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2. Ti vedo

 "La droga è come un sogno, e non puoi fermare i sogni; si frantumano in modo folle come vogliono loro... e improvvisamente sei capace di tutto."

Jim entra nel campo di Basket - Jim Carrol

«Met»

«Sì.» rispondo senza voltarmi. Mi sto godendo gli avanzi del tramonto ed è il momento che preferisco. La lingua ferrigna dell'asfalto imbocca il cielo, e il sole è un'ugola calda e arrossata dall'ininterrotto canto del giorno. Persino i campi, ai lati della strada, sembrano la barba rossiccia di questo mostro senza volto che amo salutare con tanta deferenza.

«Met» ripete Tristan per assicurarsi di avere la mia completa attenzione.

Ce l'ha. Perché si ostina a non comprenderlo?

«Lo so.» gli concedo girandomi appena. «Non capisco il perché di tanta agitazione.»

Tristan si schiarisce la voce e infila le mani in tasca. «Marta non è riuscita a trattenerla. Ha lasciato la clinica senza permesso.»

«Lo so.» ribadisco sperando che sia qui per riferirmi qualcosa che al momento ancora ignoro, e non per sventolarmi un'ovvietà che posso tranquillamente monitorare da qui. «Siediti, Tristan.»

Tristan Martelle è stato il primo residente della mia Burgos. E' con me da una ventina d'anni, ormai, perché ha accettato immediatamente il suo destino e l'hanno premiato con un lavoro nell'intermezzo. Qualcuno, da un gradino più o meno alto della scala dei potenti, ha deciso che io necessitassi di un braccio destro in questo ciclo. Tristan è un compagno devoto e volenteroso. Rispetta i miei confini e raramente i suoi pensieri si traducono in parole che li valicano.

«Quali nuove, amico mio?» domando sedendomi di fronte a lui.

Tristan si agita sul divano e mi scruta con gli occhi scuri tremanti. «La ragazza...»

«Shelly Morgan.»

«Lei, sì.» conferma con mia enorme delusione. «E' imprevedibile, Met. Finirà per cacciarsi in qualche guaio se continua ad ostacolare il programma»

«Non corre alcun pericolo, lo sai bene.»

Annuisce forzatamente. «Io non sono preoccupato per lei, Met, temo per gli altri. Ho paura che possa creare degli sconvolgimenti... insomma l'hai vista?»

«L'ho vista.» Certo che l'ho vista. Shelly Morgan è il faro imbizzarrito di Burgos. Gira su sé stessa quasi più rapidamente di quanto corre. E non sa dove andare.

«Dobbiamo fare qualcosa. Devi fare qualcosa, Met.» mi incita battendo il pugno sul grasso bracciolo del divano di pelle.

Accavallo le gambe e sospiro. «Verrà lei da me, ne sono convinto. Per ora lasciamola razzolare in pace. Deve trovare la sua dimensione da sola, nessuno la obbliga a rimanere se non vuole.»

«Il problema è che vuole andare dove non può andare.»Tristan su questo ha ragione. La ragazza è caparbia. «Si sta giocando i punti migliori per un facile passaggio.»

«Non è un problema nostro, Tristan. Anche qui vige il libero arbitrio, o lo hai scordato?»

«No, lo ricordo bene.» ammette chinando il capo.

«Allora lascia che le cose seguano il loro corso!» dico con rimprovero.

«Ma possiamo impedire che...»

«Niente ma, Tristan.» lo interrompo prima che possa sciorinarmi l'impeccabile decorso del suo passaggio. «E' una persona come un'altra. E non è la prima che incontra difficoltà.»

Moltissimi nuovi arrivati, in passato, avevano opposto resistenza. La consapevolezza non è immediata in tutti i soggetti. Occorre essere pazienti con coloro che faticano a metabolizzare il nuovo stato. Tristan è stato un caso particolare, come si suol dire, l'eccezione che conferma la regola.

«Potrei parlarle... cercare di convincerla» mi propone con slancio. «Questo ciclo sta per terminare e vorrei che a tutti fosse garantito un finale sereno.»

Ecco il punto. «Il finale sereno lo auspichi prima di tutto a te stesso. Non testare la mia intelligenza, Tristan.»

«E' logico questo, Met. Non ti sto prendendo in giro... ma io, come gli altri, ho faticato parecchio per mantenere l'omogeneità che ti circonda.»

«Parli come se dovesse importarmene.» Mi alzo e raggiungo la finestra. Gli do le spalle perché l'ultima cosa che desidero è associare le sue parole dissennate alla sua espessione imbarazzata. «Non mi importa.» aggiungo asciutto.

«Metcalfe!» urla. Commette un'altro errore, alzare la voce aggrava la sua già scomoda posizione. «Non puoi dire sul serio.»

«Sono serissimo, invece.» La luna prende posto nell'oscurità, tirata verso l'alto da un filo sottile di nebbia. «Laciala stare e non avvicinarla per nessuna ragione.»

«E' un ordine?» chiede con un tono di pura sfida, che io accetto voltandomi e fulminandolo con gli occhi.

«Sì.»


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