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Capitolo 14

(NM) correva lontano dal cadavere della donna. Sapeva che era sbagliato, ma prima di tutto sentiva come se dovesse pensare alla sua di incolumità, poi a quella di suo figlio.
Era un'egoista, ma il motto di famiglia recitava "In tempo di guerra, ogni buco è tricea!" e lei sin da piccola aveva sentito il nonno dire queste parole e non ne aveva mai capito il reale significato prima di quel momento.

"Quando ti devi salvare la pelle, ogni metodo è lecito." si ripeteva e sembrava l'unica scusa possibile per una ragazza così severa con se stessa, le serviva per non reputarsi una cattiva persona. Se fosse morta, sicuramente quell'uomo non avrebbe aiutato i suoi genitori con le finanze.

Si dovette fermare un momento per riprendere fiato, appoggiandosi al davanzale della finestra ad arco.
Era in crisi. Non sapeva più cos'era giusto o cos'era sbagliato.
Era cambiato tutto, pochi erano gli uomini che decidevano di sposare una donna che aveva avuto un figlio da un altro uomo e non poteva vivere per sempre dai genitori.

Avrebbe forse dovuto rinunciare al piano ora che stava per diventare madre? Doveva prendere quest'idea seriamente, siccome non avrebbe avuto altro posto in cui andare e suo figlio non si meritava di crescere senza un padre per colpa del suo egoismo.

Vanitas si era allontanato dalla sala grande per andarla a cercare, sapeva che non aveva nulla a che fare con quel bordello, lo sentiva dentro di sé.
Appena la vide, appoggiata all'infisso della finestra è piegata in due, le corse in contro e le mise dolcemente le mani sulle spalle.

«(NM), grazie al cielo sei qui! Se quell'uomo ti avesse presa non so cos'avrei fatto!» disse preoccupato, guardando l'amata e abbracciandola con tenerezza.

Forse, per la prima volta, lei era felice di incontrare quell'uomo. Ricambiò l'abbraccio, si lasciò stringere tra le sue braccia e si sentì al sicuro. Si sentirono al sicuro. In un momento che, anche volendo, non avrebbe potuto farle del male.

«Non so se quel mostro mi abbia seguito, ma in ogni caso ho corso finché potevo.» lei si staccò subito dopo, guardando il promesso sposo con le lacrime agli occhi. Aveva seriamente paura, non voleva finire come Mary Jane Kelly, ma una cosa in particolare la preoccupava: quell'omicidio non l'aveva sognato.

Non si ricordava di aver visto quella donna nei sogni che agitavano le sue notti, anzi, non ne aveva avuti dopo la notte a cavallo tra l'otto e il nove novembre e questo era strano. Si ricordava quasi ogni vittima dello Squartatore, alcune le aveva rimosse, ma il resto c'era.

Il corvino le disse solamente di tornare con gli altri ospiti, mentre andava ad esaminare il cadavere e capire se era realmente opera dello Squartatore di Whitechapel, ma venne fermato quando la ragazza gli prese la mano.

«No! Per favore, non voglio stare da sola! Non lasciatemi, ve ne prego!» pianse, in un comportamento decisamente anormale per lei.
Non l'aveva mai vista piangere e doveva dire che non gli piaceva per niente. Non voleva fosse triste, dopotutto lui l'amava.

Le prese le mano tra le sue e la guardò negli occhi (CC). Non poté che chiederle cosa c'era che non andava in quel momento, riempiendola di dubbi. Avrebbe realmente dovuto dirgli tutto il quella situazione? Forse se ne sarebbe dimenticata o, semplicemente si sarebbe abbandonata alla paura.

«Io...» si bloccò, non sapendo se diceva dargli la -per lei non tanto- lieta novella in quel modo e in quel momento. «Io ho la nausea e mi sento debole. Sono ancora sotto shock, capite? Se mi amate davvero, non mi abbandonate.» continuò, sperando con tutta se stessa che il Duca ci cascasse con tutte le scarpe, o meglio, con tutti gli stivali.

«Lo sai che ti amo, più di ogni altra cosa, ma ora devo andare. Sono un medico, no? È il mio lavoro, voglio prendere quell'assassino e metterlo alla forca!» le disse, posando poi un dolce bacio sulle sue labbra e asciugando le lacrime con il pollice.

Le lasciò le mani, e iniziò a incamminarsi verso la scena del delitto. Lo considerava un suo dovete, prendere quella Bestia. Non poteva neanche considerare un essere umano colui che riduceva delle donne in quello stato.

«Sono incinta, Vanitas.»

Il Duca si fermò a pochi passi da lei. Ci mise un momento a capire cosa la sua promessa sposa aveva effettivamente detto. Quando la guardò, aveva lo sguardo basso, non sapeva se era arrabbiato o solo sorpreso, ma era meglio mettersi sulla difensiva.
Lui sapeva solo che aveva detto il suo nome e lo amava, amava come veniva pronunciato dalle sue labbra.

«Ah.» disse solamente, guardandola. Doveva ancora elaborare la notizia, non era effettivamente sicuro di quel che la promessa sposa avesse detto e all'inizio credeva quasi fosse uno scherzo.

La ragazza, che non capiva neanche lontanamente cosa avesse capito il corvino, si mise la mani sui fianchi e lo guardò severamente dal basso, non avendo la sua statura. Sembrava più sua madre che la sua fidanzata, a dirla tutta e a questa cosa ci si sarebbe dovuta abituare.

«Tutto qui? Neanche uno straccio di reazione? Sei senza personalità!» gli disse, passando al "tu" informale.
Non capiva la sua reazione, per niente. Sembrava gli avesse detto che s'era rotto un vaso da quattro soldi, non che stavano per avere un figlio.

"Non riuscirò mai a capirlo, vero?" si chiese, non riuscendo a percepire uno stato d'animo diverso dallo stupore. Non sapeva se era arrabbiato o se era felice della cosa, ma in ogni caso non avrebbe dovuto -in teoria- farle del male. Non con loro figlio di mezzo.

«Scusa, Amore, è solo che sono entusiasta. Io non mi aspettavo regalo migliore, è una specie di miracolo, il nostro!» disse, abbracciandola dolcemente un'altra volta. No, non era arrabbiato. Ma neanche lontanamente.

Era felice come una pasqua, era al settimo cielo per la notizia, non ci poteva credere, ma l'unica​ cosa che lei aveva in mente, invece, era "Ma che regalo e regalo, scusa?".
Appoggiò la testa nell'incavo dell'esile collo della compagna, che non poteva fare altro che accarezzargli dolcemente i capelli.

«Mi dispiace, ma devo andare. Voglio trovare quel bastardo. Devo farlo, ma ti posso accompagnare nella sala.» disse e lei si lasciò fare strada.

Poco dopo Vanitas era già sulla scena del delitto. Il corpo della donna era in condizioni migliori di quelle che si aspettava. Era morta per dissanguamento, le forbici avevano trapassato il collo da dietro con un colpo netto e gli occhi le erano stati cavati dopo la morte.
Non aveva sofferto più del necessario, almeno, ma l'assassino non era coperto di sangue e ciò rendeva le indagini più complicate.

Guardò dietro di sé con la cosa dell'occhio, notando che Tristan era nuovamente ricomparso dall'ombra dopo essere stato chissà dove.

————

Ecco a voi il capitolo! Yay.
Cosa ne dite? Tristan trama qualcosa oppure stava facendo altro? Insomma, è nuovamente apparso dall'ombra!

Ditemi cosa ne pensate, che mi sto annoiando, e poi amo i vostri commenti \(^)/
Sono troppo divertenti u.u

E alla prossima~

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