I Can't Live With You
Ecco a voi l'idea di Freddie che più irritò me e Bred: I Can't Live With You.
Solo il nome mi fa venire i nervi a fior di pelle.
Era dall'inizio del 1991 che io e Bred non facevamo altro che litigare.
Il motivo era, a dir la verità, anche abbastanza ovvio: lui voleva convincersi della vicinanza della morte di Freddie, mentre io continuavo ad essere cieca su quel punto.
Senza contare, poi, che era da un po' che il padre del mio migliore amico stava male.
Rammento la data del 26 gennaio in modo talmente lucido da farmi impressione da sola.
Ho vivida nella testa l'immagine di Bred che entra sbattendo la porta e, notando che non c'è ancora nessuno, concentra il suo sguardo grigio caldo su di me.
«Morirà quest'anno» buttò lì.
Ricordo bene che iniziò lui la conversazione, cosa che non aveva mai fatto prima; preferiva provocarmi ed aspettare che fossi io a ribellarmi e sganciare la bomba.
Strinsi i pugni. «Smettila di dire cretinate».
Avevo gli occhi lucidi, ma compressi tutto il mio autocontrollo per sostenere l'immenso orgoglio che nessuno avrebbe mai calpestato.
Senza contare Bred, ovviamente.
«Non sono cretinate, lo sai meglio di me. Lei morirà. I Queen moriranno. Jimmie morirà. Jeff morirà. Io morirò e...» attese un attimo, prima di abbassare lo sguardo e di sedersi su una sedia poco distante da me, «morirai anche tu».
«Sì, Bred, morirò... magari tra cinquant'anni, in un comodo ospedale privato... magari nel sonno».
«Chi ti da tutta questa positività?» domandò allibito.
Alzai un sopracciglio confusa.
«Pensare alla propria morte... è sinonimo di pensare positivo?» chiesi.
«E se mai tu morissi domani? Un incidente d'auto... o un infarto!»
«A quarantadue anni? Dio mio, no!» esclamai inorridita.
«Se tu morissi domani, io mi suiciderei, quando morirà Freddie, Jeff farà lo stesso!»
«Quindi, secondo te, la vita di ognuno di noi è collegata a qualcun altro? Scusa, non ti seguo».
La porta si aprì e Jeff e Freddie irruppero nella stanza.
«Morirai» sentenziò Bred.
Friederike scoppiò a ridere, poi gli porse un'occhiata omicida.
«Nenda fuck, wewe kipande cha shit» borbottò irritata sprofondando in un divano.
Jeff osservò il mio migliore amico con uno sguardo che trasudava "Perché?!" ovunque, prima di mormorare un «Mancavi solo tu» tra i denti.
«Ho solo detto la verità, Jeff, come volevi tu, no? Robbie lo fa sempre ed è così brava, non trovi?» domandò il chitarrista con fin troppa amarezza nella voce.
«Che diamine dici?!» protestai.
«Smettetela!» gridò spazientita Friederike scattando in piedi. Si massaggiò velocemente le tempie inumidendosi le labbra sottili con la lingua. «So del 1970» chiarì osservando seria me e Bred.
«È ovvio che sai del 1970, c'eri anche tu!» replicai, prima di rendermi conto di ciò che poteva significare quell'affermazione e di voltarmi nervosamente verso il ragazzo che avevo accanto.
A poca distanza da noi, Jeff annuì con sguardo dispiaciuto.
«Cazzo» sussurrammo all'unisono.
«Avevo promesso di non dirlo a nessuno, lo so...» mormorò imbarazzato il castano.
«Quindi sei consapevole che a breve ti spaccherò la faccia, vero?» ringhiai.
Bred quella volta non si azzardò neanche lontanamente a poggiare la sua mano destra sulla mia spalla per fermarmi.
L'unica cosa che Jeff fu in grado di fare fu di afferrare un cuscino con l'intento di usarlo come scudo, ma, con mio stesso stupore, mi alzai e osservai Freddie.
Non potrò mai rimangiarmi ciò che le urlai contro.
A dir la verità, non ce l'avevo neanche con lei.
Non ero incazzata nemmeno con Jeff, era matematico che prima o poi si sarebbe confidato con la sua migliore amica.
La verità è che, adesso più di prima, ero davvero infuriata con me stessa.
La verità è che, grazie a quella cacchio di esclamazione, io e Fred' abbiamo un conto in sospeso.
Lo avremo per sempre.
E la verità è che ci sto male.
E in un secondo la mia voce riecheggiò nella stanza potente come un tornado, devastante come un terremoto e colma di rimpianti come una pioggia di fine estate.
«Se non ti uccide questo cazzo di AIDS, ti faccio fuori io!»
In un secondo ero chiusa in quella che era stata camera mia.
Non avevo il coraggio di essere triste, ma potevo intuire dalle parole di Jeff che traspiravano dalle pareti che Friederike piangeva.
Le sue lacrime non si sentivano; erano gocce di pioggia silenziose che colavano piano da uno spettacolare cielo azzurro elettrico.
Non avresti potuto farci nulla: se mai l'avessi vista piangere difficilmente te ne saresti accorto.
Quel che è successo nel 1970 è una breve interminabile storia e, in come tutti i miei ricordi più indimenticabili, c'è Bred a farmi compagnia nella stranezza che caratterizza la mia vita.
A dir la verità, io non ricordo assolutamente nulla di quella sera.
Se non di aver fatto cose assurde, ovviamente.
Perciò, vi racconterò ciò che, a sua volta, Bred raccontò a me la mattina seguente quando mi svegliai nel suo letto.
La porta sbattè a causa del vento di metà giugno e di una figura con in mano ben due bottiglie di vodka.
«Santo Cielo, Robbie Meddows Taylor, mi vuoi far morire d'infarto?!» si spaventò Bred con le mani al petto.
Mi scrutò meglio per qualche secondo, poi, con un gesto del polso, m'invitò a sedere sul divano accanto a lui.
Sbuffai. «La vita fa schifo, Bred».
«Già».
«Fa schifo quasi quanto la tua chitarra» precisai con un sorriso ebete.
«Sei... sei ubriaca, non è vero?»
«No, non sono ubriaca, tu sei ubriaco, guardati!» esclamai dandogli una leggera spinta.
Bred annuì poco convinto.
«Certo» assentì retorico.
«A proposito, sai a chi piace tanto bere?»
«Vediamo, a chi?» chiese paziente.
Scoppiai a ridere. «A Baby! L'hai... l'hai capita, no? Lei ha bisogno della benzina per vivere e io non ho specificato cosa beve... Era più divertente nella mia testa».
«Concordo con te, Robert, riguardo... entrambe le affermazioni».
«Oh... lo sai? Anche a Jeff piace bere...» osservai la bottiglia di vodka vuota che avevo lasciato sul tavolo e quella mezza piena che avevo ancora in mano. «Eppure, lui preferisce la vodka al mirtillo».
«Jeff?»
Risi nuovamente spruzzando gocce di saliva dappertutto.
«Vodka al mirtillo!» lo schernii. «Chi ha dei gusti così "delicati" da bere vodka al mirtillo?»
«Si può sapere quanto hai bevuto?» domandò leggermente preoccupato.
«Oh, stai tranquilla, Clare, solo due bottiglie e mezzo».
«Due bottiglie e mezzo?! E poi chi diamine è Clare?»
«Un bicchiere mi ha salvato addirittura la vita» commentai continuando a bere. «Un tizio si è offerto di ospitarmi a casa sua, ma gli ho detto che assolutamente dovevo venire qui perché, se non l'avessi fatto, un amico iperprotettivo avrebbe fatto di tutto per sapere che fine avevo fatto... Anche se è abbastanza strano, ci conosciamo solo da un paio d'anni» sorrisi distrattamente, prima di scuotere la testa. «Comunque sia,» continuai, «dopo avermi portato qui vicino stava girando verso casa sua, così gli ho spaccato il bicchiere in faccia».
«Hai ucciso una persona?!»
«No! Assolutamente no! È solo svenuto, ho spento la macchina (aveva lasciato i fari accesi, che cretino) e sono venuta qui per conto mio».
«Sei ubriaca fradicia, sì».
«Non sono ubriaca, piccolo lama parlante!»
«Dio mio, Rob, dovevi proprio rovinarti ora? Alle... tre e mezzo del mattino?! Cazzo, stasera devi suonare, se non sarai perfetta – e dico perfetta – è la fine, non troveremo mai un cantante che sostituirà Jim e saremo spacciati!» esclamò sprofondando nello schienale del divano.
«È strano...» mormorai corrucciando la fronte.
«Cosa è strano?»
«Non capisco di che ti preoccupi perché... sì, insomma, tu dici che sono sempre perfetta, no?»
Un sorriso gli graffiò leggermente il volto. «Forse ho ragione».
Gli diedi un pugno sul braccio.
«Visto?» domandai esaltata. «Non c'è di cui preoccuparsi, sono forte e agile come il mio furgone».
«Sì, beh, ora dovresti fare in modo di dare al tuo corpo la possibilità di essere seduta a tenere il tempo e suonare... e, inoltre, mi hai fatto male».
«Oh, dai, lo sai che ti odio» rassicurai.
«Sì, ti voglio bene anch'io, Robert» rispose.
Feci per abbracciarlo, ma mi fermò per la spalla.
«Che c'è?» chiesi alzando un sopracciglio.
«Scusa, è che ho un principio fondamentale».
«Un... che?»
«Un principio fondamentale: non farti toccare da una ragazza ubriaca se non vuoi problemi».
«Sei strano. Quasi quanto Jeff. Anzi, no, nessuno è strano quasi o perfino quanto chi beve vodka al mirtillo».
«Non ho mai visto una persona ubriaca parlare così, lo sai? Si dice che l'alcool annienti il trenta percento del nostro quoziente intellettivo... Chissà il tuo di quant'è...»
«Bazzecole. Sei noioso... Se mi metto così non fa niente? Sei così comodo...» sospirai poggiando la testa contro la sua spalla.
Delle cinque ore successive non ricordo assolutamente niente.
Mi svegliai nel suo letto, il che non era strano, avevamo e avremmo continuato a fare concerti alle quattro del mattino, per poi dormire in quattro su un solo materasso.
Ero mezza nuda.
Ecco, questo avrebbe dovuto spaventarmi leggermente di più.
Mi venne un infarto, ma niente di che.
Quando alzai lo sguardo, vidi Bred che mi osservava seduto sulla sedia accanto all'armadio.
«Buongiorno» salutò.
«Che diamine ci faccio qui?!» esclamai.
«Ti eri addormentata».
«E perché sono senza vestiti?»
Sorrise divertito.
«Non dirmi che...?»
«Non ti ho toccato, hai dormito sorvegliata dalla mia chitarra».
«Mi sembra il caminetto della mia bisnonna» borbottai.
«Probabilmente lo è».
Scossi la testa confusa.
«Insomma, non ha senso, avresti... Sì, ok, è da te, ma non capisco perché tu non mi abbia portata in camera mia».
«Quindi stai dicendo che non ti ricordi di esserti addormentata per mezz'ora, di esserti svegliata e salita sul tavolo, di aver urlato rischiando di svegliare Jeff, di averlo svegliato e di essere salita sopra?»
«Ehm... suppongo di no» borbottai.
«E non ricordi neanche di esserti spogliata dopo aver commentato dicendo che sembrava di stare sul Sole e che si moriva di caldo?»
«No... Buio totale».
«Di conseguenza non sai di esserti addormentata qui. Bene».
«E Jeff?» chiesi.
«Dopo essere scoppiato a ridere, se n'è andato a letto... Ah, se vuoi saperlo, la tua stanza era piena di bagagli e il tuo letto non era fatto, quindi, dopo che ti sei addormentata, te l'ho fatto io».
Rimasi a fissarlo con gli occhi sbarrati per qualche istante, prima di ricompormi, scoppiare a ridere e di cacciarlo fuori dicendo che dovevo rivestirmi.
Credetemi, se Bred non fosse stato Bred, non avrei avuto neanche più il coraggio di guardarlo in faccia.
Feci giurare a entrambi di non dire niente a nessuno, benché la faccenda fosse stata poco più seria di una barzelletta.
I Can't Live With You, la prova che, anche quando non potrei continuare a vivere con accanto il mio migliore amico, poi mi sarebbe praticamente impossibile restare in vita senza di lui e, di conseguenza, lasciarlo sarebbe ancora oggi impensabile.
Sì, hai capito bene, non iniziare a crederti chissà chi, Bred.
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