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Il fiato si fa sempre più corto e pesante. Le palpebre si chiudono aprendo le porte alla voglia di sentirlo ancora. Quel maledetto stronzo che le ha rapito il cuore. Quell'essere spregevole che ama più della sua stessa vita.
Come la mano di un assassino si sente rapita dall'impulso di chiamare quel ragazzo che solo ora ha capito di non conoscere affatto. Che erano solo sogni e menzogne quei giorni passati insieme. L'utopia di una sciocca ragazzina ingenua, con l'unica colpa di amare davvero.
"Non lo sentirò più se non lo chiamo adesso."
"Ma perché devo sentirmi colpevole di errori che non ho commesso? Come si permette d'infilzarmi ancora le sue unghie dove più fa male?"
Lei di lui conosce solo questo suo lato. Sa bene che se promette poi mantiene. Del resto solo adesso rimembra al fatto che non le ha mai detto apertamente che la amava. Non le ha mai promesso una vita insieme. Nulla di tutto questo. Ma allora come faceva a farla sentire amata senza dirle mai niente?
Diego in compagnia di altre persone è colui che tutti guardano con ammirazione. Quando parla tutti si azzittiscono. Come fosse un profeta, la sua voce spavalda incanta chiunque. Non gli interessa mostrarsi bravo e buono agli occhi della gente per avere la loro attenzione o il loro consenso. Non serve farlo. Lui è Dio quando e come vuole. Quando stava solo con lei invece era la persona più dolce del mondo. Probabilmente è un traditore seriale, ma ciò non toglie che l'abbia amata a modo suo. Quando le sorrideva lei arrossiva. E le parole a poco servivano quando l'abbracciava lontano da occhi indiscreti e la faceva sentire la ragazza più fortunata del pianeta.
Diego è semplicemente fatto così. Lo è sempre stato.
"Come faccio ad accettare tutto questo? Non so più cosa pensare... La ragione mi spinge a mandarlo a quel paese, ma l'istinto mi dice di chiamarlo. Dopotutto una minuscola parte di me sente che a lui qualcosa gli importa."
Il telefono squilla nuovamente. Questa volta risponde.
-Dove sei? –
-Ciao... Sono seduta sotto il grande abete.-
-Cosa ci fai lì, ti va di passare da me? Questa sera volevo dare una piccola festa.-
-Non credo di essere in vena per passare. Non mi sento molto bene.-
-Devo venirti a prendere io?-
Beatrice sorride restando per un attimo in silenzio.
-Va bene, mi hai convinto. Dammi qualche minuto e ti raggiungo.-
A chiamarla è stata Sofia, forse l'unica persona la quale può fidarsi anche se non ha mai trovato il coraggio di confidarsi apertamente nemmeno con lei.
La distanza dal grande abete fino a casa della sua amica non è molta. Avanza in quella fitta nebbia a memoria. Ormai non ha segreti per lei il paese. I suoi passi sono lenti e riflessivi.
"Devo concedermi la felicità. Vada come vada devo trovare la forza per guardare avanti. Se lui mi voleva non mi avrebbe fatta star male. Se voleva tenermi al suo fianco non avrebbe mai permesso che una sola lacrima scendesse dal mio volto. Non avrebbe permesso di perdermi. Voglio darmi un'altra possibilità. Addio Diego."
Pensando queste parole in bilico tra la speranza e il dolore, alcune lacrime tornano a scenderle su quel viso caratterizzato da un sorriso.
"Com'è possibile piangere mentre si sorride?!"
Spegne il cellulare tenendo distante la tentazione di chiamarlo e camminando per quelle strade con i suoi Dottor Martens color antracite, giunge a destinazione.
Il campanello suona. Sofia ignara di tutta la sua malinconia le apre, abbracciandola ed invitandola ad entrare. Lo sguardo di Beatrice viene rapita dalle due tavole bandite da dolci, tramezzini e quant'altro. Inoltre sporge alcune bevande su di un piccolo tavolino tondo che sta poco distante da lei.
-Quante persone hai invitato a questa festa? Sembra tu debba festeggiare un compleanno.- Sorride fingendo una serenità lontana.
-Nessun compleanno. Diciamo che è la festa delle non feste. -Sorride. - Un modo come un altro per passare una serata tra amici. A proposito, tua madre ha detto che non rispondevi al cellulare e quindi mi ha chiamato. Le ho detto che stanotte dormi da me.-
-Ma non ho nemmeno il cambio.-
-Quanti problemi per un pigiama. Posso prestartelo io.
-Va bene. Conoscendoti sarebbe inutile contraddirti.- Sorride ancora. -
Non avrebbe assolutamente voglia di stare in mezzo al caos questa sera, ma è anche vero che deve mantenere quella promessa che si è appena fatta. Deve darsi un'altra possibilità. Deve mettere il più velocemente possibile il dolore da parte e tirare dritta senza mai guardarsi indietro. Se lo deve. Se lo merita.
Sofia continua freneticamente a fare avanti e indietro cercando di sistemare il tutto nei minimi dettagli.
-Cosa fai ferma lì? Non mi dai una mano?-
Beatrice mostrando un sorriso imbarazzato, si toglie il giaccone ed inizia a poggiare alcuni tovaglioli su uno spazio vuoto del tavolo.
-Chi hai invitato a questa "non festa"?-
-Sorpresa. – Risponde Sofia strizzandole l'occhio.
-Non mi sono mai piaciute le sorprese, lo sai...-
-Lo so! Questa volta devi fartela piacere. Vedrai, ne resterai entusiasta.-
-Addirittura?-
-Vedrai! – Altro occhiolino.
Ormai manca poco all'arrivo degli invitati. L'orologio segna le venti e trenta. A breve molti ragazzi di Pontivigne si riverseranno in quella grande casa. Beatrice odia non sapere chi siano gli invitati, ma d'altro canto, questa situazione in parte la incuriosisce molto.
I primi ad arrivare sono i loro compagni di scuola. Vede Alessando, il ragazzo più divertente della sua classe, Denise e Martina, le inseparabili secchione atipiche. Vede Jacopo, il figlio del sindaco e inoltre anche altra gente che più o meno conosce, seppur solo di vista.
La festa inizia e tutti incominciano a bere e mangiare in grosse quantità. Le risate rimbombano tra quelle mura. La musica che fa da sottofondo: (Albachiara – Vasco),viene ascoltata e cantata solo da chi la balla in un angolo.
Beatrice guarda quelle persone divertirsi veramente tanto e prova un po' d' invidia nei loro confronti. Quanto vorrebbe esser come quei coetanei in questo momento e riuscire a divertirsi davvero. Oltre a qualche sorriso sparso qui e là e qualche piccolo scambio di parole, non fa altro che starsene all'impiedi a bere del succo di arancia. Non le piace l'alcool, o per meglio dire, lei non piace a "lui" visto che è astemia.
Le ore ed i minuti passano veloci per tutti, ma non per lei.
Verso le ventidue il campanello inizia a suonare di nuovo.
"Chi sarà adesso?" Pensa un'ingenua Beatrice.
Sofia la cerca con lo sguardo, sorridendole. La porta si apre ed ecco entrare l'ultima persona che lei avrebbe voluto vedere in quel momento: Diego.
I suoi capelli sono spettinati come al solito. Indossa un parka verde militare con del pellicciotto sul cappuccio. Porta dei jeans stretti scuri e degli scarponcini neri. Appena lo vede, il bicchiere di plastica le cade dalle mani scontrandosi sul pavimento. Alcuni ragazzi ridono credendo fosse stato un incidente. Lei inerme davanti al suo incubo, non può fare altro che guardarlo mentre snobbandola lancia sorrisi a destra e sinistra.
Diego avanza sicuro come se fosse l'ospite d'onore. Alcune ragazze si avvicinano a lui salutandolo calorosamente. Anche alcuni ragazzi gli danno pacche di rispetto sulle spalle. Sembra che tutti stessero aspettando lui.
Lei non sa che sensazione provare. Gelata, più del vento che si disperde negli spifferi della casa, resta pietrificata.
Lui lo sa che lei si trova a quella festa, lo sa bene, ma non le dedica nessuna attenzione, nemmeno un misero sguardo. Si avvicina a pochi centimetri da lei per prendere da bere. Lei ipnotizzata, lo fissa contro la sua volontà. Diego con nonchalance non fa altro che versarsi lentamente del vino rosso nel bicchiere e allontanarsi rapidamente.
Beatrice si è accorta del sorriso che aveva sul volto appena gli si è avvicinata. Lei sa bene che lui sta godendo nel sapere quanto ci stia male per questo suo comportamento e totale disinteresse.
"Perché quando sta in compagnia degli altri è sempre così dannatamente stronzo? Perché vive in queste due metà."
Vorrebbe scappare il più lontano possibile. Vorrebbe diventare invisibile e che tutto il resto diventi di conseguenza invisibile. Quelle ragazzine arrapate che gli girano intorno provocano in lei un misto tra rabbia e dolore. Il vederlo mentre sorride a quelle sgualdrine la fanno stare male. Lei riconosce come una ragazza guarda un ragazzo che le piace. Sembra che lui piaccia a tutte in quella stanza trasformatasi in una galera. Soltanto Sofia e qualche altra sua amica che conoscono il suo interesse verso di lui sembrano totalmente disinteressate. Forse, camuffano bene solo per portarle rispetto.
La loro storia è stata sempre vissuta in segreto. Lei non sa il perché, ma lui ha sempre voluto tener la loro storia lontana da tutti.
"Ciò che arriva agli occhi delle persone finisce sempre per distruggersi prima o poi."
Le ripeteva sempre quando gli chiedeva una qualche spiegazione a quel suo irrazionale comportamento.
"Che male ci sta a mostrarsi innamorati agli occhi delle persone?" Pensa lei in quell'istante cavalcando indietro con la memoria a quei giorni andati.
"E perché è finita comunque la nostra storia anche senza mai esser stata sventagliata ai quattro venti?"
"Cazzate! Solo cazzate. Questo sei! Solo un grande ammasso di cazzate e nient'altro."
Beatrice non riesce più a fingere di esser serena, a chi le parla sfugge con qualche futile scusa. Non ha più voglia di sorridere alla gente. Nemmeno per il piacere di chi le racconta qualche stupida barzelletta. Non ha più voglia di stare vicina a quel demone. Non ha più voglia di stare male...
Sofia le si avvicina vedendola chiaramente turbata:
-Cosa ti prende? –
Beatrice sembra nervosa, quasi arrabbiata.
-Sarebbe questa la sorpresa?-
L'amica sgrana gli occhi, sorpresa a sua volta dal tono di rimprovero inaspettato.
-Credevo di farti un piacere visto che mi dici sempre che ti piace molto come ragazzo.-
Nemmeno Sofia sa che lei e lui stavano insieme. Nemmeno lei sa che lei e Diego si conoscono meglio di quanto gli altri possano sapere o immaginare.
Si è sempre sentita un po' sola. Il suo carattere le ha sempre imposto di non aprirsi mai troppo agli altri. Non è timida, soltanto altamente riservata ed introversa. Tiene per sé tutte le sue emozioni. I suoi dolori.
Allontanandosi senza dare troppe spiegazioni, afferra la giacca e si avvia verso la porta d'uscita con gli sguardi distratti e impegnati altrove dei presenti. Nessuno sembra fare caso a lei e al suo malessere. Nessuno sembra curarsene.
Una mano le avvinghia dal nulla il braccio. Lei si volta di scatto, è lui, Diego.
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