CAPITOLO 66
Scacco matto
Jennifer
«Come al solito siamo in ritardo, e io non sono mai stata una persona ritardataria, sai questo cosa vuol dire?» gli chiedo abbastanza innervosita, mentre con i tacchi cerco di sopravvivere, correndo verso l'ingresso dell'appartamento di Gale. E come mi ha ricordato più volte durante il viaggio, Gale odia i ritardatari.
«Che ho brutte influenze sulle tue capacità organizzative? Oppure, è perché mi hai sedotto pur sapendo che avremmo fatto ritardo?» domanda lui, e riesco a sentire tutto il sarcasmo e l'ironia nella voce.
Mi fermo e mi volto trovandomelo davanti a me, il ghigno scherzoso e gli occhi che brillano che addolciscono i miei muscoli facciali si erano contratti, pronto a ghermirlo.
«Mi stai davvero dando la colpa? Io non ti ho sedotto, hai voluto tu entrare nella vasca e poi spostarti sul letto, non mi prendo alcuna responsabilità» obbietto e grazie ai tacchi riesco a guardarlo alla sua stessa altezza, senza sentirmi così piccola e indifesa.
«Proprio nessuna signora Dallas? Avrei qualche obbiezione, le cose si fanno in due, e non mi sembrava di essere da solo, mi è sembrato anche che ti piacesse, o sbaglio?».
So che ha stramaledettamente ragione. Che anch'io ho fatto fatica a staccarmi dal suo caldo abbraccio e che mi sono anche messa l'intimo molto lentamente mentre lui baciava la mia pelle.
Però l'idea di dargliela vinta così è insopportabile come un prurito infinito che non riesci a soddisfare.
«Come fai a dirlo? Ne sei proprio sicuro?» ribatto alzando il mento verso di lui. Tanto ormai siamo in un ritardo imbarazzante, qualche minuto in più non cambierà la nostra ramanzina appena entreremo.
«Mi vuoi far credere che tu stavi fingendo Jennifer? Quando gridavi il mio nome, quando ti mancava il respiro durante l'orgasmo e mentre la tua piccola figa stretta si stringeva intorno al mio cazzo?».
Trattengo l'istinto di guardami intorno e deglutisco, intanto che le mie guance iniziano a scottare dall'imbarazzo.
Siamo nel quartiere di SoHo, dove la vita notturna si fa sentire intorno a noi.
Bar con i tavoli fuori per chi preferisce godersi questa brezza primaverile e quasi estiva, i locali notturni dove la musica sembra infrangere le pareti, con le loro chilometriche file d'attesa, per non parlare della gente che passeggia per le strade pittoresche.
Ho sempre amato questo quartiere con i palazzi in ghisa di diversi colori, e le scale antincendio in bella vista, dandogli un aspetto unico e vissuto.
Però nessuno ci presta attenzione dal vicolo in cui siamo noi, nessuno ci sente, siamo solo io e lui.
«Se vuoi posso fare un amplesso, proprio qui e ora...» sussurro e non credo nemmeno io alle mie orecchie.
Che cavolo sto facendo? Però l'adrenalina che percorre le mie vene mischiata all'eccitazione sono mix fatale per la mia povera mente.
Lui si china su di me appoggiando la fronte contro la mia e scontrando i nostri casi.
«Jenny, Jenny, non sai mentire non a me, e non faresti mai una cosa simile...» sussurra e io conosco quel tono canzonatorio.
Il tono da sfida che conosco da quando eravamo bambini, ma ora non giochiamo più a nascondino o a Monopoly, no ora è molto peggio. Un gioco di sguardi, di voci e di vibrazioni in cui vincere vuol dire perdere tutta te stessa.
«Sicuro?».
Non gli lascio il tempo di metabolizzare, che un gemito totalmente finto esce roco dalla mia bocca facendolo scattare.
Mi attira completamente contro di sé, facendomi mancare il respiro contro il suo petto. Poi la sua mano raggiunge la base del mio collo stringendo mentre i suoi occhi mi osservano attentamente.
«La mia rovina», mormora dolcemente e poi mi bacia, prendendosi ogni mio respiro.
***
Il gigantesco portone si apre e sento già la voce lontana di Gale che ci sgrida per il ritardo di mezz'ora, ma qualcun altro attira prima la mia attenzione.
Gale vive in una vecchia caserma dei pompieri, completamente ristrutturata. Non ho idea se sia un fan di Ghostbusters, ma devo dire che il locale è fantastico.
Ha lasciato i vecchi muri dai mattoni rossi e anche il grosso portellone in metallo blu. Non mi sorprenderei di trovare anche un camion dei pompieri perfettamente funzionante all'interno.
Ma non è nemmeno questo ad attirare la mia attenzione, è una donna dai capelli ramati, occhiali neri, un vestito verde pallido e uno sguardo seccato.
Come una a cui hanno appena detto che per l'appuntamento che aveva preso, dovrà aspettare ancora un'ora.
«Ciao Matthew», mormora alzando lo sguardo sul mio compagno ancora stretto a me.
Un occhio attento i suoi capelli spettinati, la sua giacca sgualcita e il mio rossetto sbavato, capirebbe subito che abbiamo avuto un momento a dir poco osceno.
Ma a quanto pare la ragazza davanti a me lo ha eccome, per come sposta lo sguardo su di me, giudicante.
«E tu devi essere la moglie trofeo che si scopa, giusto?» domanda e il suo tono avvelenato, invece che corrodermi le vene, mi scivola addosso come olio.
Avevo capito che era difficile, ma non un stronza.
«E tu devi essere la fisica con problemi relazionali, che piacere conoscere una disadattata sociale».
La mancanza di sonno mi fa brutti scherzi. Forse sono io la stronza ora.
Matt s'irrigidisce accanto a me, pronto a qualsiasi sua reazione. A quanto ho capito non la conosce benissimo, l'ha visto così poche volte che si possono contare sulle dita di una mano. Ma Gale ha colmato questo vuoto, raccontandogli ogni cosa di lei, anche cose che avrei preferito non sapere. L'unica cosa che ho capito e che dopo qualche settimana che torna a casa da Gale, la situazione si fa troppo seria per lei, ed in qualche modo riesce a scappare per qualche esperimento dall'altra parte del mondo.
Matthew dice che Gale è così pazzo di lei che non la lascerà mai, ma spera sinceramente che il suo amico trovi qualcuno che possa ricambiare i suoi sentimenti. Non ha detto proprio così, ma l'ho letto tra le righe.
Lei fa l'ultima cosa che mi sarei aspettata scoppia a ridere, e le sue guance pallide si colorano di un rosso acceso.
«Sei la prima persona che mi risponde così, mi piaci» commenta soltanto, per poi voltarci le spalle, entrando nella casa.
È davvero strana, però forse la serata si rivelerà interessante. Chi può dirlo. Matt mi guarda confuso e io sollevo le spalle non sapendo cosa rispondere, quando la voce maschile dentro il locale ci fa sobbalzare. «Siete in ritardo di mezz'ora e ora non entrate nemmeno?!» eccolo.
La cena è stata contro ogni mia aspettativa piacevole. Amanda è anche stata "simpatica", diciamo che non credo che diventeremo migliori amiche ma di sicuro non la ignorerei se l'incontrassi per strada. Forse.
È una tipa difficile, che si è lamentata per ogni piatto con Gale, però sempre con quel sorriso enigmatico, per confonderti le idee. E ti ritrovi a pensare, è arrabbiata sul serio o mi sta prendendo in giro.
Ma forse il momento più strano e quando ci ritroviamo a io e lei a tagliare la torta e a preparare il caffè.
«...e questo implica l'esistenza di un alone oscuro che contribuisce alla massa della Galassia proporzionalmente al suo raggio» m'informa completamente entusiasta del suo lavoro. Che sta cercando di spiegarmi da venti minuti, e che per quanto lo trovi incredibile, perché di sicuro lo è, non ci sto capendo nulla.
Gli sorrido titubante per poi afferrare il vassoio con sopra le fette di cheesecake ai mirtilli.
«Molto interessante», ammetto e vedo il sorriso accentuarsi e le gote imporporarsi.
«Scusami, ho sempre questa brutta abitudine di parlare del mio lavoro, pur sapendo che non è così facile da capire» ammette e finalmente mi sembra di vedere la vera Amanda, quella nascosta sotto strati di antipatia.
«Posso solo immaginare quanto questa cosa possa farti sentire solitaria, però sono sicura che potremmo trovare un argomento in comune» provo a dirgli, sperando di alleggerire questa strana situazione.
Lei afferra l'altro vassoio e fa una piccola risata sardonica «ne dubito», farfuglia per poi anticiparmi uscendo dalla cucina. Che stronza.
Nel grande salotto Gale e Matthew sono seduti ad un tavolino, con una grande e magnifica scacchiera in legno scuro. Le pedine bianche e nere danzano tra le loro mani per poi strisciare sulla superfice cesellata in bianco e nero.
«Questa non te l'aspettavi vero?» domanda con tono scaltro Gale e non mi scappa l'occhiata superiore che gli rivolge Matt, prima di fare la sua mossa «tu dici?».
Gale stringe la mascella e poi una smorfia triste riempie il suo sguardo. Lascio il vassoio sul tavolo e mi avvicino, osservando attentamente scacchiera, mentre la mano di Matt afferra la mia per poi passare il pollice sui miei anelli.
Però io sono troppo concentrata sullo schema che sembra prendere vita davanti a me per concentrarmi sul suo dolce tocco.
Gale fa la sua prossima mossa, mettendo a rischio il suo re, grave errore.
Ma Matt come se volesse giocare con lui, come un gatto col topo, lascia stare quella breccia che gli avrebbe condotto alla vittoria e ne fa un'altra, senza però perdere la sua difesa.
Gale ragiona, e mi sembra di notare le sue rotelle e gli ingranaggi girare ad una velocità troppo veloce. Non mi sorprenderei se da un momento all'altro del fumo uscisse dalle sue orecchie.
Matt ha accennato qualche volta alle sue partite con Gale, dice che non è mai riuscito a vincere, ma che è bravo, con gli altri suoi amici riesce a conquistare la vittoria anche facilmente, ma con Matt no.
Già Gale ti capisco, Matthew è enigmatico anche per me.
Perciò colta da un sentimento di empatia lascio la presa di Matt e mi chino su Gale con le mani a conca davanti alla bocca, pronta a sussurrare al suo orecchio.
«Ora devi fare così, muovi il tuo pedone che hai in f5 e spostalo in diagonale per mangiare il suo cavallo, ti farai mangiare la regina, ma poi puoi promuovere il tuo pedone in regina e poi puoi bloccare il suo re, dandogli scacco matto».
È rischioso Matt potrebbe attuare un'altra mossa e vincere, ma vale la pena rischiare.
Mi sollevo trovando un Gale sorpreso e sbalordito ed un Matt curioso che mi fa cenno di avvicinarmi. Mi riavvicino a lui, che mi attira contro le sue gambe facendomi sedere su di lui e baciandomi la spalla nuda.
«Tu sai giocare?» mi domanda lui ed io sorrido per poi lasciargli un dolce bacio sulle labbra. «Forse».
Gale dopo un momento di titubanza effettua la mia tecnica, e io mi concentro ad osservare l'espressione concentrata di Matt. Gli occhi che si muovono a destra e a sinistra analizzando ogni pedina, il respiro profondo, i suoi denti che mordicchiano il suo labbro. Se fossi un'artista l'avrei già ritratto o probabilmente fatto un busto con i suoi lineamenti decisi ma armoniosi. Anche se ho il sempre il suo viso impresso nella mente, sarebbe inutile.
Come mi aspettavo lui mangia la regina bianca di Gale dandogli così lo spazio per poter fare l'altra mossa decisiva.
E dopo un un'altro movimento, da parte di entrambi, Gale riesce finalmente a bloccare il re di Matt. Scacco matto.
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