Capitolo 13 • Virgin Colada
Dylan's POV
Passammo prima nel mio monolocale.
Dissi ad Athena di aver urgentemente bisogno di una doccia, dopotutto ero corso da lei subito dopo il lavoro, nella fretta avevo preso e mi ero infilato il cambio che lasciavo di solito in macchina "per ogni evenienza". Molte volte mi era tornata utile questa mia strana abitudine, come in quel caso.
In quel momento sentivo che solo una doccia avrebbe potuto cancellare i segni di un'intensa giornata al cantiere dal mio corpo. Eppure una piccola parte della mia anima era restia a cancellare il suo profumo dalla mia pelle, quell'odore così delicato e inconfondibile, che si era poggiato sull'epidermide a causa della sua persistente vicinanza e ostinatamente se ne stava ancora lì, torturandomi con la sua dolcezza. Stavo iniziando a diventare sentimentale se si trattava di lei, il che non era esattamente un bene, non era la classica ragazza che mi ero portato a casa per una botta e via, quegli occhi dorati racchiudevano una storia complessa e l'idea usarli per soddisfare i miei piaceri mi faceva ribrezzo.
A volte il destino era proprio uno stronzo, ti faceva incontrare finalmente la ragazza giusta ma in circostanze orribili, ero semplicemente capitato nel posto giusto ma nel momento sbagliato, chissà cosa sarebbe accaduto se le cose fossero andate diversamente, se quella notte non ci fossimo mai incontrati. Cardiff era una capitale ma infondo non era così grande e poi di sicuro se l'avessi incontrata prima non l'avrei certo dimenticata, non era una che passava inosservata, per cui forse era solo questione di tempo, forse sarebbe accaduto comunque, forse certe cose dovevano accadere e basta.
Non l'avrei mai saputo, quindi tanto valeva smetterla con i film mentali, avevano solo il potere di incasinarmi la testa.
«Prometto di far subito, tu fa come se fossi a casa tua» annunciai, per poi sparire dietro la porta del bagno, l'ultima cosa che feci in tempo a notare fu una sua plateale alzata di sopracciglia, come a dire che non ci credeva neanche un po' che mi sarei dato una mossa.
Effettivamente ci misi più del dovuto, perché a discapito di quanto avevo appena detto, sotto il getto d'acqua bollente era più facile smarrirsi tra i meandri della propria mente, tanto da perdere per un breve periodo la concezione del tempo. Riflettei su quanto era accaduto quel pomeriggio, non mi sorprese, ultimamente tutti i miei pensieri riguardavano quella ragazzina dai capelli corvini con lo sguardo sempre troppo serio, io facevo del mio meglio per evitarlo, ma si sa, più si cerca di non pensare a qualcosa e più quest'ultima riaffiora con prepotenza.
Con Athena era così: più la tentavo di tenere lontana e più mi si infilava tra le ossa, avvicinandosi pericolosamente al cuore.
In particolare la mia mente scelse di focalizzarsi su un istante ben preciso: lei che mi si aggrappava stretta stretta e mi lasciava un tenero bacio tra i capelli, era stata questione di un attimo eppure era stato bello, quasi intimo.
Spensi il getto della doccia e presi un lungo respiro, scrollando i residui d'acqua dai capelli con un rapido gesto della mano, afferrai l'asciugamano che avevo precedentemente lasciato sul lavandino e me lo avvolsi intorno alla vita. Realizzai solo in quel momento che dalla fretta avevo completamente dimenticato di portarmi nel bagno anche l'intimo e i vestiti, non ero abituato ad avere ospiti dopotutto. Mi sarebbe toccato farmi vedere da lei in questo stato, a una parte di me non dispiaceva affatto, l'altra aveva quasi paura del giudizio che i suoi occhi avrebbero dato sul mio corpo.
Stavo leggermente esagerando constatai... okay stavo decisamente esagerando. Da quando in qua mi facevo problemi sul mio corpo con le ragazze? Non me ne era mai fregato nulla e loro non avevano mai avuto niente da ridire a riguardo, quindi perché mi stavo facendo tutte quelle paranoie per lei?
La trovai stesa sul mio letto, intenta a parlare al cellulare con qualcuno, dal cipiglio scocciato intuii che si trattasse di sua sorella, ne ebbi la conferma quando sentii le urla di quest'ultima provenire dall'altro capo del telefono. Aveva una voce decisamente troppo acuta quando urlava.
Lei mi notò solo dopo alcuni secondi, quando iniziai a rovistare nell'armadio in cerca di un paio di jeans scuri e una camicia nera, nel tentativo di mettere insieme un outfit nè troppo elegante nè troppo trasandato, e poi i colori scuri mi mettevano in risalto le iridi chiare, o almeno così sosteneva mia sorella Liv.
Sentivo il suo sguardo aggrappato alla pelle nuda, non sembrava volerlo distogliere, capii che quello che stava osservando in fin dei conti le piaceva e la mia autostima salì leggermente, rendendomi un po' più consapevole dell'effetto che potevo avere su di lei, forse non ero il solo a provare quello che provavo quando eravamo insieme.
«Perché mi fissi? Avevo dimenticato di prendere i vestiti» la stuzzicai, le sue guance sembrarono leggermente più rosse del solito quando finalmente distolse lo sguardo da me, ora che non ero più sotto l'effetto di quelle iridi dorate però era come se sentissi improvvisamente freddo, mi mancava quel contatto visivo con lei, mi guardava come non aveva mai fatto nessuna. Mi guardava come se mi vedesse davvero, come se mi conoscesse a fondo, più di quanto conoscessi io me stesso. Era una sensazione assurda però, era sicuramente colpa di quei quattro neuroni impazziti che mi ritrovavo, ultimamente si divertivano a giocarmi brutti scherzi.
«Pensavo fossi venuto conciato così perché volevi una scusa per mettere in mostra quei muscoli» replicò, incrociando le braccia davanti a sé e riprendendomi ad osservare in modo criptico. Le ci volle poco per cancellare il rossore e rispondermi a tono, era una a cui le sfide piacevano, sorrisi divertito, aveva una personalità interessante, era questa la cosa che più mi attraeva di lei.
Non certo il culo sodo, le gambe snelle e quegli occhi... o meglio, non solo, non ero così ipocrita da non ammetterlo, però il bello era c'era altro aldilà della mera estetica, ed era una cosa nuova per me.
«Pff, non sono così banale» ridacchiai, chiudendomi di nuovo in bagno per finire di prepararmi o saremmo arrivati in ritardo all'appuntamento con quei due, e poi chi avrebbe avuto voglia di ascoltare le loro battutine sul perché del nostro ritardo? Io no, grazie.
Il sedile del passeggero stava ormai prendendo la forma di Athena Jones, viste le numerose volte in cui c'era stata nel giro di così poco tempo. Bellamy mi chiamò mentre eravamo per strada, dicendomi di incontrarci a quel pub di periferia in cui lavorava Zoey, inutile dire che lo fecero sicuramente apposta visti i recenti trascorsi tra me e la cameriera. Quando provai a ribattere che non mi sembrava una grande idea quel grandissimo stronzo finse di avere poco segnale e mi liquidò con un "ci vediamo lì tra quindici minuti", riagganciando un attimo dopo.
Potevo solo augurarmi che Zoey quella sera non lavorasse, o sarebbe stato alquanto imbarazzante, che era poi il motivo per il quale invece quei due avevano architettato quel piano: adoravano vedermi in imbarazzo, ma non gliela avrei data vinta facilmente.
Athena approfittò dei semafori rossi che beccammo lungo la strada per estrarre dalla borsa un rossetto scarlatto e un mascara che applicò in fretta e furia, imprecando di tanto in tanto quando le usciva un tratto sbavato. Mi vennero un mente quelle frasi smielate da baci perugina, del tipo "sei già perfetta così, non ti serve il trucco" e altre cazzate del genere, mi morsi la lingua per non ripeterle ad alta voce, ne andava della mia dignità dopotutto.
Tutta quella situazione iniziava a starmi stretta, quasi non mi riconoscevo tanto ero patetico.
Arrivammo al pub che erano le nove passate, il locale era quasi deserto visto che era un giorno infrasettimanale, uno dei tavoli però era occupato da due figure fin troppo familiari, il bagliore rossiccio dei capelli di Nat era inconfondibile persino sotto le luci soffuse di quel posto, così come la figura imponente di Bellamy che gli sedeva accanto con il suo metro e novantacinque.
Ovviamente c'era anche Zoey, con i capelli biondi raccolti in una coda alta e le labbra rosa strette in una smorfia di disappunto notando che ero arrivato lì non da solo come al solito ma in compagnia di un'altra ragazza. Sperai che facesse finta di nulla e non creasse problemi con Athena ma indovinate un po'? Non fui fortunato neanche stavolta.
«Ehi Dyl, chi si rivede, non mi hai più richiamata dopo l'altra sera» mi apostrofò la bionda, avvicinandosi a noi, Athena fece saettare lo guardo tra me e Zoey per alcuni istanti, ma era una ragazza sveglia e ci mise poco per capire la situazione, io dal canto mio ero profondamente in imbarazzo, proprio come volevano i miei migliori amici, li sentivo sghignazzare anche da lí. Più tardi li avrei uccisi e avrei lanciato i loro cadaveri nella baia.
«Sta attenta ragazzina con questo qui» blaterò poi rivolgendosi ad Athena, che la guardava con disgusto, «È parecchio bravo a scopare, ma non aspettarti il bis perché poi sparisce» e sparì anche lei, nascondendosi dietro al bancone soddisfatta per aver avuto la sua piccola vendetta personale. Sapevo che portarla a letto era stata una pessima idea, ma fino a quell'istante non avevo compreso quanto fosse stata pessima, erano stati sempre quei due a spingermi a farlo, ma la colpa era anche mia che non mi ero opposto.
E ora la tensione tra me e Athena si tagliava con il coltello, sapevo che ci era rimasta male, eppure non avevo nulla di cui dovermi giustificare razionalmente parlando, noi due non eravamo nulla, al massimo potevamo considerarci amici, non poteva davvero prendersela per una cosa del genere.
E allora perché evitava con cura di incrociare il mio sguardo, preferendo fissarsi le unghie smaltate di rosso?
Bell e Nat ci salutarono calorosamente non appena li raggiungemmo al tavolo, non persero occasione per lamentarsi del ritardo, con le loro solite espressioni da chi la sapeva lunga, tentai di ignorare le loro frecciatine e invitai Athena a sedersi accanto a loro.
«E così sei tu Athena» commentò Bellamy, rivolgendosi per la prima volta direttamente a lei.
«Eh già, sono proprio io» rispose, sistemandosi una ciocca di capelli neri dietro l'orecchio, un gesto che faceva quando era nervosa. Lo sapevo perché l'avevo osservata parecchio ultimamente.
«Io sono Bellamy, piacere di conoscerti» le sorrise cordiale «E quest'idiota qui è Nathan» per sottolineare l'ovvio gli circondò il collo con un braccio in modo amichevole, mentre con l'altro gli scompigliava i capelli fulvi, facendolo protestare. Sembravano quasi due persone normali in quel momento, si stavano comportando in maniera piuttosto civile e non come i due soliti cafoni con cui ero abituato a condividere le giornate, le mie suppliche evidentemente erano state accolte.
Lo pensai troppo presto, mi ero distratto di nuovo e quando tornai con la mente sul pianeta Terra ebbi la sensazione di essermi perso qualcosa, quei tre avevano fatto comunella e se la ridevano a crepapelle, i loro tre paia di occhi erano stranamente tutti puntati nella mia direzione, mentre bisbigliavano qualcosa tra loro e continuavano a sghignazzare.
Un momento... stavano ridendo di me?
«Che avete da ridere voi tre?» sbottai, ottenendo come unico risultato quello di farli ridere ancora di più, non avrei mai pensato di dirlo, ma l'arrivo di Zoey quella volta fu provvidenziale, l'attenzione di quei tre fu catturata dall'arrivo della cameriera, anche se la reazione dei miei amici fu molto diversa di quella di Athena. Mentre Bell e Nat la osservavano incuriositi, la ragazza accanto a me le lanciava occhiate truci, probabilmente a causa di quello che le aveva detto poco prima all'ingresso supposi. Era diventata una sorta di questione personale tra quelle due e entrambe sembravano volerla vincere, Athena ribadì la sua posizione spostando la sedia più vicino a me, come a marcare il terriorio.
Io, Bellamy e Nathan ci ritrovammo ad alzare gli occhi al cielo nel medesimo istante, forse anche loro iniziavano a capire che quella non era stata affatto una buona idea.
«Che vi porto?» ci chiese scocciata la biondina, sbattendo la penna sul taccuino su cui annotava le prenotazioni dei clienti, stava diventando irritante.
«Per me un margarita» eclamò pel di carota, a quanto pareva quella sera voleva andarci giù pesante , forse si era scordato che il giorno seguente ci saremmo dovuti svegliare più presto del solito, Rick ci faceva fare gli straordinari pur di consegnare la villa in tempo. Ragion per cui l'alcool non avremmo materialmente avuto il tempo di smaltirlo, feci la parte del responsabile e ordinai una Virgin Colada, cosa che fece ridere di nuovo i miei fantastici amici.
«Sei diventato una femminuccia, Moore?» dissero in coro, la loro intesa era quella di una vecchia coppia sposata, era capitato spesso che parlassero all'unisono o si completassero le frasi a vicenda, davvero patetico. Dopotutto si conoscevano da anni, mentre io ero entrato nelle loro vite solo da pochi mesi, era normale che il loro rapporto fosse su un altro livello.
«Devo riportare Athena a casa, e poi domani dobbiamo fare gli straordinari, o ve lo siete dimenticato zucconi?» ribattei.
«Avete finito? Mi state facendo perdere tempo» sbuffò Zoey, dopotutto ci eravamo completamente dimenticati che lei fosse ancora lì attesa dei nostri ordini.
La congedammo con un cenno del capo dopo che Athena le chiese di portare quello che avevo ordinato io e Bellamy ordinò della Tequila. Se ne andò tutta indispettita, sculettando verso il bancone, come a voler urlare "vedi cosa ti sei perso?", forse non lo aveva capito che a me, del suo fondoschiena, non importava affatto.
Athena, Bellamy e Nat sembravano essere in armonia, ebbi il sospetto che quella ragazzina avesse il dono di piacere a chiunque. Passarono gran parte del tempo a prendersi gioco di me, tipico. Quei due raccontarono ad Athena alcune delle avventure che mi erano capitate da quando avevo messo piede in città, come quando avevo vomitato nelle scarpe di Nathan, a mia discolpa potevo solo dire che ero talmente ubriaco che le avevo scambiate per un bidone della spazzatura. Inutile dire che le mie giustificazioni peggiorarono solo la situazione.
In fin dei conti però vederla così spensierata metteva tutto il resto in secondo piano, aveva avuto una giornata tutt'altro che leggera, eppure ora era lì a ridere e scherzare con i miei migliori amici come se niente fosse, quindi fanculo che fossero le mie disavventure al centro dell'attenzione.
Sorpresi Zoey a fissarci più di una volta, quegli occhietti da cerbiatta mi bruciavano la pelle, alla fine, quando non ne potei più decisi di affrontarla, mi allontanai dal tavolo con la scusa dell'andare a fumare. Ero sicuro che quei tre non avrebbero sentito la mia mancanza, impegnati com'erano a parlare fitto fitto di Dio sa cosa, Nat era ormai al terzo drink e la sua risata riempiva le mura color fragola di quel locale, Bell almeno era più bravo a reggere l'alcool, anche se le gote arrossate un po' lo tradivano.
Uscii fuori e una ventata d'aria fredda mi fece rabbrividire, passando davanti al bancone avevo fatto cenno a Zoey di seguirmi fuori, ma alla biondina a quanto pareva piaceva farsi aspettare, perché passarono ben cinque minuti e due sigarette prima che si facesse viva.
«Hai intenzione di farmi congelare qua fuori?» sbottò acida, parandomisi davanti e strappandomi la sigaretta di mano, portandosela poi alle labbra soddisfatta.
«Ehi quella era mia!» la rimbeccai, ottenendo da lei un sorriso malizioso, mentre con una studiata lentezza se la portava di nuovo alle labbra, soffiandomi poi il fumo in faccia.
«Hai detto bene... era. Mi dici che vuoi Dylan? Mi scopi, ti lascio il mio numero e non ti fai vivo, una settimana dopo ti presenti di nuovo qui in compagnia di quella, scusami se la cosa mi secca» e aveva ragione, aveva ragione da vendere, ma avrei voluto dirle che non intendevo ferirla, non era quello il mio piano.
«Zoey, lo so che sono stato pessimo, pensavo fosse solo una scopata e via, ma evidentemente per te non lo era, non lo avevo capito, scusami» balbettai, senza la forza di guardarla davvero negli occhi come meritava, preferivo osservare le luci della città, anche se in quel posto le strade erano quasi tutte buie.
«Non montarti la testa, non sono mica innamorata di te Occhi Verdi, è solo che detesto sentirmi usata, detesto che le ragazze vengano usate in generale, è lei la scopata di stasera?» mi studiava con quelle iridi scure, in cui il nero della pupilla inghiottiva quasi tutto il resto, si aspettava una risposta sincera e così gliela diedi.
«Chi Athena? No, lei non è... hai capito. Non potrei mai» questo parve farla un po' infuriare.
«Perché a lei no e a me sì?» sbattè lo stivale a terra stizzita, calpestando il mozzicone ormai spento della sigaretta che mi aveva rubato.
Quella ragazza mi stava facendo passare per un vero coglione e forse lo ero davvero, mi sentivo in colpa a vederla così ferita dal mio comportamento, e più cercavo di rimediare e più sembravo peggiorare la situazione, me e la mia pessima capacità di esprimermi.
«Non è la mia storia, non posso raccontartela, mi dispiace, sappi che tra me e lei non c'è nulla, e che venire qui è stata un'idea di quei due. Io non volevo creare tutto questo caos, comunque ora ce ne andiamo, scusami ancora Zoey» feci per tornare dentro, ma la sua mano sottile richiuse la porta che avevo appena aperto, impedendomi di fuggire. Rimasi lì, in attesa della sua prossima mossa, o delle sue prossime parole, che non tardarono ad arrivare.
«Lo avevo capito che tra voi le cose fossero diverse, non sono stupida né cieca Dylan, lo vedo che tra te e quella ragazza c'é uno strano legame, non sono affari miei, ma sembra che condividiate qualcosa di profondo. Accetto le tue scuse, anzi, devo scusarmi anch'io con te. Ho agito d'impulso, ho pensato solo a vendicarmi, mi dispiace se ti ho creato problemi con lei» la guardai sbigottito, incredulo di aver ascoltato quelle parole uscire dalla sua bocca. La abbracciai di slancio senza sapere bene il perché, la trovai irrigidita, ma si lasciò andare poco dopo, ricambiando la stretta.
«E ora va, torna da lei, mi sta letteralmente fulminando con lo sguardo, non vorrei creare altri problemi»
Seguì il suo consiglio, ed effettivamente trovai le iridi dorate di Athena che mi osservavano in modo quasi inquietante quando tornai ad accomodarmi di fianco a lei, fu rapida a dissimularlo, tornando a chiacchierare con Bellamy, sfiorandogli la mano più frequentemente del dovuto, era forse il suo modo di vendicarsi? E quel coglione di Bell la lasciava pure fare, anzi sembrava quasi che le stesse reggendo il gioco, cos'era, si era coalizzato anche lui contro di me?
Nathan invece era ormai troppo sbronzo per capire la situazione, si era accasciato sul tavolino blaterando cose senza senso, manco a dirlo che non mi fu di alcun supporto.
Il tintinnio della porta però distrasse temporaneamente Athena dai suoi piani di vendetta, sbiancò di colpo non appena due nuovi clienti misero piede in quel locale. Iniziava a spaventarmi, sembrava avesse visto un fantasma tanto erano sgranati quegli occhi. In un sol colpo le era passata tutta la voglia di scherzare, si rannicchiò sulla sedia, cercando di nascondersi il più possibile, era evidente che non aveva alcuna voglia di incontrare quei due.
*Angolino autrice*
Ecco a voi il nuovo capitolo, che è anche più lungo del solito, spero siate incuriosite dal colpo di scena... chi saranno i nuovi arrivati?
Lasciatemi un commentino o una stellina se vi va.
A presto
-RNW
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