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CAPITOLO 13

Jennifer

Cena con sorpresa pt. 1

Il mal di testa che ho da stamattina, continua a martellarmi il cervello, come un picchio contro ad un albero. Ecco cosa succede quando passi la serata a ubriacarti per annegare i dispiaceri. O meglio, per annegare i pensieri lascivi che hai sul tuo futuro finto marito. Quella vicinanza nel suo ufficio mi aveva mandato così fuori di testa, che per tutta la notte non avevo pensato ad altro, neanche nei miei sogni. E ieri ho esagerato davvero tanto, non solo non ricordo nemmeno quanti cocktail ho bevuto ieri sera, ma prima di andare io e Tess ci siamo pure scolate un'intera bottiglia di vino rosso, di cui non ricordo nemmeno il nome. Era l'unica cosa che Aiden si era dimenticato nell'appartamento. Perciò perché non approfittarne, giusto? Le immagini dell'appartamento vuoto e privi dei suoi oggetti, dei suoi vestiti, delle sue foto, mi torna in mente come l'alta marea, lenta ma inesorabile. Avevo pianto e urlato, per poi rialzarmi, per iniziare a fare gli scatoloni anch'io. Dal quel giorno non ho più dormito in quell'appartamento.

«Ora voglio proprio sapere come sei tornata a casa signorina» domanda per l'ennesima volta Tess, e la sua voce anche se non è alta, mi rimbomba nel cervello. «Non lo so, te lo ripeto, non ricordo nemmeno di averti scritto o di aver preso un taxi, l'ultimo ricordo è di quello spogliarellista contro cui Ashley si è strusciata, poi il vuoto totale» mormoro seppellendo la faccia nelle mani.

«Tu mi vuoi dire che nelle condizioni in cui eri, e credimi tesoro quasi non ti reggevi in piedi, sei riuscita a chiamare un taxi, a dirgli l'indirizzo, a farti portare qui, a prendere l'ascensore e ad aprire la porta, tutto questo senza alcun aiuto?» mi sembra di sentire mia madre. Davvero mi sta rimproverando, anche se sto benissimo e non ho nemmeno un graffio? Un flashback di occhi verdi mi abbaglia, per poi sparire via come una foglia al vento. Quel maledetto uomo.

«Perdonami Tess ma davvero, non ho idea di cosa sia successo» ammetto e lei sospira profondamente, con le mani ancora appoggiate sui fianchi. «Va bene, ma non farmi mai più una cosa del genere, mi sono preoccupata tantissimo» confessa, per poi stringermi forte. Forse dovrei essere io arrabbiata con lei per avermi perso di vista. Ma il mal di testa e la pigrizia me lo impediscono. «Ti prego però vai a farti un bagno, sembra che sei caduta in un bicchiere del peggiore gin in commercio», mormora allontanandosi schifata e arricciando il naso.

«E poi è vomito quello tra i capelli?» chiede posandosi una mano sulla bocca per non vomitare. Può essere? Visto che mi sono svegliata all'alba per vomitare l'anima. Ho quasi pensato di avere un demone dentro e di avere bisogno di un esorcismo.

«Assolutamente no», mormoro, ma dalla sua espressione capisco che non è per niente convinta. Per quanto mi voglia bene e so che affronterebbe l'inferno con me, se si tratta di vomito, è la prima a correre via. Ricordo quando facevo finta di avere dei conati, solo per vedere la sua faccia terrorizzata e la sua pelle già chiara diventare quasi trasparente.

«Fila in bagno, ora!» ordina allontanandosi ancora da me e indicando la mia stanza provvisoria. Dove al momento ci sono i miei oggetti e vestiti necessari per sopravvivere in questi ultimi giorni. Anzi in questo ultimo giorno, perché domani sera, sarò già nella villa Dallas. Un brivido mi fa sobbalzare al pensiero che domani mattina mi sposerò, con un uomo che non amo, che non sopporto e che mi paga per farlo. Per non dimenticare di quanto il mio corpo sia sottomesso a lui.

«Va bene, basta che non inizi a puntarmi contro i forconi e le torce», borbotto, notando la sua faccia terrorizzata.

***

Osservo il vestito bianco appeso nell'armadio e non posso fare a meno di sospirare profondamente. Me l'ha regalato lui e me lo sono trovato davanti alla porta di casa con un biglietto che diceva: Non vedo l'ora di vederti con questo addosso. E dopo il piccolo infarto che mi aveva provocato, non avevo potuto non pensare al fatto che forse, l'aveva scelto una delle sue assistenti, dai lunghi capelli biondi e dal fisico perfetto.

Eppure è il più bel vestito che abbia mai visto. E la cosa assurda e che non ho dovuto nemmeno sistemarlo con la sarta.

L'ho provato con Tess appena arrivato ed era perfetto. Le pieghe nei punti giusti, il corsetto stretto ma non troppo e anche la lunghezza giusta da sfiorare il pavimento.

Accarezzo il raso bianco della gonna fino ad arrivare, al corsetto tempestato da pietruzze brillanti, è meraviglioso, e forse troppo per me.

Domani è il grande giorno e io non sono per niente pronta, a essere sincera non sono nemmeno pronta per la cena di stasera. Mia madre ha avuto la brillante idea di fare questa cena prima del pranzo del ricevimento. Perché tutto deve essere perfetto, ha risposto, dopo che aveva insistito tanto per farla. Ed ero così alterata, che per poco non avevo urlato: è tutta una finzione, quindi non mi interessa nulla se il primo sarà insipido o se le tovaglie non sono del colore che volevi tu!

Ma poi avevo preso un bel respiro, e gli avevo lasciato carta bianca, su tutto. Dicendogli che mi fidavo del suo giudizio, solo per filare via dalla conversazione. Perciò so solo che sia la cena che il ricevimento, si faranno in uno dei ristoranti di Matthew.

Non so neanche perché sono rimasta sorpresa, a sapere che una delle catene di ristoranti più famose di New York fosse sua. Infondo lui è ricco e ha soldi da investire in ristoranti e chissà cos'altro, no?

Posso farcela, infondo se posso superare l'idea di un matrimonio (infelice), cosa sarà una cena? Chiudo l'armadio e mi preparo un bagno caldo per cercare di rilassarmi, e per togliere eventuali tracce biologiche. Prendo un libro dalla valigia aperta per terra e lo appoggio sul bordo della vasca. Una volta riempita la vasca, faccio cadere del sapone e dell'olio di lavanda, gentilmente offerto da Tess.

Mi spoglio ed entro nell'acqua calda sospirando profondamente, chiudo gli occhi e mi abbandono contro la superficie della vasca, appoggiando la testa contro al bordo. Mi godo l'acqua, che dolcemente mi accarezza la pelle, rilassandomi, cercando di trovare anche nella mente una certa pace.

Premo il telecomandino affianco al libro, azionando lo stereo, dove una leggera musica in sottofondo riempie l'aria, mescolandosi con gli oli essenziali.

È tutto perfetto... Forse fin troppo, perché il cellulare inizia a squillare, rovinando la mia pausa rilassante.

Afferro il cellulare con le mani leggermente bagnate e leggo il mittente: Matthew. È già abbastanza presente nei miei pensieri ultimamente e ora anche nei miei momenti più intimi a quanto pare. Ma non ti è dispiaciuto pensare a lui l'altra sera quando con la mano...

Ringhio e stringo i pugni cercando di riacquisire una certa compostezza. Prendo un bel respiro e rispondo «spero per te che sia un'emergenza, altrimenti giuro che te la faccio pagare» lo minaccio con voce aggressiva...Menomale che ti stavi rilassando.

La sua risata mi coglie alla sprovvista, rimbombandomi nello stomaco, che improvvisamente inizia a fremere.

«Vedo che sei di buon umore stamattina» sussurra sarcastico, e io inizio a sentire un calore prendermi le guance, ormai non riesco più a controllare nemmeno il mio corpo, quando c'è lui di mezzo. Sono una causa persa.

«Che cosa vuoi?» gli chiedo per poi iniziare a giocare con l'acqua, con la mano libera, mentre la schiuma mi solletica il collo.

«Ti stai facendo un bagno?» mi chiede e il fiato mi manca nei polmoni, facendomi restare in apnea per qualche momento. Un imbarazzo cresce dentro di me, per poi provocare un rossore in tutto il corpo.

«Di certo non sono affari tuoi, perché mi hai chiamato?» commento infastidita. Un silenzio imbarazzante ci accompagna per qualche secondo, perciò, lo richiamo. Forse è caduta la linea?

«Scusami, ti stavo immaginando nella vasca da bagno», mormora e la sua voce melliflua mi avvolge, come del cioccolato caldo su una fragola, inghiottendola. Mi irrigidisco, mentre il mio cuore batte frenetico nel petto, ma come se non fosse successo nulla, lui continua a parlare.

«Volevo sapere se sei pronta per stasera, mentalmente intendo» tossisco, cercando di non far notare il mio improvviso cambiamento, e ringraziando il fatto che in questo momento, non può vedere l'effetto che mi provoca.

L'acqua all'improvviso, sembra essere diventata fredda, e i brividi che mi percorrono tutto il corpo, mi provocano la pelle d'oca. Come riesce a provocarmi queste sensazioni, quando non è nemmeno qui?

«Sì sono pronta, e tu?» gli chiedo, per poi passarmi un po' di acqua sulle guance, per far passare il calore, ma invano. «Dopo le minacce di tua madre, non ne sono più tanto sicuro», ammette con sarcasmo. Una risata incontrollata mi esce dalla bocca, distogliendo la mia attenzione, dal mio corpo accaldato.

«Ti ha minacciato?» gli chiedo ironica e per niente sorpresa. «Sì, mi ha detto che se non vengo stasera, posso scordarmi di sposarti, cancellerà tutto», mi risponde serio e con una nota di panico nel tono. «Anche la voce era minacciosa», aggiunge, come se ne fosse rimasto sorpreso.

Scoppio di nuovo a ridere e riappoggio la testa contro il bordo della vasca, «tipico di mia madre».

Ride anche a lui, per poi far cadere la conversazione in uno strano silenzio imbarazzato. Solo il mio cuore scandisce i secondi con i suoi battiti. «Ti passo a prendere stasera alle 19:00, va bene?» annuisco, sebbene lui in questo momento non possa vedermi. «Certo, ti mando l'indirizzo», sussurro e di nuovo un lampo di occhi verdi mi appare davanti agli occhi, ancora una volta.

«Devo chiederti una cosa, ma non prendermi per pazza», mormoro, pentendomi già di questa scelta.

«Che cosa?» mi chiede curioso.

E ora come faccio a non risultare pazza? «Ieri sera ci siamo incontrati? Perché non ricordo nulla ma...» ma continuo a pensare ai tuoi bellissimi occhi verdi. Che ora oltre ad infestare i miei sogni, lo fanno anche mentre sono sveglia.

«No Jennifer, ero a casa, perché?». Sono davvero un'idiota, ma cosa mi è passato per la mente? «Nulla, solo curiosità, ci vediamo stasera», mormoro per poi chiudere la chiamata.

Lancio il telefono sui vestiti appoggiati sul mobile, come se all'improvviso scottasse. Immergo la testa sotto l'acqua, in un vano tentativo di scordarmi di questa bizzarra conversazione, per poi tornare in superficie annaspando.

***

«Sei bellissima», mormora, mentre giro intorno alla sua auto, abbassando lo sguardo sul corto vestito rosso, che era imboscato nel mio armadio, e ora capisco il motivo. Però quando ho fatto velocemente la valigia, prima di mandare tutte le cose a casa di Matt, l'ho scelto per questa serata, senza prima provarlo o pensarci attentamente. Tiro giù l'orlo, cercando contemporaneamente di non far uscire il seno che preme contro il tessuto.

Ecco cosa succede quando passi tutto il pomeriggio in vasca, per poi vestirti e prepararti negli ultimi minuti. Entro in macchina e una sensazione piacevole subito pervade tutto il corpo, contro il sedile di pelle riscaldato. Lui non tarda a seguire il mio esempio, e dopo essersi soffermato qualche secondo su di me, finalmente aziona l'auto.

Uno strano silenzio ci accompagna per tutto il tragitto, dove nel mentre la mia pelle passa da una tonalità alabastro, ad una paonazza come un peperone. Perché ho intercettato il suo sguardo posarsi qualche volta sui miei occhi, per poi passare sulle mie gambe, fino a alle décolleté nere che ricoprivano i miei piedi, mettendomi a disagio e facendomi rimpiangere di essermi messa un vestito così corto. A che diavolo pensavo, appena l'ho tirato fuori dall'armadio? 

Però anch'io mi permetto di osservarlo. Un completo nero, la camicia bianca con due bottoni slacciati, che fanno intravedere l'inizio del suo petto. Per non parlare dei suoi capelli scuri, in un disordine perfetto. Cazzo se è bello.

Davanti al grande ristorante, guardo il suo viso oscurato dall'ombra dell'edificio, e anche con così poca luce riesco a vedere i suoi occhi verdi e scintillanti.

«Pronta?» mi domanda con voce cantilenante. In risposta io scuoto la testa, incontrando i suoi occhi divertiti. Mi afferra la mano in un tentativo di calmarmi, provocandomi tutt'altro effetto. «Stai tranquilla, andrà tutto bene, in caso dimmelo e attuiamo un piano di fuga», mormora, facendomi ridere. Annuisco e sospiro profondamente, per poi aprire la portiera, ma la sua mano mi afferra il braccio, frenandomi.

«Aspetta, volevo parlarti di una cosa», mormora e dal cassetto del cruscotto davanti a me, tira fuori un opuscolo e me lo posa sulle gambe. «Ho trovato questa clinica che attua una cura sperimentale che...sta ottenendo buoni risultati già da qualche anno, e mi hanno detto che tuo padre potrebbe essere un ottimo candidato», pronuncia con voce seria, per poi passarsi una mano fra i capelli, visibilmente imbarazzato.

«Se per te e la tua famiglia va bene, ho già preparato tutti i documenti», spiega mentre una stretta allo stomaco aumenta in modo esponenziale. Poso una mano sul cuore e lo guardo, trattenendo le lacrime che minacciano di uscire. Senza dargli un preavviso, mi tuffo su di lui e lo abbraccio, mentre le lacrime si accumulano, pregando di uscire. «Matt, io non so cosa dire a parte grazie», sussurro con tono strozzato dai singhiozzi.

Si irrigidisce, contraendo tutti i muscoli, ma poi ricambia l'abbraccio, lasciandomi un dolce bacio sui capelli.

«Figurati» sussurra, per poi allontanarmi per guardarmi in faccia. «Non piangere, non voglio che ti rovini il trucco, ma soprattutto non voglio che tua madre mi uccida, potrebbe pensare che ti ho fatto soffrire», mormora ironico e io rido, per poi sventolarmi le mani davanti al viso.

«Hai ragione e grazie ancora», mormora ancora scossa dalla sua informazione.

Scendo dall'auto un po' barcollante, perché ho messo anche i tacchi? Più ridicola così non potevo essere.

«Aspetta ti aiuto», mi avvisa e subito mi raggiunge, donandomi il suo braccio, come un salvagente. Senza esitare lo accetto e mi aggrappo a lui, riacquisendo una stabilità. «È bellissimo qui», commento, guardando l'entrata costeggiata da luci e da piccoli cespugli di rose. «Sono felice che ti piaccia», sussurra e con passo lento ci incamminiamo lungo il sentiero in ciottoli chiari, seguendo le luci, che ci portano verso l'entrata.

Varcando la porta in vetro, noto il grande salone costeggiato di tavoli e di persone intente a gustarsi la loro cena. Un brusio di voci maschili e femminili riempiono l'aria, insieme all'odore di pane appena sformato, che mi ricorda che non ho mangiato praticamente per tutto il giorno. Lo stomaco borbotta, ma lo ignoro stringendo di più il braccio di Matt.

Il maître di sala ci accoglie, e saluta calorosamente Matthew, che sembra conoscere molto bene. Si abbracciano goffamente, per poi presentarsi a me, in modo caloroso.

«Venite, vi porto nella sala che via abbiamo riservato, i vostri familiari sono già arrivati», ci invita, per poi superarci verso un corridoio.

Perfetto, di sicuro mia madre si sarà già messa a dare ordini ai poveri addetti della sala. Sospiro rumorosamente, mentre saliamo le scale verso il piano di sopra. Matt mi stringe di più a sé, dandomi un sostegno, di cui non pensavo di aver bisogno.

Mentre una brutta sensazione, si impossessa di me.

Quando entriamo nella stanza, come immaginavo, trovo mia madre intenta a tormentare un povero cameriere, con dei tovaglioli in mano, «avevo detto, che avrei voluto dei tovaglioli di color beige! E non panna».

Alzo gli occhi al cielo e mi precipito verso di lei, salvando il povero uomo dalle sue grinfie. «Mamma», la richiamo e lei subito si volta, e mi guarda attentamente, per poi abbracciarmi dolcemente.

«Sono degli incompetenti», mormora adirata, e io alzo gli occhi al cielo appesantita dai suoi discordi. «Non mi interessa nulla dei tovaglioli mamma, quindi ora lascia stare questa povera gente».

In risposta lei sbuffa e mette il broncio, come se l'avessi appena privata del potere di wedding planner, di cui si è appropriata da sola. «E va bene» sussurra scoraggiata, per poi allontanarsi.

Senza che si sia accorto della mie presenza, sorprendo mio padre abbracciandolo dolcemente, interrompendo la sua conversazione con Aria.

«Ciao tesoro come sei bella», mormora con voce dolce, osservandomi con i suoi occhi nocciola.

È felice, e questa è la cosa più importante. Faccio tutto per il suo sorriso e il suo bene, e se la mia finta felicità lo rende sereno, tutto questo ne vale la pena. «Ciao papà, come stai?» gli chiedo e deglutisco, sperando di non far notare il mio magone, e le mie lacrime. «Benissimo, e tu? Domani sarai la sposa più bella di sempre», commenta, con una tale forza e gioia da contagiarmi.

Scoppio a ridere e lo abbraccio ancora per poi spostare lo sguardo su Aria, che sembra leggermi nel pensiero, perché noto anche i suoi occhi lucidi. Lui è felice, ma perché io mi sento come se stessi per andare al patibolo, pronta per farmi togliere il fiato?

«Wow Jenny, sei focosa stasera» urla lei, cambiando discorso, per poi abbracciarmi. Forse focosa non è la parola adatta per descrivermi in questo momento, forse imbarazzata e terribilmente e disagio. Sì, sono quelle esatte. «Grazie» sussurro per poi staccarmi da lei.

Indietreggio, ma poi mi immobilizzo subito, sentendo un corpo caldo e duro contro la mia schiena, che all'improvviso mi attira a sé, mettendomi una mano intorno ai fianchi. È sempre stato qui dietro di me? E non me ne sono accorta?

Immobilizzata e colta alla sprovvista, perdo il fiato, quando la sua bocca si china sul mio orecchio, «ti prego non lasciarmi più solo, tua madre mi fa paura», mormora, mentre io mi immobilizzo, scandendo i secondi grazie al suo respiro, che dolcemente mi accarezza il collo. Mi sembra come una piuma, che leggera mi accarezza la pelle, sfiorando ogni centimetro e risvegliando tutto il corpo.

Vorrei ridere o fare una battuta pungente, ma tutta la mia mente è occupata a pensare al suo corpo contro il mio e allo strano calore che dalla mia intimità, si propaga per tutto il mio corpo. Sono come fulmini che si abbattono su di me, folgorando ogni mia terminazione. Il tutto viene peggiorato dal suo profumo, che entra nella mente, annebbiandomi totalmente. Annuserei il suo profumo per ore se solo potessi.

Ora sono dannatamente focosa.

Cerco di respirare e chiudo gli occhi per ritornare in me, ma la sua mano appoggiata sulla mia pancia, me lo impedisce.

«Mi stai ascoltando Jenny?» chiede improvvisamente sfiorandomi l'orecchio con la sua bocca. Sussulto, andando a sbattere ancora di più contro al suo corpo, che automaticamente mi stringe ancora di più, come tentacoli che mi portano verso il fondo.

Annuisco, incapace di comporre una frase di senso compiuto e poi mi libero frettolosamente dalla sua stretta. Respirare, ho bisogno di respirare, sperando di non andare a fuoco.

Mi guarda confuso, come se mi stesse chiedendo cosa c'è che non va.

«Vado un attimo al bagno», mento voltandogli le spalle, per poi toccarmi le guance bollenti. Cavolo, mi devo dare una calmata all'istante. Non posso ridurmi in questo stato solo per un abbraccio, domani cosa farò appena mi bacerà?

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