50 - Middle Ground ( parte 2 )
Selina 16
Dopo avermi spiegato che il calesse servirà per la fuga, una volta liberato Natan, lega i cavalli a un grosso albero e mi chiede di aiutarlo a nascondere il cassone sotto rami e sterpaglie. Poi mi passa una tunica nera col cappuccio e un foulard per coprire parte del viso. Indossiamo entrambi il travestimento, ma io penso che non ce la caveremo con un mantello e un coltellino da viaggio, e che non appena metteremo piede alla cerimonia, verremo crivellati da unità 5 che ormai dubito risponderanno ancora a lui, dato che ha disertato e non mi pare si sia portato dietro il cervello di sistema della rete neurale, ma che sia piuttosto a mani vuote. Ciononostante, sarei ben felice di morire oggi, e soprattutto di portarlo nel baratro con me. Anzi, farò di tutto per sabotarlo. Dopo che avremo trovato mio fratello, se pensa che gli permetterò di tornare al calesse, si sbaglia di grosso. Non ho fantasia, ma riesco a progettare il suo arresto con una rara lucidità.
Sono circa le ventitré della tarda sera, quando percorriamo il viale che conduce alla cerimonia. Marciamo silenziosi fino a una lunga strada acciottolata che finisce ingoiata nella nebbia. L'umidità di questo luogo è inconsueta. Cos'è tutta questa nebbia? La mantella si sta addirittura bagnando, per come l'aria ne è impregnata.
Giosuè sussurra: «Ascoltami bene, ragazzina. Ora io e te stiamo indossando gli abiti da pubblico...»
Lo interrompo: «Abiti da pubblico?»
«Tutti gli spettatori sono così mascherati.»
«Perché mai?»
«Devono distinguersi dai condannati e devono mantenere l'anonimato o potrebbero essere in futuro costretti a rivelare cosa hanno visto, ma non mostrando il loro volto continueranno a vivere indisturbati senza rivelare che sono stati a un Middle Ground o a più d'uno. Ora, stavo dicendo, prendi» sfila dalla mantella un altro abito. «Questo dovrai passarlo a Sasha, così potrà mimetizzarsi come noi tra gli spettatori.»
Lo afferro solerte, ma preciso senza mezze misure: «Sia chiara una cosa, meschino individuo, io li salverò tutti. Tutti quanti i giovani che non hanno motivo di essere lì, Crescenti e Vadisiani, non solo mio fratello. Sono settimane che cerco di salvarli e non cambierò idea adesso.»
Strabuzza gli occhi in una smorfia di piacere, come se la cosa lo divertisse, e con una mossa fulminea mi artiglia l'avambraccio e stringe. Poi parla sottovoce, ma col ghigno nell'intonazione: «Ragazzina pazza, vuoi aprire i cancelli e far scappare i buoi tutti insieme? È questo il tuo piano geniale? Ma lo hai capito, vero, che la cerimonia è circondata da centinaia di unità robot che non posso più controllare, e che i Gran Maestri intervenuti hanno poteri mentali che potrebbero ammazzarti solo sbattendo le palpebre.»
Sfilo il braccio dalla sua presa e lo spingo indietro con una mossa poderosa di cui mi stupisco da sola. «Sei tu hai paura, resta seduto a guardare. Io non ho paura di morire, vecchio stolto, la morte, per chi perde l'amore, è un sollievo.»
Mi rimetto in marcia senza aspettarlo.
Alle spalle lo sento ridacchiare, e la sua reazione mi inorridisce.
«Prima libera tuo fratello, poi fai come ti pare.»
«Mi fai pena. Dopo che hai ucciso tutti, parli come un padre apprensivo!»
«Libera tuo fratello per primo, dagli la veste e mandalo da me prima che arrivi il tuo inutile cacciatore fallito, che ovviamente è vivo e vegeto, perché io non ho mai ucciso nessuno.»
Mi si stringe lo stomaco. Gli occhi si riempiono di lacrime ferme.
Ruggisco disperata: «Ma di cosa parli? Cosa vorresti farmi credere? Sei patetico. Inventeresti qualunque cosa pur di far fare agli altri quello che vuoi. Ma io non ci sono mai cascata e non succederà adesso, maledetto bugiardo...»
«Vadis è stata distrutta e io stavo finendo di salvare dati sensibili dalla memoria remota della centrale neurale, temendo che il palazzo venisse colpito nel bombardamento. Quando la vostra nave è atterrata al confine, non mi aspettavo che vi recaste da me, non era previsto, e la mia fuga non era ancora organizzata...»
«Abbiamo subito un sabotaggio. L'Operante che era con noi, Athor 12, ha dirottato la nave. Era furioso perché, a quanto pare, gli hai ucciso la compagna» ringhio in ultimo.
«Io non ho mai ucciso nessuno, come devo dirtelo?»
Lo fisso interdetta, col cuore che mi sta scoppiando.
«Volevo solo scappare» spiega. «La scossa che vi ho scagliato addosso mi è servita come diversivo per interferire con i vostri innesti il tempo di fuggire. Ma il tuo innesto ha respinto l'onda e ti saresti ripresa troppo in fretta, rischiando di svegliare gli altri, così ti ho portata con me. E il resto lo sai...»
«E perché darti tanta pena con aggeggi ed esplosioni assordanti solo per organizzare una fuga?»
«Solo? Davanti al potere di Sirio Uno in carne e ossa a sorpresa nel mio laboratorio, non avevo altra possibilità di salvezza. Hai idea di quello che riesce a fare con la mente quel ragazzo dorato? Lo sai che il suo innesto può controllare anche la marea?»
Per un momento resto muta a fissarlo con la fronte aggrottata. La marea?
«Testarda di una bambina! Ti ricordo che stanotte c'è il Middle Ground. Se io avessi assassinato un Gran Maestro dell'Esecutivo proprio il giorno che tutto il consiglio si riunisce per l'evento, mi avrebbero fatto a pezzi. Anche il suo ritardo di stasera è già stato segnalato, e hanno inviato una nave a cercarlo.»
«E come lo sai?»
«È la prassi. L'evento non può cominciare senza l'esecutivo al completo. E immagino che i due piloti di navetta che erano con voi sulla nave, già diverse ore fa avranno contattato la City per fornire le coordinate di recupero. Puoi stare tranquilla, il tuo cacciatore sta arrivando. E il primo che verranno a cercare sono io, dato che stavolta li ho fatti proprio arrabbiare. Per cui ti prego di liberare per primo Sasha, perché io scapperò con lui, con o senza di te. E adesso, muoviamoci, ci resta meno di un'ora, quando l'orologio rintoccherà la mezzanotte, sarà troppo tardi per salvare chiunque.»
Non credo a una sola parola. Lo ha detto solo per convincermi a fare come dice. Se fossero ancora vivi, dopo tutte queste ore, non dovrebbero essere già qui? So che mente. E per questo ennesimo colpo al cuore la mia ira è persino più devastante. Lo farò arrestare davanti all'intero pubblico di questa dannata cerimonia.
-50' a mezzanotte
Mentre avanziamo lungo questa stradina che culmina in una nube di nebbia, mi domando come mai Giosuè si stia dando tanto da fare per salvare Natan. È irresponsabile da parte sua trovarsi qui, sapendo di essere nella lista dei condannati di stasera e di averla disertata. Soprattutto nell'eventualità che davvero una nave con Sirio Uno e Morgan potrebbe atterrare qui da un momento all'altro alla ricerca del suo scalpo. Non credo possibile che stia correndo un rischio simile per amore del suo generato, non mi pare un uomo che sappia amare qualcuno più di sé stesso. Devo stare in guardia, potrebbe essere un'altra delle sue trame per eliminare la sua unica discendente, che ora è non più soltanto questo, ma anche l'unica testimone rimasta in vita per raccontare al Consiglio Supremo la ragione per cui un Gran Maestro manca all'appello: lo ha ucciso. Perché sono tutti morti, lo so, lo sento. Non mi fido di lui, lo odio, mi ha spezzato il cuore portandomi via Morgan e non gli permetterò di fare del male anche a me, gli darò filo da torcere. Ma ora devo seguirlo, perché è il solo che può portarmi da Natan e dai miei amici Crescenti.
A un tratto, una ventata tanto umida quanto fredda ci investe, e accade man mano che ci avviciniamo al luogo in cui si celebra il Middle Ground che non è ancora visibile per via del buio della sera e della nebbia, mentre intorno a noi il terreno è sempre meno stabile e appare costellato di piccoli promontori sabbiosi, dossi e collinette che impediscono di guardare oltre. Io non vedo nessuna dannata costruzione che potrebbe ospitare una cerimonia, e inizio a innervosirmi sul serio.
«Ma come pensi di entrare? Come è fatto questo luogo cerimoniale?» lo provoco.
Giosuè, che mi cammina di fianco, sorride. «Possiamo definirla sub-ovale, inequilaterale, con un orifizio bissale oblungo, perfettamente ricostruito dai nostri ingegneri sulla base di un calco fossile ritrovato nelle battige emerse di un centinaio di anni orsono» dice, «Si tratta di un sito naturale, fatto di pietra sedimentata di base sabbiosa.»
Lo fisso indispettita, il suo tentativo di confondermi è davvero patetico.
«Avresti fatto prima a chiamarla semplicemente: imitazione di una conchiglia.»
Scoppia a ridere. «Sei meno stupida del previsto, noto.»
Trattengo a stento la voglia che ho di malmenarlo, e passo a una domanda pratica: «E questo freddo che ci inzuppa i vestiti e inumidisce i capelli?» mi abbraccio per fermare i brividi che mi increspano la pelle.
«Siamo in una zona attraversata da una nebbia di avvezione.»
Ruoto gli occhi esasperata. «Che ne diresti, una buona volta, di spiegarti meglio? Non siamo l'insegnante e la studentessa, dovremmo intenderci, mentre progettiamo un piano.»
«Sei una scienziata! Non devo spiegarti nulla, se non conosci il movimento naturale di un flusso d'aria raffreddata, significa che in quella City non sono stati in grado di educarti come si deve.»
Sto davvero per mettergli le mani al collo, ma lo evito, senza di lui mi sarei già persa. Non riesco a capire nemmeno quale direzione stiamo prendendo. È buio, e se non fosse per la luna piena, non vedremmo a un passo con questa dannata nebbia. Intorno a noi è solo vegetazione e terra. Il mio respiro si fa veloce, sento che mi sto spaventando, anche se non ho visto e né capito ancora niente.
Il mio raziocinio ha assoluto bisogno di un appiglio.
«E, a proposito, qual è il piano?» sussurro nella marcia.
«Piano?»
«Il piano B. Qual è?»
Scuote la testa e fa un passo indietro. «Ma, assurda ragazzina, cosa pensi che stiamo facendo? Liberare Natan. Ecco qual è il piano B.»
«Non prendermi in giro. Liberare Natan è la missione, non il piano. Come pensi di farlo, questo vorrei sapere. Cosa dobbiamo fare e come dobbiamo farlo! Tu sei già stato in questo posto, ma io non ho capito nemmeno com'è fatto!»
Mentre continua a osservarmi divertito senza degnarsi di replicare, il mio corpo si irrigidisce di colpo, e una sensazione agghiacciante mi gela le vene. Ruoto il busto intorno a noi, in mezzo a questa nebbia primitiva, e solo adesso mi accorgo di non sentire alcun rumore, niente, nemmeno un brusio di fondo. Per essere così vicini al luogo dell'evento che dovrebbe ospitare migliaia di persone, non è affatto logico che non si ascolti nell'aria nemmeno il minimo strepito.
«Mi stai portando da un'altra parte? È una trappola» dico nel fiato mozzato dallo sconcerto e con gli occhi sbarrati.
«Sembri proprio tua madre» sbuffa. Mi arpiona il braccio e mi trascina fino a una collinetta sabbiosa costringendomi ad acquattarmi con lui. Ci sdraiamo sul ventre e osserviamo oltre l'estremità della cima.
«Osserva» suggerisce.
Davanti a noi, laggiù, con la poca visibilità che c'è, riesco a vedere solo un enorme vuoto, come un abissale buco nero. Che si tratti di una grande voragine che ingoierà tutti insieme i condannati? E con cosa potrebbero spingerli giù a migliaia e insieme? No, mi rifiuto di immaginare una cosa del genere. Ma noto subito che è circondata da un muro molto alto da un lato e da una gigantesca altura collinare dall'altro. Mai visto nulla di simile, che senso ha erigere un muro così imponente che non ha né soffitti e né pareti, piazzato in mezzo alle dune collinari come un monolite che divide due montagne?
«Guarda lì» indica a destra, oltre la coltre addensata, dove la visuale diradata è più chiara.
Impiego qualche secondo per mettere a fuoco che, in cima a quell'altura che si trova di fronte al vuoto nero, c'è un pubblico. È distante da noi, ed è stato alloggiato molto in alto, ma da qui posso vederlo. Una folla ammassata su una sorta di soppalco rialzato, ma fatta di poche persone, nulla di pomposo, forse perché - come detto – questo evento è proibito ai più, e solo una ristretta lista di privilegiati può assistervi. Ma la folla, per quanto scarsa, è immobile. Non ha senso questo silenzio, sono lontani ma non abbastanza da non produrre suoni. Sono tanto statici da apparire inquietanti, ma mi consola che ci siano, vuol dire che siamo davvero al Middle Ground e che, almeno su questo, l'ipocrita non ha bleffato.
«Il piano B» sussurra Giosuè vicino al mio orecchio, «scatta tra quindici minuti. I deportati si trovano al di sotto di questo colle in cui ci troviamo adesso io e te. Sotto di noi c'è un fossato, i deportati ogni anno vengono assiepati nel fossato, in attesa dell'esecuzione. Non si tratta di celle, sono solo corridoi naturali ottenuti con l'erosione della roccia sedimentata, nessuno è legato o imprigionato, sono fermi e in attesa di essere giustiziati, tutto qui. E sono distanti dalla platea organizzata sulla collina per assistere, così difficilmente il pubblico ci noterà quando ci caleremo da qui per andare a liberare Sasha.»
«Il Gran Maestro Sirio Uno ha parlato di celle in cui venivano detenuti i condannati...»
«Quelle celle non si trovano qui, ma a Ingranaggio. La notte dell'evento i deportati vengono trasferiti in questo fossato per poi essere giustiziati a mezzanotte.»
Questa potrebbe essere una buona notizia, i deportati sono tutti insieme e non sono legati o imprigionati, quindi potrò liberare i Crescenti e anche i vadisiani che non hanno l'età di legge per essere qui e che non dovrebbero essere condannati, io li libererò tutti, al contrario di quello che immagina l'egoista che mi sta accanto. Posso giocare sul vantaggio della differenza di età: c'è differenza tra un ventenne e un sessantenne, riuscirò a individuarli. Ma davvero non ho idea di come si possa realizzare una fuga di massa con questo silenzio.
Ho capito che l'unico modo in cui ottengo dettagli da questo mistificatore, è la provocazione. Per orgoglio tende a dare spiegazioni, e io in questo momento ho un assoluto bisogno di dettagli.
«E come pensi di riuscire a farlo, se nessuno fa un fiato? Sentiranno i nostri passi anche a chilometri. Si può sapere che razza di pubblico è? Perché nessuno parla?»
«Sciocca ragazzina. Nessuno parla perché non è una festa o uno spettacolo. La gente che interviene a questo evento sa di assistere a una strage di massa autorizzata, e per rispetto tutti tacciono.»
-30' a mezzanotte
Devo stare calma. Fermare il cuore che sta per scoppiarmi e l'ansia che mi divora. Calmati, Selina. Respira. Non faccio che ripetermi strage di massa autorizzata e sento che sto per avere un attacco di panico. La gente ferma e silenziosa è ancora più inquietante che se avessi assistito a urla di rabbia e lamenti disperati o addirittura ad applausi fragorosi. Loro sanno. Sanno cosa succede qui. Cosa stanno per vedere. Loro conoscono qualcuno tra i condannati. Stanno soffrendo in silenzio. Sono rispettosi. Lo stomaco si contorce dentro di me, vorrei urlare, vorrei piangere, ma non posso cedere adesso. Devo farcela. Devo resistere.
Col fiato ancora rotto, dico: «Hai detto che a mezzanotte sarà troppo tardi. Allora perché dobbiamo aspettare quindici minuti? Poi ce ne resteranno solo altri quindici per calarci, liberare tutti e scappare. E mi pare un piano molto ottimista, per non dire folle. Non sappiamo nemmeno dove sia Natan, quanti deportati ci sono là sotto e...»
Mi tappa la bocca col palmo della mano, mentre con l'altra indica alla nostra sinistra. Mi volto con gli occhi terrorizzati e noto che su un'altra collinetta, ma più piccola, sono posizionati degli strumenti che da qui è impossibile distinguere.
Bisbiglia: «Lassù è collocata la centralina che, a mezzanotte meno un quarto, sparerà in cielo sei batterie di giochi pirotecnici. Si tratta dell'avvio all'evento cerimoniale che prevede quindici minuti di fuochi d'artificio. Durante gli spari, approfittando di quel frastuono, noi agiremo. Abbiamo solo quel lasso di tempo, quel rumore di scoppi. Gli spettatori saranno distratti a guardare il cielo e assordati dalle esplosioni ripetute, e noi useremo quei quindici minuti per entrare e uscire. Dovremo essere rapidi e coordinati e rispettare i tempi: l'ultimo colpo verrà sparato esattamente a mezzanotte, quando il Middle Ground avrà inizio. Dobbiamo salvare Sasha prima che spostino i deportati per avviarli alla cerimonia di sacrificio. Se falliremo, ci confonderemo col pubblico che si trova sull'ultimo spalto, poco sotto l'altura, e ci ritroveremo alla fine della cerimonia giù nel bosco, dove abbiamo lasciato il calesse, indisturbati, per fuggire, per questo indossiamo le loro maschere.»
A quanto pare, ha pensato a tutto ed è meno sprovveduto di quanto credessi. Ma non posso evitare di incantarmi sulla frase: se falliremo. Cosa significa? Non posso accettare di fallire, non è nel mio DNA, non li lascerò morire tutti.
«Come saprò che ore sono?»
«Quando vedrai l'oro in cielo, mettiti al riparo. L'ultimo minuto esplode solo scintille dorate, in onore dell'esecutivo che veste unicamente di oro. Quello sarà il segnale.»
Scintille dorate in cielo nell'ultimo minuto, ho capito.
«E, come faremo con le unità robot di controllo?»
«Ho la password per bloccare i robot di sentinella stagliati lungo il fossato, sono solo una manciata, posso farcela.»
«E se i Gran Maestri, sapendo che hai disertato, avessero cambiato le password?»
«Disertore o no, nessuno si è presentato alla mia porta per costringermi a cedere i dati custoditi nel cervello di sistema. Ergo, ad oggi, sono ancora io il solo ad avere le password.»
Tutto molto semplice. Quasi incredibile. Entriamo e usciamo. Continuo a pensare che stia bleffando, che non bloccherà nessun robot e che non troveremo mai Natan, tra tanta gente e con questo buio. Ma, in fondo, cos'ho da perdere? Ormai, senza Morgan, la mia vita non ha più molto senso, mi rimane solo questa missione disperata, ed è l'unica ragione che mi tiene in vita. E torno a ripetermi la sua frase: se falliremo. Bene, se non dovessi riuscire a salvare nessuno, ben venga la mia dipartita. Sono comunque un'evasa, disertrice, che ha causato una guerra, la distruzione di un'intera città e la morte delle persone che amava. Direi che ho più di una valida ragione per morire, accettare il mio destino e autoconsegnarmi al Middle Ground.
All'improvviso qualcuno parla. Dall'ombra di un parterre lontano, collocato sull'altura, un uomo si è levato in piedi e sta parlando solenne al pubblico intervenuto. Ma la sua voce si perde nel vento, e da qui non so cosa stia dicendo.
Giosuè sussurra nel mio orecchio: «Ho assistito a molti Middle Ground, il rituale è sempre lo stesso. Ora il Gran Maestro a capo del consiglio supremo, Poseido 6, sta inneggiando alle leggi di Pangea e spiegando come funziona questa tradizione, poi inizieranno i fuochi.»
Davvero un peccato che io non riesca a sentirlo, le sue spiegazioni avrebbero potuto essermi utili. Ma soprattutto: se fosse vero che non inizierebbero senza il Consiglio al completo, come mai stanno iniziando? Il mio cuore sprofonda. Era ovvio che Sirio non sarebbe arrivato, ormai tra loro sarà già circolata la voce della sua dipartita. Devo rassegnarmi: il mio amore è morto davvero. Non lo rivedrò più. Non lo amerò più. Io che ho trascorso l'esistenza a sentirmi utile e produttiva e circondata solo da persone utili e produttive, avevo per la prima volta provato un sentimento diverso, viscerale, che nulla aveva in comune con l'efficienza e l'utilità, e mi è stato portato via subito, così presto.
-15 a mezzanotte
Un'esplosione mi fa sussultare. In cielo spumeggia un fuoco di colori che piombano verso il basso come grappoli di luce frammentata, e si sbriciolano. Uno dopo l'altro. Esplodendo festosi. Eppure, non è una festa.
«Adesso!» ordina Giosuè. «Ricorda, l'ultima batteria è la più sontuosa e ha i colori dell'esecutivo, scintille dorate, solo oro, sarà il modo per capire che ti resta un solo minuto per metterti al riparo.»
Che strano, sembra sincero.
Ci solleviamo dalla posizione a pancia in sotto e insieme ci mettiamo seduti sul dosso.
Dice: «Per calarci nel fossato da qui, facciamo lo scivolo. Stai tranquilla, è sabbioso, scivoleremo giù senza problemi, datti la spinta.»
Mi assicuro che lo faccia prima lui e, non appena lo vedo scivolare, mi lancio subito dietro. Finiamo a piombo sul terreno argilloso, e ci ricomponiamo in fretta, la visuale è scarsa, ma mi pare proprio che siamo in un fossato.
«Di qua, presto!» ordina Giosuè.
Marciamo rapidi, rasente la parete rocciosa, e dall'ombra si materializza davanti a noi un robot unità 5 che ci punta contro i bulbi oculari che lampeggiano. Con tutti questi botti sparati in aria, e questa conca chiusa che fa da cassa di risonanza rendendoli più assordanti di quanto ci si aspetterebbe normalmente, non riesco neppure a sentire cosa dica, ma so che il mio cuore balza nello stomaco per lo spavento.
Accanto a me, Giosuè dichiara altisonante una frase in latino, e anche stavolta non capisco le parole, ma sono efficaci, il robot si blocca e si scosta di lato per farci passare.
Non riesco a crederci. È successo davvero. Mi sembra incredibile, Giosuè ha mantenuto la parola e sta andando tutto come previsto. Per un momento mi rianimo e con un nuovo slancio, accelero il passo per trovare i deportati che dovrebbero essere ammassati in questo fossato e che ormai dovremmo aver quasi raggiunto, anche se non ho idea di quanto questo percorso sia lungo.
«Siamo nei tempi, possiamo farcela» dico entusiasta. E intanto penso che una volta liberati, farò arrestare questo assassino che è ancora convinto che gli permetterò di prendere Natan e tornare al calesse senza pagare per le persone che ha ucciso. Senza pagare per aver ucciso il mio unico amore.
Ma non sento la sua risposta. Il frastuono degli scoppi potrebbe aver ingannato il mio udito, così mi volto per incontrare la sua approvazione, e mi accorgo che di Giosuè non c'è più traccia. Non è più accanto a me. Mi fermo e mi guardo intorno con movimenti scattosi, spaventata. Dov'è finito? Non può aver preso un'altra direzione, questo percorso è a senso unico.
«Giosuè?» lo chiamo.
I miei occhi spiano terrorizzati ogni granello di sabbia di questo fossato alla ricerca di qualcuno, che sia lui oppure il gruppo di deportati, ma nonostante le luci intermittenti e colorate prodotte dai fuochi pirotecnici illuminino il passo e a fasi alterne il sentiero, qui non vedo nessuno. A un tratto, concludo sconvolta che i deportati potrebbero essere da un'altra parte. E che quell'ipocrita mi abbia solo tratta in trappola. Devo trovarli, non posso essere arrivata fino a qui inutilmente. Mi volto con l'affanno a fissare il sentiero immaginando di percorrerlo a ritroso prima che i fuochi terminino e torni il silenzio, e sto per farlo, quando tra una sequenza di botti e un'altra, percepisco delle voci sommesse. Avanzo piano e percorro qualche altro metro alla cieca per andare incontro a quelle voci, sperando di non averle sognate, con l'idea di mettermi a piangere per essermi fatta di nuovo raggirare da quel criminale, avvinta dai nervi e da una rabbia disperata. Mi accorgo solo dopo aver accelerato, che le mie gambe acquistano velocità per via di una ripida pendenza del terreno, che ora piomba a picco in discesa. Devo frenarla per evitare di cadere con la faccia nella ghiaia. Le mie gambe corrono per inerzia lungo questa pendenza quasi parallela per come è ripida, e alla fine la corsa frena quando il terreno si allinea, come fossi arrivata a valle. Riprendo fiato, e mi fermo. Quando in cielo scoppia un enorme ombrello brillante, più dirompente dei precedenti, succede che per un momento riesce ad illuminare a giorno l'intera area in cui sono finita. E il mio volto resta impietrito di fronte alla realtà. Li ho trovati, ho trovato i deportati.
...
[continua]
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro