L - La volpe e il leone
Pubblicato il 12/05/2024
XXVI
« Vieni qui. » disse. La ascoltai, appoggiai i gomiti sul bancone e per poco non posai la testa sulle sue gambe. Ero scosso dai dubbi e per questo Renesmee intervenne accarezzandomi il volto, raccontandomi la storia della volpe e del leone e del loro incontro.
...il leone non si difende dalle trappole e la volpe non si difende dai lupi, bisogna essere volpe per riconoscere le trappole, e leone per impaurire i lupi...
Dalla prateria erbosa, un vecchio leone spiava le prede coperto da un tappeto d'alti fili d'erba. Un giorno, tra gnu, zebre e iene macchiate, il leone è stato colpito da un intruso: un'affascinante volpe rossa proveniente dai boschi.
Tutte le notti, il felino abbandonava la savana e appostandosi nel sottobosco spiava la solitaria routine della volpe: dallo scodinzolare della vaporosa coda dalle sfumature gialle, al movimento delle orecchie lunghe e appuntite quando captava grilli, conigli o lepri, fino ad arrivare nelle tane sotterranee, dove la volpe passava gran parte del suo tempo. Era una a cui piaceva nascondersi, di solito dietro il folto manto del suo fedele amico lupo. Dal canto suo, la volpe aveva capito d'avere un ammiratore e ricambiò quel gioco di sguardi, tenendo d'occhio il pigro esemplare durante il suo lungo riposo mattutino. L'animale aveva qualcosa di diverso rispetto agli altri della stessa specie: si leccava le ferite dove provava dolore e, isolandosi, guaiva.
Una sera, mosso dalla fame, il leone braccò la volpe e ne monitorò gli spostamenti, inseguendolo per poterlo abbattere e sbranarne le spoglie. Convinto di essere ricompensato da un lauto pasto, al momento della cattura, la volpe mostrò i denti per intimidire il re degli animali, il quale rimase colpito da come una preda potesse diventare predatore.
Muso a muso, il ruggito del leone non fece indietreggiare la volpe e il guaito della volpe non intimorì il leone. I due carnivori rimasero coinvolti, l'uno dal vocalizzo dell'altro, e incantati l'uno dalla ferocia e l'altro dalla furbizia, si annusarono.
La volpe s'accorse che il vecchio leone sarebbe morto di inedia. Invece, l'altro s'accorse che la giovane volpe, per quanto potesse essere ingegnosa, aveva vissuto troppo tempo nascosta nella penombra della sua tana. Lei procacciò per lui finché il leone non tornò alla vita d'un tempo. Lui insegnò alla volpe il coraggio di vivere alla luce del sole.
I due, si completarono a vicenda, riparandosi dalle trappole, dai lupi e da sè stessi.
Un giorno il leone s'inchinò alla volpe e baciandole la zampa, le promise compagnia eterna. Lei rispose, strofinando la testa sul muso dell'altro, ricambiando quel noi.
Quando il suo racconto ebbe fine, si arrovellò le dita perdendosi nelle sue gambe penzoloni.
« Ho pensato a lungo al testamento di Sebastian e poi al tuo trip... » mi prese per mano, « Ho visto tutto, Lev. Non ho paura di te. Io voglio te. » e sorrise dolcemente.
Persi l'equilibrio. La vicinanza mi metteva sete e così preferii ridefinire i nostri confini. Mi riappropriai del mio materasso e stesi la gamba dolente.
« Consentimi di dare un'occhiata alla gamba. » scattò in piedi e rimase a distanza di sicurezza. « Franklin ti ha rotto il naso al Bloody Mary. Ho avuto modo di rimetterlo a posto... ma il ginocchio era gonfio dopo il tuo scontro con Arthur... hai fatto qualche movimento brusco? »
« Può darsi. » dissi ripensando al mio tentativo di fuga dal convento.
Scosse il capo contrariata e prese dei cubetti di ghiaccio dal frigo bar, li mise dentro uno strofinaccio e me lo porse. Poi rise, tenendo un un cubetto di ghiaccio con un fiore di sambuco congelato « Non capisco perché hai solo ghiaccio alla frutta o alla menta. È un'idea dello zio Sam? »
« Conosci Nick? » domandai incredulo. Lei annuì e si sedette sul bordo del letto.
« Credevo che non ce l'avresti fatta. » e malinconicamente mi svelò il suo piano, « Te l'ho già detto, non voglio avere rimpianti. Molte persone mi hanno parlato di te durante il tuo sonno. Ho raccolto quello che potevo per... »
« Per? »
« Per avere un'idea di te. Se fossi morto, avrei unito i miei ricordi a quelli dei tuoi fratelli, del Bloody Mary o di Leechtown. Avrei avuto un quadro completo della persona con cui avrei voluto trascorrere l'eternità. »
Non riuscivo a sostenere i suoi occhi. Era stata gentile e smielata. Le sue guance erano rosse per la vergogna.
Feci un respiro lungo e profondo, il suo profumo mi entrò nelle narici.
« Le nostre vite si sono incrociate in momenti terribili... averli vissuti insieme non implica che tra di noi ci sia qualcosa. Siamo sempre stati due estranei e continueremo ad esserlo. Non posso essere la tua metà. »
« Come fai a dirlo? Ti sto chiedendo di stare insieme e tu hai la faccia di uno che ci ha fantasticato su per notti intere. »
« Tu cosa ne sai della mia faccia? »
« Guardati e guardami! Hai, anzi abbiamo, tutti i sintomi della cotta: hai le mani sudaticce, sei nervoso, sei tutto rosso in viso e... »
« Non ti rendi conto dell'assurdità delle tue parole, kozà. »
Mi sfiorò la mano con cui tenevo il ghiaccio, l'intento era rassicurarmi ma ero un fiume in piena: « Dell'assurdità dei tuoi gesti... non puoi fare sul serio. »
Le agguanti il polso e iniziai a tratteggiarne i contorni, seguendo le vene che correvano sulla pelle chiara.
« Ti sei interessata a me per il mio corpo malato, per il mio aspetto malconcio... adesso ti affascina il fatto che io sia sano, che il mio corpo sia in salute, che entrambi i miei occhi siano blu. Sei attratta dal sangue, dalla mia voce, dai miei battiti. Siamo animali, apparteniamo alla stessa specie. È ovvio che sia questo a spingerti ad avvicinarti e ad avvicinarmi. Non è cambiato nulla, sono sempre lo stesso malato. Il veleno sarà sempre parte di me, lo vedi nelle cicatrici, nelle mie azioni. » e lasciai la presa sperando nella sua comprensione.
« C'è qualcosa tra di noi. Non posso negare che quel qualcosa sia iniziato con la mia curiosità per il tuo corpo, hai ragione. Ma quella curiosità è diventata amicizia, fiducia, ammirazione e in poco tempo... attrazione... » non trovò le parole per definirlo in altro modo e dire attrazione mi sembrò riduttivo perché quando lo sputò fuori mi coprii la bocca per nascondere un risolino e risposi freddamente alla sua goffa confessione: « Amo le donne, non è un segreto. Credi davvero di essere l'unica da cui possa essere attratto? »
« Non posso cambiare il modo in cui quel qualcosa è nato! Tu credevi di essere in debito con me per la tua vita e io credevo di esserlo per la mia. Non è mai stato un debito, è sempre stato un legame. Assieme abbiamo sfidato la morte, Volterra, le tue responsabilità e i miei tormenti... c'è un'intesa straordinaria tra di noi. Ed è così naturale, te ne sei accorto? Ci viene facile coprirci e proteggerci a vicenda, così come avvicinarci. E tu adori guardarmi e farmi la corte, mentre a me diverte la tua leggerezza e mi piace così tanto starti vicino che ti vorrei sempre con me. »
Non appena sentii la sua confessione, mi persi nel vuoto, frastornato da quello che mi avevo detto. Era come se mi avesse colpito in testa: « Leonard, guardami. Da quel momento, io e te ci siamo stati l'uno per l'altra. Senza accorgercene, ci siamo desiderati a vicenda. » strisciò nuovamente verso di me, mi sfiorò la guancia mostrandomi il momento a cui si riferiva, alla notte in cui divenni di pietra.
« È solo una relazione. Proviamoci, Leonard... un appuntamento e... »
« Un agghiacciante tormento. »
« Bene. Hai ragione tu, non c'è niente... » disse esterrefatta e sconvolta fece per andare via. La trattenni a me obbligandola a una distanza irrisoria, due centimetri dalla mia bocca, cinque dal mio petto... ma erano tre o poco più dal suo collo.
« Ne vorrò ancora e ancora! È questo il problema. Ti dedicherei ogni secondo del mio tempo e non potrei fare altrimenti. Hai già trasformato la mia ammirazione in desiderio e dedizione. Adesso, a causa tua, sarà passione, mi conosco. Per questo, non puoi chiedermi un semplice appuntamento, un tentativo. O chiamalo come diamine vuoi. »
« Che intendi per... passione? » ebbe un sussulto, la sue mani tremarono e provò a nasconderle dietro la schiena. Glielo impedii, premendole sul materasso.
« Patire. Soffro per te. »
« Ho sofferto nel vederti debole, schiacciata al muro e scopata come una puttana qualunque. Ho sopportato a stento che tutti vedessero in te sangue fresco. Sono stato plagiato dal tuo potere, da quello che mi hai fatto rivivere e poi sopraffatto dalla tua inesauribile forza d'animo. Mi hai stregato e sottomesso con i tuoi giochini del cazzo, con le tue mani, con il tuo affetto... e sono ancora qui. E tu sei ancora qui. E nonostante questo vuoi che io sia il tuo compagno di viaggio, mi vuoi al tuo fianco sperando in cosa? Nella mia pazienza? Sperando di potermi ammaestrare? Rendere docile al tuo servizio?! »
« Cosa vuoi? Vuoi che allunghi le mani sotto il tavolo per stringertele se qualcosa va male... che ti dica "va tutto bene" mentre ti rosicchi i polsi? Mentre urli disperata, mentre mi allontani perché sono troppo vicino o troppo umano per non provare attrazione per te?! »
« Non sei il solo ad aver sofferto. » rispose freddamente, « Ma sei l'unico a credere che ci sia un conflitto tra di noi e che debba risolversi con il tuo annientamento. Non voglio farti la guerra. »
« E ascoltarti... ascoltarti è qualcosa che mi manda ai pazzi. Tu perdoni sempre. Qualunque cosa io dica o faccia, tu mi perdoni, anche se le mie intenzioni sono le peggiori. Sei fatta così, perdoneresti anche il tuo assassino se potessi. Perdoneresti Aro, la strizzacervelli e il tuo lupo, è vero? »
« Suor Maddalena mi ha insegnato che il perdono è liberatorio. Dire la verità lo è. So di aver subito un torto, ma voglio alleggerire il peso della ferita. Ridurre il dolore. Perdonare Jake non equivale ad amarlo o a giustificare quel gesto. »
« Gesto?! Un azione ignobile. Ha abusato della tua persona... di te e ti ha reso così... »
« È l'imprinting. Perdonarlo è un modo per darmi sollievo, per guarirmi. Invece, perdonare te è stato un atto di comprensione. Mi piace comprendere gli altri. Soprattutto capire le tue emozioni... in quelle condizioni non potevi comportarti in modo diverso. Anche lui, in quelle condizioni non poteva agire in modo diverso. »
« Non puoi paragonarmi a lui. »
« Hai ragione, non posso. Perché lui mi ha dato modo di conoscerlo. Tu no. »
« Se imparo da te, se mi insegni... sarò fottuto. Ad ogni mio viaggio, tu sarai la mia meta. »
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