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10) Prigionieri

"Sembrava facile cedere al nulla, cadere, morire. Ma poi, per un istante, lo vidi, gli occhi colmi di una tristezza infinita, e mi voltai per affrontare il mio dolore."
~Pelo-di-Neve, poeta kitsune

N.B. le parole con l'asterisco sono tradotte al fondo del capitolo.

David sentì il sudore scendergli su una guancia. Davanti a loro c'era il braccio destro di Vorath, l'unico dei quindici guardiani ad avere il libero arbitrio. Lui era l'unico che poteva improvvisare l'azione e che era capace di ragionare ed escogitare tattiche sul momento. Se gli altri guardiani neri erano terribili, Primo lo era ancora di più. David si sentì le gambe pesanti e cadde in ginocchio. Le speranze di fuga gli erano scivolate via dal corpo. Non c'era più nulla da fare. La luce fioca delle candele illuminava la stanza e Michael spezzava il silenzio che si era creato, con piccoli colpi di tosse dovuti dal dolore. David si voltò verso i suoi compagni. Susan era ancora svenuta, i capelli neri e lunghi ricaduti sul viso. Michael era steso per terra. Sanguinava molto. Dalla sua bocca usciva un piccolo rivolo di sangue. Teneva la mano tremante sulla spalla. Elis era su di lui, i capelli castani che le scendevano lungo il viso cadendo sulle orecchie, gli occhi verdi colmi di lacrime che scivolavano giù rapide per le guance pallide. Il suo vestito era sporco di sangue... sangue di suo fratello.

David non sapeva che fare. Ormai non potevano salvarsi da quella situazione. Lui era l'unico che in quel momento era capace di combattere per salvarsi la vita. Ma sarebbe stato uno scontro impari: 1 contro quattro. Uno contro Primo. Lasciò cadere la spada di bronzo che provocò un grosso tonfo per terra finendo in una piccola pozza di sangue. A David venne la nausea. Il sangue lo disgustava, come molte cose d'altronde... troppe cose. Ma oramai solo la morte lo aspettava. Nulla di più. Sarebbe stato prigioniero fino al cospetto di Vorath che lo avrebbe ucciso senza pietà, per poter regnare sull'impero indisturbato. Fissò lo sguardo sulla spada che gli aveva regalato sua madre. Si ricordò la prima volta che l'aveva presa in mano, la leggerezza lo aveva stupito. Alzò gli occhi su Primo. Nemmeno il tempo di accorgersene che il guardiano era su di lui, con il pugno abbassato. David crollò a terra, lo zigomo probabilmente fratturato. La spada oramai troppo lontana per essere raggiunta dal braccio. La testa gli cadde sulle gambe di Susan che non si mosse. David aveva i capelli incollati alla fronte. Primo, con lunghe falcate, si portò su di lui e lo afferrò per il colletto. Lo sollevò da terra. Ghignò. Lo caricò sulla spalla e si avviò verso la porta. Si voltò verso i compagni.
"Portate via anche il moribondo e la ragazza."
Poi guardò Susan. Le si avvicinò. Con un calcio la rigirò su se stessa.
"Portate via anche la schiava." David non la vide in faccia. La spalla del guardiano gli premeva sulla bocca dello stomaco. Mugugnò per il dolore. Primo gli diede un pugno per farlo tacere.
"L'imperatore vi aspetta Angelus." Sputò fuori l'ultima parola con disprezzo. Si voltò di scatto e si avviò verso la porta. David sobbalzò. Vide i guardiani che rinfoderavano le spade e con maniere brusche staccavano Elis da Michael. Un guardiano trascinò Elis e si coricò Susan sulla spalla. Gli altri due tirarono su Michael. Lui urlò per il dolore ricevendo un pugno sullo stomaco. Fece un urlo strozzato e delle gocce di sangue gli uscirono dalla bocca.

David e Primo uscirono dalla sala da pranzo e si ritrovarono nel salone d'ingresso. Sul pavimento giacevano corpi di mezz'orchi e di argoniane. I guardiani non avevano avuto pietà nemmeno per le cameriere. Primo uscì dalla casa immergendosi nell'aria fresca della sera. Il guardiano si fermò e buttò David per terra. Davanti all'ingresso sostava un enorme carro nero, le porte del retro di spesso ferro scuro. Sulla fiancata del carro era dipinto lo stemma imperiale. Una piccola grata permetteva lo scambio d'aria dall'interno del carro all'esterno. A cassetta stava un'uomo alto e dalle spalle larghe, vestito di una lunga tonaca color cenere con un pesante cappuccio che gli copriva il volto. Alla vita aveva una cintura con appesa una spada e una frusta. Davanti al carro erano legati due cavalli neri, con la criniera scura e gli zoccoli spessi. Sopra gli zoccoli spuntavano dei peli lunghi, anche quelli neri. Erano cavalli da traino. Dalla bocca usciva una leggera schiuma e un lieve nitrito impaziente. Gli occhi dei cavalli erano rossi di sangue. David deglutì rumorosamente. Sentì Primo ghignare piano alle sue spalle. L'uomo che era a cassetta arrivò ad aprire le grosse porte di ferro scuro della carrozza. Quando gli sportelli si aprirono uscì un fetido odore di muffa. Al suo interno erano poste due panche di legno marcio, con catene poste alla base da legare alle caviglie dei prigionieri. La piccola grata faceva entrare un flebile raggio di luce.

Primo salì sul carro e si voltò per afferrare David per il cappuccio del mantello. Lo trascinò su una panca e gli legò strette le catene ai piedi, chiudendole con un lucchetto. Si alzò in piedi. Con l'indice sollevò la testa di David, come per vederlo in faccia. Dalla feritoia dell'elmo si intravide una fila di denti aguzzi e nient'altro, un ghigno soddisfatto. Caricò un'altro destro che fece svenire David.

Fiamme. Fiamme ovunque. la capitale era completamente in fiamme e David era nel castello a guardare. Guardava soltanto, senza fare nulla. Sulle strade la battaglia infuriava. Molti innocenti scappavano tra le case, sopra i corpi, alcuni padri di famiglia si sacrificavano per dare una possibilità ai figli e alle mogli di fuggire. Sulle strade c'era un intenso rosso scarlatto accecante, che portava il nome di molti innocenti e le grida di molti martiri. David sentì dallo stomaco salirgli un ghigno malvagio. Lo sentì che saliva dal ventre e si arrampicava su per la gola. Deglutì, ma ciò che stava salendo non si fermò. Le guance di David si tirarono e assunse una espressione di piacere. Non poteva evitarlo. Dalla bocca uscì un ghigno, una risata malvagia che era un misto di piacere e divertimento. Con fiero orgoglio rimirò la città in fiamme e solo a quel punto se ne accorse: si guardò i vestiti, erano imperiali, lui era Vorath.

I sobbalzi del carro lo svegliarono. Era tutto buio. Aspettò che gli occhi si abituassero. Scorse davanti a lui Elis, in lacrime, ma silenziosa. A fianco a lei era stato sistemato, in una posizione stravaccata, Michael. Susan era seduta accanto a David, la testa le dondolava. I capelli le scendevano sulla faccia e si muovevano come le foglie scure dei boschi di notte. David si guardò le caviglie: erano incatenate e le cavigliere gli sfregavano sulla pelle provocandogli un lieve dolore. David guardò il fascio di luce che filtrata dalla grata e disegnava una scacchiera sul pavimento del carro che sobbalzava. Rimase a fissare quell'ultimo spiraglio di luna, come un'innamorato che sta per perdere tutto. Ogni tanto qualche albero impediva alla luce di passare. Il vento di quella notte sfregava sulla grata della finestra del carro producendo un sibilo malinconico. David sentì la tristezza farsi forza su per la gola. Una lacrima gli scese sul viso, avevano fallito. Tutto ciò che la gente aveva sperato nella loro partenza era ormai perduto. "Abbiamo fallito"disse David sottovoce.
Il vento soffiò ancora una volta dentro il carro ululando.
"Pure il vento piange" continuò, "sta cantando la nostra dipartita." Elis aveva smesso di piangere.
"Che Cosmo faccia dire al vento che fino all'ultimo abbiamo sperato". Il vento fece un ululato. A David sembrò di sentirgli sussurrare un vado.

Come ogni notte si era recato sulla roccia che dava sullo strapiombo che si trovava oltre il bosco. Era seduto a gambe incrociate, il bastone sulle ginocchia. Quella sera il vento raccontava storie. Guardò davanti a se e vide alcune foglie giocare a rincorrersi nel vuoto, portate dal vento. Intanto le fronde degli alberi cantavano una melodia a cui lui non prestava attenzione. Chiuse gli occhi per concentrarsi su cosa dicesse il vento alle foglie per farle cantare. Ululati tetri scivolavano tra i rami degli alberi quella sera. Gli alberi ascoltavano e piangevano, piangevano disperati.
Spalancò gli occhi e si alzò in piedi lanciando il suo bastone nodoso di lato. Corse sulla punta della roccia. Il freddo della pietra gli salì su per i piedi. Prese un respiro profondo:
"Zora mi nara?*" gridò.
Un ululato di risposta.
Sgranò gli occhi, si voltò e saltò giù dalla roccia, correndo verso il bosco. L'erba umida gli bagnava i piedi. Gli alberi continuavano a frusciare e il vento ululava. Le foglie secche, dell'autunno passato da due stagioni, scricchiolavano al suo passaggio. Gli alberi continuavano a frusciare sempre più forte. Saltò un tronco coricato per terra e arrivò ad una piccola radura vicino ad un sentiero. Sentì degli zoccoli di cavallo e un carro che stisciava stanco le ruote ferrate lungo il sentiero. Corse al centro della radura e, con il suo bastone, incise nel terreno un cerchio. Ci si mise al centro e piantò il bastone nell'erba. Cominciò a girarci in torno correndo.
"Zum ri, zum ri**" cominciò a ripetere. Corse più veloce e ripeté la cantilena ad un ritmo più rapido. D'improvviso il cerchio s'illuminò e il bastone si conficcò nel terreno.

Una lacrima scese sul viso di David. Ripensò agli amici che non avrebbe più rivisto. Poi sentì una voce all'esterno del carro. Era primo.
"Fratelli, io vado avanti per avvertire il nostro signore, voi scortate il carro." E partì al galoppo con il suo diabolico destriero che nitriva rabbioso.
David mugugnò triste. Elis rise.
"Perché ridi?" Gli chiese lui;
"Ripensavo a quando eri caduto con la faccia nella..." rise dinuovo. David si ricordò, ma nonostante il disgusto cominciò a ridere pure lui.
"David..." Lo chiamò lei, "Vedrai che andrà tutto bene, sei il figlio di Cosmo dopo tutto, qualcuno ci salv..." uno scossone violento fece saltare il carro che uscì di strada. Si sentì un nitrito. I cavalli agganciati al carro non potevano scappare. David sentì lo sguainare delle spade dei guardiani. Si sentiva rumore di passi pesanti, fruscii di foglie e tronchi che si spostavano. Poi si sentì il clangore di un'armatura che veniva schiacciata, poi un'altra. Il cocchiere della carrozza aprì il carro, il cappuccio rivolto verso David. Una mano grigia e nodosa afferrò la spada dalla cinghia. La estrasse. Mise un piede nel carro e fece per salire, poi un enorme gamba di legno lo travolse e lo scagliò via. Un tonfo, poi i cavalli smisero di nitrire. C'era silenzio, un silenzio assordante. Il vento pungente di quella sera entrava nel carro e riempiva l'aria di un forte odore di pino e di resina. Si sentirono dei passi e una voce sommessa. Pronunciava parole insensate che David non capiva. I passi si facevano più vicini, ma sempre con maggiore cautela. Poi, una piccola mano ossuta sbucò da un lato del portone spalancato del carro. Si affacciò un buffo mascherone di legno dipinto. Rappresentava un volto, con grosse zanne di cinghiale. Dal capo gli spuntavano delle grosse foglie verdi, sotto le quali erano incisi gli occhi. La creatura saltò sul carro. Era magra e ben slanciata, ma stava in una posizione rannicchiata, come per camminare a quattro zampe. Teneva il suo bastone con entrambe le mani e saltellava velocemente da una parte all'altra del carro. Quando vide David si fermò e si tolse il mascherone. Il volto era nascosto da un cappuccio dal quale si intravedevano solo due occhi che brillavano. Si avvicinò fissandolo. David premette la sua schiena contro la parete del carro su cui era poggiato. Intanto la creatura avanzava. Era vestita con un lungo mantello verde con il cappuccio. Addosso aveva una veste a maniche lunghe dello stesso colore del mantello e ai piedi portava dei sandali dai quali spuntavano dei piedi sporchi di terra scura. In mano teneva un grosso bastone nodoso, con la punta inarcata. David notò che pure Elis era spaventata e guardava lo sconosciuto con aria confusa. La creatura si avvicinò a David e si bloccò. Allungò una mano come per toccarlo sul volto, poi ritirò il braccio di scatto. L'omuncolo si rannicchiò in un angolo e, con la testa rivolta verso la parete del carro, cominciò a borbottare, contando con le dita. Dopo qualche istante si voltò di scatto e fece un urlo di gioia.
"L'Angelus!" Esclamò e corse fuori dal carro. David era confuso. Chi era sto tipo e come aveva capito che lui era l'Angelus? Lui non aveva nemmeno sentito il fuoco dentro di sé in quel momento, quindi non era chiaro come quella strana creatura lo avesse capito.
"Lo conosci?" Chiese Elis sottovoce. David scosse la testa. La luce della luna illuminava il volto di Elis, mettendo in risalto l'incredulità e lo sconforto. David la fissava. Era molto bella e i suoi occhi verdi brillavano quella sera. Brillavano di confusione che esplodeva in quel silenzio assordante. Il vento aveva smesso di agitare gli alberi e l'aria era ferma. Michael tossì, spezzando il silenzio. Elis si accostò a lui, per quanto le catene glielo consentivano e cominciò a sussurrargli qualche cosa all'orecchio. David invece si voltò verso Susan che sembrava dormisse. Quando Guaso era stato ucciso il suo marchio sul volto era diventato incandescente, quasi come se potesse sparare scintille, e lei aveva gridato straziata dal dolore. Poi era svenuta. David la fissò, i capelli neri le erano scivolati via dalla cuffia e le ricadevano sul viso. In quel momento si mosse. Alzò la testa per guardarsi intorno. Si voltò verso David che la guardava a bocca aperta. Lei sostenne il suo sguardo, con un po' di perplessità. Poi si ricordò della morte di Guaso e si mise le mani sul volto. David intanto la continuava a fissare sbalordito. Il suo aspetto era cambiato. Il marchio era scomparso e ora non aveva più il muso prominente. Aveva le fattezze di una ragazza normale, umana, solo con la pelle da argoniana. Aveva gli occhi verdi, il viso era tondo come il naso e le labbra erano ben definite, con un aspetto "morbido".
"S-S-Susan?" Domandò David balbettando.
"Darcey" lo corresse lei.
"Darcey è il mio vero nome, Susan era il nome che mi aveva dato Guaso". Sorrise, mostrando una fila di denti bianchi e ben allineati. Era un sorriso carico di libertà. David non sapeva cosa dire e si voltò verso Elis per cercare un aiuto. Anche lei era sbalordita. Darcey scoppiò in una risata di gusto.
"Con la morte di Guaso noi argoniani siamo finalmente liberi." I suoi occhi sprizzavano di allegria.
Improvvisamente Darcey si zittì. Aveva sentito un rumore fuori dal carro, un rumore di passi e un tintinnò di chiavi. Sulla porta comparve dinuovo l'omuncolo misterioso. Teneva in mano le chiavi delle catene del carro. Andò da David e infilò la lunga chiave nel lucchetto che scattò e lui fu libero. L'ometto gli lanciò le chiavi e corse fuori dal carro. David slegò gli amici che furono liberi dalle catene. L'ometto comparve dinuovo sulla soglia del carro. La luce della luna lo illuminava da dietro, nascondendo il volto sotto il cappuccio. Guardò David e fece un cenno con la mano.

"Seguimi".

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*Che cosa succede?
**Risvegliatevi
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Angolo autore:
Ringrazio tutti di cuore per la pubblicità che mi avete fatto, perché le visualizzazioni sono molto aumentate. Vi prego di continuare a pubblicizzarmi e di commentare i capitoli. Per il resto spero che la storia vi piaccia e che non sia troppo confusa. Buona lettura!

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