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CAPITOLO 48

Sposa bagnata...

Jennifer

Ci alziamo dal nostro magnifico posticino e raccogliamo tutte le nostre cose, mentre un altro lampo cade accompagnato da un tuono. Possibile che siamo stati così presi a parlare da non guardare il cielo, che ora è una distesa scura?

La pioggia inizia a scendere attraversando i fitti rami, mentre ci precipitiamo verso i cavalli, e a differenza di prima, in pochi secondi riesco a raggiungere la sella di Freya.

Percorriamo il bosco, per poi ritornare sul sentiero sterrato dal quale siamo arrivati.

La pioggia ci inonda, ma cerco di ignorarla, sebbene sia fastidiosa, mi corre sotto la pelle, tra i capelli, e quasi mi sembra che mi entri nelle ossa. Le gocce sono talmente grosse e pesanti ne sento ognuna sulla testa.

Osservo l'andatura veloce della puledra e di Furia a un metro davanti a noi e spero di arrivare a casa il prima possibile. All'improvviso un altro tuono sordo, si ripresenta, ma al contrario di prima, Freya si spaventa e inizia a sbizzarrirsi, alzandosi sulle gambe posteriori.

Incapace di fare altro, tiro le redini e stringo le cosce cercando di non cadere, ma mi ci vuole una forza estrema per non cadere di testa.

«Jenny! Arrivo!» la voce di Matt mi arriva come un'ancora di salvezza, mentre il cuore mi scalpita nel petto frenetico. Freya si agita, forse sentendo anche la mia agitazione.

«Shh calmati» la voce di Matt supera i nitriti del cavallo, ma non riesco a vederlo, so solo che poco dopo, l'agitazione di Freya si disperde, lei si ferma, annullando il suo attacco di panico.

«Ecco, brava» sussurra, la pioggia continua a bagnarci ma lui la ignora, e con calma accarezza Freya, mentre gli dà una carota da mangiare «va tutto bene piccola» gli mormora, per poi venire verso di me senza staccare il contatto con lei.

«Ti sei fatta male?» chiede con voce dolce e preoccupata, in risposta scuoto la testa ancora sotto shock, accorgendomi solo ora che le mani stanno tremando, intorno alle redini.

La sua mano raggiunge la mia coscia e mi accarezza come con Freya, e devo ammettere che man mano il mio cuore si calma, facendomi riacquistare lucidità. «Fatti più avanti», lo guardo scettica ma non me lo faccio ripetere, lo osservo mentre si mette dietro di me e afferra le redini che scivolano dalla mia presa. Nascondo i palmi completamente rossi e rigati, ma non smetto di tremare.

«Non ti lascio da sola con lei, l'unico problema e che non possiamo correre» indica Furia, dal quale ha preso le redini, per farlo andare alla nostra andatura.

Dopo pochi minuti mi rendo conto che siamo ancora lontani dalla casa «ho freddo», sussurro con denti tremanti e con la pelle d'oca. Il suo corpo si attacca al mio nel tentativo di riscaldarmi, ma i suoi indumenti bagnati, non fanno altro che raffreddarmi ancora di più «siamo quasi arrivati Jen, resisti».

Mi volto a guardarlo e osservo la sua espressione corrucciata e seria, la sua pelle imperlata da minuscole goccioline, i capelli completamente bagnati che ricadono sulla fronte e le gocce d'acqua che scivolano sulle sue lunghe ciglia.

«Vedo la casa» mi sussurra e quando torno a guardare davanti a me, mi accorgo che ha ragione, ora la vista della casa, mi sembra il paradiso.

Mi stringo tra le braccia e cerco di riscaldarmi invano, quando finalmente si ferma. Scendo da Freya, ma sbadata inciampo nel pantano, cadendo all'indietro. Matthew urla il mio nome, mentre lega velocemente i cavalli alla staccionata. Lo guardo mentre cerco di alzarmi, continuando a scivolare nel fango. Le sue mani si posano sotto le mie ascelle, e mi fa rialzare.

«Vieni!» mi prende per il braccio e mi trascina dentro casa. Ignoro il pantano che riempie il pavimento, mentre tolgo gli scarponi e i calzini bagnati, per poi rabbrividire contro le piastrelle fredde.

«Vicino al fuoco, andiamo vicino al fuoco» sussurra lui con voce spezzata.

Senza farmelo ripetere raggiungo il fuoco morente e mi chino davanti a esso, mentre lui frettolosamente aggiunge altra legna per riaccenderlo, e le fiamme accolgo la superficie, mangiando e consumando tutto. Resterei ore ad osservare la scena.

«Dobbiamo toglierci i vestiti, sono zuppi», sussurro odiando la sensazione dei tessuti, appiccicati alla mia pelle fredda.

Al diavolo la moralità, preferisco di gran lunga farmi vedere nuda, invece di morire di ipotermia. Mi tolgo la felpa per poi passare alla maglietta e infine ai pantaloni, restando in intimo. Con mani tremanti, afferro la coperta sul divano e torno davanti al camino, sospirando di piacere a sentire il caldo delle fiamme, che mi sfiora il viso.

Alzo lo sguardo e mi prendo la libertà di osservarlo, mentre si spoglia. Il suo petto bagnato, luccica sotto la luce del fuoco, mentre dai capelli continuano a cadere piccole gocce, che fortunate scendono lungo giù lungo il suo addome. L'immagine di me stessa che si china a leccarle la scia di acqua mi passa per la mente, facendomi contrarre l'addome.

Passa ai suoi jeans, mentre il mio corpo sembra eguagliare il calore del fuoco. Sto implodendo forse? Jennifer controllo! L'ho visto svestito in queste notti, dovrei esserci abituata. Però sempre di notte e con le luci spente.

Si leva i pantaloni, buttandoli insieme agli altri vestiti, restando in boxer. Ormai sono così assuefatta dal suo corpo, che non mi vergogno a concentrare la mia attenzione, su l'unica parte ancora coperta.

Il tessuto è attillato e leggermente trasparente a causa della pioggia, mettendo in mostra cosa si cela sotto, e vedo proprio tutto.

Il suo sguardo cade su di me e mi scopre. Come poteva non farlo? Mancava soltanto che mi mettessi a mangiare dei pop-corn per godermi lo spettacolo. Maniaca.

Mi mordo il labbro e metto la faccia sotto alla coperta, completamente imbarazzata, in che pasticcio mi sono cacciata?

Si siede affianco a me e io gli offro un po' di coperta, che lui accetta senza esitare.

La sua pelle nuda ma leggermente umida tocca la mia e la sua mano si posa sulla mia coscia attirandomi a sé. Porta le mie gambe sulle sue incrociate, permettendomi di coprirmi meglio e il suo sguardo lussurioso si posa sulla mia bocca.

Tutto questo fa scattare all'improvviso qualcosa in me, qualcosa che ho represso per troppo tempo, e che non posso più negare. «Credo che verrò meno al mio accordo» mi confida in un sussurro, come se stesse leggendo nei miei pensieri, come se sentisse anche lui questa attrazione.

Alzo lo sguardo verso il suo, annegando in quel verde brillante. Il mio diavolo tentatore.

«Di cosa stai parlando?» chiedo con tono ingenuo, anche se so benissimo a cosa si riferisce. Le sue mani si spostano sulla mia vita, accarezzandomi la pelle dolcemente, mentre la mia pelle rabbrividisce al suo tocco.

«Non farle l'ingenua Jennifer, lo vuoi quanto me, guarda come tremi», mormora e la sua voce smuove ancora qualcosa dentro di me.

«Ho rischiato l'ipotermia, credo sia quello» farfuglio, ma non so con che forze. Mi sta annientando e lo sa benissimo.

La sua mano sale ancora fino a sfiorare il reggiseno e il fiato mi manca.

«Davvero Jennifer? Mi sfidi ancora una volta? Sai che perderai vero?», mi avvisa oppure mi minaccia, ma mi arriva talmente dolce, che tremo ancora una volta.

«Matthew, e come intendi scoprire se sto mentendo?» domando con un'arroganza che non so da dove arriva. Ma cazzo se quest'uomo tira fuori una Jennifer che conosco poco.

Nei suoi occhi passa un lampo di malizia e poi un ghigno sornione illumina il suo viso. Come di un predatore che ha appena capito come catturare la sua preda. Anche se sono nelle sue grinfie da un tempo infinito.

«C'è solo un modo per scoprirlo effettivamente» mormora lui per poi chinarsi sul mio orecchio «sei pronta ad affrontare la sfida?».

Sorrido, anche perché ormai sono sulla giostra da tempo, e da tempo cerco di scappare, ma se decidessi di divertirmi per una volta?

Mi mordo il labbro e mi alzo verso il suo viso, le sue braccia mi accompagnano fino a portarmi faccia a faccia.

«Fai del tuo peggio».

Ringhia e finalmente la sua bocca si fionda sulla mia. Mi assaggia, mi studia, mi mangia.

Io lo faccio fare, perdendomi in questo vortice di piacere e lussuria. Rispondo e le mie mani di perdono nei suoi capelli, mentre la mia lingua accarezza la sua in modo feroce.

Lascio che mi faccia scivolare la coperta, mentre mi adagia dolcemente sul tappeto. La stoffa morbida mi accarezza e mi accoglie calorosa, mentre l'osservo affannata.

Lui fa lo stesso con me, mi studia e cattura ogni dettaglio possibile del mio corpo, come se non volesse dimenticarlo mai più.

«Vediamo un po' quanto sei bugiarda Jennifer» mormora e poi si china su di me. Io resto immobile, come una bambola nelle sue mani.

Mi solleva dolcemente solo per slacciarmi il reggiseno che cade sul pavimento, mettendo in mostra il mio seno.

La mia pelle è arrossata dal freddo, ho la pelle d'oca su tutta la superficie e i miei capezzoli sembrano due diamanti pungenti, che puntano verso di lui.

«Vuoi altre prove?» domanda lui, senza distogliere gli occhi dal mio decolté. Mi dovrei coprire, e scappare via dall'imbarazzo. Ma in realtà la situazione eccita tantissimo. E la sento salire come le tacche in quello stupido gioco dei Luna Park.

Quelli in cui il solito uomo stupido di turno, testa la sua forza con un finto martello su un sensore. Per poi ritrovarti a guardare quelle stupide tacche illuminarsi una ad una verso l'apice.

Ecco e Matt sta giocando come me, e sta vincendo alla grande.

«Ho freddo, mi sembra una reazione normale», mento, anche perché ormai mi sono anche scaldata. Ma è così divertente guardarlo mentre cerca di difendere la sua tesi, che non ho intenzione di smettere.

Ringhia e si china su di me, e la sua bocca si chiude sul mio capezzolo in un dolce morso, che poi viene sostituito dalla sua lingua. Un gemito lungo esce dalla mia bocca, senza che possa trattenerlo.

Lui sogghigna sulla mia pelle e mi trattengo dal schiaffeggiarlo.

«Certo, ma ho una seconda prova» obbietta e poi si sposta sulle mie mutandine. E purtroppo so già cosa troverà sotto. Fa scendere l'elastico fino a togliermi completamente il tessuto quasi sicuramente bagnato. Dovrei morire d'imbarazzo e nascondermi, ma non lo faccio, anzi lo osservo altezzosa.

«Sono proprio curiosa...» sussurro e la mia voce è roca. È colpa sua tutta questa mia spavalderia, io non l'ho mai fatto così, ma cazzo se mi piace.

«Jenny, Jenny...sai cosa accade se ho ragione io?» domanda e la sua bocca torna vicinissima alla mia e io sussulto.

«Cosa?» farfuglio distratta dalla sua mano che quasi indifferente scende lungo il mio costato, silenziosa e letale.

«Che sei mia Jennifer...».

Come se ci fossero dubbi. Sono sua da quando avevo sette anni e l'ho visto entrare in casa mia. Ricordo che ero rimasta imbambolata a fissarlo, mentre lui si presentava e mi salutava. Da quel momento mi ero persa in lui, e lo sono ancora oggi.

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