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Capitolo 6

Basta.

Quella parola fu l'unica in grado di uscire dalla bocca della ragazza.

E senza aggiungere altro, non appena entrambi i suoi genitori smisero di urlare posando gli occhi su di lei, Erika li guardò serrando le labbra sottili, si alzò di scatto da tavola e si precipitò verso le scale per raggiungere il piano di sopra.

Voleva fare solo una cosa.

Restare chiusa nella sua stanza.

Ovvero l'unico luogo dove poteva sentirsi sicura.

Non appena ebbe messo piede nella camera chiara dalla libreria straboccante di libri, le pareti tappezzate di maschere teatrali e il comodino ricoperto di medicine, tirò un sospiro e si chiuse la porta alle spalle per poi appoggiarcele contro assieme alla schiena. E in un paio di secondi si lasciò andare verso il basso. Ormai era sola.

Col battito irregolare del suo cuore pulsante a farle da colonna sonora.

Una musica maledetta che avrebbe potuto cessare da un momento all'altro.

Si ritrovò seduta a terra con la schiena appoggiata alla porta bianca e con le ginocchia strette al petto. E una volta che ebbe posato la mano sul suo cuore intento a battere, la ragazza desiderosa di farla finita mandò all'indietro la testa facendola toccare il legno della porta. Guardò il soffitto per una decina di secondi sperando che fosse stato solo un sogno.

O magari, ancora meglio, un'allucinazione...dato che la situazione che si era creata era tutt'altro che un sogno.

Per lei era un vero e proprio incubo.

Un incubo chiamato "realtà".

Si era messa a ripetere ad alta voce tutti i suoi pensieri, ma in maniera teatrale.

Sperava che il farlo l'aiutasse a tranquillizzarsi...ma le sue speranze furono del tutto vane.

"Ormai non so più come comportarmi...e aspettare non mi farà capire il perché il mio cuore è così malato e malconcio...io non rifiuterò mai il loro amore...ma non voglio l'amore andato a male e le parole senza via che continuano..." mormorò Erika ormai sul punto di mettersi a piangere "...tutti dicono che la fine è solo l'inizio...ma non è vero...non è vero niente...se solo morissi stanotte...tutti questi nostri problemi sparirebbero...perché tanto non capirò lo stesso cos'è meglio fare...tanto questa è davvero la fine della mia famiglia...ma io come posso sentirmi al sicuro in queste condizioni...? Come...? Come possiamo fare...mamma...papà...?".
Al piano di sotto regnava il silenzio più totale, il che convinse l'aspirante attrice a continuare a sussurrare il suo libero sfogo.
"Se solo il mio cuore me lo permettesse...correrei e non starei in silenzio davanti a certe situazioni...come per tutto questo tempo...per tutti questi anni sprecati invano..." continuò nonostante le lacrime salate intente a rigarle copiosamente le guance "...e anche se tutto è perso, quel poco di speranza che rimane vivrà in me, dato che questa guerra non è ancora finita...e se, dopo aver aspettato nel mio letto, vedrò una luce, un sole...che porterà la mia anima oramai tutta infranta al posto a cui appartiene...vorrà dire che la mia morte sarà avvenuta nel sonno...!".

Non sapeva se piangere o anche solo provare a sorridere.

Si era espressa meglio in quel momento che in tutte le sue esibizioni teatrali.

Solo quella volta non ci sarebbe stato nessuno a farle i complimenti per il suo linguaggio.

Perché non stava recitando...stava esprimendo le sue emozioni rimaste nascoste dentro il suo cuore per troppo tempo.

Rimase nella stessa posizione per circa una ventina di minuti per poi chiudere a chiave la porta della sua stanza e lasciarsi andare sul suo letto. Allungò la mano verso il comodino alla sua destra, prese qualche medicina in mano e le inghiottì senza neanche usare l'acqua.

Sperava solo di riuscire a far calmare il suo cuore fin troppo agitato.

Ma nella sua anima ormai regnava la paura. Quella che i suoi genitori, senza volerlo, erano riusciti a infondere nel suo cuore.

"Non voglio che divorzino...non potrei mai...mai pensare di non vedere più uno di loro...no, non possono lasciarsi...non devono...no..." continuò a singhiozzare per un tempo a lei indefinito.

La concezione del tempo era completamente svanita.

Se c'era una cosa che voleva, quella cosa era addormentarsi.

Addormentarsi per sempre e non svegliarsi mai più.

Pensò che se avesse smesso di vivere allora anche i problemi dei suoi genitori sarebbero spariti. Si sentiva come se i suoi problemi cardiaci fossero la fonte di tutto...come se lei fosse la fonte di tutto. Ma non poteva decidere lei quando far smettere di battere il suo cuore. Poteva solo restare lì, chiusa nella sua stanza, un luogo incredibilmente simile alla sua mente.

Entrambe erano buie e chiuse allo stesso modo.

Sussultò quando, ad un certo punto, sentì bussare alla porta della sua camera.

"Erika, tesoro...amore, apri la porta...ti prego..." cominciò a dirle la voce quasi tremante di sua madre "...mi dispiace...mi dispiace davvero tanto per quello a cui hai dovuto assistere...io...noi non...".

Ma Header smise di parlare non appena si rese conto che la figlia non le rispondeva.

Non sapeva cosa pensare.

Non sentendo la voce di Erika, due pensieri le balenarono nella mente.

O la ragazza si rifiutava di parlare coi suoi genitori o stava dormendo.

Ma l'idea che il cuore della ragazza avesse ceduto fece nasce un brivido che le percorse tutta la schiena in un istante.

"Ascoltami Erika...so che ci stai ascoltando..." mormorò con voce profonda Kakuzu intento ad appoggiare una mano sulla superficie fredda dalla porta "...e voglio che tu ti renda conto che non hai colpa di nulla...qui gli unici colpevoli siamo noi...dovremmo fare una sola cosa...cioè farti stare bene...e stiamo fallendo miseramente...se non vuoi parlarci, sappi che hai tutte le ragioni del mondo...ma vogliamo che tu sappia che sei la nostra ragione di vita. Ti amiamo con tutta la nostra anima...e forse le scuse non basteranno mai per tutto quello che sei stata costretta a passare avendo noi come genitori...ma sappiamo che sei forte, quindi...vivi...!".

E dopo quelle parole, il silenziò calò su tutta la villetta.

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