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"Posso dire con tutta la sincerità di cui dispongo di essere ufficialmente giunta a una conclusione." Prese a parlare d'improvviso Mia, in piedi al centro del cerchio formato dalla sua piccola crecca di disadattati. Si trovavano in un campo ai piedi di un piccolo monte ed era sera. Reggeva una birra fresca tra le mani e indosso portava un paio di jeans molto scuri e una t-shirt di Sting. A proteggerla dalla brezza primaverile vi era un cappotto ampio, impermeabile, grigio e lucido.
Andrea la osservò dal basso, sistemato a gambe incrociate contro l'erba umida, trattenendo una sigaretta tra le labbra: "E sarebbe?" gli veniva da ridere.
Mia era la sua migliore amica; la conosceva da quando si era fatta la pipì addosso il terzo giorno d'asilo, imbarazzata e arrabbiata allo stesso tempo, già completamente irrefrenabile da allora. Le era piaciuta per un certo periodo di tempo, ma lei era stata molto schietta: mai e poi mai si sarebbe messa con uno del gruppo.
Di cui, bisogna precisare, era la sola donna.
Se l'era fatta passare ad ogni modo, la cotta.
Lei sorrise: "Che non voglio avere a che fare con gli uomini per un bel po'." Prese un lungo sorso di birra dalla bottiglia "E dicendo uomini, intendo quelli che vogliono infilarsi nelle mie mutande!"
Yosef sollevò una mano: "Io non ci tengo, grazie." Anche lui apparteneva al gruppo da tempo immemore e si era sempre vantato di essere il solo a non essersi mai fatto assoggettare dal fascino di quell'unica ragazza sempre, costantemente presente tra loro. A Mia andava più che bene così.
Andrea rise, lasciandosi cadere all'indietro, finendo per sdraiarsi sull'erba. La sigaretta per poco non rischiò di bruciargli la fronte. La afferrò appena in tempo.
Alex, dal lato opposto del cerchio, si alzò anch'egli, affiancando la ragazza. Le circondò le spalle con un braccio e porse la propria bottiglia ormai vuota verso quella di lei. Mia le fece scontrare, mentre il giovane, dai capelli molto scuri, ricci e con degli splendidi occhi verdi straordinariamente magnetici, prendeva parola: "Brindiamo allora all'astinenza sessuale che la nostra carissima amica si appresta ad affrontare!"
Allora rise anche lei.
"Per me invece è un vero peccato." Si lasciò infine sfuggire Edoardo con un leggero sorriso a increspargli le labbra, ancora immobile al proprio posto, in procinto di accendersi una sigaretta.
Mia non rimase sbalordita da quella frase; lo conosceva bene. Edo era il tipo di ragazzo interessato a qualsiasi essere appartenente al genere opposto, uno di quelli assolutamente incapaci di andare a una festa e non rimorchiare. Nonostante questo, però, era simpatico –uno di quegli amici che combinano disastri, ma sanno farsi perdonare decisamente bene-. Perciò la giovane gli si accostò e, muovendosi repentinamente, gli sfilò dalle labbra la sigaretta appena accesa, lasciandolo qualche istante contraddetto. La guardò di sottecchi:
"Perché?" domandò poi, riferendosi allo scherzo appena subito "Il mio era un commento carino. Un com-pli-men-to."
Mia gli rispose solamente dopo avere aspirato profondamente dal filtro morbido della sigaretta:
"Come no." Sapeva di non rientrare negli standard dell'amico. Non che se ne sentisse offesa. Se c'era qualcosa che aveva imparato dalla propria lunga relazione con Mirco, era che se vi era qualcosa di davvero intrigante in lei, quello era il fascino. Che era decisamente opposto alla bellezza.
Ad ogni modo, in quel momento intervenne Andrea: "Fingiamo come al solito che la voce di Edo sia solo un lontano sottofondo e proseguiamo il brindisi?"
E così continuarono a bere e a ridere, finché uno ad uno non caddero addormentati dentro le rispettive automobili, troppo ubriachi per potere pensare di guidare fino a casa, certi che la scelta più saggia fosse attendere l'arrivo della mattina successiva. Per ultimi rimasero Mia ed Edo.
"E ora dimmi perché mi hai rubato la sigaretta di bocca prima."
Lei increspò le labbra in un sorriso divertito, per poi passarsi una mano tra i capelli corti, scompigliandosi il caschetto scuro: "Te la sei proprio legata al dito, eh?"
"Mi pare ovvio." Rispose lui sarcastico.
Eccola una cosa che accumunava i quattro ragazzi del gruppo: nessuno sembrava potercela veramente avere con Mia. Era impossibile. Con un sorriso e un paio di parole ben assestate era perfettamente in grado di fare calmare chiunque. Ciò che non era però ben chiaro, era se fosse al corrente di questo proprio potere. Poteva ammaliarli come cagnolini e a Edo faceva impazzire soprattutto questo.
Tendeva a identificarsi come il più solitario; quello che rientrava nel gruppo, indubbiamente, ma meno rispetto a tutti gli altri. D'altra parte aveva preso a farne parte per ultimo -per puro caso-, una volta conosciuto Yosef.
"Cosa guardi?" domandò d'improvviso la ragazza, distraendolo.
Si rese conto solo allora di essersi perso completamente nei propri pensieri, nel profilo non poi così perfetto di lei –aveva gli occhi piccoli, il naso forse un po' troppo grande ma non per questo brutto, e le labbra carnose, molto scure-. Abbassò lo sguardo:
"Il tuo naso." E si pentì subito di averlo detto. Si aspettò uno schiaffo, un broncio o qualsiasi altra reazione assolutamente normale.
Quando tornò a guardarla, però, la vide ridere: "Effettivamente attira l'attenzione." Commentò poi lei, lasciandolo completamente interdetto.
Ed ecco che tornava a utilizzare quel suo potere; quella sua capacità di stupire e incantare. Si sentiva tremendamente ingenuo vicino a lei, come se quella ragazzina della sua stessa età potesse avere molte più risposte a tutto di quante ne avesse lui.
Si ritrovò a ridere senza neppure accorgersene:
"Forse penso davvero che sia un peccato."
Mia allora lo osservò improvvisamente seria: "Cosa, scusa?"
Non lo aveva sentito?
Edo disse altro: "Come mai non sei in macchina con Andrea? Non sei venuta con lui?"
La ragazza annuì, colta in fragrante: "Aveva una cotta per me. Non credo sarebbe carino dormirgli a fianco."
Lui sorrise: "Non vuoi illuderlo." Sospirò, lanciando un'occhiata al firmamento trapuntato di stelle "Potresti dormire con me, allora."
Propose quindi, conoscendo però molto bene quale sarebbe stata la risposta dell'amica. E si ritrovò estremamente felice nel constatare che, effettivamente, le parole che lei disse in seguito furono molto simili a quelle che aveva pensato lui:
"Scusa, ma non vorrei illudere neanche te." Disse difatti lei con marcato sarcasmo "Questa..." aggiunse poi portandosi entrambe le mani tra le gambe "è chiusa."
Poi si diresse verso la vecchia Lupo di Yosef, certa che tra tutti fosse il solo che, neppure da ubriaco, avrebbe mai pensato di toccarla. Il loro rapporto era così simile a quello tra due fratelli che la sola idea di vedersi rispettivamente nudi, li disgustava.
Mentre camminava, concentrata nel contemplarsi le punte dei piedi, attenta a non inciampare –essendo profondamente conscia della propria estrema goffaggine-, Mia canticchiava:
"How could this be done?
By such a smiling sweetheart."
Edoardo rimase fuori altri cinque minuti, intento a gustarsi un'ultima sigaretta.
Infine sospirò stancamente, si alzò e prese a camminare verso la propria automobile. Un sorriso gli increspava le labbra:
"Oh," mormorò "and your sweet and pretty face."
Naive dei The Kooks era perfetta per lei.
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Le ultime battute sono per l'appunto un estratto della canzone linkata a inizio capitolo. Spero vi piaccia!
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