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9 - In trappola


Selina 16


-11 giorni al Middle Ground

Il robot mi imprigiona tra le braccia metalliche e mi scaraventa a terra. «Selina 16, evasa dal laboratorio otto di biologia molecolare e nucleare campo Crescenti, hai infranto due delle nostre leggi.» In due mi spingono contro la parete del corridoio e in un attimo mi fasciano le mani e mi costringono a inginocchiarmi. «Sei ufficialmente agli arresti fino a giudizio dell'esecutivo.» Ora ne ho davanti tre e sembrano minacciosi. «Stiamo inviando i tuoi dati al comando. Dopo il reset verrai destinata, a meno di clemenza.»

Posso provare a confonderli. Do fondo a tutte le mie conoscenze per trovare la chiave di disattivazione di allerta che li mantiene in piedi per farmi scudo. Improvviso un paio di ordini, poi due formule, ma niente sortisce l'effetto desiderato. Sono irremovibili. Questi IA non sono come i nostri ai laboratori, hanno un sistema vitale di tipo basilare, controllori senza coscienza innestata, nulla di ciò che potrei dire modificherà il loro schema di difesa. L'unica reazione che otterrò, se continuerò a provocarli e a ribellarmi, sarà di renderli aggressivi. Dalle cabine la gente si affaccia impaurita per assistere alla scena. Ignoro i loro volti pietosi e i miei stessi ragionamenti, non sopporto di essere messa all'angolo da menti nettamente inferiori alla mia, e sbotto contro questi tre pezzi di metallo: «Non avete alcun diritto di trattenermi, io sono una biologa molecolare e voi solo ammassi di ferraglia!».

Io ho una missione da portare a termine. Sono stata educata a finire ciò che inizio e a mettere tutta la mia volontà per il raggiungimento del risultato. Senza risparmio o cedimento. Se andava bene per i compiti di Pangea, deve valere anche per la missione di trovare una cura per i miei colleghi, e non posso accettare di essere fermata da robot generati solo per opporsi senza neanche sapere a cosa. Uno di loro alza il braccio metallico per orientarlo sul mio viso, ma si blocca in aria come un fermoimmagine, mentre trasmette: «Posso colpire Selina 16?»

Non so a chi diamine lo stia domandando ma di sicuro, se quell'arto d'acciaio sferrerà un colpo contro di me, slogherà la mia mandibola in un attimo, e a quel punto l'anomalia che ha infestato la mia pelle sarà l'ultimo dei problemi. Il respiro accelera, il cuore impazzisce nell'attesa. Tre secondi e il braccio si abbassa. Qualcuno deve avergli negato il permesso di colpirmi.

Ne approfitto per provocarli ancora: «Non lo capite? Siete solo intelligenze artificiali che senza gente come me non esisterebbero nemmeno! Non avete il diritto di...»

Uno di loro mi afferra le tempie e stringe. Sembra che scavi nella mia testa e vedo il suo sensore pulsare. Malasorte. Sta leggendo i miei pensieri? Ne ha davvero la capacità? Se dovesse riuscire a tradurre in dati codificabili la mia intenzione di salvare i Crescenti condannati al Middle Ground, potrebbe decidere di eliminarmi?

Mi agito per liberare la testa dalla sua presa e uso le gambe ancora libere per calciarlo sulle giunture degli arti superiori. Sbanda ma non perde la presa sulle mie tempie.

Allora grido: «Non hai il nullaosta per scandagliarmi la mente, ti faccio smontare, inutile pezzo di ferro!»

«Lasciatela stare, è solo una ragazzina» dice una donna tre cabine più in fondo.

Un uomo dai capelli rosso fiamma sporto sul corridoio le fa eco: «Non può andare da nessuna parte, non c'è bisogno di ferirla, non vedete che è ancora giovane?».

Non capisco: questa gente non è spaventata dal mio viso. Come Athor 12, anche loro vedono in me solo una ragazza troppo giovane per morire.

Uno dei robot si volta in direzione delle voci che adesso si moltiplicano e producono brusii di dissenso e rumore di ribellione.

«Tornate dentro e sigillate le porte, o verrete elettrizzati e puniti» ordina metallico.

Finalmente questo robot molla le mie tempie e si ritrae. Ho il fiato corto e sto aspettando la sua sentenza, non mi aspetto che invece decida di farmi una domanda scandendo ogni parola: «Cosa è regressione cellulare neurodegenerativa?»

Non so come abbia fatto un tipo zero a interpretare, non tanto i miei timori umanamente comprensibili davanti a queste anomalie, quanto le mie ipotesi genetiche, ma resta il fatto che è dotato di un software che avrà trasmesso in tempo reale questi dati alla centrale operativa di Pangea, rendendo la mia missione vulnerabile.

Malasorte.

La sua domanda sarà già stata trasmessa e ascoltata.

Invento rabbiosa: «Non hai capito niente, stupida lattina! La parola regressione non è corretta, non sei neanche in grado di codificare un'informazione senza modificarla. E degenerativo è solo il tuo software di tipo zero, che fa di te un inutile guardiano sui treni!»

«Rilevata attività sovversiva. Chiedo il permesso di elettrizzare Selina 16» dice il secondo robot a qualcuno nella sua testa.

Ripasso a mente cosa una scossa elettrica potrebbe causare alla mia mente. In pochi istanti mi rendo conto che una scossa, a seconda della potenza che useranno, potrebbe produrre due diversi risultati su di me: invertire la rotta e farmi addirittura un favore, oppure... ridurmi a un vegetale. La più probabile. Un rischio che non posso correre. Sto sperando che l'impulso di trasmissione che gli ha impedito di colpirmi prima, ora gli neghi l'autorità di elettrizzarmi.

Speranza vana, il suo sensore brilla verde, sta per colpirmi con la scarica.

«Non lo faccia» ordina una voce famigliare. Dietro di loro compare Athor 12. «Se la scarica elettrica danneggerà i dati custoditi nella sua mente, lei sarà smontato e distrutto» gli dice temerario.

Vorrei che avesse ragione, ma si sbaglia. Però mi commuove che stia rischiando la sua vita per aiutarmi. Alle sue spalle un quarto controllore lo agguanta per trascinarlo fino alla sua cabina intimandogli di non intromettersi o sarà destinato. Per me è finita. Avrei dovuto ascoltare Morgan, consegnarmi, lasciarmi multare e arrendermi al mio destino. Lui voleva salvarmi. Forse combattere per curare queste anomalie è folle, non è detto che una cura esista, e i miei colleghi e amici verranno condannati lo stesso. Per un momento un moto di dolore m'invade i sensi. Morgan. La mia tempesta. Che non vedrò mai più.

Non mi accorgo subito che il terzo dei robot ha pulsato una luce violacea. Alzo lo sguardo, e incomprensibilmente i tre si ritraggono insieme e fanno due passi indietro.

Uno di loro dichiara metallico: «Selina 16 è in attività riproduttiva. L'ordine di sedazione e repressione è annullato. Procedo con l'inserimento in serra.»

Cosa? Sgrano gli occhi. Che cosa significa? Che razza di impulso ha codificato, questo inutile automa?

Vengo afferrata e sollevata, dimenarmi è inutile, non posso liberarmi. Mi trasportano fino a un vagone semivuoto e mi spingono dentro a una cabina, adagiando il mio corpo su un divanetto. Poi si allontanano sigillando la porta. Sono in trappola.

«Siete in tilt? Lasciatemi andare!» grido inutilmente. «Cosa volete farmi? Liberatemi! Che diamine avete tradotto? Cosa pensate che abbia? Rispondete!»

Non avrei mai creduto che, al di fuori delle mura rassicuranti della City, avrei incontrato solo ostacoli e pregiudizio. Qualcosa nel mio cuore è dirottato verso la scoperta inimmaginabile della solitudine.

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