A la via così
I raggi del sole iniziano a fare capolino da dietro alcune nuvole, mentre il cielo è terso e limpido, mi porto una mano sul viso per riparare gli occhi.
James Bonny ci è andato giù pesante, ma al tempo stesso devo ringraziarlo, perchè se mai dovessero scoprire che è morto, ho il volto ridotto così male che non potranno mai risalire al fatto che si tratta di me.
Qualcuno potrebbe pensare che alla fine mi sono pentita di aver sposato un uomo come James Bonny, ma la verità è che non lo sono.
Nonostante tutti i suoi difetti, James Bonny mi ha fatto capire nel breve tempo che siamo stati sposati che se non avessi fatto di testa mia a quest'ora, sarei già morta da un pezzo.
Perchè diciamolo, mio padre a lungo andare avrebbe di gran lunga preferito vedermi morta piuttosto che avere una figlia zitella e per di più con tendenze che gli avrebbero rovinato la reputazione.
I comignoli sputano fumo, i rumori tipici di una città in movimento, un via vai di persone, Charleston a quell'ora è sempre caotica e piena di vita.
Avrei potuto fermarmi e dormire, ma ho preferito evitarlo, volevo arrivare il prima possibile in città soprattutto perchè stare in mezzo alla gente mi da più possibilità di passare in osservata, i capelli rossi sono nascosti sotto il cappuccio del mantello.
Amo il colore dei miei capelli, ma in quel preciso momento vorrei non essere nata con un colore simile, il rosso è fin troppo visibile.
Il mio stomaco mi ricordò che non ho più mangiato, inizio a guardarmi attorno per cercare di ricordarmi la strada per la locanda, non ho soldi quindi dovrò inventarmi qualcosa per riuscire a pagare.
L'idea di mettermi in un angolo della strada a mendicare un pò di denaro per pagarmi qualcosa da mettere sotto i denti, non mi entusiasma, quindi passo direttamente al piano B.
I cittadini di Charleston con un aria vagamente rispettabile, ma in special modo i nobili, se hai anche solo la parvenza da straccione cencioso tendono ad evitarti come la peste.
Il fatto è che mi rendo perfettamente conto di avere l'aspetto trasandato, il sangue secco sul viso ed un aria tutt'altro che raccomandabile ma sinceramente non mi interessa, mi interessa soltanto riuscire ad afferrare il denaro che hanno attaccato alla cinta, sento il tintinnio dei dobloni che hanno nei sacchetti.
Dovrebbero ringraziarmi, gli alleggerisco le tasche.
La locanda di Charleston si trova sulla strada che porta verso il porto, il che viene a mio favore il tempo di mettere qualcosa sotto ai denti e scappare per sempre da Charleston così da non metterci mai più piede.
All'interno della locanda si respira un aria allegra, per lo più dovuta agli schiamazzi dei Marinai in licenza, ed un odore forte di salsedine e sudore, mi avvicino al bancone sotto lo sguardo scontento dell'oste.
-Vattene, stracciona mi spaventi i clienti- volto il capo verso i "clienti", ma quasi tutti sembrano ignorare la mia presenza, l'unico che si lamenta è proprio l'oste.
Poso le monete sul bancone, l'oste ne prende una gli da un morso per essere sicuro che non lo stia fregando, ed a quel punto sfoggia un sorriso sdentato mettendosi in tasca le monete, tiro giù il cappuccio.
Ordino una zuppa, la cosa più economica che hanno, afferro la scodella di zuppa ed iniizio a trangugiarla rischio di ustionarmi la gola da quanto è calda, ma ho fame.
La mia attenzione viene attirata da un foglio piantato con un coltellaccio sulla parete dietro al bancone, rischio di strozzarmi con la zuppa.
Sul foglio disegnato alla bene e meglio, c'è un mio ritratto, pensavo che ci avrebbero messo meno a capire che sono stata io, è arrivato il momento di andarsene.
Esco dalla locanda, riesco a fare solo alcuni passi prima che un braccio appaia nella mia visuale, mi blocca per una spalla e mi sventola il ritratto davanti al volto.
-Sai. assomigli vagamente al ritratto?- mi scrollo il suo braccio dalle spalle, lo ignoro mentre cerco di raggiungere la strada per il porto.
Inizio a vedere gli alberi dei vascelli che svettano sopra i comignoli, oscillano sotto la forza delle onde, anche se distratta come sono, non faccio caso alla persona che ho davanti, vado a sbatterci contro.
Faccio per andarmene, quando una mano mi afferra per il cappuccio tirandolo indietro, stringe la presa costringendomi a voltarmi.
-Ragazzino, dovresti fare attenzione dove metti i piedi, soprattutto contro chi vai a sbattere- da quella posizione noto una P impressa a fuoco sul braccio, il fatto che abbia una P sul braccio significa solo una cosa.
Pirata.
Inizio a dimenarmi per liberarmi, non voglio lasciarci la pelle per colpa dei Pirati, ed anche a dare dei pugni sul braccio dell'uomo, invece di lasciarmi andare inizia a ridere.
-Hai fegato, ragazzino- è divertito.
Il pirata mi afferra per la collottola, mi tratta come si farebbe con un cucciolo, anche se fa l'errore di alzarmi ad altezza del suo naso, gli do un morso sul naso, molla la presa lanciando un urlo di dolore, urlando a qualcuno di non lasciarmi fuggire.
Soltanto quando provo ad allontanarmi, noto delle braccia che cercano di afferrarmi, per mia fortuna io sono agile, quindi riesco ad evitarlo, almeno finchè qualcuno non mi afferra nuovamente per la collottola ed inizia a trascinarmi verso il porto, seguito dai suoi compari.
Mi lascia andare soltanto quando siamo nei pressi di una nave attraccata al molo, ho sentito parlare William di diverse tipologie di navi, quindi faccio fatica a riconoscere quella che ho davanti.
Ha la stazza e la forma di una Goletta, il fondo piatto tipico delle navi che risalgono i fiumi nell'entroterra, la polena è stata modificata con un arpione, ed al posto del Jolly Roger sventola una bandiera inglese.
I soci di William si lamentano ogni volta delle navi fantasma che saccheggiano i loro preziosi carichi, fino a quel momento ho sempre pensato parlassero dell'Olandese Volante, a Cork i marinai ne parlano come se fosse una cosa reale, io all'epoca l'ho sempre trovato affascinante.
Mi costringono a salire sul mercantile, noto alcuni ragazzini che lavorano sul ponte di comando, chi lava per terra e chi lucida la balaustra.
Quello che dovrebbe essere il quartemastro mi squadra appena, concentrato a scrivere sul diario di bordo, borbotta un "affiancatelo a John".
Mi mettono tra le braccia un secchio ed uno straccio, senza dire nient'altro, non era questo quello a cui pensavo, ma se serve a farmi lasciare Charleston, io non mi lamento di certo.
-Benvenuto a bordo, mozzo- i miei occhi si posano sulla fonte della voce, uno dei miei nuovi compagni.
Lo ignoro, decidendo che è meglio fare il mio lavoro in silenzio, senza rivolgere la parola a nessuno.
Si tratta soltanto di un passaggio niente di più, ovunque andranno lì scaricherò alla prima occasione.
-Se pensi che scenderai la prossima volta che faremo porto, sei un illuso- alzo gli occhi, trovando il ragazzo appoggiato allo spazzolone.
Non dico nulla, scoccando solo un occhiata truce, mentre mi allontano da lui che borbotta un "avrà perso la lingua", anche se non posso fare a meno di chiedermi se abbia ragione.
-Mi chiamo John! - urla in mia direzione, ed è a quel punto che mi blocco, rendendomi conto che ho pensato a tutto tranne che al nome.
Mi do mentalmente dell'idiota, lancio un occhiata verso John senza dire altro, al momento ho un solo obiettivo in testa, riuscire a trovare qualcosa per farmi passare il dolore.
Perché ora che l'adrenalina se ne sta andando, inizio a sentire tutto ciò che mi ha provocato James, tutto il dolore si manifesta in un insieme confuso ed inizio ad arrancare verso la cambusa.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro