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55 - Tre Maestri


Selina 16

Il buio mi inghiotte.

A occhi aperti, a occhi chiusi, rivedo ogni cosa. Non c'è modo di smettere di vedere. Sento le urla disperate della gente e poi quel risucchio accompagnato dal gorgoglio, e vedo getti di sangue sparsi sulla superficie della vasca. Mi manca l'aria. La mia testa è spinta sott'acqua da una mano forte che preme per farmi annegare. Mi sta uccidendo. Non respiro. Annaspo con le braccia, ma non riesco a liberare la mia testa. Non posso chiedere aiuto. Il buio. Le bolle d'aria che mi passano davanti agli occhi come la vita che se ne va.

Spalanco la bocca con un respiro potente, di ritorno dall'apnea, e il mio cuore corre velocissimo. Mi rendo conto di essermi assopita, di trovarmi nel mio letto e che la notte non è ancora finita, ed è bastato per far affiorare l'incubo. Non appena ho ceduto al sonno è tornata la morte. Supererò mai questo trauma? Mi sollevo, resto per qualche momento seduta a fissare senza vederlo il lenzuolo.

Morgan. Non so davvero cosa ci faccio qui nella City, come farò a vivere senza di te. Non voglio essere il Creatore della Rete, non sono più quella di prima. In questa battaglia ho perso tutto: i Crescenti che volevo salvare, i giovani vadisiani innocenti, persino la voglia di vivere. E ho perso te, l'unico uomo che abbia mai amato e il solo che mi abbia fatta sentire umana. Non conosco più questo mondo, non conosco più me stessa. L'unica consolazione è sapere che Natan è qui con me, da qualche parte. Devo solo trovarlo, capire dove lo abbiano portato. Poi non so cosa farò, dove andremo, ma credo che diserterò con lui. La mia vita qui non ha più alcun senso. Scoperto l'inganno che si cela dietro le loro macchinazioni, lo spettacolo non ha più ragione di essere.

Qui, fermatevi qui, non potete proseguire. Lo portiamo noi.

Voci di uomini arrivano dal viale del Campus. Sfilo il lenzuolo e appoggio i piedi a terra, sul pavimento freddo di questa stanza vuota. Sento la testa girare e le ginocchia molli, ma poggio una mano sul mobiletto portavivande alla mia sinistra e mi aiuto ad alzarmi in piedi. Un passo alla volta, toccando la parete, arrivo alla piccola finestra che affaccia sul Campus che a quest'ora dovrebbe essere sgombro, e mi sporgo per vedere chi sta urlando.

Da una navetta da trasporto sono attraccati e sbarcati quattro uomini. Cerco di spiare oltre il buio di questa zona del Campus che di notte non è illuminata, e non impiego troppo per distinguere la sagoma del Gran Maestro Sirio Uno. Lo aspetto da questa mattina, da quando mi hanno condotta qui insieme a mio fratello, dopo aver lasciato la zona del Middle Ground su una nave del Consiglio. Sono stata informata da Urano Due che è stato proprio Sirio a uccidere Giosuè, e voglio sapere com'è andata, se lo ha fatto per vendicare Morgan. Anche lui lo amava, se erano insieme in quella battaglia lo avrà visto morire, voglio che me lo racconti, che mi dica com'è andata, voglio sapere tutto. E voglio vederlo un'ultima volta, rendere omaggio con un ultimo bacio al suo corpo ormai freddo e lontano da me. Prima che lo gettino in mare con tutti i morti dell'anno. Mi sporgo e cerco di mettere a fuoco l'atrio. Sirio è sorretto a qualcuno che è più prestante e più alto. Poi capisco che non è Sirio a sorreggersi, ma l'uomo prestante, che sembra rischiare di cadere a terra a ogni passo, come fosse esanime.

Il mio respiro corre, e corrono i miei piedi lungo la corsia dell'istituto biomedico in cui sono stata ricoverata. Due unità robot di ronda mi notano e si avvicinano, e ignorando il pericolo li supero mesta, senza rallentare la mia corsa. Poi mi domando perché non mi abbiano intimato di fermarmi o raggiunto. Ma non importa. Sono arrivata all'ingresso. Non so dove abbia trovato il fiato e le energie per fare questo, ma sono a metà del cortile quando il volto del Maestro Sirio si volta e mi nota. Con aria austera solleva un braccio, l'altro è ancora arpionato al corpo dell'uomo che sorregge, e mi esorta a fermarmi. Immediatamente blocco i miei passi e resto a fissarli col fiato corto.

Sirio dice da lì: «Torna nella divisione clinica, non sei ancora in forze. Lo vedrai domani.»

Lo vedrò? Il fiato mi si spezza in gola e il cuore accelera come un forsennato. Lo vedrò domani? Osservo meglio l'uomo aggrappato a Sirio, e in un momento ho un sussulto.

«Morgan!»

Mi fiondo su di loro, sapendo che un affronto del genere al Maestro potrebbe costarmi la vita, e non appena sono accanto ai loro corpi, la mia mano mi chiude la bocca per singhiozzarci dentro ed evitare di urlare qui, nel buio e nel silenzio della notte. Morgan è privo di sensi, ed è una maschera di sangue e sabbia. Ha la testa ciondoloni e l'altra spalla sembra essere stata mangiata, divorata dalle fiamme, la tunica è lacerata e fusa nella carne, che appare ustionata e sbrandellata. Ma è vivo! Lacrime mute mi scendono sul viso copiose e il respiro convulso è intrappolato nel palmo. Vorrei tanto mettermi a gridare. Che cosa ci hanno fatto questa notte, amore mio? Che cosa ci hanno fatto? Mentre io annegavo nel mare, tu bruciavi nel fuoco?

Se la situazione è così grave, perché hanno impiegato tutto questo tempo per tornare?

Come due scintille di ghiaccio, gli occhi di Sirio mi fissano immobili. E so che sto sfidando la sua pazienza, notoriamente scarsa.

Indietreggio e lascio che passino e procedano, senza dire una parola, senza chiedere nulla, con una spina nel cuore che ha trafitto persino il trauma dell'apnea.

#

Non ho chiuso occhio. Alle prime luci sono già frenetica a cercare tra le stanze di questo campus biomedico il reparto dove è stato ricoverato Morgan. Giro su me stessa e dopo molto cercare, con l'affanno, la testa pesante e gli occhi che bruciano, uno dei robot che finora mi aveva lasciata passare senza mai obiettare, - come riconoscesse in me il Creatore - , mi si piazza davanti sbarrandomi il passo.

«Convocazione» dice metallico. «Prego, mi segua.»

Chiunque lo abbia comandato a scortarmi è qualcuno che non ho l'autorità di ignorare. Così lo seguo per due rampe di scale e un corridoio infinito, finché finalmente si ferma e bussa a una porta. Non sono mai stata da questa parte dell'edificio e non ho idea a chi appartenga questa stanza. Ma pochi secondi dopo, viene ad aprire una Crescente in camice bianco, con la mascherina chirurgica sul volto e una cuffia che le contiene i capelli. Insomma, non posso stabilire se io l'abbia mai conosciuta. Non parla, col braccio mi fa cenno di entrare. Il robot resta fuori, e lei richiude la porta e la sigilla facendosi seguire fino a una scrivania vuota. Mi indica la sedia, facendomi intendere che devo sedermi, e mentre fa il giro del tavolo per accomodarsi davanti a me, scioglie il nodo della mascherina e sfila la cuffia, lasciando precipitare sulla sua schiena una lunga chioma fulva e mossa. Non appena si volta a guardarmi, sussulto: questa ragazza mi somiglia. I suoi occhi sono più celesti, freddi come la neve, e i suoi capelli sono più ramati, quasi un fuoco che arde, ma ha lineamenti simili ai miei e la corporatura quasi uguale. Mi scruta guardinga per qualche momento, e poi accenna un sorriso lieve.

Dice: «Finalmente abbiamo il piacere di conoscerci, Selina 16, nuovo Creatore ad interim. Mi presento, io sono una genetista informatica di quinto livello, ho ventitré inverni e lavoro alla rete neurale del campus da quando ne avevo tredici. L'anno scorso non ero alla City, poiché trasferita alle Serre dove ho generato prole maschile, poi sono tornata. Il mio nome è Runa 9.»

«Runa 9? Le Serre?» deglutisco incredula.

Sei stata fortunata, vorrei dirle, sei uscita illesa dalle Serre. Ma evito polemiche che potrebbero palesare la mia attuale distanza dalle regole di Pangea. Piuttosto, la somiglianza deve essere la ragione per cui mi sono infiltrata facilmente con la sua identità. Inizio a credere che, se mettessero me, lei e Natan in una stanza, ci scambierebbero per fratelli e sorelle. Ma evito di dirlo, di sicuro non sa cosa siano un fratello e una sorella.

Siede davanti a me e intreccia le mani sul tavolo.

«Rives 12 ti ha prestato la mia identità per permetterti di raggiungere i genetisti alla Torre» mi informa.

Nota che sono interdetta e schiarisce la voce.

«Speravo anch'io che tu potessi fermare Adamo 3, l'ho assistito per tre inverni e devo ammettere che era noto a ogni suo collaboratore che fosse al di sopra del sistema, e per questo temibile. È la ragione per cui ho permesso a Rives di usare la mia identità. Adamo stava sabotando senza il nostro nullaosta l'intera rete neurale solo per spingerti a raggiungerlo ed eliminarti. Non avevamo prove e non potevamo denunciarlo, così abbiamo cercato di aiutarti in...»

«Ero sul treno numero dieci» le dico sottile, in una ruga diffidente. «Tu non hai quaranta inverni, il controllore ha accertato subito la mia biometria, facendomi arrestare. La tua identità non poteva essere su quel treno...»

«Non dovevi prendere quel treno, infatti. Saresti dovuta partire dal binario uno, quello che appartiene a noi giovani Crescenti.»

«Urano Due mi suggerì...»

«Urano Due non conosceva il mio accordo con Rives.»

«Ma è stato lui a suggerirmi di cercare Rives...»

«Il suo potere vede molte cose, ma le cose possono cambiare.»

Sbuffo. «Va bene, non ne voglio più parlare. Sono tutti morti, ormai. Anche Rives è morto nel Middle Ground. Non ho salvato nessuno, non ho concluso niente!» grido. «Tu da me cosa vuoi?»

La sua testa fa un piccolo movimento indietro, mentre allarga le sopracciglia a una smorfia di stupore. Impiega un momento prima di rispondere.

«Sono la tua nuova assistente.»

«Assistente di cosa?»

Sorride. «Capisci di reti neurali? Di campi magnetici? Conosci le password? Sai innestare i neonati? Hai mai presenziato a una operazione laparoscopica di inserimento microchip?»

Resto muta e con la bocca semiaperta.

Lei fa spallucce e continua a sorridere. «Ecco. Io ti insegnerò e aiuterò.»

Io non voglio che i Crescenti seguitino a essere innestati, non voglio che i campi elettromagnetici governino le zone rinchiudendo di fatto i giovani in una bolla, e voglio abolire il Middle Ground. Come glielo spiego a questa qui? Sembra me fino a venti giorni fa.

«Senti, Runa, io adesso ho alcune questioni più urgenti da risolvere che...»

«Per esempio?» m'interrompe.

Mi spiazza.

Tossicchio. «Per esempio, devo trovare il mio compagno. E mio fratello. Sono arrivata solo da un giorno e mi avete già messa al lavoro senza darmi modo di incontrare i miei...»

«Pangea City e il Campus Crescenti funzionano in questo modo, Selina 16. I tuoi parametri vitali sono buoni, non hai riportato alcuna ferita e né ecchimosi degne di nota, hai avuto un lieve principio di assideramento e denutrizione che per sedici ore sono stati tamponati e ripristinati. Ora sei in grado di iniziare a lavorare. Qui si è operativi da subito. Non si resta a letto e non si cercano compagni perduti. Dovresti saperlo, sei mancata solo due settimane e hai già dimenticato la procedura?»

Lieve principio tamponato? Sono quasi morta, traumatizzata. Beh, ma capisco, questa è la City. Certo. Ma ora me ne vado. Mi metto in piedi repentina, facendo stridere le gambe della sedia sul pavimento. Lei balza in piedi subito, e restiamo a fissarci a pari altezza e con pari astio.

Un duello.

Runa si arrende per prima, e sospira. «Posso dirti che il Cacciatore di Vite Evan Morgan Vento, Mister della City, si trova negli alloggi medici che appartengono al Consiglio e a cui non ci è permesso accedere. In quanto a tuo, non so come lo hai chiamato, fra-qualcosa, immagino ti riferisca al vadisiano che è stato condotto qui insieme a te. Da protocollo si trova nei laboratori della City per essere sottoposto ad analisi dei ricordi, e non riguarda il nostro lavoro di...»

Sta ancora parlando, mentre mi precipito fuori di qui col cuore in gola. Lo stanno analizzando le mie colleghe. Dopo quello che ha passato lo trattano come fanno con tutti i Vadisiani Reminiscenti e pensano di scandagliargli la mente per reperire ricordi ancestrali, perché non sanno che lui fa parte di un Protocollo della legge secretato che permette agli abitanti di Vadis di perlustrare le aree marine emerse. Devo portarlo subito via di lì e voglio convocare il Consiglio, non possono fingere che nulla sia stato, non possono riprendere da dove eravamo rimasti come se nel frattempo non avessimo assistito a due guerre.

Runa 9 non mi molla, sento i suoi passi veloci che m'inseguono. Lascio che si alleni un po', io ormai sono abituata a fughe e corse, lei penso di no, e immagino che prima di mettere piede nei laboratori dove lavoravo fino a due settimane fa, dall'altra parte del Campus, lei sarà già svenuta per la fatica.

Al contrario, e con mia sorpresa, la ragazza è tosta, e arriva fino al corridoio Crescenti dietro di me e senza annaspare.

Mentre dice qualcosa sul regolamento che sto violando, io spalanco la porta e mi introduco nella sala analisi. Per un momento vivo un déjà-vu: qui è dove tutto è iniziato, quando ho cercato il siero e ho parlato con Natan per la prima volta, all'inizio della mia fuga, il giorno che ho scoperto le anomalie. Se solo avessi saputo la verità già allora.

Sbaraglio la tenda di plastica che divide la sala medici dai letti degli esperimenti della giornata, esperimenti, un modo di chiamarli che ora mi agghiaccia. E noto che ci sono tre letti in corsia, con tre ragazzi che non riconosco. Mi guardo intorno allarmata, dove lo hanno portato?

«Natan!» chiamo.

Runa 9 mi agguanta il braccio. «Ma cosa fai? Qui non si può stare e non devi urlare.»

«Lasciami!» la spingo facendola precipitare contro qualcuno appena sopraggiunto. «Che combini, Selina? Ora picchi Crescenti per vivere?»

Alzo lo sguardo e mi avvedo che si tratta di Natan. Lui è in camice, praticamente seminudo, e ha un ago cannula infilato nel polso. Trattiene il corpo di Runa 9 che gli è piombato addosso, e per un soffio non precipita per terra con lei.

Mentre Runa respira fissando il pavimento e cercando di riprendersi, gli occhi di Natan ancora abbracciato a lei, guardano me, e il suo viso spento si accende a un sorriso luminoso.

Runa si ricompone e mormora: «Esatto. La Creatrice non ha il senso della...» poi finisce con la faccia davanti a quella di Natan e per qualche motivo che sulle prime mi sfugge, si interrompe a bocca semiaperta a guardarlo. Oserei aggiungere: in adorazione. Come avesse appena avuto una visione. E devo ammettere che anche l'espressione di mio fratello è mutata di colpo, la sta scrutando con una tale intensità da gelarmi sul posto. Se non avessi letto tanti romanzi in una notte non saprei definirlo, ma ora mi pare proprio di assistere a un colpo di fulmine.

«Tutto bene?» chiedo, non so a chi dei due.

Rispondono quasi in coro, separandosi in modo rapido ma goffo. «Certo.»

Natan si stringe nel camice. «Volevo scappare» mi strizza l'occhio, «Mi hanno portato via i vestiti. E anche le scarpe» si osserva i piedi nudi.

Non posso aiutarlo, anche io indosso lo stesso camice del ricovero, solo che a me hanno fatto trovare una mantella e delle scarpe. Mi volto verso la mia nuova intraprendente assistente e provo a usare un tono autoritario per nascondere l'impotenza.

«Rimedia a mio fratello degli abiti e delle scarpe.»

Runa 9 mi indirizza uno sguardo sconvolto.

«Che aspetti?» la esorto. «Sei la mia assistente. Ho bisogno di queste cose, assistimi.»

Inclina la testa di lato e, per come ha accartocciato la faccia in una smorfia indignata le sue sopracciglia si incontrano. La trovo buffa. Ma resto granitica per apparire sicura di me.

«Sì, per favore» interviene Natan, con una voce che farebbe sciogliere anche questo iceberg. «Tremo dal freddo.» E so che mente, come al solito, dato che qui non si respira per l'elevata aria calda irradiata nelle sale. Ma naturalmente Runa gli crede, è come me fino a due settimane fa, quando non avevo mai sentito una bugia.

Subito cambia espressione, è imbarazzata. Nemmeno lo guarda, abbassa gli occhi e scuote la testa. Balbetta: «Posso provare.»

Roteo gli occhi al cielo: la forza della seduzione.

«Bene, allora che aspetti?» la esorta lui, con fare improvvisamente autoritario.

Runa volta lo sguardo su di me, e aspetta che io le dia il permesso.

Annuisco. «Vai pure, grazie mille.»

Lei si muove solerte e richiude la tenda.

Natan mi arriva addosso in un attimo, e mi abbraccia così stretto che posso sentire il suo corpo attaccato al mio e coperto solo da uno strato sottilissimo di camice.

Mormoro nel suo petto: «Natan... aspetta... sei, sei nudo...»

Lo sento sorridere.

Si scansa di poco e mi prende il viso nelle mani. «Adesso ci siamo solo io e te, Selina. Tu hai perso il tuo cacciatore e io ho perso Selina 11, io e lei siamo cresciuti insieme, abbiamo passato insieme tutta la vita. Pensavo di non farcela, ma ora so di avere te. Insieme ricostruiremo Vadis.»

I suoi occhi scorrono febbrili nei miei e sono così luminosi che non so davvero come fare a spiegargli la verità. Ma non posso evitarlo.

«Morgan è vivo. È rimasto gravemente ferito ma... è vivo.»

Come immaginavo, i suoi occhi si spengono.

Devo dirlo, devo. Devo dirgli che aspetto un figlio da lui, deve saperlo.

«E prima di ogni cosa... ho intenzione di cambiare le leggi di questo posto.»

Ma non riesco a dirlo.

Il volto di Natan è così cupo da mettermi paura.

Mormora: «Cambiare cosa?».

Ho solo bisogno di tempo, poi gli dirò tutto.

«Io abolirò il Middle Ground.»

Mi osserva spaesato per un lungo momento, poi scoppia a ridere a testa indietro.

«Certo, come ho fatto a non capirlo subito» mi schernisce. «E come pensi di fare? Vuoi uccidere l'intero Consiglio Supremo?» ridacchia.

«Nel libro sacro ho trovato una clausola che potrebbe aiutarmi, devo solo convincere la mia nuova zelante assistente a infrangere un paio di regole...»

«A proposito... lo schianto, invece, si chiama?» domanda malizioso.

«Natan, ascoltami, io e te torneremo a Vadis, è una promessa, ma prima devo...»

«Lo schianto, chi sarebbe?» insiste come volesse ignorarmi.

Le parole mi muoiono in gola.

Balbetto: «Un... cosa, cosa è uno schianto? A che ti riferisci?»

«Agli occhi di cielo e capelli di tizzone acceso che è andata a cercarmi un paio di scarpe. E che può giurarci, per cambiarmi i vestiti mi spoglierò davanti a lei...»

«Natan!»

Ride di me scuotendo la testa e provocandomi un rossore improvviso. Poi la smette e torna serio, mi guarda sospirando e sussurra: «Direi che se vogliamo cambiare le leggi di questo paese, ci servono alleati. Dove hai detto che si trova il tuo cacciatore?»

Mi spiazza.

«Lui è... nel... ma... non l'ho detto. Natan, non voglio coinvolgerti, è troppo pericoloso.»

«Pericoloso? Dopo quello che abbiamo passato?» Allaccia un braccio intorno al mio collo e sbuffa. «Andiamo a prelevare il cacciatore, sorella.»

«Natan... e poi non so neanche come...»

Sulla porta appare Runa 9 con un cellophane tra le braccia e l'espressione persa.

«Scusate ma... dove vorreste andare? Lo sapete che è una violazione del...»

«Tu vieni con noi, ragazza, può far comodo una distrazione durante il sabotaggio» le strizza l'occhio Natan.

Ora io e Runa condividiamo la stessa occhiata attonita.

«Quale sabotaggio?» chiede lei sconvolta.

Natan si avvicina pericolosamente a lei che subito sembra trattenere il fiato. Le sfila il cellophane dalle mani e con un sorriso da canaglia domanda: «Come ti chiami?».

Runa si volta a cercare me con due occhi sbarrati.

Lascio andare un respiro profondo. «Natan, ti presento Runa 9, Runa 9 ti presento Sasha 10, mio fratello Natan. E... beh, determinato come me a cambiare il mondo.»

Le trema la voce: «A cambiare cosa?»

«Devi scortarmi fino agli alloggi medici in cui si trova Evan Morgan Vento» le ordino.

Strabuzza gli occhi. «Non posso farlo, si tratta di una zona privata a cui l'accesso è negato... ma cosa...»

Natan si sta sfilando il camice davanti a lei, e sotto è completamente nudo. Per fortuna a me offre solo la sua schiena, perché i miei occhi non hanno intenzione di abbassarsi. Non lo rimprovero, immagino si tratti di una strategia di persuasione. Sorrido di sottecchi nell'osservare il volto arrossato e sconvolto di Runa 9 che lo fissa come se avesse davanti un mostro alato con gli artigli sul punto di morderla.

Impunito, il nudissimo Natan nell'atto di calzare il collo di una maglia le sussurra: «Sarebbe davvero gentile se ci indicassi il percorso verso questi alloggi vietati, sai? Una bellezza come te non può essere scortese, non è possibile.»

Non lo credevo furbo seduttore. Certo è che la sta circuendo, se si considera che i pantaloni li ha lasciati per ultimi e nel calzare il collo ha indugiato in modo che lei, mentre gli occhi di mio fratello sono coperti dalla maglia, abbia modo indisturbata di gettare un occhio alle sue parti intime senza essere vista. A suo credere. Mio fratello è una continua scoperta. Fino a un mese fa un affronto come questo lo avrei considerato offensivo, oggi mi diverte.

Runa si volta di lato e farnetica imbarazzata: «Dovete andare nell'edificio numero due, secondo piano, terzo corridoio a destra del...»

«Che dici? Tu vieni con noi» la interrompe, e finalmente si decide a indossare i pantaloni.

«Io?»

«Sì, tu.» Le infila un braccio intorno alla vita. Runa d'istinto scatta indietro ma lui mantiene salda la presa. A un tratto mi ricordo che fece lo stesso con me, quando piombai nel sotterraneo dell'Anfiteatro Flavio e mi prese sottobraccio definendomi molto bella. Significa che fa così con tutte? Avverto un rapido fastidio che subito si dissolve in nome di una missione ben più impellente.

«Vogliamo muoverci, prima che arrivi qualcuno?» dico solerte.

E in poco ci ritroviamo a marciare uno accanto all'altra con fare circospetto, scrutando intorno per accertarci di non essere intercettati o bloccati.

Raggiungiamo l'edificio adiacente passando per una corte esterna e a nessuno viene in mente di fermarci, probabilmente perché in un campus biomedico difficilmente si verificano sabotaggi o evasioni, considerato che a essere curati sono solo pochi eletti e il resto della popolazione non conosce neppure l'esistenza di questa struttura.

Nel procedere a passo sempre più svelto abbiamo incontrato due unità robot di livello 5 che ci hanno letteralmente ignorato. Runa 9 sottovoce mi ha informata che riconoscono la nostra biometria e che lo interpretano come un procedimento di routine: il Creatore e l'assistente scortano un Reminiscente per farne la cavia di un esperimento. La sola idea mi innervosisce al punto che immagino il giorno in cui cavie diventeranno i robot. E ben volentieri li smonterò uno dopo l'altro.

Alla fine del corridoio ci troviamo davanti a una porta senza cardini, perfettamente simmetrica alla parte, tanto che se non avesse una maniglia non avrei capito fosse un'apertura.

Runa sussurra vicino al mio orecchio: «Non mettetemi in difficoltà, ho già infranto molte regole, io non varcherò questa soglia».

«Tu e Natan resterete di guardia» le sorrido sperando di vederla rilassarsi. Speranza vana, è rossa di paura.

La mano di Natan le cinge di nuovo la vita. «Ci penso io, vai pure, Selina» mi dice guardando lei.

Con un'alzata di spalle, afferro la maniglia e la giro pianissimo. Non appena la porta si apre di poco, faccio capolino e osservo la stanza. È molto luminosa e completamente bianca. Davanti a me ci sono un letto e una finestra. Subito sussulto e la spalanco col cuore che scalpita: Morgan!

M'infilo dentro in velocità e sigillo la porta. Poi, con passi piccoli e silenziosi mi fiondo ai piedi del suo letto. Due flebo pendono fino a un ago cannula che gli infilza il polso destro. Il lenzuolo rivela parte della spalla fasciata e sul suo viso conto diverse escoriazioni. Ha gli occhi chiusi. Resto qui a fissarlo immobile. Col cuore che non si ferma più.

Vedo le sue labbra muoversi impercettibilmente e sento un sussurro delizioso arrivare fino a me: «Strega, sei qui.»

Nel fiato dico: «Sei sveglio?» e subito gli arrivo di fianco e prendo la sua mano nella mia. Lui me la stringe.

«Ho temuto di perderti, strega. Quando non eri sulla spiaggia, quando sulla pira il volto di quella donna non era il tuo, io... sono stato sul punto di morire...»

«Non ti sforzare» dico d'un fiato.

Non ho idea di cosa stia parlando, ma non mi pare il momento di fare domande.

«Come ti senti?»

A parte questa.

Apre gli occhi, e le sue perle di prasio mi attraversano facendomi sbandare per un momento. Quando mi guarda con questa intensità mi è difficile restare ferma e non schiantarmi su di lui.

Accenna un sorriso sghembo. «Ti stai trattenendo, piccola impunita?»

Dimenticavo il suo potere. Sorrido in silenzio.

Mi lascia la mano e tira su il busto per mettersi in posizione di seduta, ma gli costa un gemito sottile che mi fa balzare avanti per aiutarlo a sollevarsi. Gli sistemo due cuscini dietro alla testa e non la smetto di sorridere. Cerco di trasmettergli tranquillità, ma credo di sembrare solo imbambolata. Ora mi sento come Runa davanti a Natan nudo.

«Avverto il tuo trauma» dice a un tratto.

Mi ritraggo senza accorgermene, e la sua mano subito mi arpiona un polso e mi trattiene.

«Dimmi che non sei finita in quella vasca» sussurra tremante.

Non ho bisogno di confermare, la sua mano sente la scossa che si irradia all'istante sulla mia pelle e lungo ogni terminazione nervosa del mio corpo.

Impreca sottovoce e strizza gli occhi. «Maledizione.»

«Non preoccuparti... ora sono qui» provo a minimizzare ma mi sorprendo nell'ascoltare la mia voce cupa che dice una cosa e ne esprime un'altra.

Solo dopo un lungo silenzio, Morgan tentenna: «Come hai fatto... a sopravvivere al... lavacro?».

Chiudo gli occhi in un respiro profondo. «Mi sono issata sul bordo e ho scavalcato... beh con l'aiuto di Natan.»

Sgrana gli occhi incredulo. «Natan è vivo?»

«Sì.»

«Ed è bastato questo... è bastato scavalcare per...»

«Già. Assurdo, vero? Persone che accettano la morte come se fosse logico, quando basterebbe scavalcare.»

«Siete stati i soli... a tentare... a uscire?»

Abbasso il viso. «Sì. Non sono riuscita a salvare nessun altro.»

«Non darti colpe.»

Restiamo muti per un po', entrambi incapaci di farcene una ragione.

Passano lunghi momenti senza rumore, tesi, intrisi di tristezza.

Poi Morgan mi agguanta per la vita e mi attira a sé schiantando la sua bocca contro la mia. Non resisto e non permetto al dolore di oscurare l'emozione che provo per lui e mi lascio andare a un bacio che comincia timido e finisce per diventare passionale, pressante, disperato. Sento la sua lingua caldissima lambire la mia, le sue labbra morbide accarezzarmi, e ogni cosa svanisce nel tempo di questo bacio meraviglioso che mi riporta alla vita. Pian piano mi chino sempre di più e finisco sopra di lui, abbracciata, provocandogli una leggera scossa alla spalla che subito decide di ignorare, e non la smette di baciare il mio viso, il collo, lasciando piccoli baci veloci e bollenti sulla mia pelle. Emetto un gemito di piacere e poi un altro. A un tratto sento il suo corpo irrigidirsi e le sue mani strette intorno ai miei fianchi serrarsi come dovesse spingermi via. Stavolta emetto un verso di dolore, sta stringendo troppo. Morgan se ne avvede come fosse tornato da un'apnea e mi lascia andare così repentinamente che mi sbalza indietro.

Ci osserviamo col fiato corto e gli occhi sbarrati.

Solo dopo molto affanno riesco a mormorare: «Che succede?»

Il suo volto è improvvisamente impallidito e leggo nei suoi occhi il terrore.

Correggo la domanda: «Anzi, cosa hai sentito?».

Sospira, il suo petto di gonfia e si sgonfia nel tempo di un respiro lungo e doloroso. E solo dopo alcuni secondi che mi sono sembrati millenni, dice qualcosa. Pianissimo e senza guardarmi negli occhi.

«Quanto tempo sei rimasta nel lavacro?»

«Che cosa?»

«Quanto era fredda l'acqua?»

Gelida. Trafiggeva il mio corpo come una lama e mi aveva bloccato le gambe.

«Non... capisco cosa stai...»

«Hai rischiato di affogare? Sei finita sotto senza riprendere fiato molto a lungo?»

In un attimo la mano che spingeva sott'acqua la mia testa torna ad affacciarsi nei miei ricordi facendomi rabbrividire.

Apre gli occhi e li punta nei miei, e sono pieni di lacrime ferme mentre con la voce rotta dice: «Non sento più vita nel tuo grembo.»

Ammutolisco.

Sapevo che una parte di me fosse morta nel Middle Ground. Non sapevo quanto importante e quanto grande, ma lo sentivo. Non so nemmeno se disperarmene o sentirmi sollevata. Non so cosa pensare. Vorrei solo che lui non fosse così triste, al punto da scatenare in me un senso di colpa. Come se questo generato avesse per Morgan un'importanza che nel nostro ordinamento non ha mai avuto. Ma poi mi sento triste anch'io come se avessi perso qualcosa di irripetibile e le forze mi mancano. Incurvo le spalle e abbasso lo sguardo.

Dico una sciocchezza col broncio e la voce piccola: «Tanto non ci volevo finire alle Serre.»

Avverto il suo sgomento. Ma non replica. In fondo è stato lui a portarmi lì e a farmi conoscere la verità su quel posto dove molte partorienti muoiono. Ora non può contraddirmi. Spero davvero di averlo convinto perché sto iniziando a sentirmi inutile e incapace.

Alzo lo sguardo, ritrovo il coraggio di guardarlo negli occhi e dichiaro senza sfumature: «Io abolirò il Middle Ground.»

La sua fronte si aggrotta ma le sue labbra si inclinano in un sorriso confuso.

Torno a stringere la sua mano con ritrovata energia: «So come fare.»

«Sentiamo.»

Prendo un lungo respiro.

«Ho letto il Libro Sacro. Non so perché quel traditore di Giosuè durante il viaggio sul calesse verso la cerimonia me lo abbia fatto leggere, dato che mi stava consegnando alla morte, ma ho memorizzato tutti i codici e le leggi che contiene...»

«Selina...»

«Lasciami finire. Ne bastano tre, solo tre...»

«Tre di cosa?»

«Tre Gran Maestri dell'Esecutivo e il Creatore della Rete per cambiare una legge. Io sono il Creatore, per esempio.»

Sorride intenerito. «Già, la mia strega muovo creatore del regno.»

«Ma mi stai ascoltando?»

Ora si rabbuia. La sua voce diventa fredda. «E chi sono gli altri tre che ti appoggeranno, sentiamo. Come pensi di riuscire a convocare il Consiglio Supremo e tutti i Maestri dell'Esecutivo del regno, come ti viene in mente che ti darebbero ascolto?»

La sua sfiducia mi disorienta, per un momento vacillo e immagino che abbia ragione, che io mi stia solo illudendo, ma subito l'acqua gelida di quella vasca e il gorgo che ha risucchiato centinaia di persone facendomi perdere il nostro bambino mi schiaffeggiano i sensi e torno lucida e più determinata.

«Io convincerò Urano Due, lui è una persona fidata. Tu convincerai Sirio Uno, che per te farebbe di tutto...»

Scoppia a ridere. Avverte persino una fitta alle costole per come ride forte. «Come no, quei due faranno senza dubbio quello che gli chiederemo io e te.» E nella risata aggiunge: «E comunque ne manca uno, il terzo, chi sarebbe? Vorresti convincere quell'invasato di Poseido?».

«Sei tu. Il terzo sei tu.»

Smette di ridere e si blocca sgomento a fissarmi.

Mormora pianissimo: «Come, scusa?» E sembra il tono di una minaccia.

Mentre lo guardo in modo eloquente, Morgan inizia a scuotere velocemente la testa e a ripetere no, no, non ci pensare proprio, non lo farò mai...

«Morgan, ti prego!»

«No. Ho rifiutato due anni fa, non tornerò sui miei passi adesso...»

«Nemmeno per una giusta causa?»

«Nemmeno.»

«Potremmo salvare migliaia di persone!»

«Non diventerò un servo del Consiglio.»

«Nemmeno per noi?»

«Selina...»

«Così potremo sposarci.»

Ammutolisce.

Ingentilisco il tono e sorrido: «Riprendiamo da dove eravamo rimasti. La tua promozione a Gran Maestro e il nostro matrimonio. E stavolta non accetterò un tuo rifiuto» aggiungo maliziosa. «Ora sono il Creatore, e non puoi rifiutarmi.»

Mi attira a sé trascinando il mio braccio, e le sue mani mi arrivano sul viso. Sussurra: «Non lo farei mai, stavolta non ti rifiuterei, lo sai. Ma quello che mi chiedi...»

«Serve per salvare le future generazioni dal Middle Ground.»

«Io volevo portarti a Stallo. Lontano da tutto e tutti. Vivere con te finalmente liberi...»

L'Eldorado. Un sogno che si avvera. La nostra vita libera insieme. Nessuna legge, nessuna condanna. Nessuna vita a tempo.

«E se fosse così anche qui? Se potessimo portare l'Eldorado a Pangea? Perché ricavarci uno squarcio di libertà quando potremmo liberare il mondo intero?»

«E cosa ti fa credere che Pangea voglia essere liberata? Chi ti dice che il loro vivere comune, sicuro e certo non sia la sola cosa che li rassicura e li fa sentire liberi? E invece dare loro la possibilità di scegliere e di sbagliare creasse solo caos? Questo mondo non è come il vecchio mondo, qui nessuno è cresciuto in autonomia, col libero arbitrio... non sanno nemmeno scegliere da soli un compagno, aspettano l'assegnazione. Selina, quello che vuoi fare è stravolgere tutto con un colpo di spugna e invece dimentichi che un cambiamento, per diventare radicale, ha bisogno di tempo. Un passo alla volta. O nessuno lo capirà.»

Sfioro le sue labbra e sussurro: «Un passo alla volta, allora.»

Sorride in un sospiro rilassato e mi accarezza il viso. «Un passo alla volta.»

Mi metto in piedi e dichiaro: «Cominciamo.»

Mi avvio verso la porta, la spalanco e trovo Natan e Runa che si scansano al volo, come due che stavano origliando e che ho colto sul fatto.

Mi schiarisco la voce con le mani sui fianchi, trattenendo una risata, e altero il tono perché la mia voce appaia severa: «Dobbiamo organizzare una cerimonia, bisogna convocare il Consiglio.»

Runa impallidisce. «Una cerimonia di cosa?»

«Il Mister Evan Morgan Vento verrà eletto Gran Maestro.»

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NOTA AUTRICE

Siamo arrivati alla fine, nel prossimo episodio due feste e una cerimonia chiuderanno il Middle Ground, non senza balli, baci e colpi di scena. Vi aspetto, e a chi finora ha seguito la storia GRAZIE DI CUORE.

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