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CAPITOLO 60

Io mantengo le promesse 

Jennifer

La tensione è alle stelle, come la rabbia che emana, mi sembra quasi di percepirla sulla pelle, come una scossa elettrica.

«Matt...» cerco di iniziare un discorso, ma lui mi fa segno di stare in silenzio, per poi indicare con il mento William, che davanti a noi guida nelle strade affollate con destrezza.

Mi allungo verso di lui e schiaccio il pulsante del divisorio, che proprio lui aveva usato quella sera dopo la festa di beneficenza, e molte altre volte. Al contrario di ora, in quel momento era servito per mascherare un nostro fugace momento di passione. Deglutisco e mi slaccio la cintura, per mettermi in ginocchio davanti a lui, vista la grande ampiezza dell'automobile. «Guardami per favore» sussurro in una supplica, ma lui irrigidisce la mascella e distoglie lo sguardo verso la strada al di là del vetro. Prendo coraggio e gli accarezzo il viso, non aspettandomi il suo improvviso allontanamento, come se lo avessi bruciato, col mio tocco. Anche a me sembra di bruciare per l'umiliazione.

I suoi occhi finalmente incontrano i miei, e il quello che vedo mi fa mancare l'aria. Delusione.

«Mi dispiace», sussurro con voce rotta e con dei brividi raccapriccianti che mi scivolano lungo la spina dorsale.

Sospira e so che sta per iniziare una guerra, ma non ho intenzione di perderla.

«Hai una minima idea di come mi sono sentito? Mi hai lasciato da solo e sei corsa da lui!» sentenzia a denti stretti e con un dolore che non mi immaginavo. In silenzio lo ascolto e lascio che le sue parole mi colpiscano come un martello sul vetro, anche se ormai sono già in frantumi, diventando polvere graffiante.

«Dovevo parlargli...tu non sai cosa è successo, tu...» non mi lascia finire e si china su di me, sfiorandomi il naso con il suo e guardandomi con rabbia.

«Sì, ma so cosa succede tra di noi! E tu sei corsa da lui!».

Colta da un'ondata di rabbia, gli punto un dito contro e sbatto le palpebre cercando di eliminare le lacrime.

«Noi? Sul serio? Ma se non hai nemmeno il coraggio di chiedermi come andrà il nostro futuro, né di dirmi cosa provi nei miei confronti. Il noi di qui tu tanto parli non esiste, perché tu non vuoi farlo esistere!» mormoro e so quanto sono affilate le mie parole, ma non demordo, ormai sono un fiume in piena.

«Oltre al sesso cos'è cambiato Matt? Io fra meno di sei mesi me ne andrò da quella casa, perché così abbiamo scelto e perché tu non riesci a parlarmi. Lo so che tieni a me, lo vedo, lo sento, ma questo non basta sempre, ho bisogno di parole, di fatti...».

Sentendo le lacrime sul punto di uscire, chiudo gli occhi e mi passo le mani sul viso. Da quel giorno allo chalet ho saputo che un giorno avremmo affrontato questa conversazione, solo che pensavo molto più avanti.

Si appoggia allo schienale e accusa il colpo chiudendo gli occhi, anche se è straziante anche per me.

«Sono corsa da lui, per mettere un punto a quella storia. Perché è sparito il giorno dopo che gli avevo detto del nostro patto, volevo delle spiegazioni e anche delle scuse per delle sue parole...non ho fatto nulla di male!».

Con un dolore nel petto, ritorno a sedermi sul sedile e gli do le spalle, ignorandolo del tutto.

«Tu lo ami?» ancora questa domanda, sebbene cambi il mittente. «No, e da tempo, soprattutto non dopo oggi, non dopo...» che amo te... vorrei rispondere, ma non lo faccio, e osservo l'auto entrare nel viale di casa.

«Jenny, io non so cosa dire» sussurra e io finalmente lo guardo negli occhi. Tipico di lui, non parlare e non darmi alcuna spiegazione.

«Tranquillo non mi devi spiegazioni, ci siamo divertiti, forse anche troppo, ma ora bisogna tornare alla realtà Matthew, e tu come otto anni fa non hai coraggio di stare con me...e forse, è meglio così per entrambi, perché altrimenti troveremo di sicuro il modo di distruggerci a vicenda».

Esco dall'auto e mi precipito in casa, per poi salire verso la mia camera.

«Non abbiamo finito di parlare» la sua voce a qualche metro da me, ferma e autoritaria, mi congela sul posto, come una potente scarica di corrente.

Mi volto e lo trovo infondo alle scale, i suoi occhi nei miei, sperduti e vacui.

«Allora parla», lo sprono, sperando di riuscire finalmente a sentire ciò che aspetto da tempo.

«Ho bisogno di altro tempo Jenny», mormora e la delusione torna in me inondandomi, come l'alta marea fa con la sabbia.

«Altro tempo... è così difficile per te Matt? Io ti amo hai capito? Ti amo stronzo! E tu non riesci a dirmi questo?».

L'ho detto davvero?

Si ho aperto la mia dannata bocca e glielo ho detto quello che provo. A volte dovrei contare dieci secondi prima di parlare, come da bambina quando mi arrabbiavo e dicevo cose "brutte" a mio fratello, e mio padre mi diceva di pesare le mie parole, e di pensarci bene prima di parlare.

Sollevo lo sguardo su di lui, con le mie difese totalmente distrutte, ma non trovo nulla.

«Come immaginavo», mi volto e continuo gli ultimi gradini, prima di rifugiarmi in camera.

Preparo un borsone, con dei vestiti per qualche giorno, mentre alcune lacrime senza permesso scendono lungo le mie guance, marchiandole.

Mi cambio e afferro gli ultimi effetti personali. Scendo le scale a punta di piedi, sperando di non incontrarlo e mi precipito verso la porta. Ho già la mano sulla maniglia quando la sua voce mi ferma.

«Dove vai?» mi volto, trovandolo seduto sulla sua poltrona, a bere un liquido scuro. E questo che gli fa la mia confessione? È peggio di quello che pensassi.

I suoi occhi vagano sul borsone e sbianca, per poi raggiungermi, sbarrandomi la strada e appoggiando la mano contro alla porta.

«Ti ho fatto una domanda», ripete, osservandomi dalla testa ai piedi e chinandosi sul mio viso.

Lo ignoro e cerco di abbassare la maniglia, ma lui mi prende per un braccio mi attira a sé in una morsa letale, se contiamo il mio scarso autocontrollo con lui.

«Vado per qualche giorno da Tess, ora spostati per favore» sussurro a denti stretti, dimenandomi. Ma quando nei suoi occhi passa una scintilla di tristezza, m'immobilizzo colta dai sensi di colpa.

Mi trattengo dal confortarlo, anche solo con una carezza e stringo i denti.

«Jenny ti prego resta» mormora e nel suo tono sento della malinconia. Scuoto la testa, decisa sulle mie intenzioni, anche se sto tentennando, come una boa in mezzo al mare, mi sembra di galleggiare dondolando in ogni direzione, ma incapace di muovermi.

«Tranquillo tornerò presto, non voglio venire a meno al mio patto, ti chiedo solo qualche giorno...lontana da te, ne ho bisogno», sussurro e noto il dolore che gli ho causato...ecco un'altra fitta al mio cuore già stremato.

Le sue braccia intorno a me tremano, e il suo sguardo è pura malinconia.

«Non andartene ti prego».

Altre lacrime iniziano a bagnarmi il viso, sebbene pensavo di non averne più, e sento che non resisterò ancora per molto.

Sento che mi arrenderò di nuovo a lui.

«Solo qualche giorno», sussurro, mentre le mie certezze iniziano a vacillare.

«Tu scapperai» mi accusa consapevole, mentre io mi ritrovo a scuotere la testa.

«Io mantengo le promesse...ora lasciami andare...per favore».

Sospira affranto e si passa una mano fra i capelli, allentando la presa sul mio corpo. Ne approfitto, e mi volto afferrando la maniglia pronta ad uscire.

Ma le sue braccia mi riprendono nella sua stretta, e la sua bocca cade sulla mia, calda e dolce, prima che possa evitarlo.

Mi assapora, mi accarezza, mi sfida, come se avesse paura di non poterlo fare mai più. Ma alla fine anche i suoi baci sono come lui, caldi, rassicuranti, ti portano fino alla luna, per poi farti sprofondare in un oblio oscuro e tortuoso, appena ti abbandonano. Si stacca da me e mi accarezza la guancia bagnata «William ti accompagnerà dove vuoi» sussurra, per poi aprirmi la porta lui stesso. 

E senza voltarmi vado verso l'auto con il cuore a distrutto e con la voglia di tornare indietro nel tempo, per impedire a me stessa di innamorarmi di Matthew Dallas.

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