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29 - Enigma


Evan Morgan Vento


- 7 giorni al Middle Ground

«Prima di raggiungere i campi per reclutare Operanti» dico loro, «dobbiamo trovare Selina. È sola e disarmata e potrebbe imbattersi nelle IA 5, non possiamo perdere tempo. Di sicuro starà cercando la Torre. Segui la direzione che va verso il settore dei Crescenti anziani» dico al pilota.

Oram, al comando della nave, sorvola la zona senza alzarsi troppo, deve viaggiare radente o non riusciremo a individuare Selina.

«La vedi?» domando mentre Bert mi fascia la mano ferita. «Riesci a vedere la sommità della Torre?»

Accanto a lui, seduto in plancia a fargli da secondo in comando, Ares 115 sgrana gli occhi: «Mister, siamo nei guai! Una nave da combattimento sorvola l'area, non impiegherà più di un minuto a ingaggiarci.»

«Abbattila!» ordino.

«Ma siamo schermati...» dice Bert 29, che ora ha ripreso a tremare come quando mi faceva da apprendista in quella radura. «Che bisogno c'è di scatenare un conflitto a fuoco?»

«Le loro navi hanno un sistema di difesa superiore, non come quello dei droni» spiego, «possono colpirci, loro ci vedono.»

«Ricevuto, Mister» Oram vira velocemente e ingaggia la coda dell'altra nave. Prova a colpirla ma la nave si scherma, effettua una virata e Oram manca il colpo.

«Mister, la nave da combattimento sta eludendo la risposta al fuoco e cerca di farmi perdere la sua scia» m'informa Oram.

«Scappano come codardi» dice Ares sospettoso. «Non posso crederci.»

Ha ragione, qualcosa non quadra, stanno applicando un protocollo anomalo. Quella è una nave di livello cinque. Mi domando perché non abbiano risposto al fuoco e sembra invece che stiano cercando di seminarci.

«Affiancali!» ordino al pilota, «Voglio capire chi trasportano, potrebbe trattarsi di Sirio Uno, non esiste altra ragione per cui una nave come quella non abbia contrattaccato.»

Ne segue un inseguimento imprevisto. Più noi li avviciniamo e proviamo ad agganciarli, più loro ci sfuggono e s'infilano nel fumo delle fusoliere o nelle nubi per mimetizzarsi.

«Accidenti» dice Oram, «sono davvero bravi, non riesco a prenderli!»

Per alcuni secondi la nave da combattimento svanisce dal radar. Forse li abbiamo persi. Oram non si arrende e segue ancora la scia diradata, per non perdere la rotta.

«Eccoli!» indica oltre una grossa nube.

Non appena li rintracciamo, stessa scena della precedente, effettuano solo manovre evasive.

«Prova ad alzarti sopra di loro e poi abbassati» ordino.

Solo dopo molte virate e carambole rischiose, Oram riesce a superare la linea di tuono e per un attimo si affaccia sulla plancia nemica viaggiando in senso antiorario in una rapidissima retromarcia.

Ci affacciamo tutti sul vetro anteriore e a questa velocità è difficile stabilire se il gran Maestro si trovi su quella nave ma una cosa è certa: il secondo in comando sembra essere una donna. Cosa assolutamente impossibile poiché a Pangea le donne pilota non esistono.

La ferita da coltello impedisce ai miei occhi di mettere a fuoco l'immagine ma qualcosa mi spinge e fissarla per chiarire questo enigma.

«Non potrebbe essere che altri Operanti, disattivando le IA 4, abbiano rubato una nave, Mister?» ipotizza tremante Bert 29.

«Nessun Operante saprebbe manovrare una nave da guerra virando in quel modo» replica Ares 115.

«E poi sono IA 5, e quelle nessuno sa disattivarle» aggiungo.

«Selina! Accanto al pilota di quella nave c'è Selina!» dice Oram.

Mi precipito in plancia e nel farlo avverto stilettate lancinanti nel petto, devo avere almeno tre costole incrinate, ma trovo la forza di sporgermi oltre il vetro, impongo ai miei sensi di allinearsi con la pineale, avverto un tuono percorrermi la schiena quando realizzo la derapata. È lei, è Selina. La mia piccola strega che a quanto pare ha fatto un'altra magia.

«Ritirati, non colpirla!» e assisto sconvolto a una scena che non so tradurre: non sembra una prigioniera, non le avrebbero mai permesso di sedere in plancia. Che sta succedendo qui?

Come ha fatto a impossessarsi di una nave da guerra e a convincere una IA 5 a pilotarla per lei? Mi torna in mente la sua visione di Urano 2 che le ha dato le parole per disattivare le IA 4. Se lo stesso individuo la stesse manovrando adesso? Ormai è chiaro che dietro tutto questo c'è un burattinaio che muove i fili di questo gioco al massacro, quello che ancora non riesco a capire è la ragione per cui abbia deciso di usare lei. La mia Selina. Perché proprio lei?

«Seguili! Segui la rotta, stagli dietro, non li perdere» ordino.

«Subito, Mister» Oram entra nella scia e la insegue. «Forse è una nave che la sta portando alla Torre» ipotizza.

«Non può essere» ribatte Ares. «Non usano navi da guerra per il trasporto dei Crescenti e poi... da alcuni minuti abbiamo virato, e la Torre si trova nella direzione opposta.»

Sento il sangue delle mie ferite scorrere come dovesse esplodermi fuori da ogni terminazione nervosa. Se il burattinaio non fosse altri che Sirio Uno?

Sussurro rabbioso: «L'hanno trovata. La portano a Pangea... la destineranno...»

Una cantilena spacca il silenzio e inizia a gracchiare senza essere fastidiosa. Dopo il pugno che ho sferrato contro quel tasto, non ha più la sua potenza di suono ma la sentiamo lo stesso.

«Non sono diretti a Pangea, Mister» dice Oram osservando il sistema lampeggiare l'allerta, «virano a sud, stanno violando la zona vietata di Vadis, vanno al distretto otto.»

Non può essere. Sirio Uno non la condurrebbe mai a Vadis, non ha alcun senso. Giuro di essere confuso. Perché proprio Vadis? A che scopo? Mi torna in mente il Reminiscente. Se lo avesse trovato vivo? Se qualcuno l'avesse manovrata per salvare Natan? Perché, mi domando fuori di me, Selina non la smette di aiutare quel vadisiano? Cos'ha di tanto speciale? I miei sensi si sono messi in allerta, e so che quel Natan nasconde qualcosa. Non è un vadisiano qualunque e c'è qualcuno che lo muove dietro le quinte. Devo riuscire a scoprire qual è il suo vero nome e il numero di riconoscimento che gli hanno dato alla nascita, è il solo modo per capire cosa nasconde e solo così potrò ricostruire la sua vita, chi conosce, di cosa si occupa, a cosa mira. Ma per fare questo, sarò costretto a ristabilire il contatto con Pangea e chiedere l'aiuto dei Gran Maestri. Tra poche ore i tre giorni scadranno, forse sono ancora in tempo a proclamarmi a caccia e ingannare Sirio Uno. Abbiamo un patto, e il tempo a mia disposizione non è ancora scaduto. È un rischio enorme ripristinare i contatti, fisso i cavi che ho sabotato, metterà in pericolo tutti noi. Ma se non attiverò il contatto non avrò accesso all'anagrafe digitale degli abitanti di Pangea, e in quella di Vadis non l'ho trovato. Sentire di essere alle strette mi manda fuori di testa. Maledetto Natan! Avrei dovuto ucciderlo in quel sotterraneo quando ne ho avuto la possibilità, sferro un pugno contro la parete della nave, non dovevo risparmiarlo.

«Mister?» balbetta alle mie spalle Bert 29 con gli occhi fissi alla parete incrinata dal colpo che ho dato.

Osservo le mie nocche arrossate e noto che la benda ha ripreso sanguinare lungo il palmo, là dove Bert mi aveva medicato e dove qualcuno mi ha ferito con un'arma da taglio. Stringo il pugno e lascio colare il sangue. Osservo il modo in cui le gocce precipitano a terra. Vorrei non sentirmi come queste gocce: in caduta libera e condannato allo schianto.

«Si torna a Vadis» dichiaro.

Oram vira: «Ricevuto. Direzione Vadis.»

«Hai nemici laggiù?» domando ad Ares 115. Non vorrei metterlo in guai ancora più gravi, ha già fatto molto per noi.

Lui scrolla le spalle. «Nessun nemico, che io sappia, Mister. Solo un contatto. Un uomo che mi ha aiutato a scappare» si gratta la testa imbarazzato, ormai ho capito che è un gesto compulsivo. «Sa... è stato quando lei mi ha catturato nella radura ai confini con Pangea.»

Un contatto in grado di far evadere gli Operanti? Mangio la foglia.

«Questo contatto è solito aiutare gli Operanti, o nel tuo caso ha fatto un'eccezione?»

«No, Mister» dice in colpa, col volto basso. «Mi dispiace. Insomma... lo confesso... ne ha aiutati tanti altri...»

«Chi sarebbe quest'uomo?» domando accigliato.

«Non l'ho mai incontrato di persona, Mister.»

«Sai almeno in quale distretto vive?»

«No, mi dispiace. Conosco solo il suo nome. Si chiama Giosuè.»

Non appena pronuncia quel nome, senza che io possa controllarmi, i miei sensi si acutizzano e una fitta lancinante mi trapassa le tempie.

Giosuè. Dove ho già sentito questo nome? Il fatto è che i miei sensi mi stanno facendo impazzire, avvertono un enorme pericolo. E non posso fare a meno di ricordare le immagini di guerra che il varco aperto dalla mente di Sirio mi ha inavvertitamente trasmesso. Qualcosa mi dice che è tutto collegato, che nulla sia casuale. Che devo sapere.

Non ho alternative, c'è un solo Gran Maestro che potrà aiutarmi a risolvere questo enigma, devo contattare Urano 2. E sperare di trovarlo sobrio e non intossicato dai fumi del calumet di quella squallida Teieria.

Prendo una decisione rischiosa, ma anche l'unica che non metterà in pericolo questo equipaggio.

«Oram» chiamo.

«Sì, Mister.»

«Atterra nella radura boschiva ai confini con la città di Vadis, quella dove siamo sbarcati ieri e dove avevo nascosto la navetta.»

«Quella in cui ho trascorso delle ore legato in plancia, Mister?»

Sorrido.

Oram vira e si dirige verso la boscaglia.

«Ce la facciamo a piedi fino al distretto otto?» s'informa Ares 115.

«No. Scenderò solo io. Devo attivare una comunicazione e preferisco farlo lontano dalla nave per evitare che venga intercettata.»

Mi osservano preoccupati.

«Cosa userà per attivare la comunicazione, Mister, le foglie?» domanda Ares accigliato.

Sto per ipotizzare un allaccio di fortuna, quando lui precisa solerte: «Posso aiutarla. Mi bastano un paio di cavi e un generatore.»

Un generatore, penso.

«Possiamo usare quello d'emergenza» interviene Oram.

«Ma poi sottrarremo energia al propulsore della nave» s'inserisce lagnoso Bert 29. «E rischieremo di non avere più spinta di accelerazione se dovessero inseguirci.»

Stavolta lo guardo incredulo. «E tu come le sai queste cose, Bert?»

«Passavo cacciaviti ai manutentori... e loro riparano navi da guerra.»

Interessante.

«Oltre a passare cacciavite, sapresti anche allacciare una linea?»

Ora Bert perde un momento a riflettere col volto pallido e le nocche sbiancate dai pugni stretti.

«Lo faccio io» dice Ares. «Prima di mandarmi alle saldature, mi hanno fatto trasportare cavi, e credo di ricordare come collegavano gli allacci di fortuna. Proviamoci.»

Non volevo portarmeli dietro, il mio intento era quello di tenerli al sicuro e andare da solo, ma a quanto pare, mi serve il loro aiuto.

L'atterraggio è silenzioso e leggero, in questo devo dire che Oram 12 è molto abile. Una volta spenti i motori, lascio che ognuno di loro si adoperi per realizzare questo piano che una parte di me ritiene folle. Non riesco a muovermi agilmente, le mie costole e le ferite pulsano e lanciano stilettate insopportabili, e così sono Ares e Oram che rimediano i cavi e staccano il generatore per trasportare ogni cosa fino a un tratto di bosco in cui la fitta rete di rami intricati copre l'orizzonte e ci nasconde dalle ronde esterne che controllano il perimetro di Vadis. Sappiamo che sono IA di tipo 4 e che possiamo disattivarle, ma dovendo ripristinare le comunicazioni con Pangea, correrei il rischio che la loro disattivazione sia notata, e devo assolutamente evitarlo.

«Oram, torna alla nave, non mi fido a lasciare Bert da solo, è molto ansioso» strizzo l'occhio al pilota.

«Se avete bisogno chiamate» dice, mentre si allontana.

Due li ho salvati. Ora manca il terzo.

«Ares» lo osservo districarsi con i cavi e l'allaccio al generatore, «non appena avrai finito, raggiungi gli altri, non mi fido a lasciarli da soli, sono entrambi ansiosi.»

Ares 115 non alza gli occhi dal suo lavoro, ma scuote la testa in un ghigno divertito. «Cosa sta cercando di fare, Mister? Vuole salvarci?»

Sospiro il mio silenzio assenso.

«Beh, sappia una cosa, Mister» aggiunge collegando un cavo, «non la lasceremo solo. Abbiamo fatto un patto e noi siamo di parola.»

Sorrido di gratitudine. Soprattutto quando mi accorgo che Ares è riuscito nel suo intento, ora il generatore pulsa segnali intermittenti di colore verde. Segno che la comunicazione è aperta.

Mi chino su questo groviglio di cavi e la mia mano si posa su quella di Ares. «Adesso, vai» ordino.

Ares esita e indugia. Ma il mio sguardo eloquente lo convince di non avere scelta. Così, grattandosi la testa, si mette in piedi e mi concede un sorriso benevolo, mentre un passo alla volta nella selva, lo vedo svanire oltre gli alberi.

Mi metto seduto e afferro il microfono ricavato da un ricevitore ausiliario che usiamo per comunicare in volo. Lo fisso col petto che sbatte feroce. Respiro. Emetto lunghi respiri per rilassare il pensiero e impedire al Gran Maestro di leggermi la mente e trovarci ogni verità accumulata in questi giorni. Devo schermare la mia coscienza prima di attivare la linea.

Rifletto a lungo. Quando sono certo di essere calmo e che il mio discernimento sia pronto a qualunque attacco mentale, contatto la base Gate di Pangea.

Uso un segnale Morse per comunicare l'emergenza di contattare il Gran Maestro Urano Due. Non ho altro modo per by-passare Sirio Uno. Generalmente lui ignora ogni chiamata Morse ritenendole di poco conto. Spero solo che la sua condizione mentale non sia troppo compromessa dalla mia sparizione o mangerà la foglia e risponderà lui.

La mia speranza è esaudita dopo una successione di suoni sovrapposti, quando finalmente la voce disturbata da una frequenza poco chiara risponde alla chiamata. E riconosco che si tratta di Urano Due.

Per evitare intercettazioni sarò breve, non posso farmi individuare.

«Maestro, il mio incarico sotto copertura non si è ancora concluso, ma ho bisogno di due informazioni vitali e solo lei può aiutarmi» dico d'un fiato.

Urano risponde flemmatico, segno che sta fumando, maledizione. «Morgan, l'intera City è in allerta. Hanno intenzione di inviare tre navi da recupero in tutto il regno per capire che fine tu abbia fatto. Da due giorni non fai rapporto. E tu, come nulla fosse, mi contatti per chiedermi...»

«Maestro! Sono quasi tre lune che qui non si dorme e non si mangia, sono stanco e ferito e le assicuro che non ho tempo per queste ovvietà.»

Lo sento soffiare ampie boccate nel ricevitore e sono sollevato di non dover respirare il fumo che producono le sue piante graminacee, ma sta prendendo tempo, e se non risponderà subito sarò costretto a staccare il segnale.

«Maestro.»

Al terzo suo inspirare e aspirare, decido di farlo, non posso rischiare che ci intercettino e uccidano le persone che sono con me, non metterò in pericolo anche la loro vita, e la mia mano arriva sul cavo, lo impugna, sta per tirarlo via, quando Urano si decide a concedere: «Fa' la tua richiesta.»

Parlo senza prendere fiato: «Un Reminiscente di nome Natan che vive al distretto otto di Vadis, nella zona vietata, devo sapere quali sono il suo vero nome e il numero identificativo alla nascita.»

Silenzio.

Non c'è più tempo. Devo fare la seconda domanda adesso o mai più.

«E ho bisogno di chiederle se ha mai sentito di un uomo che si fa chiamare Giosuè.»

Per la prima volta ascolto un colpo di tosse. Il Gran Maestro Urano non ha mai tossito fuori il proprio fumo. Questa reazione spinge i miei sensi all'allerta rendendo fragile il mio discernimento. Rischio di essere letto, devo staccare subito.

«Maestro!» chiamo disperato.

Urano parla serafico, calmissimo, come stesse per addormentarsi, e immagino che sia perché è sotto ipnosi e cerca le risposte nella mente di altri.

«Mio caro amico Morgan, il nome di Giosuè appare nella prima parte di un testo molto antico, chiamato nel vecchio mondo la Bibbia, e precisamente nei capitoli del Pentateuco, col significato Jahvè è salvezza. Egli ha comandato al sole e ha portato regni immensi alla vittoria...»

«Ma che cosa sta dicendo? Non la seguo, Maestro...»

«... ma Giosuè è anche la forma abbreviata del nome di Gesù.»

Resto muto a fissare il vuoto. Non ho idea di cosa il Maestro abbia detto.

Dopo alcuni momenti di silenzio alternato a boccate di fumo che sento nette nel ricevitore, Urano dice: «Contattami ancora, e ti farò sapere di questo Natan. Ma fai attenzione, il nostro amico comune Sirio Uno è impazzito, sta armando un reggimento per venire a darti la caccia, e noi due sappiamo che non esiste nemico più efferato di un innamorato respinto. A presto, e buona sorte, mio compagno di mille bevute».

Prima che io possa ringraziarlo, chiude la comunicazione. E io ricado con la schiena nella terra e gli occhi fissati in alto, a questo soffitto di cielo, per spiare tra i rami il sole che viene filtrato a tratti dalle fronde degli alberi. Chiudo gli occhi e mi lascio accarezzare da questa brezza e scaldare da questa luce. E non posso fare a meno di provare paura, una paura irrazionale alla sola idea che per Gesù, Urano intendesse proprio quel Gesù, quello venerato per secoli da una religione che è ormai sepolta.

Resto così, sdraiato nella terra a occhi chiusi per un tempo lungo.

Quando dei passi rapidi nella selva mi avvertono che qualcuno corre verso di me, i miei sensi restano quieti, segno che non si tratta di un ostile.

«Mister!» Ares 115 si butta in ginocchio al mio fianco. «Mister, sta bene? Non tornava più... e temevano che le fosse accaduto qualcosa...»

«Sto bene» dico calmo.

Tenendo conto che non sono uno sprovveduto e né un pazzo, direi che l'uomo che cerco non può essere un profeta venerato migliaia di anni fa, ma un usurpatore che presto inchioderò. La domanda che mi pongo è: perché mai Urano Due che mi ha sempre rispettato, avrebbe usato una tale assurda metafora invece di rispondere alla mia richiesta con sincerità? Urano non è il tipo che mistificherebbe.

Apro gli occhi e mi volto di lato per indirizzargli un'occhiata decisa: «Dimmi, Ares, il tuo contatto... Giosuè, puoi ancora rintracciarlo?». 

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