Capitolo 3
Izuku fissava gli occhi del pro-hero come se non potesse fare altrimenti.
Quelle iridi così rosse ed intense gli ricordavano incredibilmente delle gemme, dei rubini dalle mille sfaccettature, gli rammentavano le fiamme che hai paura di toccare perché sai che ne rimarresti bruciato. Sensazioni cosi forti che si sentì il cuore battere addirittura in gola, mentre il sangue sembrava aver preso fuoco nelle vene.
E infatti si sentiva bruciare, come se la sua anima avesse attraversato l'inferno mentre lo fissava.
«Come?» chiese riprendendosi dai suoi pensieri e concentrandosi su quello che lo circondava, guardandosi attorno.
Una risatina richiamò il suo sguardo, che aveva preso a scrutare il corridoio per vedere se qualcuno li stesse guardando.
«Ho detto che questo è tuo.» ripeté Katsuki porgendo un quadernetto al più piccolo che lo fissò stupefatto.
Con tutto quello che era successo il giorno prima, non si era neppure accorto di averlo perso. Lo aprì per accertarsi che fosse il suo e si stupì di trovare delle frasi non scritte da lui sotto le domande che aveva pensato di fare all'eroe, ma lo richiuse immediatamente per tornare a posare gli occhi sul ragazzo davanti a sé.
«Cos...» provò a dire, ma s'interruppe subito in imbarazzo riportando lo sguardo sul pavimento.
«Hai perso l'uso della parola?» chiese Katsuki ridacchiando, facendo arrossire inevitabilmente il verdino.
«Io...no...non...io parlo...» riuscì a dire tra i balbettii Izuku strofinando un piede sul pavimento lucido del corridoio, voleva solo scomparire.
«Bene.» rispose il biondo non accennando a muoversi.
Izuku sollevò di nuovo lo sguardo aspettandosi qualcosa dal maggiore, dato che non riusciva a spiccicare parola per il troppo imbarazzo.
«Ho parlato al preside dei due bulletti che ieri ti hanno infastidito.» disse alla fine Katsuki che non voleva andarsene, incuriosito da quel ragazzino che però non riusciva a parlare davanti a lui.
Il verdino fece un passo indietro terrorizzato dalle parole del maggiore, tornando a controllare il corridoio aspettandosi da un momento all'altro la comparsa dei due ragazzi in questione.
«Perché lo hai fatto? Loro adesso mi tormenteranno ancora di più...Tsukasa-san è il figlio del preside...è intoccabile qui a scuola.» rispose Izuku tremando visibilmente.
«Me ne sono accorto.» la voce dell'eroe richiamò il verdino che stava già cercando una via di fuga per scappare, «Infatti ho già preso provvedimenti per questo.»
Izuku non poteva crederci.
Le lacrime che si stavano accumulando negli occhi del minore s'interruppero subito e stupito dalle parole di Katsuki lo fissò inclinando la testa di lato.
«Ho già chiamato la commissione disciplinare scolastica, lo solleveranno dall'incarico e metteranno qualcuno di più competente al suo posto.»
Le lacrime strabordarono prendendo a scorrere sulle guance per una gioia che non credeva di poter mai provare.
I giorni in cui veniva spintonato, i lividi, le offese e i soprusi sarebbero finalmente terminati, così magari avrebbe potuto godersi gli anni scolastici senza la paura di mettere piede in quel luogo che per lui era sempre stato sinonimo di paura e dolore.
«Grazie.» disse inchinandosi, «E grazie anche per il quaderno.»
«Prego.» rispose Katsuki con un sorriso che in molti avrebbero definito strafottente, ma che al verdino risultò dolce.
Il cuore prese a battergli forte nel petto, tanto forte che ebbe il timore che il biondo potesse sentirlo e dopo quel breve scambio di battute, il minore e il pro-hero, presero ognuno la propria strada, chi al lavoro, chi in classe.
Izuku una volta sedutosi di nuovo al suo posto in classe, prese a sfogliare il quadernetto che Katsuki gli aveva riconsegnato.
Un dolcissimo sorriso solcò le sue labbra nel leggere le risposte che il biondo aveva scritto alle sue assurde domande, ma il sorriso venne sostituito da un'espressione shoccata quando lesse l'ultima frase.
"Se hai altre domande da farmi, ti lascio il mio numero. Contattami quando vuoi."
Il suo cuore prese a battere furiosamente, mentre si portava il quaderno al petto come se fosse il suo più grande tesoro.
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