CAPITOLO 89
La resa dei conti pt.2
Jennifer
William? Non posso crederci, oppure non voglio.
Ma i miei occhi stanno guardando la sua figura avvicinarsi, con un ghigno cattivo sul viso che ho imparato a conoscere in questi mesi. Di cui mi sono fidata.
Dei singhiozzi fanno sussultare il mio corpo mentre mi chino su Matthew e delle lacrime scendono lungo il mio viso, offuscando la mia vista.
Osservo le mie mani ormai piene di sangue, con quello di Matt che si mescola con il mio già secco sui polpastrelli.
Con le ultime forze che mi rimangono, cerco di premere sulla ferita che non smette di sanguinare, creando una piccola pozza sul terreno dismesso.
Senza riuscire a controllare il mio respiro mozzato dai singhiozzi, mi chino su di lui e gli bacio una guancia, bagnandola con le mie lacrime.
«Matt...», sussurro: «ti prego non lasciarmi».
Il mio cuore inizia a sgretolarsi mentre sento il respiro diventare sempre più lieve quasi impercettibile. Quando all'improvviso sento la sua voce.
«Ho una pistola nella tasca destra» confessa la sua voce flebile.
É ancora vivo. Matt è ancora vivo. E io devo portarlo in salvo.
Vorrei alzarmi e trascinarlo via con me, ma se lo facessi gli sparerebbero un'altra volta, e questa, sarebbe l'ultima.
Prima che possa ideare un piano, il mio viso viene oscurato dalla figura di William.
Istintivamente mi metto sul corpo di Matthew, coprendolo, cercando di proteggerlo, anche se è inutile.
Ma l'idea che gli possa fargli ancora del male, mi spaventa a morte.
Lui mi osserva attentamente, con sguardo divertito, mettendo di nuovo la pistola nella tasca dei pantaloni. E poi il suo sguardo si concentra su Matt, cercando di notare qualche movimento, che è talmente impercettibile, da non preoccuparlo.
Devo portarlo in ospedale, subito.
«L'hai ucciso!?» urla Jonathan disorientato contro William, buttando per terra il passamontagna e passandosi le mani tra i capelli agitato. Allora non voleva davvero farlo.
Sembra sul punto di vomitare mentre si china appoggiandosi le mani sulle cosce guardando il terreno, mentre gli altri due alle sue spalle non fanno che guardarsi confusi.
«Non ci serve, abbiamo i soldi, e poi tu non avresti mai avuto il coraggio di ucciderlo», mormora William con un tono talmente freddo da farmi sobbalzare.
Mentre parlano, allungo la mano verso la tasca anteriore dei pantaloni di Matt e la infilo cercando la pistola.
«Dovevamo prendere solo i soldi! Dannazione!», urla Jonathan «io non mi sporcherò le mani per colpa tua!».
William sospira incazzato e si avvicina a lui con passo fermo e sicuro.
«Amico tu sei dentro questa fottuta storia fino alla gola, ormai lo abbiamo fatto, e questo ci risparmierà una vendetta da parte sua e ci darà più tempo, dovresti solo ringraziarmi», gli risponde con sufficienza lui.
Mentre io chiudo la mano intorno al manico della pistola, assorbendo il freddo della superficie.
«Abbiamo i soldi quelli che volevamo, questo è solo un piccolo particolare» mormora a Jonathan. Razza di stronzo, gliela farò pagare.
Quest'ultimo, nervoso va verso i borsoni, dentro l'auto e li apre, tirando fuori cartacce su cartacce bianche. Non ci credo.
«Sono questi i cazzo di soldi, secondo te?» urla Jonathan avvicinandosi a lui con aria incazzata.
Ed eccolo il momento in cui William capisce che è stato fregato.
Lo vedo nei suoi occhi, tutto il piano crollare come una torre di carte
«Com'è possibile? L'ho visto personalmente mettere i soldi dentro i borsoni» commenta William scioccato, mentre suo complice arrabbiato gli si avvicina, spingendolo via con due mani sopra al petto.
«Tu dovevi sapere ogni cosa, persino quando andava a cagare e ti sei fatto sfuggire un dettaglio così importante?! Mesi di lavoro, e non sei riuscito nemmeno a conquistarti la sua fiducia! E nemmeno ad accorgerti che era tutta una farsa».
William sospira profondamente e si allontana dalla mani di Jonathan passandosi una mano sulla giacca, come se l'avesse sporcata, e poi mi indica, con un ghigno malefico sul volto. Non mi piace per niente.
«Testa di cazzo, Abbiamo un piano B, abbiamo lei, è vedova ora, tutta la società è sua», mormora con tono sprezzante, osservandomi dalla testa ai piedi, senza accorgersi dell'arma che sto nascondendo con il mio corpo, mentre con l'altra mano premo la ferita, sentendo il battito di Matt sotto al mio contatto. Continua a battere...ho un piano.
E dire che lo credevo quasi un amico. Si era istaurato un bel rapporto di fiducia.
E ora non riesco quasi a credere che per tutti questi mesi, era solo una spia, una doppia faccia, un traditore.
Si volta completamente verso di me e con un sorriso strafottente mi punta la pistola, facendo scorrere il carrello inserendo la pallottola, mentre con i suoi occhi malvagi mi fissano. Sussulto, mentre io finalmente impugno la mia, pronta ad usarla, e non avrò paura. Non tremerò. Non tentennerò.
«Lei ci darà tutta l'azienda, non è vero signora Dallas? Anzi vedova, non avete fatto alcun accordo prematrimoniale, di questo ne sono certo, e ora tutta l'eredità e l'azienda sono tuoi» dice mordendosi il labbro, eccitato all'idea.
«Ti ho dovuta sopportare per mesi brutta stronza, e ora finalmente, tu ci darai tutti i soldi e forse anche di più con l'assicurazione. Perché non ci abbiamo pensato prima a farlo fuori? Lei è la nostra gallina dalle uova d'oro» sussurra divertito cercando sostegno nello sguardo di Jonathan, dandomi l'attimo perfetto per tirare fuori la pistola sporca di sangue.
La impugno forte con due mani, e mi alzo in piedi senza smettere di puntarla verso la sua testa.
La carico, sentendo il suono rimbombarmi nelle orecchie, e poi lo guardo negli occhi, godendomi la sua sorpresa.
«Te li puoi sognare in prigione, perché è lì che andrai».
Lui in risposta ride ma non smette di puntare la pistola verso il mio petto con il suo sguardo che ammansirebbe chiunque a lasciar perdere con uno come lui. Ma non me. Non dopo tutto quello che ho passato in questi giorni, non dopo che la vita di Matthew dipende da me.
«Ah sì? E come credi di fermarmi? Non mi spareresti mai...» lancio un'occhiata a Jonathan che confuso, non sa da che parte mettersi. Razza di codardo.
«Non sfidarmi», lo minaccio, mentre la gamba mi prega di sedermi e i legamenti gridano di smetterla, di lasciar perdere.
Ma non posso. Obbligo il mio corpo a rimanere fermo e stabile, pronto a sparare un colpo, anche se questo dovrebbe farmi urlare dal dolore.
«Oh guarda sto tremando piccola bastarda» risponde lui alquanto divertito e sottovalutandomi. «Mio padre e anche mio fratello sono stati nell'esercito e mi hanno insegnato qualcosa sulle armi» sussurro mentre il mio cuore, batte così forte, da rimbombarmi nelle orecchie.
Ma cerco di controllare la paura, e stringo di più la presa sul calcio, fino a far diventare le dita bianche dallo sforzo.
«Jonathan legala e portiamola via, sono stanco di sentirla» ordina per poi voltarmi le spalle, mentre Jonathan inizia ad avvicinarsi seguito dai suoi scagnozzi, che nel mentre, si stavano godendo la scena in disparte.
«Ho imparato a sparare» continuo a dire «e al poligono miravo sempre al cuore».
Jonathan mi salta addosso cercando di togliermi l'arma puntata contro al suo petto ma preparata per il suo attacco, indietreggio di un passo e le mie mani agiscono. Premo il grilletto.
Lui cade per terra, appoggiando subito le mani sulla sua coscia, dalla quale esce del sangue, senza smettere di urlare dal dolore. Sorrido fiera di me, non volevo ucciderlo, solo bloccarlo, così ho fatto. E ora non mi farà più del male.
«Mi hai sparato!» mi accusa traumatizzato, senza smettere di urlare dal dolore premendosi la ferita che non smette di sanguinare.
Poso il mio sguardo su Will, che ora mi guarda con stupore e gli punto ancora la pistola contro.
«Tu non sei per niente facile, prima scappi, poi fai fuori due dei miei uomini, e ora scopro che sai anche sparare, quella testa di cazzo non ti meritava proprio».
La rabbia mi invade le mie vene, mi sembra di sentirla scorrere insieme al mio sangue. Forte. Veloce. Adrenalinica.
Solo il pensiero che sono stata così vicina ad un uomo del genere, mi fa ribrezzo.
Forse mi fido troppo facilmente delle persone che mi circondano, ma era riuscito anche ad ingannare Matthew e Richard. Nessuno ha mai avuto nessun dubbio su di lui.
«Tu non lo devi nemmeno nominare» sibilo a denti stretti, mentre il cuore colto da molte emozioni sembra non cessare di battere imperterrito nel mio petto.
«Ormai è morto che importa», ribatte con un sorrisetto sulle labbra, «ora fai la brava, noi siamo in tre, tu sei da sola».
Sto per caricare un altro proiettile, quando improvvisamente, un insieme di persone vestite di nero e armate, escono dagli alberi, facendoci congelare sul posto. E ora?
«Signora Dallas...» guardo l'agente con addosso un casco, davanti a me, che cerca di farmi abbassare la guardia, con una mano aperta rivolta verso di me.
«Ora è al sicuro, può mettere giù la pistola», mormora. E non so se è il suo tono rassicurante, la stanchezza o più probabilmente il vedere i miei aguzzini a terra con le mani sollevate, ma lo ascolto e la pistola mi cade dalle mani, atterrando sul terreno con un tonfo. Insieme al mio corpo che non reggendo più il dolore si accascia accanto al corpo di Matthew.
Nel mentre gli agenti ammanettano tutti e quattro, per poi scortarli verso un furgone nero con le scritte bianche, che sembrano una massa confusa di lettere in questo momento. Tutto mi sembra ovattato, come se io fossi estranea a questa realtà.
William mi guarda a pochi passi da me mentre sale sul furgone, come se fossi la rovina della sua vita, mentre io mi chino su Matthew. Posandogli le mani sul viso, e notando che la ferita ha smesso di sanguinare copiosamente, ma è un buon segno? «Matt?» lo scuoto dolcemente, ma non ricevo nessuna risposta. Mi chino sul suo viso e gli bacio la guancia, mentre il suo respiro lieve mi accarezza la pelle.
«L'ambulanza è qui» mi avvisa qualcuno, ma io non lo ascolto e continuo a passargli le mani tra i capelli, alla ricerca di un suo sorriso.
«Non puoi lasciarmi così Matt, io ti amo e tu non puoi lasciarmi, non te lo permetto», sussurro mentre le lacrime copiose scendono sulle mie guance.
«Mi ami ancora? Davvero?» la sua voce è flebile, ma allo stesso tempo calda e dolce. Il mio cuore fa una capriola mentre un sorriso si increspa sul mio viso.
Ha ancora occhi chiusi, ma un sorriso accennato mi fa capire che è ancora qui con me.
«Se ti dico di sì, non muori?».
Lui ridacchia leggermente, per poi fare una smorfia di dolore e un rantolo di tosse esce dalla sua bocca. «Ti amo anch'io Jenny» sussurra, per poi ricadere in uno stato d'incoscienza.
Lo osservo salire sull'ambulanza con una coperta termica sulle spalle e gli occhi che continuano a chiudersi. Forse dovrei sedermi.
«Jannifer!» urla una voce alle mie spalle, e appena mi volto faccio in tempo a scorgere il viso preoccupato di Gale, prima di scomparire in un suo immenso abbraccio.
Sussulto e un gemito di dolore esce dalla mia bocca, mentre lui si allontana osservando il mio corpo, come se potesse scorgere i danni.
«Gale, che bello vedere la tua faccia» sussurro e mi ritrovo ad appoggiarmi a lui incapace di stare dritta.
«Jenny dov'è Matt? Quello stronzo mi ha chiuso nella macchina della polizia, ti rendi conto di quanto è stato difficile scassinarla?» mi ritrovo a mugugnare.
«Jennifer, non hai un bell'aspetto» mormora e mi tiene stretta mentre lo sento chiamare aiuto. Per poi crollare fra le sue braccia.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro