36 - Il Vecchio Mondo ( part.1)
Selina 16
- 5 giorni al Middle Ground
Durante la notte il vecchio guardiano porcospino mi ha portato nell'ordine: due coperte, tre candele che ho consumato e due scodelle colme di riso e verdure che credevo sintetici ma erano naturali. E davvero una bontà. Mi rendo conto di aver trascorso dentro a questa biblioteca quasi un intero giorno, dato che è quasi l'alba e una luce che rischiara lentamente si sta alzando oltre il vetro della finestra. Non appena apro gli occhi mi vedo china sull'ultimo tomo, un viaggio intorno al mondo intrapreso da un certo Gulliver, con la coperta scivolata tra le gambe della sedia imbottita e i capelli riversi sulle pagine. Non mi accorgo immediatamente di essere osservata, lo capisco solo nel momento in cui la vista periferica mette a fuoco l'intruso. Sollevo di poco il viso e trovo la forza di lamentarmi nonostante la stanchezza e il poco sonno accumulato: «Tu cos'hai da guardarmi? Da quanto tempo mi fissi? Vattene via» e la mia guancia torna a piombo sulle pagine.
Quando il suo tocco leggero arriva a sfiorarmi il viso per scostare i capelli dagli occhi, con un gesto di stizza lo scanso, e la mia voce esce fuori carica di livore.
«Non mi toccare.»
Avverto la sua frustrazione.
Sussurra: «Che ti prende? Cosa ti ho fatto?».
Sospiro nervosa e torno dritta con la schiena, anche se i miei occhi non si aprono subito.
«Sei un fuorilegge.»
Ora Natan allarga le sopracciglia a un sorriso di stupore. Si china sui talloni e scansa di nuovo una ciocca di capelli dal mio viso.
«Come dici, Crescente?»
«Non sorridere. Anzi non sorridermi.» Lo scanso di nuovo.
Emette un lungo respiro. «Che succede? Sei ancora arrabbiata per il robot che ci ha portati qui? Era l'unico modo per tenerti al sicuro e per...»
«Non è per quello! Cioè, non è più solo per quello.»
Lo vedo inclinare la testa per scorgere gli ultimi titoli che ho letto e magari trovarci le risposte alla mia ostilità, così decido di essere diretta, magari se ne va, non voglio vederlo.
«Vi ho visti e sentiti. Avete infranto le regole, avete infranto la legge, avete...»
M'interrompe con la fronte corrugata e un sorriso divertito: «Ma che stai dicendo?»
«Tu e Selina 11!» esclamo indignata, «stavate, stavate copulando, stavate infrangendo le... vi stavate contorcendo uno sull'altra, con la lingua e con tutte quelle carezze illegali...»
«Carezze illegali?» scoppia a ridere a testa indietro, poi passa una mano sulla fronte e la sorregge simulando sconcerto.
Alzo la voce: «Non puoi accoppiarti con chi ti pare» mi chino di lato, sollevo dal pavimento il romanzo intitolato Giulietta e Romeo, e glielo sventolo davanti, «l'ordinamento di Pangea non è così diverso dalle regole di questa arcaica società del vecchio mondo, e finireste anche voi in fuga o giustiziati. Dovete lasciare che siano i Gran Maestri a darvi il permesso di riprodurvi...»
«Credevo che leggere ti avrebbe aperto la mente» dice ostile, alzandosi in piedi.
«Infatti» ribatto solerte.
«Invece sei la stessa noiosa fissata con le regole che non capisce cosa conta davvero.»
«Quello che conta davvero» mi metto in piedi anch'io lasciando scivolare la coperta, «è ciò che abbiamo e ciò che siamo oggi, perché del vecchio mondo non ci rimane che polvere. Forse nel vecchio mondo avevano ragione e forse no, in questi libri ho letto di luoghi meravigliosi e di amori appassionati, ma ormai cosa importa? Sono tutti sott'acqua!»
Natan apre gli occhi a un'espressione incredula e per un momento s'incanta. Poi butta fuori l'aria, come fosse rinsavito, mi afferra il braccio e brusco, davvero in modo maleducato mi trascina verso la porta. Mi spinge anche se mi dimeno e mi lamento, e solo quando siamo a un passo dalla maniglia mi appiattisce contro l'anta, si piazza davanti al mio corpo premendo col suo al punto che chiudo gli occhi, e poi dice aspro: «Vieni a vedere se sono tutti annegati o no, e poi deciderai cosa è giusto e cosa è sbagliato, piccola ignara.»
Spalanco gli occhi sconvolta. «Vuoi portarmi sott'acqua?»
Abbozza mezzo sorriso. «Tu sei da sempre sott'acqua, Selina, e se mai voglio portarti in superficie.» Mi spinge con sé oltre la porta e lungo il corridoio.
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«Monta.»
«Mai.»
Si china di lato e allunga una mano verso di me. «Coraggio, monta.»
Occupo le mie mani premendole contro i fianchi a mento alto.
«Selina, devi salire. Il luogo da raggiungere è distante, potremmo impiegare mezza giornata per arrivarci, invece al galoppo ci vorrà poco.»
Il cavallo è enorme. Vivo. E nitrisce e scalpita. Nei libri che ho letto era una creatura affascinante, ma dal vivo è troppo alto e troppo poco stabile per ritenerlo un mezzo di trasporto sicuro. Mi rifiuto.
«Selina!»
«Gli animali non sono mezzi di locomozione. Sono nervosi, istintivi e autonomi, il che li rende imprevedibili e pericolosi.»
Non finisco di dirlo, e due mani tozze mi arpionano i fianchi fino a sollevarmi e sono costretta ad aprire le gambe per finire a cavalcioni sulla sella, davanti a Natan che subito mi cinge la vita per non farmi cadere.
«Grazie, Carlo» dice al tizio gigantesco che mi ha presa in braccio a tradimento.
Carlo? L'ennesimo nome arcaico. Qui nessuno ha tenuto il nome designato alla nascita, ed è un'altra infrazione al codice.
Poi si rivolge a me «Dato che hai paura, ti faccio stare davanti, così ti tengo io, va bene?»
Mentre borbotto una serie di lamentii incomprensibili, le sue braccia mi avvolgono e lui mi chiede di rilassarmi e poggiarmi contro il suo petto, mentre tira le redini con fare sicuro e afferra le staffe esercitando una leggera pressione sui talloni.
Non appena il cavallo parte al trotto, lancio un urlo di paura e supplico Natan di fermarsi. Lui ride di me. E solo dopo un po', quando tagliamo la radura e il vento ci scompiglia i cappelli, il mio viso si apre a una risata muta e inaspettata. In fondo non è poi così male andare al galoppo. Anche se ogni tanto guardo in basso e mi domando come farò a scendere. Durante il tragitto Natan si mostra attento e rispettoso, ed evita di lanciare il cavallo in una corsa vera e propria ma lo vedo che è trattenuto e insofferente e che vorrebbe accelerare. D'altra parte sono sollevata che non si arrischi pur di provocarmi, come finora ha fatto in diverse occasioni, dato che il percorso si fa sempre più impervio e melmoso sotto agli zoccoli di questo animale che a tratti sprofonda e poi riemerge. Stiamo attraversando un terreno fangoso e la marcia appare scivolosa e poco stabile. Finora ho taciuto ma non riesco più a trattenere un lamento di paura.
Natan stringe le braccia attorno al mio corpo, continuando a tenere salde le redini nelle mani.
«Ci avviciniamo alla zona emersa, e qui le terre sono a tratti paludose ma non mobili, non temere.»
«Zona emersa?» esclamo senza fiato.
Solo quando il sole è ormai alto, si apre davanti a noi una distesa desertica disseminata di oggetti. Natan tira le redini e il cavallo si ferma.
«Siamo al confine. Da qui in poi balleremo un po' tra le dune per evitare di incagliarci o urtare qualcosa. Devi avere pazienza, siamo quasi arrivati.»
«Ma sono cose del vecchio mondo, quelle inabissate che vedo sbucare dalla sabbia?» domando incredula fissando l'orizzonte con gli spalancati.
«Un tempo qui c'era mare tutto l'anno. Poi ha iniziato a ritirarsi ciclicamente. Queste zone sono protette da embargo. Una legge di Pangea vieta il transito e non permette che si sappia nulla di ciò che stai per vedere. Ma noi vadisiani da sempre abbiamo setacciato e depredato questi terreni...»
«Depredato?»
«...alla ricerca della verità. Per capire. E per salvare le cose. Non per rubare, Selina.»
«Certo, mettila come ti fa comodo.»
«Ma perché sei così ottusa?»
«Se non fossimo sopra questo gigante vivo, ti avrei mollato qui, sappilo, tu e le tue violazioni della legge.»
«Era usanza anche nel vecchio mondo di andare alla ricerca di antichi manufatti, sarcofagi, ossa e suppellettili che raccontassero la storia passata, erano discipline chiamate archeologia, paleontologia o geologia... e se non lo avessimo fatto, oggetti come ad esempio i libri che hai trascorso l'intera notte a leggere sarebbero sottoterra, ora, deteriorati e cancellati per sempre.»
«Tu continui a seguire leggi di un mondo sommerso e a infrangere le nostre!»
«Le nostre sono pretestuose, costruite sul nulla e basate sul veto. Piene di doveri e completamente prive di diritti. Con rari privilegi che sono accessibili a pochi. In tempi antichi era chiamata dittatura.»
«La tua mente continua a stare nel passato, Natan. Se le nostre leggi in tempi antichi non hanno funzionato, non significa che oggi non funzionino. Come vedi, la maggioranza della gente vive felice e nessuno si lamenta, ogni cosa è tornata al suo posto.»
Natan mi dà un buffetto sulla guancia. «Andiamo. Voglio mostrarti di cosa stai parlando.»
«Che significa?»
«Adesso ti mostro ogni cosa e il suo posto.»
E senza che io possa oppormi, lancia il cavallo al galoppo aizzandolo perché corra.
Grido sconvolta: «Dicevi che rischiamo di incagliarci! Perché stai correndo?».
«Conosco questo territorio lembo dopo lembo, e sono stufo delle tue lamentele, se non ti sta bene, salta giù!»
Incita il cavallo a correre più veloce costringendomi ad arpionarmi alla sua criniera e a stringere gli occhi per non restare accecata dalle sferzate di sabbia che la corsa solleva di lato.
«Ti odio!» urlo.
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Dopo molto galoppare schivando oggetti emersi tra le dune sabbiose, all'orizzonte s'intravedono le prime costruzioni che il sole allumina fino a farle apparire come tante vette accecanti. Mi tornano in mente gli agglomerati urbani che ho visto dalla nave, quel lembo di terra di cui non conoscevo l'esistenza che abbiamo sorvolato prima che Morgan virasse. E passandoci accanto, devo constatare che quelli che credevo fossero alberi tra le costruzioni, in realtà sono fitte macchie di vegetazione nella sabbia. Una specie di pianta marina.
Nella corsa sollecitata urlo: «Come si chiama questo posto?».
«Non ha un nome. È molti posti.»
«Che significa molti posti?»
Lentamente il cavallo rallenta sotto il tiro esperto di Natan, che indica davanti a sé, verso i primi agglomerati a cui ci stiamo avvicinando.
«Volevi sapere cos'è Risacca, ricordi? Finalmente avrai la risposta alla tua domanda, Selina: per praticità abbiamo denominato tutta quest'area la Risacca, perché è stata la risacca marina a riportare alla luce parti di mondo sommerso.»
La risacca, penso.
«Quindi è da qui che provengono il cotone e i Jeans che indossate?»
Sorride intenerito. «Da qui proviene quasi tutto. Ti faccio vedere» manda di nuovo al trotto il cavallo. Ci inoltriamo lungo un sentiero sabbioso ma asciutto, duro come pietra. «Tutta questa zona faceva parte di un continente chiamato Europa» spiega indicandola, «Lo spostamento delle calotte e gli tsunami hanno preso e trasportato tutto in una volta sola. Immagina centinaia di costruzioni afferrate nel palmo di una mano e ammassate assieme. Un po' come quando lanci i dadi, e dove cadono, cadono. Così, qui, puoi trovare un pezzo di Roma e uno di Parigi ammucchiati, per esempio. Una volta, io e i perlustratori, ci siamo trovati a camminare lungo un ponte diroccato che un tempo si chiamava Ponte Sisto e conduceva in un antico quartiere romano, in Italia, chiamato Trastevere, ma alla fine del ponte ci siamo trovati ad attraversare un pezzo di Alexanderplatz, una piazza tedesca che si trovava in un paese chiamato Germania. E questi due paesi confinanti, l'Italia e la Germania, distavano uno dall'altro circa milletrecento chilometri, ma li ha messi insieme il mare quando ha travolto e scoperchiato ogni cosa. Alla fine, monumenti, strade e palazzi pieni di cose e oggetti e vestiti e strumenti riemersi, con le secche, sono finiti tutti assieme in una risacca, questo luogo.»
«E dov'è questo ponte, posso vederlo?»
«Quest'anno? Non lo so. Alcune cose non riemergono tutti gli anni, e non riemergono sempre negli stessi posti. Ho idea che la marea li muova.»
Non ho capito la risposta, ma mi preme scoprire subito un'altra cosa.
«Ma è così dappertutto? Tutto il vecchio mondo è tornato a galla in disordine o rotto?»
«No. Per quel che abbiamo scoperto con l'uso dei droni, questa è l'unica Risacca. L'altra metà del mondo è ancora sommersa» s'incupisce.
Accidenti, penso, se questa è solo una parte di Europa, mancano all'appello davvero moltissimi tasselli del vecchio mondo. Davvero una cosa triste. Ma è bellissimo sapere che col tempo il mare ci abbia restituito parte del nostro vecchio mondo.
Subito Natan spegne il mio entusiasmo con una notizia disarmante: «Quello che stavo cercando di spiegarti a proposito del ponte, è che qui il problema sono le acque che tornano a cicli. La marea si alza e si abbassa, si ritira e poi torna. E questi luoghi non sono accessibili tutto l'anno. Per questo li perlustriamo e prendiamo più cose possibile perché, quando tornano sott'acqua, poi non è detto che nella stagione successiva riemergeranno, o che saranno ancora intatte. Molti oggetti vengono mangiati dal velluto verde.»
«Cos'è il velluto verde?»
«Una roba strana che attacca le cose che restano a lungo nelle profondità marine, ha anche un nome, ma non lo ricordo. Io mi occupo della parte storica, altri vadisiani studiano le profondità marine. Ognuno di noi ha un compito, qui.»
«Perciò anche l'Anfiteatro Flavio, il posto in cui ci siamo incontrati, è emerso ed è quello autentico?»
«Già. Pensa che è stato il primo monumento ad essere riemerso, ed è talmente imponente che non sono riusciti a nasconderlo all'opinione pubblica, così hanno fatto credere si tratti di una simulazione. Nessuno si è mai preso la briga di avvicinarsi all'area, i controllori laggiù sono molto aggressivi, e ci hanno creduto tutti. In quella zona l'acqua che si è ritirata non è più tornata.»
«E per quanto tempo all'anno questi luoghi, invece, restano sommersi?»
«Bella domanda. Non so il numero esatto di giorni. Credo una buona parte dell'anno. Sei stata fortunata, Selina, in questa stagione puoi vederli. Ma a giorni, in una strana quanto tempestiva concomitanza col Middle Ground, l'acqua ricomincerà a salire. E qui sarà tutto inondato. Pensa, il mondo torna sommerso ogni anno nello stesso periodo in cui giustiziamo le persone. Non trovi che sia una coincidenza quantomeno inquietante?»
Abbasso il viso e trattengo il fiato. Inquietante è dire poco.
«E se non fosse una coincidenza ma una scelta mirata?» mormoro.
Sorride. «Come potrebbe l'uomo decidere apposta l'alta marea?»
«Non decide l'alta marea. Fa solo in modo che la data del Middle Ground coincida.»
«Perché dovrebbe farlo?» alza le spalle.
Già, che senso avrebbe.
Con due colpetti di staffa, Natan manda al trotto più veloce il cavallo. «Andiamo. Le sorprese non sono finite.»
(continua...)
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