del rosso per incitarlo a fare lo stesso.
Dopo qualche lamento del grifondoro, il quale sosteneva che non si sarebbe mai più seduto sulla neve, o si sarebbe congelato il sedere, si separarono davanti alle scale.
«Ci vediamo dopo.» le sussurrò Ron, dopo averle dato un bacio a stampo.
«Sì, a dopo.» sorrise lei.
Mentre camminava lungo i corridoi di Hogwarts con l'amico, per andare nell'aula di trasfigurazione, Hermione non poté non pensare. Lei ed Harry camminavano in silenzio, l'uno vicino all'altra, quando lui ruppe il silenzio.
«Hermione, davvero, cos'hai? A me puoi dirlo.» Davvero, Harry? Posso dirtelo? pensò.
Non voleva dare altri pensieri a quel ragazzo. Era sempre stato il suo migliore amico, la capiva come nessuno.
Si fermò, seguita a ruota da lui.
«Stavo solo pensando a quanto sia strano tutto questo. Noi, che camminiamo ancora in questi corridoi, come se nulla fosse cambiato. È solo che certe volte non posso fare a meno di sentirmi come se fossimo ancora a vagabondare in cerca degli horcrux, senza una vera meta e in situazioni estreme... Mi chiedo cosa sia successo ad alcune persone, oppure...» smise di parlare. Non poteva dire ad Harry di Malfoy. Oppure sì? Il fatto era che non parlavano mai della guerra. Stavano cercando di andare avanti, tanto era il sollievo che tutto fosse finito. Tutti si comportavano come se nulla fosse stato. Ma forse non bisognava ignorare.
«Oppure cosa?»
«No, niente...»
Hermione fece un passo avanti, ed abbracciò l'amico. Harry non esitò a ricambiare la stretta, facendola sentire sempre più al sicuro tra le sue braccia familiari.
«Credevo che fosse tutto passato.» le sussurrò all'orecchio.
«Ed è così... È così, davvero. Solo che...» non ne aveva mai parlato con nessuno.
«Shh. Basta adesso. Hermione, basta...»
«Scusa, Harry, io...»
«Non fa niente.»
Una ragazzina con delle lunghe trecce bionde rivolse loro un'occhiata curiosa, evidentemente era in ritardo anche lei. Sembrava del primo, massimo secondo anno, così piccola rispetto alla giovane donna che stava abbracciando Harry. Portava i colori della casa Tassorosso e, dopo aver distolto lo sguardo imbarazzata, si affrettò ad andare via. Questo ricordò ad Hermione una cosa.
«Oddio, Harry, siamo in ritardo!» si sciolse dall'abbraccio e tirò il grifondoro per un arto, nella direzione dell'aula.
Con una risata sommessa, il moro la seguì.
L'aula di Trasfigurazione era sempre la stessa. Sulla cattedra di legno scuro, sedeva un gatto grigio, con dei segni simili ad occhiali squadrati intorno agli occhi intelligenti. Quando Harry ed Hermione entrarono, il felino li puntò con lo sguardo.
«Scusi il ritardo, professoressa.» sussurrò Hermione verso di esso, prima di sedersi al secondo banco col compagno.
«Signorina Granger, si è persa? Eppure conosce la scuola perfettamente.» il tono della McGranitt, tuttavia, non era duro come un tempo. La strega si era abilmente trasformata da gatto ad umana, con l'esperienza da animagus che aveva da tempo, e che non stupiva più i suoi studenti come una volta.
«Aprite a pagina 479, oggi ripasseremo un tipo di trasfigurazione che dovreste conoscere a memoria, l'Evocazione.»
Hermione prese la bacchetta e il libro di testo, prima di guardarsi intorno. Condividevano quella lezione con Serpeverde. Inutile dire che il suo cervello le mandò altre immagini della serpe per eccellenza, Malfoy. Respinse quel pensiero. Non era il momento.
Lesse e rilesse l'incantesimo che aveva usato più e più volte, prima di metterlo in pratica. Evocò un calice d'argento.
«Si sforzi di più, signorina Granger. E, Potter, cos'è quello? Un lazo?» li riprese la professoressa McGranitt.
Hermione si sforzò più volte, ma oggi non era proprio giornata. Finì la lezione insoddisfatta e stanca. Voleva solo dormire, ma non riusciva a fare nemmeno quello.
Dopo un'ultima lezione di Astronomia, la grifondoro andò dritta al suo dormitorio, senza nemmeno mangiare.
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