6) Da Guaso
Il piccolo gnomo andò davanti a David e con una mano allontanò il mezz'orco che sbuffava e grugniva dalla rabbia.
"Perdonate il mio amigo Mark, lui non sa le buone maniere". Sorrise.
Mark non sembrò prendere bene il commento poco simpatico e inarcò le sopracciglia, ma non disse nulla.
Michael si avvicinò a Guaso:
"Avremmo bisogno di fare un confronto".
"De cosa señor?" nonostante gli sforzi, David non riusciva ad identificare l'accento dello gnomo.
"Dovremmo confrontare la nostra mappa con le vostre carte della zona".
Guaso finse di pensarci un attimo e poi porse una mano in avanti. Michael aprì la borsa per tirare fuori la mappa, ma subito i mezz'orchi misero mani agli archibugi. Guaso fece un cenno con del capo e tutti risposero le armi. Michael estrasse la mappa dalla borsa lentamente e la porse allo gnomo che la guardò con aria confusa e stupita.
"Non se capisce nulla qua sopra" concludette dopo un attimo di riflessione, "Devo metterla a confronto con le mie carte in biblioteca. Ci potrebbero volere delle ore".
David deglutì rumorosamente. Avrebbero perso delle ore. E Guaso magari non avrebbe voluto nemmeno spendere tutto quel tempo per aiutare degli sconosciuti.
Lo gnomo intanto continuava a fissare le carte con aria interrogativa. Poi alzò lo sguardo verso David. A lui sembrò tanto piccolo quello gnomo. Era alto circa un metro e venti e la corporatura magra ed esile non gli dava di certo un'aria autoritaria. David si domandò come lui avesse fatto a convincere dei mezz'orchi a lavorare per lui. Si chiedette anche come fosse possibile che avesse schiavizzato tutti quegli argoniani e come mai lui non aveva mai sentito parlare del suo vino.
Guaso prese fiato, poi con voce squillante esclamò:
"Se i señori vogliono seguirmi..."
I tre ragazzi si guardarono mentre lo gnomo si avviava verso il casolare e continuava a parlare.
"Me state simpatici voi tre, avete un aria buffa. In più state simpatici a Mark!" il mezz'orco grugnì per il disappunto.
"Se per voi non è de troppo disturbo potrei anche offrirvi la cena e magari un buon letto caldo. Avete l'aria stanca".
David, al solo sentire quelle parole, sorrise. Gli mancavano i letti morbidi, il calore di una casa accogliente e un pasto abbondante.
Michael ed Elis intanto bisbigliavano tra loro. I mezz'orchi si lanciavano occhiate dopo aver guardato i due fratelli. David, che ora era di fianco a Guaso, fu curioso di ciò che si stavano dicendo.
"Tu señor, come te chiami?" domandò sereno lo gnometto guardandolo con intensità. David si girò di scatto, come se fosse stato appena svegliato di colpo. Guaso aveva dei piccoli occhi verde brillante. Nei suoi occhi David vide una scintilla d'astuzia e gli vennero i brividi.
"Allora? Qual'è il tuo nome ragazzo?" lo incalzò lo gnomo con un pizzico di nervosismo nella voce.
"David" rispose esitante, "David Morway".
"E come mai sei vestito così male?"
David si ricordò di avere ancora addosso l'orribile maglione marrone. Era chiaro che anche lo gnomo aveva visto il pessimo accostamento di colore con il blu dei pantaloni.
"Non ho altri indumenti con me signore" rispose.
Guaso sgranò gli occhi.
"Allora vieni con me, te do della roba da metterte addosso. Non voglio che i miei ospiti indossino simili accostamenti de colore. Senza offesa eh!"
"Grazie signore, ma non mi sembra il caso di..."
Lo gnomo lo zittì alzando l'indice della mano.
"Insisto giovanotto. Insisto!"
Uscirono finalmente dalle vigne ed entrarono nell'enorme giardino davanti al casolare bianco.
C'erano un'infinità di alberi di tutti i tipi e le forme. David vide una palma, un olivo, ma anche un enorme salice piangente e un enorme quercia possente. David non aveva mai visto tutti quegli alberi in vita sua.
C'erano alberi raggomitolati su sestessi, grossi alberi dalla corteccia butterata, piccoli cactus rampicanti, e molte altre piante.
Seguendo un vialetto in pietra, Guaso condusse i ragazzi attraverso il giardino, fino ad arrivare all'enorme casolare bianco: era alto diversi piani e dalle finestre del secondo si affacciava un largo balcone fatto di travi nere. Sulla soglia della porta c'era un enorme mezz'orco intento a masticare un osso. Quando questi vide Guaso lanciò via lo stuzzichino e si mise dritto. Lo gnomo finse di non notare nulla, ma passando diede un calcio alla gamba del mezz'orco che fece una faccia triste. Guaso si scostò e fece passare i tre ragazzi lasciando la combricola di mezz'orchi nel giardino.
La porta dava su un immenso ingresso nel quale sfoggiavano due rampe di scalini bianchi che portavano ad un lungo ballatoio in alto che dava su un corridoio. Ai lati c'erano delle porte (anch'esse bianche). Ovunque stavano delle argoniane vestite da colf, intente nella pulizia della magione. Un vecchio mezz'orco stava seduto su una sedia e impartiva ordini alle domestiche.
Guaso intanto non smetteva di parlottare e trascinò David per un braccio lungo il salone portandolo a una delle porte. Proprio sulla soglia si fermò e schioccò le dita. Una giovane argoniana corse ad aprire la porta. Al passaggio dello gnomo fece un inchino, poi alzò la testa per guardare David.
"Grazie Susan" disse Guaso.
Lo sguardo di David si posò sulla cameriera. Era magra, con il seno che le veniva schiacciato dallo stretto corsetto. Al collo portava una sottile collanina d'argento. In testa aveva una cuffietta bianca che le risaltava gli occhi neri.
A differenza degli argoniani maschi lei aveva la pelle liscia, non squamosa, tendente al marrone. Aveva il muso molto meno prominente e non faceva mai uscire la lingua biforcuta. Su una guancia aveva disegnato un marchio circolare con delle venature nere.
Nei suoi occhi David vide una profonda tristezza.
Guaso lo chiamò. David era rimasto sull'uscio impedendo ai suoi compagni di entrare nella stanza. Michael lo spinse dolcemente in avanti. Entrò.
La stanza era piena di scaffali con moltitudini di libri, ma era troppo piccola per essere una biblioteca. Al centro stava un grosso scrittoio di legno scuro sommerso da delle scartoffie. Contro un muro era posizionato un tavolo coperto da rotoli di pergamena. Sopra di lui stava appeso un enorme planisfero.
Elis fece un piccolo mugolio per la sorpresa. Guaso sorrise.
"Qua troveremo tutte le carte di cui abbiamo bisogno. Nel frattempo Susan vi conducerà alle vostre stanze. Io studierò le mappe e sta sera a cena vi farò sapere". Sorrise. Poi batté le mani e Susan entrò nella stanza. Teneva le mani congiunte sul grembo.
"Se i signori vogliono seguirmi..." e fece un piccolo inchino. David si stupì. La voce della cameriera era dolce e soave, niente a che vedere con il sibilante modo di parlare degli argoniani maschi.
Salirono le scale in silenzio dietro l'argoniana che sculettava. Arrivati sul ballatoio imboccarono il corridoio che era illuminato da delle piccole lampade ad olio appese ai muri. Sui lati del corridoio si stagliavano tante porte. Al fondo del corridoio questo si incrociava con un altro formando una "T".
Susan si fermò davanti a tre porte e fece entrare i tre ragazzi nelle loro stanze. David entrò nella prima. I muri erano di una tinta azzurra e il soffitto era dipinto come un cielo stellato. Una piccola porticina portava al bagno. Su un lato era posato al muro un grosso armadio in legno di noce, dall'altro lato c'era una piccola scrivania. Al centro della stanza, sopra un grosso tappeto, era posizionato un enorme letto a baldacchino a due piazze. David sorrise e si lanciò sul materasso affondando la faccia nelle coperte. Profumavano di lavanda.
Stette per un po' con la faccia coperta riposandosi un secondo. Poi sentì un lieve bussare alla sua porta.
"Avanti, è aperto!"
La porta si aprì e spuntò Susan con fare gentile.
Aveva in braccio degli asciugamani.
"Sono venuta a portarvi degli asciugamani signorino Morway".
"Chiamami pure David"
Lei chinò il capo e stette ferma davanti alla porta. David si alzò dal letto e le andò in contro.
"È bella per essere un'argoniana" pensò. Le prese gli asciugamani e li posò sul letto.
"Quanti anni avete Susan?"
Lei deglutì. Era chiaro che era la prima volta che qualcuno le dava del lei.
La cameriera esitò un attimo e poi rispose: "diciassette signorino Morway".
"Ti ho detto di chiamarmi David!" sorrise.
Lei chinò il capo ancora di più. A David sembrò di vederla arrossire.
"Anche io ho diciassette anni sai?"
Lei alzò il capo e lo fissò negli occhi. Erano di un nero opaco che lasciava a malapena intravedere la pupilla sottile.
David sorrise.
"Sei molto giovane per essere già cameriera, non trovi?" Questa volta si era limitato a dare del tu e sembrò andare meglio: Susan sorrise.
"Noi argoniani raggiungiamo la maggiore età a diciassette anni".
David si stupì di questo. A quanto pare non solo gli umani raggiungevano la maggiore età.
"Forte!" esclamò. Susan fece un piccolo sorrisetto, ma subito il marchio che portava sul volto diventò quasi incandescente e tornò seria.
"Cos'è quel marchio che hai sulla guancia?" Chiese curioso David.
Susan si coprì la faccia. Si girò e fece per uscire. David scattò in avanti e la fermò mettendole una mano sulla spalla. Lei si irrigidì.
"Scusa Susan. Non volevo metterti in imbarazzo".
Lei lo guardò. Era poco più alto di lei. Lei si rassicurò e arrossì. Lui si allontanò.
"Ero solo curioso scusami".
Lei alzò il capo.
"È quel marchio che Guaso mette ai servi per non farli scappare?" Chiese David curioso. Lei scosse il capo ed uscì di corsa dalla stanza lasciando la porta aperta.
David la seguì fuori dalla stanza, ma lei ormai aveva già lasciato il corridoio.
David si morse il labbro per la sua foga... era troppo curioso del mondo al di fuori dei confini della città e si era lasciato andare troppo. Inoltre gli occhi di Susan lo avevano stregato. Susan non era di certo bella come Elis, aveva il muso prominente e questo la imbruttiva un po', ma nei suoi occhi lui aveva visto qualcosa di impercettibile, come se stesse cercando di scappare da qualcuno o qualche cosa. E pure quel marchio che le aveva impedito di sorridere lo incuriosiva. Decise che avrebbe cercato delle risposte più tardi, ora voleva solo andare in bagno. Era da molto che la teneva. Si tolse il mantello, il maglione e la cotta di maglia, poi si slacciò il cinturone con la spada e buttò tutto per terra. Poi, a torso nudo, entrò nella toilette.
Era uno stanzino piccolo, c'era una vasca da bagno di acciaio smaltato, un lavandino lucido e un gabinetto. Si tirò giù i pantaloni e, senza pensarci troppo, si sedette sul gabinetto e defecò. Si sentì svuotato e stremato allo stesso tempo. Erano ormai due giorni che non andava al bagno e spesso gli venivano delle fitte che lui era riuscito sempre a trattenere.
Aveva ancora dolori, ma ormai il più grosso era passato. Una gocciolina di sudore gli scese dalla tempia. Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. L'odore delle feci gli bloccò il respiro. Si pulì. Tornò sul letto e sprofondò la faccia sul cuscino. Tutto il mondo gli sembrò fermarsi intorno. Era stanco e aveva riposato male negli ultimi giorni. Quel letto, sicuramente, lo avrebbe fatto riposare divinamente. David chiuse gli occhi e si appisolò
Un forte bussare alla porta lo svegliò dal leggero sonno in cui era caduto. David si tirò su dal letto e si stropicciò gli occhi.
"Avanti" disse sbadigliando.
Michael entrò in camera a passi svelti, senza chiudere la porta. Raccolse il cinturone con la spada di bronzo e la lanciò a David che la prese al volo, poi grugnì:
"Ti aspetto all'ingresso. Muoviti!" E uscì dalla stanza lasciando la porta aperta. David lo seguì in corridoio per chiedere spiegazioni, ma Michael non rispose.
David sbuffò con la cintura in mano e si grattò il collo. Poi si voltò e vide che dall'altra parte del corridoio stava Elis sulla porta della sua stanza con aria interrogativa. David le fece spallucce e tornò in camera. Si mise la cotta e il maglione, poi uscì dalla stanza e scese le scale. Michael lo aspettava davanti al portone. Il salone era ancora pieno di cameriere, ma non c'era più il mezz'orco sulla sedia, la quale ora era vuota.
David arrivò da Michael che si fece seguire in giardino. Tra degli alberi c'era un piccolo spiazzo di terra battuta circondato da alcune statuine di putti di marmo. Michael si mise dirimpetto a David e sguainò la spada.
"Ora facciamo un po' di lezione sull'uso della spada, non voglio che ti facciano secco in fretta".
David era basito. Poi sguainò esitante la spada.
"Sei pronto?" Chiese Michael. David annuì.
"Prima regola" cominciò "Mai distrarsi".
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