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Capitolo 5

<< Perché non sta succedendo niente? >> chiese Mercoledì spazientita più a sé stessa che a un possibile interlocutore.

Da ore stava sorvegliando il posto che le era stato indicato dalle indagini e da una soffiata di una vedova diventata tale per colpa di quell'associazione che stava cercando di smantellare.

Il giorno prima c'era stato un leggero via vai di piccoli spacciatori che, anche se alla buona, riusciva a riconoscere. Ma quella mattina il posto era deserto, non un' anima osava avvicinarsi a quel luogo in cui aleggiava un buio presagio, come avvoltoi in cerchio su un deserto arido.

La corvina decise che sarebbe stato il suo ultimo appostamento, almeno per quell'incarico, e con tutta la determinazione di chi vuole andarsene, rimase a fissare quel capannone abbandonato per ore, finché finalmente una folla di persone si palesò davanti a lei.

A quel punto Mercoledì era stremata, anche se il suo aspetto la mostrava fresca come una rosa. Prese il binocolo ed esaminò il volto di tutte le persone sperando di trovare i connotati del suo uomo.

Sgranò gli occhi quando si rese conto che il boss a cui aveva dato la caccia per settimane era davanti a lei, che chiacchierava tranquillamente con un tizio accanto a lui.

Era il suo momento.
Prese la sua carabina di fiducia che ormai la accompagnava in tutte le sue spedizioni, aveva provato con qualcosa di più comodo come una pistola, ma non trovava gusto negli spari singoli e precisi, la eccitavano molto di più raffiche di proiettili ad alta velocità e gli sguardi terrorizzati che riceveva in cambio. Anche se i suoi prediletti sarebbero sempre stati i coltelli. Ne teneva sempre uno nella manica, o forse due.

Non riusciva proprio a rinunciare alle stragi.

TW: Violenza (Nei prossimi righi sono descritte scene violente, se non desiderate leggerle skippate fino alla fine del TW dove ci sarà un riassunto così che non perdiate i dettagli essenziali)

Un sorriso macabro si dipinse sul volto di Mercoledì, mise la prima e spinse sull'acceleratore giocando a bowling con la sua macchina e la calca iniziale di scagnozzi di primo livello. Nel momento dell'impatto i più vicini volarono sul parabrezza, ma quelli dopo non ebbero la stessa fortunata sorte. Con l'accelerazione dell'auto diminuita e l'impossibilità di muoversi a causa delle troppe persone, alcuni finirono sotto le ruote sostituendosi all'asfalto. Il rumore delle ossa che si spezzavano e gli urli strazianti di quei ragazzi appena arrivati nell'organizzazione inebriavano la corvina, facendole spuntare un sorriso ogni volta che la macchina balzava sopra qualche corpo. Nello stesso momento Mercoledì sparò al suo stesso finestrino, continuando poi a sparare poiché dall'altro lato si trovava un'altra schiera di persone prima di Matsuta, il boss ricercato.

La pioggia di proiettili non era inaspettata, quando veloce.

Tutte le persone lì presenti avevano intuito che si sarebbero usate le armi nel momento in cui avevano visto un'auto spuntare dal nulla, ma non avrebbero mai pensato di non aver neanche il tempo di estrarle. Chiunque cercasse di spararle veniva investito ed eliminato dall'esistenza in qualche millesimo di secondo.

La ragazza eliminava velocemente chiunque diverso dall'uomo che le interessava, per lui aveva in mente una morte migliore.

Di colpo, un proiettile le sfiorò la guancia, lasciando che un rivolo rosso rovinasse la sua pelle perfetta. Alzò lo sguardo sullo specchietto e vide un misero ragazzetto con un braccio immobile, probabilmente rotto, e una pistola alzata verso di lei. Gli sorrise come si sorride ad un bambino che fa le prime cadute mentre impara a camminare. Poi inserì la retromarcia.

Mercoledì uscì dalla macchina, ormai soddisfatta della distruzione che aveva causato e si fece strada tra il pavimento di cadaveri e mezzi morti che cercavano una qualche forma di pietà da lei. Il suo unico obiettivo però era l'uomo con un'eccentrica cravatta scozzese e un pantalone abbinato.

Era disteso a terra come un opossum, e fingendosi morto voleva scappare dalla sua sorte che ora sovrastava su di lui come un avvoltoio pronto a divorare la presa.

Estrasse i coltelli.

Prima ne lanciò uno verso il palmo drammaticamente disteso di Matsuta, che appena sentì il metallo trapassargli la mano da parte a parte urlò dal dolore. Con un altro poi, si divertì a strappargli la camicia e trasformare la sua pelle in una sorta di pittura rupestre con piccole e grandi incisioni. Il sangue caldo che le finiva in faccia rendeva il ricordo dell'attesa meno terribile.

<< Basta ti prego! Farò tutto quello che vuoi, ti posso dare oro infinito! Ti prego lasciami andare! >> il grande capo supplicò Mercoledì con tutte le sue forze ma lei si stava divertendo troppo col suo nuovo giocattolino.

Ma come fanno i bambini si stufò pressoché subito, l'uomo era svenuto e non c'era più divertimento nel pugnalarlo se lui moriva e basta.

La corvina alzò lo sguardo per constatare se qualcun'altro avesse abbastanza forze per tentare di alzarsi. Riportò la sua attenzione sull'uomo privo di sensi e notò come il suo petto, anche se a fatica, riusciva ancora ad alzarsi e abbassarsi, segno che c'era ancora della vita in quell'ammasso di carne putrida.

FINE TW

Riassunto: Mercoledì ha ferito gravemente il suo target e ucciso gli uomini che erano con lui.

In fondo quello era solo un lavoro per Mercoledì, non le importava mai davvero delle persone che perseguitava, ma poter decidere del loro destino basandosi sulle scelte che avevano fatto in vita la faceva sentire come una sorta di Dio sceso in terra per giudicare i vivi. Dei morti non aveva senso preoccuparsi.

Questo fu quello che provò anche per questa, l'ennesima e ultima volta. Quando guardò l'uomo inerme sotto di lei, completamente succube della sua prossima decisione, analizzò la sua vita. Tutte le persone che aveva ucciso solo perché si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato, la sua unica ragione di vita nei soldi della droga, nessuno a cui tenesse veramente e nessuno da cui tornare. Perché vivere se la sua intera esistenza era votata al consumo delle vite di innocenti?

Una volta l'avrebbe pensata diversamente, ma gli anni passati con la sua bionda l'avevano cambiata più di quanto le piacesse ammettere, o almeno, le aveva insegnato l'innocenza.

Non batté neanche le palpebre quando piantò un proiettile in mezzo agli occhi di quell'anima senza possibilità di salvezza.

Qualcun'altro però lo fece. Appena mosse il dito sul grilletto qualcuno cercò di smorzare un urlo prima che lei riuscisse a sentirlo, senza fortuna però.

Si avvicinò alla sorgente del suono e vide un ragazzo steso a terra coperto da altri corpi. Aveva una gamba piegata in una posizione innaturale e cercava di trattenere il respiro, probabilmente stava anche pregando qualche Dio che non l'avrebbe ascoltato.

Mercoledì sollevò la pistola certa della sua prossima mossa, ma nell'esatto momento in cui la vita del ragazzo sotto di lei sarebbe dovuta cessare, lui aprì gli occhi e lei per un momento si sentì destabilizzata. Il ragazzo era biondo, come tanti altri, ma la dolcezza nei lineamenti del suo viso, le lentiggini e infine quegli occhi così dannatamente simili a quelli della donna che l'attendeva a casa la fecero desistere. Era un ragazzino quello, non sapeva neanche cosa stesse succedendo intorno a lui.

Decise di tornare a casa, e il lavoro che aveva seguito per così tanto tempo, finalmente, smise di torturarla.

Era pronta a tornare a casa.

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