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Monsters of Rythm

David strizzò gli occhi. Non era tanto per il fastidio procuratogli dalla luce dei riflettori, quanto perché non riusciva a credere a quello che vedeva.

Una spianata pressoché infinta di persone esaltate che urlavano e cantavano e ballavano e si muovevano e si rovesciavano la birra addosso.

E poi il palco. Completamente diverso da quelli che usava con il suo gruppo e, soprattutto, enorme, grande come non ne aveva mai visto. La cosa più strana era che non c'erano schermi, ologrammi, effetti speciali tipici di un qualunque concerto, anche delle band più sconosciute nei locali più scalcinati. E niente telecamere. Né volanti, né fisse. Niente di niente.

Eppure, anche così privo di tutto quello che quel palco non sembrava per nulla scarno o povero, anzi, pareva quasi che avesse qualcosa di più, qualcosa...

- Ma questo è Woodstock!

Adesso che Roger lo aveva detto, David si chiese come aveva fatto a non arrivarci da solo.

Il Festival di Woodstock. Il suo mito di sempre.

Il suo desiderio di diventare cantante era nato dal sogno di poter suonare in un posto simile.

Mezzo milione di persone, un prato, un palco e tre giorni di musica ininterrotta. Il tripudio del movimento pacifista. L'esaltazione estrema della giovinezza e della libertà.

Era stato il concerto più importante della storia dell'umanità, tanto è vero che era conosciuto da tutti ancora più di mille anni dopo.

A David girava la testa al solo pensiero. Cercò di concentrarsi per un momento sulle note che uscivano altissime dagli altoparlanti.

Una splendida voce femminile stava cantando:

We shall live in peace,

We shall live in peace,

We shall live in peace, some day.

Ma certo, Joan Baez!

E quella era "We shall overcome". David ricordò di averla studiata per Storia della musica impegnata, una delle sue materie preferite all'accademia.

Si girò verso il resto del suo gruppo.

Erano tutti a bocca aperta ad ammirare quello spettacolo. Certo, tante volte ne avevano guardato le olofotografie e le riproduzioni, ma vederlo dal vivo, essere lì era qualcosa che lasciava senza parole.

All'improvviso un uomo si materializzò di fianco a loro, sbucando da dietro un'impalcatura che reggeva dei riflettori.

- Siete pronti?

Si guardarono.

- Pronti? Per cosa?

L'uomo alzò gli occhi al cielo.

- Per suonare, no? Questo era l'ultimo pezzo della Baez, quindi tocca a voi.

Lo stupore sulle loro facce era così evidente che l'uomo pensò di aver commesso un errore.

- Siete voi i Pink Floyd?

Annuirono meccanicamente, mentre lui, sollevato, allungò degli strumenti nella loro direzione. David ebbe una chitarra, Roger un basso.

Tutti sapevano cos'erano, perché li avevano studiati a scuola, ma nessuno di loro li aveva mai presi in mano, abituati a suonare solo con sintetizzatore e mixer.

- Forza, tocca a voi!

L'uomo li stava spingendo su una scaletta che presumibilmente conduceva al palco.

Nick si guardò le bacchette che aveva in mano, mentre chiedeva:

- E adesso che facciamo?

David era arrivato in cima e la vista gli tolse il fiato.

Si girò verso i suoi compagni e sorrise:

- Suoniamo!

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