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CAPITOLO 35

Maccheroni al formaggio

Jennifer 

Quando apro gli occhi mi rendo conto di essere ancora sopra quel corpo, che sembra esser stato scolpito da un'artista. Perché l'ho fatto? Perché ho ceduto?

Cerco di alzarmi, ma lui mi stringe ancora di più sul suo corpo bollente.

«Fai la brava» farfuglia la sua voce, facendomi irrigidire ancora di più. «Lasciami andare» sussurro ma lui sembra non ascoltarmi, anzi mi ignora completamente.

Allora allungo il braccio verso il suo comodino e accendo la piccola abatjour, per poi guardarlo. Il suo viso è ancora pallido, ma ora a differenza di prima sta sorridendo.

«Certo che sei proprio insopportabile», borbotta, per poi guardarmi attentamente, mentre la sua mano raggiunge i miei capelli e li spettina dolcemente. Rido e mi scosto dalla sua mano, ma lui non mi lascia e scende sulla mia guancia, in una dolce carezza.

«Stai delirando Matt», osservo, mentre una risata esce dalle sue labbra.

Lui si gira su un lato portandomi con sé e facendomi mancare il respiro dall'impatto. «La puoi smettere?» lo rimprovero, con la bocca a pochi centimetri dalla sua. Quanto sarebbe facile sollevare leggermente la testa e appoggiare le mie labbra sulle sue. Richiederebbe un semplice movimento, ma mi porterebbe in una situazione a dir poco facile.

«Di cosa parli?» mi chiede ingenuo, mentre cerco di scendere dal letto, ma lui non lascia la presa.

«Di fare questo! Lasciami andare ora!» mormoro infastidita, ma continua a ignorarmi e a stringermi come se gli appartenessi.

«Hai fame?» mi domanda e io sospiro rumorosamente per poi alzare gli occhi al cielo. Certo che ho fame, ma ora non è il cibo a cui sto pensando.

«Sì», sussurro e in risposta lui mi fa un occhiolino.

«Sai dove si trova Frederick?» mi domanda, mentre una sua mano mi percorre il fianco, fermandosi sulla mia coscia.

«Forse ai Caraibi o in Europa» sussurro e il suo sguardo confuso, per poco non mi fa scoppiare a ridere. È talmente buffo.

«Mi vuoi dire che lui è sparito e che sei stata da sola, senza l'allarme in casa, per tre giorni?» annuisco, e lui mi finalmente mi lascia mettendosi seduto.

«Quel bastardo è licenziato! Già il suo comportamento era discutibile ultimamente, ma gli ho detto di starti accanto, e lui sparisce!?».

Il suo sguardo preoccupato cade su di me, ancora inerme al suo fianco e la sua espressione preoccupata mi fa sobbalzare.

«Hai avuto problemi da sola? Con il cibo? O con la casa? E poi perché non me lo hai detto in tutte quelle chiamate?» mi chiede inquieto, e io scoppio a ridere per poi mordermi il labbro a vedere la sua apprensione.

«So prendermi cura di me stessa Matt, te lo assicuro» lui sorride e si passa le mani sul viso, ancora leggermente sudato.

«Ancora non ci credo, poteva succederti di tutto, ora sei un bersaglio Jenny, sei mia moglie» mormora con tono serio.

Mi prende la mano e la incrocia con la sua, stringendola forte.

«La prossima volta ti porto con me, te lo prometto» mi avvisa e io annuisco.

Cogliendo la possibilità di sviare dalle sue grinfie, scendo dal letto, e prima che possa prendermi, mi avvicino alla porta.

«Cosa vuoi mangiare?» gli chiedo, sperando di far sparire questa imbarazzante conversazione.

Lui sorride e si appoggia alla testiera del letto, ravvivandosi i capelli all'indietro. «Avrei voglia di maccheroni al formaggio» dice e io sorrido ebete «maccheroni al formaggio, sul serio?».

Lui mi fulmina con lo sguardo, ma io non smetto di sorridere «quando ero piccolo mia madre mi faceva i maccheroni, quando stavo male» commenta, assorto nei suoi ricordi con una strana malinconia nel volto e nella voce.

Subito il mio sorriso sparisce, ha sempre avuto problemi con i suoi genitori da bambino, e anche ora, sebbene siano ancora vivi, non credo che si sentano e non sono nemmeno venuti al matrimonio.

Quando ho cercato di chiedergli il motivo, ha evitato la mia domanda con un gesto della mano. A quanto ho potuto capire, loro volevano andare a vivere per sempre in Europa, ma Matt non voleva e visto che già non andava d'accordo con loro, aveva scelto suo zio Richard, e da lì era nato un astio, che dura ancora adesso. Ma io so che c'è di più sotto.

Perciò ora, mi sorprende il fatto che stia nominando sua madre.

«E maccheroni al formaggio siano!» commento, sperando di dissuaderlo dal suo improvviso cattivo umore.

Lui fa per alzarsi, ma io lo blocco «stai qui, non stai ancora bene, in più non ho per niente voglia di trascinare, di nuovo il tuo corpo incosciente, in giro per casa».

Lui scoppia a ridere, e dopo un momento di esitazione, si rimette comodo ascoltandomi.

«Va bene, moglie» dice facendomi sobbalzare, e mentre lui ignora il mio improvviso stato d'animo, causato dalle sue parole, io esco dalla stanza, cercando di calmare il rossore sulla pelle e il cuore che scalpita.

Dopo trequarti d'ora mi trovo sulle scale, con i nostri piatti fumanti in un vassoio. Ancora non sono sicura di rientrare in quella stanza, in poco tempo sono successe troppe cose, che ancora non ho metabolizzato.

Credo che i postumi dell'alcool, lo abbiano fatto delirare, o almeno spero sia quello il motivo, altrimenti se fosse tutto vero... penso che cadrei fra le sue braccia ancora una volta, se solo me lo chiedesse.

Entro nella stanza senza bussare e lo trovo dov'era rimasto, solo che ora è intento in una conversazione telefonica.

Si è messo un paio di pantaloni della tuta e sembra essersi fatto una doccia, visto il vapore che esce dalla porta del bagno.

Appena mi nota i suoi occhi brillano e mi sorride, per poi salutare velocemente l'interlocutore, chiudendo la telefonata.

«Che buon profumo! Mi hai davvero preparato i maccheroni?» chiede per poi sollevare lo sguardo, per cercare di guardare i piatti ancora fumanti.

«Certo, mantengo le mie promesse», sussurro, per poi posargli il vassoio sulle sue gambe tese, lasciando il suo piatto, mentre io prendo il mio, per andare a sedermi sulla poltrona affianco al letto.

Il suo sguardo confuso, subito cerca il mio «non ti mangio sai?» sussurra, e il mio cuore subito smette di battere, mentre la sua mano si posa sulla parte vuota del letto affianco a lui, invitandomi con un sorriso furbo.

«Dai fammi compagnia» insiste con voce smielata. Quest'uomo mi farà impazzire un giorno di questi, oppure l'ha già fatto, e devo solo rendermene conto.

Con passo esitante, faccio il giro del letto e mi sdraio il più lontano possibile da lui, tanto da sentire il bordo del materasso contro la gamba.

Per qualche istante un silenzio imbarazzante ci accompagna, a parte il rumore delle forchette contro i piatti di ceramica.

«Com'è andata a Seattle?» gli chiedo, e per un attimo lui si irrigidisce, ma poi incontra il mio sguardo sorridendomi.

«Bene ho concluso l'affare ed è andato tutto bene, tu in azienda?» domanda e io annuisco sorridendo «sì, mi è piaciuto fare il capo, potrei anche prenderci l'abitudine» rispondo sarcastica. Lui mi guarda scioccato per qualche secondo, ma poi scoppia a ridere «so benissimo che ci riusciresti» sussurra, mentre allunga la sua forchetta verso il mio piatto, afferrando la mia pasta.

«Ehi, mangia la tua!» lo riprendo, ma lui mi ignora e continua con il suo interrogatorio «e cosa hai fatto oltre a rubarmi il posto?» chiede e le immagini delle mie monotone giornate mi riempiono i pensieri.

«Mi sono annoiata, sai non c'era il mio capo/marito a cui rompere le scatole» asserisco con tono beffardo. Ma mi pento di averlo detto, appena vedo il suo sorriso malizioso illuminargli il viso.

«Ti sono mancato quindi?» chiede orgoglioso e io sospiro profondamente, mentre il rossore mi riempie per l'ennesima volta le guance.

«Non ho detto questo!» mi difendo per poi usare il mio piatto come scudo. Sei patetica come se potesse trattenerlo dal saltarti addosso...

«Ammettilo!» esclama con tono minaccioso, per poi cercare di afferrare il bordo del mio piatto. Per non far cadere il contenuto sul letto glielo cedo, ed insieme al suo, lo appoggia sul comodino. Faccio per scendere dal letto, ma le sue mani mi attirano a sé e le sue braccia mi circondano come poco prima. Ancora una volta in trappola.

«Ammettilo...» sussurra di nuovo, mentre non so se scoppiare a ridere o se raggelare dallo spavento.

«Te lo ripeto, io non dico bugie, perciò non dirò una cosa non vera» commento.

In risposta mi fa stendere con la schiena e poi si posa sopra di me, intrappolandomi sotto al suo peso.

«Sì invece, la stai dicendo ora», sussurra e io scoppio a ridere, buttando la testa indietro. Perché non riusciamo mai a parlare tranquillamente senza finire a toccarci?

«Io lo ammetto, mi sei mancata» mormora facendomi congelare sul posto, solo il mio cuore sembra battere talmente forte, che ho quasi paura possa sentirlo. «Tu menti», lo accuso guardandolo sottecchi. Sta bleffando per farmi cedere, per farmi ammettere quella verità che nemmeno io sono pronta ad affrontare.

Il suo sguardo cade sul mio, e una sua mano si posa sulla mia guancia accarezzandola dolcemente.

«Mi sei mancata Jenny» ripete e il mio nome che scivola sulla sua lingua mi fa tremare, e quel fuoco che tanto conosco inizia a risvegliarsi tra le mie gambe. Reprimo l'istinto di chiudere le gambe per alleviare la pressione, mentre il mio piacere affamato lo chiama.

«Matt...» lo richiamo ma lui sembra solo assorto dal mio sguardo, i suoi occhi sembrano foglie verdi, che non vede l'ora di toccare il terreno scuro dei miei.

«Dillo» mi ordina in un sussurro quasi ipnotico, ma come fa? Incapace di spezzare il legame, confesso «è vero, mi sei mancato». Un sorriso sincero gli illumina il viso, e i nostri respiri si uniscono all'unisono, insieme al movimento dei nostri corpi, completamente plasmati uno contro l'altro.

La sua bocca si avvicina alla mia, ma prima di cedere del tutto a questo vortice, mi chiede un consenso con gli occhi, e io senza ascoltare la ragione, annuisco. Anche se mi sono ripromessa di stare alla larga da lui, centinaia di volte. Anche se so che mi farà del male. Anche se so che l'amore che una volta provavo per lui sta tornando, più impetuoso di prima.

In una manciata di secondi, la sua bocca cade sulla mia, che subito l'accoglie in un dolce bacio, struggente ma allo stesso tempo temuto, come se avesse paura di un altro mio rifiuto.

Ma io al contrario mi lascio andare alle sue mani che iniziano a vagare sul mio corpo, alla sua lingua che accarezza con passione la mia, e infine anche al suo corpo che ondeggia contro al mio, riaccendendo sensazioni che avevo quasi dimenticato.

Sono pronta ad abbandonarmi a lui e a commettere di nuovo quell'errore. Questa volta non riuscirò a fermarmi, penso, quando all'improvviso lui si stacca da me, alzandosi in piedi e lasciandomi ansimante sul letto.

I miei occhi cadono sui suoi, mentre il pensiero di essere rifiutata ancora una volta, mi riempie gli occhi di lacrime.

«Scusa Jenny ma mi sento in dovere di dirti una cosa, prima di stare con te», confessa con tono imbarazzato.

Mi metto seduta appoggiandomi alla testiera del letto e con la mano sfioro le labbra gonfie dal bacio. Incapace di sostenere il suo sguardo lo abbasso sulle mie mani che stanno tremando, sperando di non far notare la mia delusione.

Lui si schiarisce la voce, e lo sento passarsi frenetico una mano fra i capelli setosi, è davvero nervoso allora.

«Andrò dritto al punto, a Seattle c'era anche Carrie».

Il mio sguardo saetta verso di lui pieno di rabbia e dolore, mentre cammina avanti e indietro, e io aspetto le sue parole decisive, che già immagino con timore.

«Non era programmato, non sapevo che fosse lì...ma ci siamo baciati», ammette per poi aspettare in silenzio, una mia qualsiasi reazione, che però non arriva.

«Ma non è successo nient'altro, l'ho allontanata» si difende, mentre io vorrei prendermi a pugni da sola, per aver pensato anche solo per un attimo, che lui potesse essere mio. Che tra di noi potesse esserci qualcosa di vero. Quante altre volte ti farai spaccare il cuore?

L'orgoglio e la dignità, almeno quella poca che mi è rimasta, mi costringono ad alzarmi dal letto e a scoppiare a ridere. Una risata finta che mi costa ogni mia energia.

«Non devi darmi spiegazioni sulla tua vita sessuale, se vuoi rovinare la tua azienda fai pure! Ma non pensare nemmeno per un'istante, che me ne possa fregare qualcosa!» gli urlo contro e un pezzettino di me stessa cade sul pavimento. Evitandolo esco dalla stanza con passi veloci, sentendo ed ignorando il mio nome gridato, alle mie spalle.

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