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Capitolo 11

«Tristan?»

La nobildonna guardò il biondo, piuttosto sorpresa di vederlo in quel luogo. Lui non si aspettava di trovarla così cresciuta e bella, si ricordava una bambina dall'abito rosa che correva come una matta per prendere Robert  e vincere il gioco, non una bella donna dai setosi e morbidi capelli (CC).

«(NM)? Certo che ne è passato di tempo... non mi aspettavo di vederti qui, di solito non-» il ragazzo venne interrotto dalla voce di un uomo che chiamava il nome della sua interlocutrice. «(NM)!»

Entrambi si voltarono, guardando Vanitas che procedeva verso di loro a grandi falcate e, sul volto, un'espressione piuttosto tranquilla e serena. Di certo non poteva fare una scenata davanti a tutti quei nobili, già alcuni si erano permessi di guardare la scenetta che stava per accadere.

«Ti ricordo che i nobili sono bestie, conosco l'odore dei borghesi. Dovresti starmi vicino, lo dico per te.» disse il corvino, prendendo il braccio della sua fidanzata e stringendo punto po' troppo la presa.

Era geloso? Assolutamente. La cosa era così lampante che poteva essere usata per sfamare il fabbisogno mondiale di energia elettrica, ma lui di sforzava di non farlo notare più di tanto per non far scena. Sarebbe stato uno smacco troppo grande per il suo smisurato ego.

«Stiate tranquillo, Signore. È con me, ci conosciamo da tanto tempo che è come se fosse una sorella, la piccola (NM). Dico bene?» si intromise Tristan, guardando la sua amica appena pronunciata l'ultima frase.

Non era sicura, ma in quel particolare momento ciò che non la convinceva di quell'uomo era più che evidente. Lei si fidava di Tristan, era il suo migliore amico, nonché ex fidanzato. Gli voleva veramente bene.
Il viso del biondo era seriamente tranquillo e (NM) si stava preoccupando non poco per lui. Vanitas era imprevedibile, certe volte, quella in particolare.

«Sarà, ma non mi fido troppo dei Cavalieri. Di solito siete creature talmente insipide da far schifo.»

La risposta del biondo non poteva non essere un "Prego?" piuttosto irritato. Era un uomo d'onore, non stava fermo a farsi insultare come un bambino. No, non era da lui.
Non ebbe neanche il tempo di aggiungere una sillaba che il Duca iniziò a parlare nuovamente.

«Siete come i cani, che giurano fedeltà all'uomo che gli lancia un osso. Non siete meglio dei randagi che popolano i quartieri poveri di Londra.» disse, incrociando le braccia al petto e lasciando andare di conseguenza la borghese.

Non amava sfidare gli altri nobili, ma se si trattava della sua futura moglie avrebbe fatto di tutto. Di tutto. Anche se contro il cavaliere non poteva fare più di tanto, essendo il più basso, anche se di poco, e non capiva come un ragazzo appena maggiorenne potesse essere di dieci centimetri più alto di lui.

«Perché siete così stupidi?» chiese d'un tratto la ragazza, non pensando minimamente che stava offendendo un Cavaliere e un nobile d'alto rango. «Duca, calmatevi. Vi prego, fatelo per me.»

Vanitas sospirò amaramente, prendendo per mano la fidanzata e portandola in un luogo isolato per parlarle, non volendo dare spettacolo a quella feccia che era la nobiltà.
La condusse velocemente in una stanza piuttosto isolata e buia della magione, illuminata solo dal camino acceso.
Chiuse la porta e vide che la sua donna, liberata dalla sua stretta, sedersi sul divanetto davanti al fuoco scoppiettante.

«Non sapevo conoscessi quel serpente a sonagli, (NM). Dovresti stargli lontano.» le intimò, avvicinandosi alla (CC). Notò che aveva un'espressione persa nel vuoto, gli occhi vitrei sembravano riflettere le fiamme.

D'un tratto lo guardò, diventando improvvisamente serena come se non fosse accaduto nulla e posò una mano sulla coscia di Vanitas.
«Io e Tristan siamo amici d'infanzia, in realtà. Non è pericoloso, lo conosco!» cercò di tranquillizzarlo.

«Lo conosco pure io, se è per questo! Eravamo insieme durante le investigazioni sullo Squartatore. Quel bastardo è un cavaliere al servizio dei Ruth, e non è che stia particolarmente simpatico al suo padrone. È meglio se mi resti vicina.» le disse, posando lo sguardo sul pavimento.

(NM) dovette trattenere un ghigno.
Aveva ragione, sapeva sul caso dello Squartatore più di quanto volesse far intuire e lei voleva sapere, voleva sapere ogni cosa disponibile e poi anche i documenti off limits.
Tuttavia, non apprezzava per nulla l'autorità del Duca, più che il suo fidanzato sembrava suo padre.

«E se io non volessi? Solo perché ci dobbiamo sposare non sono tenuta a obbedievi come un cagnolino fedele. Io frequento le persone che voglio e se voglio rivedere Tristan, vorrà dire che lo farò.» lo stuzzicò, facendo un sorrisetto sardonico con le labbra colorate dal rossetto rosa latte.

Il Duca non la prese bene, per niente.
Quei suoi occhi blu, che sembravano leggerti nell'anima come quelli della sorella, la guardarono austeri. Era palesemente offeso dalle parole della ragazza. Tanto che si alzò in piedi e si diresse verso l'uscio in legno.

«Non parlarmi in questo modo. Se ti dico che non voglio che tu lo veda sarà così, senza discutere.» disse infine è uscì sbattendo la porta.

Si appoggiò per un secondo alla superficie legnosa persona di tornare alla festa, chiedendosi se aveva esagerato con lei. Dopotutto non sapeva in quale condizione fosse.
Il corvino sospirò amaramente e per la prima volta nella sua vita si pentì di non aver accettato quella sigaretta a dodici anni che gli offrì un ragazzino in una visita. Forse sarebbe stato meno stressato, ma sicuramente i genitori lo avrebbero chiuso in un convento, non prima di far tirar fuori al padre la cinghia di cuoio.
Erano persone severe, ma giuste.

«Vanitas, posso parlarvi un momento? È importante.» dall'ombra sbucò Tristan, che li aveva di certo seguiti fino a lì.
A vederlo, il corvino si mise in piedi, con la schiena ritta e lo sguardo serio come non mai. Non si fidava di quell'uomo o dei suoi modi, poteva dire di provare un certo astio verso di lui. Non c'era un motivo ben preciso, solo non provava particolare simpatia.

«Non ho tempo da per-» non ebbe il tempo di finire che il biondo riprese parola. «Riguarda lo Squartatore di Whitechapel.»

A quelle parole, il destinatario dica drizzò le orecchie e lo guardò curioso come fosse il gatto del suo più caro amico, quel persiano bianco che non poteva non cercare di assassinare il suo padrone. Doveva dire che era abbastanza brutale per essere un gatto.

«Thomas Bond ha scritto il profilo dell'assassino, l'anno scorso. Siccome non ho più avuto occasione di incontrarvi, mi sembra l'ideale parlarne adesso. Sapete, è sempre meglio non rendere le conversazioni rintracciabili.»

"Arriva al dunque, porca puttana!" si trovò a pensare, picchiettando nervosamente l'indice della mano destra sul braccio sinistro, una volta avuti gli arti incrociati.
Non era mai stato un tipo paziente, non era da lui mettersi lì, di buona volontà e aspettare. No, non era nella sua natura.

«Credo di sapere chi sia lo Squartatore.»

————

Lo so, sono una grandissima stronza a concludere qui il capitolo 🌚🌝

Comunque, cercherò di scrivere il seguito il più presto possibile, così non state con l'ansia. Per chi non lo sapesse, Jack lo Squartatore non ha ancora un volto e il caso credo sia archiviato, ma so che pure l'FBI ci ha lavorato e hanno fatto pure un profilo.

Okay, probabilmente solo io ho immaginato Hotch di Criminal Minds che faceva ipotesi sull'assassino a Quantico con la sua squadra, ma sono i miei deliri.

Noi, essendo nel 1889 ci adeguiamo al profilo dei Thomas Bond, ovvero il primo sul caso dello Squartatore e che risale proprio al​ novembre del  1888, credo.

Comunque, spero che il capitolo vi sia piaciuto e alla prossima~

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