53 - La battaglia del mare
Evan Morgan Vento
QUATTRO ORE PRIMA
La testa mi sta scoppiando ma so di essere vivo. Ho il terrore di aprire gli occhi e di scoprire che intorno a me sono tutti morti. Ma supplico la sorte di aver salvato almeno lei, che quell'affare che teneva stretto in mano l'abbia risparmiata, mentre sento le forze venir meno e il mio corpo cedere, nella certezza che l'onda elettromagnetica che Giosuè ci ha scagliato contro possa aver danneggiato i nostri innesti al punto da aver dato inizio a un'emorragia cerebrale che tra pochi minuti ci avrà ucciso tutti. Tutti tranne lei, me lo ripeto. Non potrei sopportare la vista del suo corpo magnifico riverso a terra, esanime. Per questo non trovo la forza di aprire gli occhi.
«In piedi, cacciatore!» sento tuonare sopra di me la voce di Sirio Uno.
D'istinto sobbalzo e spalanco gli occhi.
Sirio è dritto davanti al mio corpo supino, e impreca tirando indietro nervosamente con la mano un ciuffo di capelli che gli si è scombinato sulla fronte. La sua veste è in disordine e ha l'espressione furiosa di chi vuole gridare al punto da farsi saltare le corde vocali ma trattiene la rabbia. Un ragazzo. Per la prima volta mi appare nei suoi ventritré inverni, con la sua fragilità e la sua rabbia. Come avesse perso tutto insieme la sua aura dorata per lasciar affiorare il giovane irrequieto che, in fin dei conti, è sempre stato.
«Mettiti in piedi!» ordina ancora.
Ma dura un attimo, subito lo vedo tornare autoritario, chiuso in sé stesso e convinto di essere lui il solo a capire come organizzare un pianeta.
Oltre la sua spalla vedo il sabotatore, l'Operante Athor 12, che si sorregge con una mano contro il muro e sta riprendendo fiato, ma tutto sommato sembra stare meglio di noi. D'altro canto gli Operanti della City non sono innestati, e l'onda d'urto può averlo spinto a terra e tramortito, ma non scalfito la sua forza. Il che mi fa presagire che ora potrebbe decidere di continuare la sua crociata di porre fine una volta per tutte alla nostra vita. Non è questo a preoccuparmi, ma il fatto che voltandomi in ogni direzione, da questo pavimento, io non riesca a vederla, che i miei occhi non scorgano da nessuna parte il corpo di Selina.
«Selina!» grido senza controllo.
Le mani di Sirio, spazientite e solerti, arrivano su di me e mi agguantano le spalle. «Alzati, per la divina sorte!»
Riesce a malapena a spingermi, ma puntellando i gomiti contro il pavimento, mi sollevo da solo. E mi stupisco di non soffrire più del sopportabile.
Mentre mi tiro in piedi, urtandolo in un breve capogiro, Sirio mi sostiene e impedisce che io cada di nuovo a terra. E lo fa ringhiando: «Quel traditore del regno, quell'infimo criminale disertore è fuggito insieme alla sua erede. Dobbiamo trovarli, prima che le faccia del male per scampare al Middle Ground.»
«L'ha presa?» dico nel fiato spezzato dall'angoscia, «Ha preso Selina?»
Apre le braccia guardandosi intorno: «Tu la vedi, per caso?»
«Mi sono svegliato prima di voi» avverte con voce sommessa Athor 12, fermo contro il muro. «Sono corso alla finestra, e ho visto che, quel pazzo, aveva la ragazza in braccio e l'ha condotta su un calesse trainato da due cavalli e diretto a nord. Oltre la barriera emersa.»
«Da quanto tempo sei sveglio?» lo esorto.
Abbassa lo sguardo e dice in colpa: «Almeno un'ora».
«Un'ora di vantaggio! Perché non ci hai svegliato?»
«L'ho fatto. Ma voi eravate come morti. Su di me quell'affare non ha avuto gli effetti tramortenti che ha avuto su di voi.»
«Basta discutere, dobbiamo arrivare al Middle Ground prima di mezzanotte, o la perderemo» annuncia Sirio.
Il mio sguardo terrorizzato cala su di lui. «Credi che la stia portando lì per sacrificarla?»
Più razionale di me, esclama sarcastico: «Pensi che l'abbia condotta a passeggio verso nuovi lidi per farne la figlia ritrovata da accudire? È ovvio che vuole disfarsene.»
La mia voce esce roca come offuscato è il mio senno: «E che cosa stiamo aspettando? Saranno già passate le nove della sera, dobbiamo raggiungere la sponda del nord!».
«Stiamo aspettando la nave che sta venendo a recuperarci, non preoccuparti, loro sono a cavallo ma noi voleremo e li raggiungeremo prima della cerimonia. E quel maledetto, sarò io stesso e con le mie mani a spingerlo nel lavacro!»
«Il lavacro?» domanda stranito Athor, che non conosce la cerimonia, come del resto la maggioranza degli abitanti di Pangea. Persino io ne so davvero poco, ma che si tratti di una vasca marina, mi è stato reso noto quando concorrevo per entrare nell'esecutivo. Altro non so, immagino che si tratti di affogamento collettivo, ma non ho mai voluto indagare, e ora vorrei tanto sapere tutto, ogni cosa, e prevedere il futuro. La sola idea che il mio amore sia in pericolo mi impedisce di ragionare lucidamente.
«Tu, Operante» Sirio lo indica, «hai sabotato la nave di un Gran Maestro dell'Esecutivo e hai causato in parte questa situazione, per questo io ti condanno al...»
«No!» interrompo Sirio, afferrandogli un braccio. «Siamo atterrati perché voleva salvarla, voleva salvare Selina. Ciò che è accaduto in seguito, il tradimento del Creatore del regno, non potevamo prevederlo. Non è stata colpa di quest'uomo. Non merita il Middle Ground.»
Sirio affila gli occhi e mi scansa la mano con un gesto di rabbia. «Evan Morgan Vento, cominci davvero a farmi innervosire con questa tua fissazione di voler salvare tutti i disertori! Avrei fatto meglio a metterti ai lavori forzati di Ingranaggio, promuoverti a cacciatore di vite è stata la mia più sconsiderata decisione.»
Athor 12 viene avanti piano, un passo alla volta, e alza le braccia: «Chiedo scusa» guarda me e dice «Grazie, Mister. Io ho tentato di ucciderla, e lei mi sta salvando. Non lo dimenticherò.» Volta lo sguardo verso Sirio e aggiunge «Sono pronto al mio destino, Gran Maestro. Ha ragione, lo merito. Ma prima, voglio fare ammenda e aiutarvi a salvare Runa 9, lei è incinta e deve essere protetta...»
Prima che uno di noi lo interrompa e gli spieghi che non capiamo per quale ragione la chiami in quel modo e soprattutto come faccia a sapere che è in attività riproduttiva, Athor 12 abbassa le braccia e aggiunge: «Ci sono oltre cento Operanti pronti a lottare con noi, stanotte. Sulla spiaggia del nord. Vi condurrò da loro.»
Deve trattarsi del famigerato gruppo in lotta contro il sistema di cui accennava Sirio sulla nave all'arrivo.
Sirio scuote la testa corrucciato. «E cosa ti fa credere che io abbia bisogno di avvalermi di un manipolo di traditori per contrastarne uno soltanto?»
«Non è uno soltanto, Maestro, sono centinaia. Ve l'ho detto, li ha reclutati con la forza a Ingranaggio, quando ha ucciso la mia compagna. Molti li ha convinti, ma c'è ancora una sacca di uomini che ascolteranno me, che si uniranno a noi.»
«Non ho paura di uomini codardi, neanche di centinaia di uomini codardi» replica Sirio con boria.
Meno sciocco di quando sembri, Athor replica a questa affermazione puntando il dito indice verso il tavolo da lavoro di Giosuè.
Ci voltiamo in direzione del suo dito, e sulle prime non vediamo nulla, ma poi, quasi insieme, ci accorgiamo della totale assenza del macchinario che controlla la rete.
«Non ha solo un plotone umano con sé. Quell'uomo può scagliarvi contro ogni IA presente nel nord. Vi servono uomini» spiega.
Un boato fragoroso invade l'aria. Oltre la finestra ci avvediamo dell'arrivo della nave da recupero.
Sirio emette uno sbuffo profondo e dice: «E sia, Operante, vieni con noi.»
#
#
«Signore» chiama il capitano di vascello alla guida della nave.
Sirio Uno siede al mio fianco, proprio dietro i piloti in plancia. «Cos'altro c'è?»
«Ha cancellato la strada, signore. Il radar non individua la posizione del traditore, poiché si avvale di un algoritmo che man mano che lui avanza nella boscaglia, ne elimina le tracce.»
Sirio ringhia: «Che direzione ha preso?».
«Non sono sicuro, signore. È possibile che abbia scavallato l'area della cerimonia per dirigersi verso le spiagge.»
«A che pro?» domanda Sirio, spazientito.
«Non so rispondere, signore, ma l'ultima cella lo ha agganciato nell'area antistante la cerimonia, per poi tracciare una linea oltre mare, come se avesse proseguito.»
«Come potrebbe lanciare una ragazza in una vasca passando inosservato, per poi proseguire verso le spiagge?» dico sconvolto. «Mi viene in mente che la stia portando verso le spiagge per annegarla lui stesso.»
«E a me viene in mente che nessuno di voi conosca quell'uomo. Bleffa. Mente. Gioca d'azzardo e mischia le carte. Mentre noi lo crediamo alle spiagge, lui potrebbe aver infiltrato Selina 16 nell'area del lavacro, inventando una scusa qualunque.»
«Non abbiamo scelta, allora. Dobbiamo separarci. Io andrò al Middle Ground da solo, così sarà per me più facile passare inosservato, mentre tu andrai con la nave alle spiagge e ti unirai agli uomini di Athor» pianifico accorato.
Sirio si mette a ridere. «Non puoi entrare alla cerimonia, cacciatore. Nemmeno se ti autorizzassi io. L'unico modo per arrivarci è infilarsi direttamente nel lavacro scivolando dal fossato, percorso senza controlli perché equivale a entrare nella vasca e morire. E in quanto a me, non ho intenzione di prendere ordini da te. Noi resteremo uniti. Andremo in entrambi i luoghi alla ricerca della ragazza e la troveremo.» Alza la voce verso il comandante della nave e ordina perentorio: «C'è ancora tempo, andiamo in perlustrazione. Mancano due ore alla cerimonia, dirigiti prima verso le spiagge.»
«Agli ordini, Maestro.»
La nave effettua una virata repentina e lascia la traccia che conduce al Middle Ground per dirigersi rapidamente verso il mare.
#
#
Pochi minuti più tardi, Sirio Uno sbraita affacciato nell'oblò della nave, prima che il pilota effettui la discesa.
Sotto di noi sono schierate in assetto di guerra una ventina di unità 5, e intorno a loro decine di uomini che inneggiano cori impossibili da sentire da quest'altezza, ma davvero poco rassicuranti, proprio ai confini con la battigia. È molto buio, ma il faro della navetta li illumina come granitici monoliti in attesa lungo la costa.
Sirio si rivolge immediatamente alla plancia: «Inviate il segnale di resa. Ricalibrate l'algoritmo perché i robot entrino in assetto di resa e tornino sotto il mio comando! Subito dopo ordinate ai robot di far arretrare quella folla di esaltati traditori.»
«Come pensi di ricalibrarli?» suggerisco nel suo orecchio.
«Noi possediamo da sempre un convertitore analogico a cui si accede da remoto che serve per reprimere eventuali sommosse dovute a malfunzionamento dei robot.»
«Già, e chi vi ha fornito i codici?»
Il volto di Sirio impallidisce.
Affondo il colpo: «Pensi davvero che Giosuè non li abbia già cambiati? Lo hai detto tu, è un manipolatore e gioca d'azzardo.»
«E cosa suggerisci, allora? Devo almeno tentare. Scendere e combattere solo avvalendoci dei nostri innesti contro decine di unità 5 che dai bulbi oculari possono irradiare fino a mille volt, e a decine di uomini inferociti e armati di coltelli e bastoni significa andare incontro a morte certa. Io potrei distruggerli, ma non è la loro distruzione che mi serve, devono solo obbedirmi, ma perdere manodopera costata al regno anni di lavoro no, questo vorrei evitarlo.»
Mentre i piloti ricalibrano i codici dei robot, Athor 12 indica a Sirio dove sono ubicati i suoi uomini.
«Perché dovrebbero aiutarmi? Sono tutti contro il sistema da sempre» gli risponde piccato*.
«Loro sono contro il sistema artificiale, non contro le persone. Lottano per tornare alla vita prima della IA, saranno ben felici di fermare quei robot» spiega Athor. «Per questo tra le fila degli Operanti di Ingranaggio c'è stata divisione, non tutti sono contro la legge di Pangea, molti l'approvano, ma restano contrari all'uso dei robot.»
«Ma non combatteranno mai contro i loro stessi compagni» dico.
«Lo faranno, eccome. Anche agli alloggi c'era grande tensione, sopraffazione, non tutto è oro quello che riluce, signori.»
Dalla plancia arriva il verdetto del pilota: «Niente, Maestro. Il codice di disattivazione è stato resettato più volte ma non risponde. Devono aver cambiato le password.»
«Non hai scelta» gli dico. «Non ti ubbidiranno mai, senza codici. Dovrai distruggerli.»
Sirio si mette in piedi con uno sguardo diabolico fissato nel vuoto, e blatera nervoso: «Se penso di dover cercare l'alleanza di uomini evasi...» s'interrompe riprendendo fiato. Poi, rivolgendosi ad Athor 12 ordina: «E sia. Portami dai tuoi uomini.»
Non appena la nave inizia la discesa per convergere più ad ovest delle spiagge e raggiungere l'accampamento degli uomini che Athor ha suggerito, affacciandomi nell'oblò, solo per un momento, al passaggio del cono di luce che il faro di emergenza ha scagliato sotto di noi e lungo la battigia, mi è sembrato di vedere qualcosa.
«Pilota, fai il giro, voglio che illumini di nuovo l'ultimo tratto di spiaggia» gli ordino.
Il pilota mi ignora e prosegue.
Mi volto a cercare l'approvazione di Sirio, e con gli occhi insisto perché mi dia retta, e solo dopo alcuni momenti, scuotendo la testa sbuffa annoiato: «Pilota, fai come ha detto.»
«Agli ordini, Maestro.»
La nave effettua una breve virata e torna indietro scandagliando le medesime zone che abbiamo sorvolato poco fa. E di nuovo, per un breve lampo e un breve tratto, in modo quasi insignificante ma due volte sospetto, colgo qualcosa lungo la spiaggia.
Indico contro il vetro dell'oblò: «Lì, dobbiamo illuminare lì».
Sirio allunga il collo e si sporge. «Io non vedo niente.»
Questa luna piena è provvidenziale ma poco determinante, le spiagge sono distese desertiche di tenebra. Finalmente, dopo due giri e altrettanti tentativi, scopro che ho ragione, sulla spiaggia, a pochi metri dalla riva del mare, è stata montata una gigantesca pira che ricorda le antiche leggende sul modo in cui chi tradisse veniva bruciato vivo.
«Laggiù. Illumina quello!» ordino al pilota. Che mi ignora.
Sirio sospira. «Illuminalo» ordina annoiato.
Il pilota si ferma a setacciare una ristretta area sabbiosa, e il cono di luce si sposta in avanti e indietro senza inquadrare niente, fino a che, tra una collinetta e una duna, tra monotone distese di rena mossa dal vento, nella polvere compare un intricato alveare di altissimi rami che culmina in un massiccio tronco che svetta posizionato al centro.
«Cosa fanno laggiù?» domanda irritato Sirio ad Athor.
L'Operante si affaccia e scuote la testa con espressione corrugata. «Mai visto niente del genere sulla spiaggia. Noi non abbiamo mai allestito falò a cielo aperto.»
La pira è spenta e asciutta, e lui è solo un cuoco di rancio. Mi stupisco che da quassù, nel buio e subito, sia riuscito a riconoscere una pira. «Come sai che si tratta di un falò?»
Scrolla le spalle. «In questo modo diamo fuoco al bestiame infetto durante le ondate di virus suini. Il fuoco è l'unico modo per cremarli senza che contagino il terreno e trasmettano i virus. E quella, beh, sembra proprio una delle nostre pire.»
Avverto una scossa ai nervi e so che Sirio può sentirla.
«Dobbiamo atterrare» dico solerte.
«Un momento» replica Sirio, con una calma disarmante. Osserva il quadro della plancia e indica il segnale del cronometro. «Manca solo un'ora all'inizio della cerimonia. Devo segnalare la mia assenza al Consiglio. Se scegliamo la spiaggia, rinunciamo alla seconda opzione.» Mi guarda dritto negli occhi e con severità aggiunge «Sei sicuro di voler atterrare?»
So che cosa intende: se scendiamo ora, non faremo in tempo ad arrivare al Middle Ground, e se lei non dovesse trovarsi qui, potremmo perderla. Ma qualcosa mi spinge a credere che lei sia qui. Che senso avrebbe altrimenti montare una retroguardia robotica schierata in assetto di difesa a protezione di una pira? Sembra proprio l'allestimento per un'esecuzione. Non so che intenzioni abbia quel pazzo assassino, ma di sicuro preferisce agire in questo modo, piuttosto che rischiare di arrivare al Middle Ground con la possibilità di essere intercettato dal Consiglio Supremo e gettato a forza nella vasca. Sirio pretende che sia io a scegliere, per rispetto forse, o per non avere la responsabilità della sua dipartita se mai mi sbagliassi e Selina fosse da un'altra parte. Giosuè ha solo questa notte per eliminare la sua progenie, poi non potrà più sottrarsi alla legge che impone la sua esecuzione. Non posso scegliere l'opzione sbagliata. Ho una solo carta da giocare. Ma io non riesco a ragionare lucidamente, sono troppo coinvolto, esasperato dal terrore di non rivederla. La decisione spetta a me.
«Signore» chiama il pilota, «il radar segnala l'avanzamento di robot e uomini in marcia verso quella pira, tra poco saranno proprio sotto di noi, e non possiamo restare ancora in sorvolo sull'area, se restiamo fermi saremo un bersaglio facile, i robot possono intercettarci e silurarci. Cosa devo fare?»
Sirio lo ascolta, e poi si volta a cercare la mia risposta. Sento i suoi occhi pesarmi addosso come macigni e, nello stesso tempo, avverto stilettate trafiggermi il cuore come lance. Non devo sbagliare.
«Vogliono circondare la pira con uomini e robot, non può essere una trappola, e non possiamo atterrare in mezzo alle IA 5, ci serve una linea di difesa» dico.
«Ovest, venti minuti al massimo, e troveremo i miei uomini» insiste Athor 12.
Sirio chiude gli occhi in un respiro profondo. Poi sussurra: «E sia. Scendiamo.»
È deciso, non arriveremo mai al Middle Ground. Abbiamo scelto le spiagge. Ho scelto le spiagge. Ma ho ragione, devo avere ragione.
#
#
[continua...]
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro