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CAPITOLO 37

La festa di beneficenza pt. 2

Jennifer

Con passo esitante mi dirigo verso le scale, e inizio a scendere verso il piano di sotto. Sono così sovrappensiero che quando arrivo a metà scala sobbalzo e tentenno, trovandomi davanti a Matt, che mette le mani sulle mie spalle per un attimo evitando di farmi cadere. E il gesto mi colpisce più del dovuto.

«Ti stavo venendo a cercare...» ammette, per poi osservarmi dalla testa ai piedi, in modo fin troppo sfacciato. «Wow...sei un incanto» afferma, porgendomi la sua mano.

Il suo complimento come una freccia ad alta velocità si conficca nel muro che ho eretto per lui creando una crepa. La guardo per un'istante, ma poi la rifiuto, continuando a scendere le scale, aggrappata al corrimano.

«Grazie per il vestito, è fantastico» commento senza guardarlo, e faccio per avviarmi verso l'uscita, quando sento la sua presenza dietro di me. Mi immobilizzo e trattengo il respiro, sentendo la sua bocca accostarsi al mio orecchio, e il suo respiro caldo mi fa tremare.

«Non è il vestito fantastico, ma chi lo indossa» sussurra solleticandomi con il suo fiato, per poi posarmi le sue labbra, leggermente umide, alla base del collo. Rabbrividisco e mi mordo il labbro impedendomi di gemere, lasciando che la sua bocca indugi ancora un po' sulla mia pelle, prima di staccarmi completamente da lui.

Cercando di ignorare le gambe molli come gelatina saluto con una dolce carezza Romeo che si trova sul divano e poi mi giro verso di lui.

«Andiamo?» gli domando, osservando il suo sguardo serio e la sua mascella scattare. «Sì, certo» sussurra lui, per poi sorpassarmi per aprire la porta.

William davanti alla berlina mi osserva, per poi aprirmi la portiera, cedendomi la mano per farmi entrare.

«Grazie» sussurro, sedendomi sulla morbida poltrona di pelle. Matthew mi raggiunge slacciandosi i bottoni delle giacca, e sedendosi al mio fianco, così vicino da inebriarmi con il suo profumo.

Un silenzio imbarazzante ci accompagna per tutto il tragitto, nessuno dei due prova a parlare, né a distogliere lo sguardo dall'esterno. O almeno fino ad una galleria d'arte, nell' Upper Est Side all'Elysian. Interessante. Luogo di beatitudine serena e di sovrumana delizia.

L'edificio è grande e imponente, posto su due piani, con vetrate che mostrano pareti piene di quadri, e molte persone intente a parlare fra di loro.

«È una nostra proprietà» sussurra Matt dietro di me, vedendomi ammirare la galleria. Mi volto verso di lui, mentre nella mia mente analizzo la parola "nostra", ancora adesso mi sembra così strano sentirglielo dire.

«Sei anche un appassionato d'arte?» gli chiedo ironica e finalmente dopo giorni, lo vedo sorridere.

«Diciamo, che un po' me ne intendo», mormora e la sua risposta mi fa ricambiare il sorriso ebete. Scendo dall'auto raggiungendo Matt, che ancora una volta mi porge la mano. La osservo ancora, attentamente e analizzando ogni possibile svolta. Per poi spostare lo sguardo sul suo.

I suoi occhi mi sfidano, e la sua bocca, in modo ammiccante mi sorride. Svio la sua mano, ma afferro il suo braccio, stringendomi a lui. Mi guarda vittorioso, per poi accompagnarmi verso l'entrata.

Quando varchiamo la soglia, rimango incantata sul posto, tutto sembra quasi magico. Delle piccole lanterne colorate sono sospese per aria rendendo l'atmosfera calda e accogliente, i quadri pieni di colori dominano la grande sala, delle statue ergono in mezzo alla gente imponenti ed infine per armonizzare il tutto, si sente una musica dolce e lenta in sottofondo.

Matthew che ancora mi tiene stretta a sé, scioglie in nostro legame per afferrare due calici di champagne dal vassoio di un cameriere, per poi porgermene uno.

«Tutti ti osservano, mi sto pentendo di averti preso questo vestito, fascia troppo bene il tuo corpo perfetto» sussurra maliziosamente vicino al mio orecchio.

Il cuore inizia a battere all'impazzata, mentre sorseggio il liquido chiaro, per cercare di riacquistare fermezza. Lui non sembra capire il mio imbarazzo oppure lo ignora, si riavvicina a me, accarezzandomi il braccio in modo innocente, mentre nel suo sguardo c'è tutto, tranne l'innocenza.

Interrompo il contatto, e cedo il calice ormai vuoto a un cameriere che mi passa accanto.

«O forse stanno guardando te, il capo supremo» farfuglio picchiando il dito contro il petto. Lui scuote la testa e mi prende la mano nella sua, accarezzandola dolcemente.

«Dubito fortemente, questa sera sembri una stella che brilla, e chi non guarderebbe una stella in mezzo alla sala?». Eccola un'altra freccia, un'altra crepa.

«Voglio farti fare un giro, ti va?» mi domanda e io annuisco ancora scossa dalle sue parole, mentre lui stringe ancora di più la stretta sulla mano.

Mi porta verso una scala di ferro nero, che non avevo notato, e con lentezza saliamo i gradini. Lui non si stacca da me, anzi mi stringe a sé, circondandomi con il braccio, come se volesse tenermi al sicuro. E lo lascio fare, inebriata dalla sensazione di essere tra le sue braccia, al caldo e desiderata.

All'ultimo gradino, osservo il parquet perfetto, per poi spostare lo sguardo sul parapetto in vetro, da cui ho una buona visuale su tutta la sala.

Noto diversa gente che continua ad entrare, mentre altra è intenta e saccheggiare il buffet o a parlare, provocando un brusio incessante.

«È affascinante questo posto», sussurro e sento il suo corpo sfiorarmi, per poi mettersi affianco a me. «Hai ragione è affascinante» mi risponde con tono distratto. Volto lo sguardo verso di lui, e lo sorprendo a fissarmi il corpo o dovrei dire il culo.

«Matt!» lo riprendo tornando in posizione eretta, mentre sbuffa e borbotta parole che non riesco a sentire, per la troppa confusione. «Non posso neanche guardarti ora?» mi chiede e io sorrido, per poi mordermi il labbro, mi sembra un bambino a cui ho negato un dolce, e la prelibatezza in questione è il mio corpo. «Puoi, ma non in questo modo».

Lui incontra i miei occhi e un sorriso sornione gli illumina il viso «che cosa intende signora Dallas?» reprimo un sorriso e lo spingo leggermente via con la mano, ma lui non demorde, al contrario si avvicina ancora di più e mi scosta i capelli, sfiorandomi l'orecchio con la bocca, scatenandomi così una miriade di brividi su tutto il corpo.

«Posso baciarti?» mi chiede, congiungendo tutto il suo corpo contro il mio, e facendomi sentire tutta la sua eccitazione contro la coscia, che a quanto pare, eguaglia la mia.

Ma il mio orgoglio è troppo forte, perciò mi avvicino al suo viso, fino a sfiorare le mie labbra con le sue, mentre gli accarezzo dolcemente il petto e scontro il mio naso col suo. Ci vogliono ancora pochi millimetri, ma prima di far scontrare le nostre bocche mi fermo, e lo guardo con presunzione negli occhi. «Chiedilo a Carrie, sono sicura che ti risponderà di sì, e sarà molto felice di accontentarti» gli suggerisco, con il veleno che gronda da ogni mia parola.

Spalanca gli occhi e rimane senza parole, mentre scivolo via dalla sua stretta, e torno non curante a guardare la sala.

Ora è nervoso lo so, lo riesco a percepire, ma deve capire che io non sono una con cui puoi sfogarsi, per poi passare ad un'altra. Non sono una da usare per poi buttare via. O meglio non lo sono più e non voglio più esserlo.

Ammetto di essere orgogliosa di me stessa, per non aver ceduto alla tentazione e trattengo a stento un sorriso, che sparisce quando mi affianca di nuovo.

Sospira profondamente e si china su di me «capisco, ma ora puoi venire con me? Voglio presentarti delle persone».

Mi volto e mi cede di nuovo il braccio per aggrapparmi, ma questa volta non l'accetto, e inizio a scendere le scale senza di lui. Una volta a terra rallento, per farmi raggiungere e sento la sua mano appropriarsi della mia, di nuovo senza il mio permesso. «Non scappare più» mi rimprovera, e sono tentata di fargli la linguaccia e di ricordargli che non sono di sua proprietà, ma non faccio in tempo.

Si ferma davanti a una coppia, lei una donna giovane dai capelli biondi, e lui un uomo elegante, che sembra un po' più grande della sua compagna.

«Jennifer, voglio presentarti Ian Black e sua moglie, Meghan» stringo la mano prima a lui, e poi a lei, che subito mi sorride dolcemente «è un piacere conoscerti finalmente, Matt ci ha parlato molto di te».

Il mio cuore si ferma, e io sposto lo sguardo su Matt, che all'improvviso sembra imbarazzato, cosa che mi fa battere il cuore ancora più forte.

«Spero solo cose positive» mormoro incapace di pronunciare altro, lei in risposta mi sorride dolcemente.

«Certo che sì, vieni lasciamo questi due a parlare di lavoro, noi andiamo a prenderci da bere», da un casto bacio al marito per poi trascinarmi via da un braccio.

«Non allontanarti Jenny» mi avverte lui, ma ormai quando sono già lontana. Gli lancio un ultimo sguardo confuso e lo ritrovo a sorridermi, un sorriso caldo che mi fa sciogliere come burro al sole. E sono quasi tentata di tornare tra le sue braccia, ma Megan, che ormai è già arrivata al buffet, mi richiama.

«Come ci si sente a essere la donna più invidiata di New York?» mi chiede sarcastica e io sospiro, per poi afferrare un piattino, prendendo anch'io qualche stuzzichino.

«Oppressa» confesso per poi mandare giù altro champagne che sembra lenire un po' quello strano imbarazzo che continua a stringermi lo stomaco.

Lei si guarda intorno per poi tornare a sorridermi «se constatiamo che quasi tutte le donne presenti ti osservano male solo in questo momento, è raccapricciante» confessa con lei con espressione sorpresa ma allo stesso tempo spaventata. Sorrido e la seguo verso un tavolino appartato vicino alle vetrate.

«Stai tralasciando le lettere minacciose, da donne che vogliono andare a letto con mio marito, ostentando il fatto che sarebbero molto meglio di me» commento, ricordandomi che le ultime tre le ho trovate imboscate nel giornale del mattino. Lei mi guarda sbalordita, ma poi entrambe scoppiamo a ridere, facendo voltare qualche altro sguardo disprezzato verso di noi. Ma non mi importa, perché per la prima volta in questi due mesi, finalmente mi sembra di parlare con una persona che non sta guardando chi ho sposato, non sta guardando i miei soldi, o la mia notorietà nella società. Sta solo guardando Jennifer.

«Invece tu sei di Seattle?» gli chiedo curiosa, e lei annuisce, mentre una strana luce gli passa negli occhi ì, troppo veloce per poterla leggere.

«Sì, Ian vorrebbe spostarsi qui a New York, ma devo pensare anche ai miei figli, prima di scegliere» ammette persa nei suoi pensieri.

La guardo leggermente sorpresa, ma lei sembra occupata a osservare suo marito, dall'altra parte della stanza. Quando seguo il suo sguardo incontro quello di Matt, non sorride, non dice nulla, mi sta solo osservando e la cosa mi fa arrossire e venire la pelle d'oca. E lui come sempre lo sa, lo noto dal suo ghigno malefico.

Sposto di nuovo lo sguardo su Meghan cercando di dimenticare i suoi occhi, che so che mi stanno guardando, li sento bruciare sulla pella. «Hai dei figli?» chiedo e lei si gira, sorridendomi in modo raggiante «si un'adolescente e una bambina, Berry e Ashley».

Sorrido a vedere la sua felicità, nel parlare dei suoi tesori, sto per congratularmi con lei, quando all'improvviso il suo cellulare squilla, e lei si affretta a pescarlo dalla borsa.

«Scusami è mia madre, sta facendo la baby sitter, è meglio se rispondo» afferma, facendo una smorfia tragica, per poi allontanarsi dal brusio della folla.

Mi guardo intorno e mi accorgo che Matt è sparito, perciò decido di andare al piano di sopra, sperando di riuscire a trovarlo tra la folla.

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