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CAPITOLO 77

Il video

Matthew

Quando apre la porta, non mi sorprendo a trovarla in vestaglia e ancora con uno sguardo addormentato, ma che si accende appena si posa su di me.

«Matthew...che bello vederti, accomodati» sussurra, spostandosi per farmi passare.
Esito e stringo i pugni, per poi varcare la soglia della sua casa, osservandola mentre chiude la porta dietro di me. «Sapevo che questo giorno sarebbe arrivato, il giorno in cui tu ti saresti pentito di aver sposato quella stupida sgualdrina, tornando dalla vera donna che meriti. Però devo dirtelo, hai un aspetto orribile, hai dormito? » commenta e posa le sue mani sul mio petto che respingo con forza, facendola ondeggiare. Trattenendo la voglia di difendere Jenny, mi allontano da lei e la fisso negli occhi. Certo che non ho dormito, nemmeno per dieci minuti, mi sono messo a cercare in tutta la casa, indizi, o qualsiasi cosa che potesse darmi una pista. E una l'ho trovata.

«Voglio ricordarti che stai parlando di mia moglie» sentenzio serio, mentre lei alza gli occhi al cielo e mima la parola "moglie" con una smorfia di disgusto, per poi allontanarsi da me, attraversando il corridoio.

«Ora è tua moglie? Strano, perché qualche mese fa eri proprio tu a chiedermi di avere una relazione extraconiugale», mi canzona andando dietro al bancone della cucina, per versarsi un calice di vino rosso, alle dieci del mattino.

Trattengo una smorfia di disgusto e sbuffo, pentendomi di essere venuto fino a qui.

Però dopo quel rapporto che ho trovato sulla scrivania in camera di Jennifer, stanotte, non ho potuto evitarlo.

Jenny ha scoperto che Carrie, per tutti questi anni di lavoro insieme, ha rubato soldi all'azienda, fatturando somme esorbitanti, sotto voci inesistenti.

E questo ha acceso così tante lampadine nel mio cervello, come il suo accenno a una discussione con Carrie, e anche al fatto che doveva finire un rapporto, che avrebbe dovuto farmi vedere con urgenza.

Ma poi è successa la litigata e il mio evitarla, anche se era nella stanza, gli ha impedito di dirmelo. Che razza di stronzo orgoglioso.

Però se hanno discusso di quella frode da parte di Carrie, questo è un movente a dir poco valido. Carrie si è sentita minacciata e con delle manette si polsi e quindi ha messo in atto un rapimento.

«Io non ti ho chiesto proprio niente, sei stata tu a venire da me...» mi difendo, mentre le mie mani si stanno chiudendo a pugno per la rabbia, stropicciando il plico di fogli.

Si morde il labbro e mi sorride dolcemente «hai ragione, ma non ho mai sentito un no, come tua risposta», sussurra e si allontana da me, entrando nel salotto, per poi girarsi a guardarmi, quando nota che non la seguo.

«Stai tranquillo Matthew, non ti mangio...a meno che se non sia tu a chiedermelo», sussurra sarcastica, mentre io non ci trovo niente di divertente.

Solo ora forse mi rendo conto chi è davvero Carrie...una stronza, come aveva già costatato Jenny dopo il loro primo incontro. Quella donna...dovrei dargli ascolto più spesso.

Entro nella sala e mi appoggio contro lo stipite della porta, osservandola mentre si siede sul divano, con le gambe piegate sotto di sé.

«Anche se apprezzo la tua visita, ho la sensazione che tu non sia qui per piacere, forza parla sono tutta orecchi» mormora, senza smettere di sorride.

Un brivido di disagio e disgusto mi scorre lungo tutta la mia spina dorsale, mentre lei non smette di osservarmi mordendosi il labbro inferiore. Perché la frequentavo? Era solo una bella scopata, ma poi come un serpente non gradito si è insinuata nella tua vita, per corroderti con il suo veleno.

«Jennifer è stata rapita», lei si immobilizza e appoggia il calice sul tavolino da caffè, per poi guardarmi negli occhi con sfida.

«E giustamente sei venuto da me, ma illuminami, per cosa? Perché pensi che sono stata io? O perché ora che non c'è, mi rivuoi?» domanda, per poi ridere, come se godesse di questa notizia. Che stronza.

«Non sto scherzando Carrie! E non c'è un cazzo da ridere! Jennifer non c'è più, e so che lei ha scoperto la frode finanziaria che hai attuato negli ultimi anni, contro la Dallas Corp. Quindi ora dimmi se centri qualcosa con il suo rapimento».

L'avviso con voce seria e alterata, osservando ogni sua mossa. Sospira infastidita e alza gli occhi al cielo: «quindi quella stronza te l'ha detto...».

Una risata malefica esce dalla sua bocca, mentre si volta appoggiandosi con le braccia incrociate sul cuscino del divano, per poi appoggiarci il suo viso.

I suo occhi vispi e divertiti mi studiano, facendo tremare il mio autocontrollo, che con fatica cerca di contenere la mia furia.

«Non ti nascondo che questa sua situazione mi rende euforica, chissà se la stanno torturando, pagherei per sentire le sue urla», mormora e la sua voce piena di perfidia, mi arriva alle orecchie gelida e pungente.

«Ma per quanto la cosa mi piaccia, non sono stata io».

Confessa con un sorriso sornione «perché se fossi stata io, ti assicuro che ora sarei a godermi le sue lacrime di paura e non qui a parlare con te!» esclama divertita, mostrandomi la vera Carrie senza maschera.

«Ora se non vuoi altro da me, puoi andartene!» sussurra a denti stretti, indicando la porta.

Devo allontanarmi da lei, altrimenti potrei fare cose di cui poi mi pentirei. Non ho mai alzato le mani su una donna e mai lo farò. Ma sentirla parlare di Jennifer così, è stato come avere un ferro incandescente in gola, senza fare niente per ribellarti.

Butto per terra i fogli con la mia denuncia per la sua frode, con anche la cessazione della partnership tra le nostre aziende.

«Tornerò per le ultime firme, ma forse quando sarà, sarai probabilmente in prigione, e allora sarò io a ridere».

La vedo ammutolire, ma senza farmelo ripetere, esco dall'appartamento sbattendo la porta.

Sto per entrare in macchina quando il mio cellulare inizia a squillare, lo prendo dalla tasca dei pantaloni e accorgendomi che è William, stringo i denti.

Sono incazzato nero con lui, è tutta colpa sua, se avesse cambiato o comunque sistemato i codici di sicurezza, tutto questo non sarebbe successo! E poi perché non sapevo niente di un cancelletto nascosto? Possibile che non lo sapesse nemmeno lui?

Conosco William ormai da cinque anni, l'aveva assunto mio zio, per la mia sicurezza, e collaborava con la guardia di sicurezza di mio zio, Herbet. Ormai andato in pensione, da tre anni.
E lui mi ha seguito quando mi sono trasferito nell' Upper Est Side per avvicinarmi all'azienda, lasciandogli un'ala dell'appartamento. Negli anni è diventato quasi un amico fidato ai livelli di Gale, ma c'è sempre stato quel distacco professionale tra di noi.

Mi ha raccontato che ha un figlio, ma che vive con la madre in Russia.
Mi ha raccontato che l'ha conosciuta nell'esercito, in un appostamento nell'est Europa. Ma che tra loro c'è stato un amore passeggiero e breve, che però gli ha portato un figlio, che si chiama Aleksey. E va da lui ogni volta durante il periodo estivo.

Mi sono sempre fidato, mai un dubbio, mai uno sbaglio, e ora questo? So che sbagliare è umano, ma questo errore potrebbe costare la vita di Jenny, e non posso accettarlo.

Rispondo e non posso evitare di avere un tono gelido e distaccato. «Cosa c'è?» pronuncio sedendomi al posto del guidatore e allacciandomi la cintura.

«Signore ci sono novità, abbiamo scoperto come hanno fatto ad entrare ed è arrivato un file video, la polizia lo sta già esaminando...».

Senza nemmeno lasciarlo finire chiudo la chiamata, e metto in prima, addentrandomi nelle strade affollate di Manhattan, pronto a tornare alla villa il prima possibile. Anche se l'idea di vederla ferita o torturata mi stringe talmente lo stomaco, che soffoco un conato. Devo cercare di rimanere lucido, il più possibile, non posso cedere alle mie paure, non ora.

Nel giro di un'ora arrivo davanti alla villa e mi si stringe il cuore, mentre salgo le scalinate per arrivare all'ingresso.

Tutto quello che vedo mi ricorda Jennifer, ed ogni volta è come se fossi in caduta libera. Come quell'orrenda sensazione di sentire gli organi nel posto sbagliato, quando sei sulle montagne russe.
Per esempio le scale ormai alle mie spalle, mi ricordano il giorno del matrimonio, quando lei cercava di salirle con il suo pomposo abito da sposa. O anche solo la porta d'ingresso, contro la quale la sua schiena sbatteva, quando tornavamo insieme a casa, ed eccitati non riuscivamo nemmeno ad aspettare di arrivare in camera.

Mi passo le mani sul viso e sospiro, è proprio vero, non ti rendi conto di quello che hai, finché non lo perdi.

Entro in casa e sussulto, sentendo dei singhiozzi strozzati provenire dal soggiorno.

Preoccupato mi precipito verso la stanza notando per prima Susan che sta piangendo sul divano, con Aria e Tess al suo fianco che cercano di confortarla.

I loro occhi si posano su di me e io non posso evitare di vedere la somiglianza di Aria, con Jennifer, che mi fa sobbalzare.

Susan si alza e mi raggiunge afferrandomi le mani.

«È tutto vero? L'hanno rapita?» mi chiede con voce strozzata e sofferente.

Abbasso lo sguardo sentendomi terribilmente in colpa e stringo la sua presa. Come faccio a dirgli che è tutta colpa mia? Che abbiamo litigato? Che io l'ho cacciata via dalla mia vita?

«Mi dispiace Susan...non sono riuscita a proteggerla come avevo promesso» mormoro e lei mi guarda, ma a differenza delle altre volte, con della compassione negli occhi.
Non credo di essergli mai stato molto simpatico. Ma da bambino ricordo che si preoccupava per me, che insisteva per farmi mangiare con loro e a volte giocava con noi. Ha un carattere complicato, ma io ho sempre visto e lo vedo tuttora, l'amore che prova per i suoi figli, e tutta la fatica e l'impegno che ci ha messo nel crescergli con dei valori.

«Non è colpa tua Matthew, ma l'unica promessa che devi mantenere ora e che la riporterai qui», mormora dolcemente.

Invece è colpa mia. Colpa mia. Colpa mia.

«Tu come stai? Sembri distrutto caro» chiede togliendosi le lacrime dalle guance, senza smettere di sorridermi. Se solo sapesse che sta parlando con il responsabile della sua sparizione. Annuisco, mentre deglutisco la verità, ingabbiandola per un momento più opportuno. Prima devo trovarla.

«Lo giuro Susan farò qualsiasi cosa per riaverla qua, con noi» lei accenna un sorriso, per poi tornare a sedersi accanto alla figlia, mentre Tess si avvicina, con sguardo minaccioso.

«So che è tutta colpa tua!» mi accusa, con tono basso ma allo stesso tempo feroce e tagliente come un taglia carte.

«L'hai messa tu in pericolo, l'hai fatta soffrire, e ora trova un modo di riportarla qui o andrò in giro a dire in che modo hai avuto la tua eredità, rovinando te e la tua cara azienda».

E senza darmi il tempo di difendermi, si allontana da me, tornando dalle altre, mentre qualcuno alle mie spalle mi chiama. La minaccia appena ricevuta non mi scalfigge. Forse qualche mese fa ma ora... voglio solo ritrovarla. Non m'interessa della mia immagine, della fottuta eredità, men che meno dello stupido contratto che ho firmato.

«Signore mi sente? Può venire di qua? Deve vedere il video» mi richiama William e senza esitazione vado verso la cucina, dove alcuni agenti di polizia sono chini su portatili e gli altri hanno occupato il tavolo da pranzo con fogli e mappe. Noto anche Gale, con delle cuffie, che non interrompe lo sguardo con lo schermo, mentre le sue dita veloci, tracciano connessioni invisibili sulla tastiera. Faccio per andare da lui, ma il detective di ieri sera richiama la mia attenzione.

«Abbiamo scoperto come hanno fatto ad entrare, hanno usato qualche programma per mandare in cortocircuito tutti i sistemi, per poi entrare nel vostro server e trovare il codice d'ingresso, ci hanno messo solo qualche secondo, facendo risultare sul vostro sistema di protezione come se fosse avvenuto un calo di corrente». Mi spiega facendomi vedere diversi fogli con scritte che il mio cervello non riesce a mettere a fuoco. La mancanza di sonno inizia a farsi sentire.

«Questo vuol dire due cose, sono persone molto abili sia con i sistemi informatici, sia come addestramento militare, il modo in cui si movevano e il tipo di scarponi che indossavano sono molto simili. E secondo c'è un giro di soldi molto alto, perché quel genere di attrezzatura nel mercato nero ha un prezzo» continua il detective, continuando a riempirmi d'informazioni, che mi sembra di elaborare a rallentatore. Quindi qualcuno di molto addestrato, con conoscenze informatiche e con probabilmente qualcuno di molto benestante che li finanza.

«Ci stiamo mettendo a cercare grosse somme di denaro che hanno avuto movimenti negli ultimi mesi, anche se credo che questo non ci aiuterà molto, di solito usano conti offshore, dove è quasi impossibile richiedere i movimenti e i dati, ma ci proveremo».

Annuisco e mi passo una mano sul viso e tra i capelli scompigliati, mentre le informazioni girano nella mia testa come su una giostra, che viaggia a 100 km/h, senza fermarsi nemmeno un'istante.

«Mi hanno detto che è arrivato un video» bisbiglio, massaggiandomi distrattamente le tempie che sembrano martellarmi il cervello.

«Sì i migliori agenti lo stanno esaminando ma forse non dovrebbe vederlo» mi avvisa, con voce fin troppo cordiale. Come se avesse paura che da un momento all'altro potessi frantumarmi davanti ai suoi occhi.

«Voglio vederlo ora!» esclamo, cercando di non far sentire la mia esitazione.

«Come vuole», risponde lui, per poi abbassare lo sguardo verso la tastiera.

Qualcuno mi tocca la spalla, e quando mi volto mi accorgo di Susan di fianco a me, con il viso arrossato e gli occhi ancora lucidi.

Ammiro la sua forza, non sa cosa vedrà eppure si è presa coraggio, quello che mi manca a me in questo momento.

All'improvviso Jennifer appare nello schermo, con il viso sporco di terra e con qualche abrasione. I capelli scombinati e arricciati. Ma quello che mi fa tremare sono i suoi occhi, di solito caldi e scuri come la cioccolata. Ora sembrano spenti e pieni di terrore.

Si trova su una specie di letto ed è appoggiata contro ad un muro, e tiene stretto un cuscino fra le sue braccia come se fosse la sua unica difesa contro il male.

Alza lo sguardo verso sinistra, non coincidendo con l'obbiettivo della telecamera. Qualcuno gli sta indicando qualcosa?

Deglutisce e afferra con mani tremante un foglio. Lo guarda per un attimo, per poi girarlo verso la telecamera.

È un foglio di giornale. La pagina iniziale del Toronto Star, con il giorno di oggi stampato in alto a destra.

Toronto? Lei è in Canada. Com'è possibile?

«Ciao Matthew», la sua voce è strozzata e la conosco così bene, da sapere che ha pianto per tutta la notte.

«Se mi rivuoi lì con te», sussurra debolmente. Io ascolto, mentre osservo i suoi occhi lucidi che si muovono, confermando il fatto che sta leggendo un copione.

«Loro vogliono cinque-» si ferma e la sua espressione si acciglia.

Deglutisce così forte che noto la sua gola sussultare.

«cinquecento milioni di dollari».

Sospira, continuando a guardare in alto, ma all'improvviso, inizia a scuotere la testa, verso qualcuno davanti a lei, come se volesse ribellarsi.

Ma in una questione di pochi secondi, sobbalza e con occhi pieni di terrore, ricomincia a leggere. Quella è paura allo stato puro.

Cosa gli stanno facendo?

«I soldi dovranno esser messi in delle valigie, questo entro venerdì sera...e se non accetti o se provi a collaborare con la polizia...».

La vedo deglutire di nuovo e poi delle lacrime scendono lungo le sue guance, silenziose ma letali per me.

Abbassa lo sguardo, iniziando a tremare e incrociando le braccia al petto, con le mani serrate sulle sue braccia.

«Altrimenti mi ammazzeranno» sussurra terrorizzata, e poi il video finisce, terminando con lo schermo nero.

Susan scoppia di nuovo in lacrime ed esce correndo fuori dalla stanza, mentre io mi sento come se mi avessero levato un pezzo della mia anima.

Jennifer in qualche modo mi completava, facendomi stare bene, e amandomi anche se non me lo meritavo.

Ma ora quei bastardi l'hanno presa, e io farò di tutto per riaverla, anche dargli tutti i soldi della società. Non mi interessa, voglio solo riaverla qui, fra le mie braccia.

«Matt vieni qui, ho delle novità» mi richiama Gale con la mano. Con passi lenti e affaticati lo raggiungo e lui mi guarda preoccupato per poi lasciarmi una pacca sul braccio.

«Ho guardato il video almeno cento volte nell'ultima ora e ho notato cose molto strane» m'informa per poi afferrare una sedia, obbligandomi ad occuparla.

«Per esempio il giornale di Toronto, anche se fossero riusciti a farsi più di otto ore di viaggio per arrivare fino a lì, cosa che credo molto difficile soprattutto per la dogana molto perentoria» m'informa per poi aprire una scheda sul computer.

«Non coinciderebbe con l'ora del video, sono riuscito a trovare l'ora esatta della registrazione, le sei e mezzo del mattino, e reputo non impossibile ma molto difficile che lei si trovi in Canada in questo momento», mormora per poi sorseggiare del caffè da una tazza blu.

«Anche a me sembra assurdo, ma quindi cos'è una copia? E come possono aver avuto l'edizione del giorno già pronta a quell'ora?» chiedo totalmente confusa, possibile che chi l'abbia preso abbia attuato un piano così elaborato? E poi perché Toronto? Per farci credere che lei è lontana? O che c'è dietro qualcosa di più grande?

«Non lo so, ma credo che qui ci sia la chiave di tutto, voglio prende un aereo per andare alla sede del giornale, qualcuno deve aver aiutato questi bastardi. E poi hanno attuato un sistema di ribaltamenti di server per inviare il video. Non sono sprovveduti, è qualcosa di pianificato nei minimi dettagli.»
Mi spiega per poi farmi notare una differenza abissale tra la pagina del giornale nel video e quella che è effettivamente uscita in stampa questa mattina.

Alle tre di notte c'è stato un deragliamento di un treno, cosa che hanno messo in prima pagina, invece che del discorso del sindaco, sulle future infrastrutture. Questa cosa era preparata da giorni, se non da mesi. Cosa che mi fa pensare che lei sia più vicina del previsto.

«Troverò delle risposte, però ora tu devi andare a riposare Matt, non chiudi occhi da più di sedici ore».

E lo ascolto, anche se la mia mente mi prega di non distogliere l'attenzione, di chiudere gli occhi solo quando Jennifer sarà al sicuro, di andarla a cercare fino in capo al mondo se devo.

Ma il mio corpo invece è distrutto. La testa mi scoppia.

E i muscoli tremano per lo sforzo di tenermi ancora in piedi.

Mi sdraio sul letto e mi addormento ancora prima di rendermene conto.

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