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CAPITOLO 3

Cala il silenzio fra loro due, quello che stava per capitare non potevo imaginarlo e non potrò mai dimenticarlo.

Due colpi secchi, solamente due colpi furono sufficienti per sentire le urla agonizzanti di mio padre.
Quell'essere umano, se si può definire tale, gli aveva frantumato le ossa delle mani utilizzando il suo maledetto bastone.
Rimasi lì pietrificata alla vista del sangue che sgorgava sulla superfice, gocciolando,goccia dopo goccia sul pavimento.
Una lacrima dopo l'altra. scoppiai in un pianto disperato.
Avevo visto con I mie stessi occhi quanto poteva essere crudele l'uomo. per ottenere cio che voleva, per raggiungere il suo scopo, poteva persino fare del male a una persona debole come mio padre.
Non riuscivo a trattenere I singhiozzi. nemmeno coprendomi la bocca con il palmo della mano, sapevo che se continuavo così, lui mi notava, lui capiva che io avevo visto tutto.
E questo non volevo che  accadesse.

Lasciarlo da solo, in quelle condizioni mi spezzava il cuore, ma in quel momento dovetti farlo, dovetti scappare da lì e andare in un posto sicuro o almeno un posto dove reputavo fosse sicure starci.

Corsi, corsi , fino ad arrivare in una collinetta isolata dal villaggio. Da lontano sulla collinetta sorgeva un'enorme albero e dal quel poco che riuscì ad assimilare da mia madre prima di che volasse  via , conobbi che era un'albero di pesche.
Mi avvicinai all'albero posando la schiena sulla superficie ruvida di esso ,sdraiandomi, chiudendo gli occhi, respirando ed espirando.
Volevo cancellare quelle immagini, quel sangue, quelle urla, ma non ce la facevo non riuscivo, non riuscivo cavolo, non riuscivo a cancellarlo. Ero sicura che quello che avevo visto non mi avrebbe lasciato così facilmente.

Socchiusi gli occhi per la troppa luce, e inalai il profumo dei fiori di pesco.
Concentrandomi a guardare le nuvole, ognuna con una loro forma, come noi esseri umani differenti fra loro.
Sospirai e inizia a parlare con la brezza che mi sfiorava i capelli.

"Mamma, sai, sei fortuna... te ne sei andata da questo posto crudele".
dissi pian piano, aprii gli occhi sedendomi accavallando le gambe e far di loro.

"Al solo pensiero che se fossi stata anche tu lì, non si fosse limitato a fare cio che ha fatto a papà, mi spezza il cuore. Come posso credere cio che mi dicesti non molto tempo fa, se intorno a me vedo solamente il male." sospirai.

Passarono secondi, minuti, ore ma io non avevo voglia di ritornare a casa, fingere di non aver visto nulla mi faceva corrodere il cuore, ma sapevo che a mio padre serviva una mano. - letteralmente - e dovevo essere io ad essere cio che non possedeva più.

Mi alzai e inizia scendere la collinetta, nel frattempo mi atterri un pensiero non sano, non bello, paura tanta paura, mi circondava i mie mie pensieri.
Corsi, corsi a più non posso, ormai avevo il cuore in gola, il battito accelerato come se il mio cuore volesse corre più veloce di me.
Finalmente arrivata in quel posto che detestavo.
Con affanno arrivai davanti alla nostra stanza. La porta era chiusa e non sentivo voci.
Attorno a me calò solamente il silenzio, ma non uno normale.
La calma prima della tempesta.

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