R - U.R.S.A: United Russian States of America
16/04/2024
IX
La neve si era rappresa sulla camicia azzurrina, lacera e sporca di fango e sangue. Le vele, strette e un tempo appuntate al colletto, erano spiegazzate in un origami rigido e malfatto. La bocca era semichiusa e soffiava piccole nuvole grigie. La sua pelle era gelida e umida, fedele al freddo canadese.
Il suo battito era lento, a stento S1 seguiva S2. A stento la sistole seguiva la diastole. A stento l'inspirazione seguiva l'espirazione.
A stento guardavo Leonard senza piangermi addosso.
Era svenuto dopo aver vomitato nero ed essersi accasciato al suolo.
Avevo trovato un'apertura in una sequoia cava e lì mi ero accovacciata a fatica per proteggermi dalla bufera. Avevo disteso il corpo di Leonard sulle radici. La sua testa era china sulle mie gambe. Le mie mani ripercorrevano la sua fronte per ricordargli di noi. Per ricordargli che avrebbe dovuto svegliarsi il prima possibile.
Mi tolsi il maglione e lo usai per fasciare l'emorragia alla base del cranio. Ero in reggiseno in una delle sacche d'aria più fredde del continente e non riuscivo a vedere oltre il mio naso. Era tutto bianco e nebbioso. Non avevo la più pallida idea di cosa fare, di dove andare e, soprattutto, dove nasconderlo da suo padre.
Provai a fiutare il percorso verso la sua baita ma il suo sangue aveva offuscato completamente i miei sensi. Avevo camminato per ore trascinando Leonard sulle spalle. Avevo percorso il tragitto da cui eravamo venuti al contrario, dirigendomi verso nord. La corrente aveva spinto la scia dello chalet nella direzione opposta.
Fare retromarcia era stata una pessima idea. Il mio senso dell'orientamento era stato seppellito dalla neve come le nostre impronte. Il vento aveva fatto perdere le nostre tracce, spazzando via le nostre scie. Quelle condizioni meteo avverse avrebbero messo alla prova anche vampiri segugi.
Mi ero avventurata scendendo a fondo valle, circondandomi di arbusti, cespugli, aceri, pini, cipressi tutti uguali tra loro. Tutti bianchi e ricoperti di ghiaccio. E tutto profumava del sangue di Leonard. Tutto sapeva di Leonard, me compresa.
« Dannati alberi! Dannata me. Non ho neanche il cellulare. »
Mantieni la calma. Non dare di matto.
« Lev, torno subito. » lo salutai baciandogli la fronte. Adagiai il suo capo su un letto di felci e muschi ghiacciati messi alla rinfusa. Strofinai la mia guancia sulla sua, « Non morire. », dissi.
Uscii dal cunicolo e inspirai più volte provando a purificare i miei polmoni dalla sua scia che si affievolì a poco a poco, liberando le mie narici dal suo sentore. A questa, si sostituì un mix di odori. Tantissime fragranze di umani in un posto dove di umani non ce n'era neanche l'ombra da secoli.
Più mi guardavo attorno, più vedevo alberi. Alberi, alberi e soltanto alberi! Nessun umano, nessun mezzosangue, nessun vampiro.
« Sono in trappola. », mi rannicchiai su me stessa, « In trappola. ».
Piegai la testa indietro e il tramonto illuminò i tronchi, tingendo di giallo le cortecce. Sullo strato più esterno di un faggio si incastrarono dei raggi diretti sulle striature orizzontali grigio-chiaro. Poi scivolarono più in basso, colorando le macchie bianche dei licheni crostosi e un drappo rosso. Un drappo rosso...
Alberi-trappola!
Sono nella foresta degli odori, quella piena di alberi-trappola! Dovevo soltanto cercare i tronchi con i brandelli di stoffa e suonare le campanelle. Le Sentinelle o i cuccioli sarebbero arrivati in nostro soccorso.
Ceppo dopo ceppo, suonai tutte le campanelle che avevo a tiro correndo da un albero all'altro. La corsa mi riscaldò e ripetei il percorso più volte inciampando sui miei stessi passi. Il trillo dei campanelli di bronzo riecheggiava in un eco ancestrale di forze primitive, che assorbivano e trasformavano il suono disperdendolo nel grido della burrasca.
Tornai indietro.
In mia assenza il cuore di Leonard si era fermato. Mi inginocchiai. Istintivamente mi morsi il polso e provai a fare quello che già avevo fatto: imboccarlo.
« Mordimi! Bevimi! » lo minacciai con il fiato corto per la corsa. Nonostante provassi a dimenare le ganasce, la sua bocca era sigillata in una linea dritta, in una smorfia stereotipata.
Iniziai il massaggio cardiaco, ma lo sterno e le coste avevano la stessa consistenza dell'acciaio, incomprimibili. Provai a trascinarlo ma le mie mani incrinarono il suo tallone.
Dire il suo nome, colpirlo, baciarlo, non aveva sortito alcun effetto.
« Non puoi morire. Non puoi farmi questo, di nuovo. »
Lo strinsi a me cedendogli parte del mio calore corporeo.
« Non ora, Lev. »
Estesi il suo collo e lo azzannai. Mi concentrai per iniettargli più veleno possibile e proseguii con le mani, i polsi, le braccia. Gli strappai via la pelle a morsi finché fu impossibile morderlo, finché la sua pelle non divenne resistente ai miei denti.
« Starei con te anche se fossi un umano o un vampiro. » e con la bocca ricolma di sangue e veleno gli baciai il viso in attesa di un suo risveglio.
Non arrivava nessuno. I rami si flettevano sotto il peso della grandine grande come palle da softball. Il cuore di Leonard non batteva da più di sei minuti. Un ramo si spezzò schiantandosi al suolo. Compì una giravolta e venne spazzato via dal vento. Mi distesi accanto a lui. Posai la sua fronte sulla mia.
« Viva o morta. Starei con te. »
Lo abbracciai, affondai il viso sul suo petto e chiusi gli occhi in attesa di qualcosa. Che fosse vita, morte o non morte, saremmo rimasti insieme per l'eternità.
« Te l'ho già detto. Se muori tu, muoio anch'io. » gli accarezzai il viso e indugiai sulle labbra violacee. Inspirai il suo odore e la sua essenza era quasi assente. La neve raffreddava il suo viso, una volta mite e la barba ispida sembra indurita dal ghiaccio.
« Ho pensato tanto alle tue parole. Mi hai detto che mi avresti dato una ragione per cui vivere. »
« Ci sei riuscito. Me ne hai data più d'una. »
« Vivrei. Per la scienza, per la mia famiglia, per me stessa. Anche senza l'imprinting, anche senza di te. Vivrei se la mia vita avesse una fine, se la mia vita fosse una vita... Se potessi invecchiare, lo farei. Lo farei perché con la vecchiaia, con la morte ti dimenticherei... »
« Ma farlo in questo modo, Lev? Vivere in eterno senza di te? Sopravviverti? Convivere con questo dolore? »
« Questa non è vita. Questa esistenza mi uccide. Tu mi uccidi. »
« Ed esistere senza di te? Io non esistevo prima di te. Non conoscevo Renesmee prima di te. Io credevo che... credevo che la mia vita fosse come quella dei mortali. Ma non lo è mai stata. »
Aspettai finché le mie dita non si intorpidirono.
« Noi siamo uguali. E siamo fatti anche di questo, Lev... siamo fatti anche della morte. Lo hai detto anche tu... siamo oltre gli schemi. » piansi a dirotto con le ultime energie che mi restavano, « Siamo oltre la vita. »
Il formicolio si estese alle braccia e alle gambe, ai gomiti e alle ginocchia. Pensai che la morte avesse gli occhi blu di Leonard e le sue spalle grandi. E morire con quell'immagine, con quell'abbraccio era lo morte più dolce che potessi desiderare.
« Hai detto che il destino del mio nome è rinascere. Ma Esme significa amata... e tu... tu hai detto la parola con la a. »
« Si può rinascere nel nome di quel sentimento? Nel nome dell'amore? »
Nel frattempo gli parlai come mai avevo fatto prima d'ora. Gli dissi che la guerra l'aveva vinta lui stavolta, che la Russia aveva sconfitto l'America e l'aveva conquistata. I soldati non facevano altro che parlare dell'unione delle più grandi potenze mondiali. I capi di stato avevano selezionato una rosa di nomi.
R.U.S.A: Russian United States of America.
U.R.S.A: United Russian States of America.
« Non ho paura. » dissi battendo i denti. « Per la prima volta. Nella mia vita. Non ho paura. »
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