Tredici (parte uno)
Fu necessario uno strattone perché Natsuko potesse risollevare la propria coscienza dalla nube vorticosa in cui essa era finita, mentre un peso alla bocca dello stomaco la schiacciava così tanto da provocarle l'impulso di vomitare. Lo strattone in questione era quello di Kushieda-no-Wataru, il quale, alzatosi di scatto, la tirò a sé con un ringhio, guardandosi attorno con circospezione, come se stesse cercando qualcosa nella penombra sala semibuia in cui erano.
-Che diamine succede, per gli dèi? - proruppe Hōjō-no-Nagatoki in tono secco. - Cos'ha detto questa donna? E perché d'un tratto sembrate allarmato anche voi, Kushieda?
-La figlia dei Kanayama non mente - annunciò Wataru, lapidario. - La vostra dimora è sotto assalto degli Oni.
Lo Shikken tacque, come pietrificato. Quanto a Natsuko, non aveva bisogno che qualcuno le desse ragione per rendersi conto che il pericolo che aveva avvertito era sempre più imminente, una presenza dannata.
Come poco prima, l'urlo di un uomo, probabilmente un membro della servitù, corroborò quanto appena detto da lei e da Kushieda-no-Wataru. Il lamento sembrava provenire dall'esterno dell'edificio, con tutta probabilità dal cortile di ingresso. La voce, dapprima forte e vigorosa, fu d'un tratto strozzata da qualcosa che la ridusse a un lamento schiumoso. Natsuko deglutì, immaginando gli artigli di quelle abominevoli creature tranciare le carni e le costole della disgraziata vittima che aveva incrociato il loro cammino.
-Nagatoki-dono, ho bisogno che mi ricordiate come è strutturata questa proprietà. Se vi siano entrate oltre a quella principale, quali stanze siano più lontane da essa, possibili vie di fuga... tutto ciò che mi direte avrà enorme importanza - disse l'uomo rivolgendosi al reggente dello Shogun.
-Cosa intendete fare? - rispose l'altro.
-Anzitutto, stabilire quale sia il luogo più sicuro in cui scortarvi e in cui radunare i residenti di questa tenuta. Ma ho anche necessità di capire da dove potremmo inviare una richiesta di aiuto. Percepisco la presenza di almeno dieci Oni: mi sarebbe impossibile occuparmi di ciascuno di essi da solo.
-La tenuta è cinta da un muro esterno alto circa quattro metri, come avrete avuto modo di osservare. Il cancello principale è il solo ingresso utilizzato.
-Com'è possibile siano entrati, se si tratta dell'unico accesso? Ricordo chiaramente di aver visto la servitù chiuderlo quando sono arrivato. Non credo che gli Oni sarebbero riusciti ad arrampicarsi lungo una tale altezza.
-In realtà, un tempo, a sud-est c'era un angolo della cinta muraria nel quale era stato ricavato un accesso di servizio per il transito di cibo e beni di prima necessità, in modo da far entrare questi ultimi da un ingresso diverso rispetto a quello di ospiti illustri e funzionari. Quando la porta ha cominciato a cedere sotto il peso degli anni e dell'umidità è stata sbarrata in attesa di sostituirla. Con il clima delle ultime settimane...
-Assumendo sia quello il punto del loro ingresso... qual è invece il posto più lontano da esso?
-A nord-ovest, dove si trova il padiglione in cui risiedono le donne e i bambini. La sala in cui ci troviamo in questo momento, invece, è sul lato settentrionale.
Kushieda-no-Wataru afferrò una delle candele che illuminavano la stanza e fece cenno a Natsuko e allo Shikken di fare altrettanto, dopodiché indicò la porta scorrevole che li separava dai corridoi.
-Se è il punto più lontano dall'entrata, è opportuno raggiungerlo. Le persone in quel padiglione potrebbero essere ancora ignare del pericolo che corrono, e quelle stanze potrebbero essere attualmente le più sicure proprio in virtù della loro lontananza, se riuscissimo a sbarrarne gli ingressi. Mi auguro vi sia almeno una camera priva di finestre e pannelli scorrevoli, vista la facilità con cui la carta di cui sono fatti si strapperebbe.
Hōjō-no-Nagatoki annuì.
-Al centro del padiglione c'è un locale in comune usato per riporre oggetti, coperte e vestiti delle mie concubine. Possiede una sola porta, in legno.
-In tal caso dobbiamo sbrigarci ad arrivare lì e radunare in quella stanza quante più persone possibili. Dopodiché, chiederò a uno dei vostri uomini il coraggioso favore di accompagnarmi al cancello di ingresso. Mentre terrò impegnati i demoni e tenterò di ucciderne quanti più potrò, dovrà arrivare al palazzo militare. Data la vicinanza a casa vostra, non servirà un cavallo. Se gli dèi vorranno, degli aiuti potrebbero essere qui nell'arco di un'ora.
Lo Shikken fece nuovamente un cenno di assenso col capo, con l'aria di chi non aveva altra scelta se non affidarsi alle direttive di qualcuno più esperto per barcamenarsi nella situazione disastrosa in cui versava. Natsuko, nel seguire i due uomini, immaginò che per una personalità abituata a muovere le fila di un governo tale passività dovesse essere particolarmente frustrante. Quanto a lei, ormai avrebbe potuto dire di esserci abituata. Da giorni, ormai, era in totale balìa degli eventi.
Il reggente del sesto Shogun fece da guida a mezza voce, dando istruzioni a Kushieda-no-Wataru, che apriva il piccolo drappello per scortarli ed essere in prima linea in caso di attacco. Anche alla flebile luce di una candela, quei corridoi erano un labirinto in cui Natsuko non trovava alcun punto di riferimento. Solo un dettaglio le tornava alla memoria, e proprio quello la terrorizzava.
Quando giunsero sulla soglia della passerella di legno che connetteva l'edificio principale della residenza al padiglione delle donne, Wataru si arrestò, guardingo. La pioggia si era arrestata temporaneamente, garantendo una visuale migliore. Lo Shikken non tardò a fermarsi anch'egli e così la giovane. Quel tratto di strada all'esterno, esposti a quei mostri e ai loro attacchi, le faceva tremare le gambe al solo pensiero. La sensazione che la loro presenza la seguisse continuava a provocarle un malessere diffuso.
Wataru cominciò a percorrere la passerella con passi insolitamente lenti. Natsuko si sporse in avanti e strizzò gli occhi per tentare di distinguere nell'oscurità la massa informe che si parava davanti al guerriero.
Avvicinandosi, capì che sarebbe stato meglio non averlo fatto. Una figura riversa a terra giaceva in un liquido tenebroso che restituiva alla notte il sottile riflesso della luna. Anche senza poterne distinguere il colore, l'odore dolciastro e metallico non lasciò dubbi alla ragazza sulla vera natura del fluido.
Wataru mosse delicatamente il corpo, steso con il ventre sulle assi lignee, per girarlo supino. Con orrore, Natsuko notò che la mano sinistra era stata strappata con violenza dal braccio, dal quale rivoli di sangue si diramavano a sporcare il legno come una tela sporcata da un pennello.
-Nagatoki-dono. - La voce del giovane aristocratico tremava. - Non vi consiglio di avvicinarvi.
Quella raccomandazione, al contrario, ebbe il solo risultato di spingere Hōjō-no-Nagatoki ad approcciarsi alla straziante scena con fare concitato.
-Che gli dèi mi aiutino - sibilò. -Si tratta di Tsubaki. Cosa le hanno fatto...
Natsuko deglutì con fatica. I suoi occhi si erano abituati abbastanza al buio da distinguere un profondo squarcio che spaccava a metà il volto di colei che un tempo era stata la concubina dello Shikken e poi proseguiva, come un'incisione, fino al ventre che poche settimane prima aveva dato alla luce la sua bambina.
-Vi esprimo le mie sentite condoglianze - tornò a parlare Wataru. -Ma temo che non avrete il tempo di piangere la signora. Se il suo corpo era qui significa che ci eravamo sbagliati, gli Oni sono già giunti in questa zona del...
Quasi come a terminare la frase dell'uomo, un verso inumano precedette una sagoma nera che si fiondò contro la passerella, fendendo una mano artigliata per colpirlo.
Natsuko urlò, incapace di muoversi. Wataru riuscì a evitare di farsi colpire con un balzo all'indietro. Dal fodero dell'armatura leggera che indossava quella sera, la ragazza lo vide sguainare quella che sembrava una spada corta e iniziare a combattere con l'orrida creatura, la quale rispondeva ai fendenti ostacolati dal buio con scatti volti ad azzannare e squarciare le carni coi suoi artigli. Al contrario del guerriero, l'Oni sembrava godere di una vista perfetta nonostante la scarsa illuminazione.
Natsuko avvertì una stretta al petto. Hōjō-no-Nagatoki le afferrò un braccio, ma prima che potesse chiederle nulla la giovane si voltò e, quasi come se non avesse il controllo del proprio corpo, annunciò:
-Ne arrivano altri.
Continuò a fissare il cortile, fin dove i suoi occhi riuscivano a spingersi. La sensazione che l'aveva accompagnata lungo il tragitto tornò a intensificarsi, accompagnata dalla gelida consapevolezza che il figlio dei Kushieda non avrebbe certamente potuto tener testa a più di un Oni alla volta e che sia lei che lo Shikken erano disarmati. Nessuno sarebbe venuto in suo soccorso, stavolta. Mentre udiva il ringhio di un secondoOni avvcinarsi, ricordò la conversazione avuta poco prima con Kana. Lo spettro le aveva promesso che sarebbe tornata a parlarle. Non avrebbe mai avuto modo di farlo: non l'avrebbe più trovata viva, senza nemmeno poter comunicare a Daichi della tragica sorte che aveva ucciso sua sorella adottiva.
Natsuko non si stupì di star spendendo i suoi ultimi minuti di vita per pensare a Daichi. Non gli aveva perdonato tutti i segreti che le aveva nascosto, l'averla tenuta all'oscuro della situazione in cui si trovava la loro famiglia. Ma non occorreva il perdono per desiderare comunque, sopra ogni cosa, di rivederlo. Sapere che sarebbe morta senza poter dire addio a Daichi, senza prepararlo a quel momento, era più straziante che presagire la fine.
Proprio mentre era immobile ad aspettare che le fauci o gli artigli di uno degli abominii della notte che li assalivano ponesse fine alla sua vita, fissando le tenebre che avvolgevano il cortile della tenuta degli Hōjō, l'immenso piazzale si illuminò d'un tratto come se fosse giorno.
La fonte della luce investì la ragazza, provocandole un brivido al contatto con la pelle infreddolita; i due demoni che li avevano assaliti avevano preso ad ardere e a contorcersi su sé stessi. Davanti a loro, come in una tetra, enorme apparizione di fuochi fatui, cominciarono a risplendere tra le fiamme i corpi di altri mostri, che evidentemente li avrebbero raggiunti e dilaniati a momenti, non fosse stato per quel fuoco salvifico.
Natsuko non aveva bisogno di voltarsi per capire chi li avesse protetti. Avvertiva Kana alle sue spalle. Kushieda-no-Wataru, invece, una volta recuperato il fiato perso durante il combattimento, si avvicinò allo yurei con fare circospetto.
-Uno spettro di fuoco qui? - Con uno scatto fulmineo, afferrò il braccio di Natsuko con tanta forza da farla sibilare dal dolore. - Donna, tu sei una...
-Non c'è tempo! - lo interruppe perentoria Kana. - I miei poteri non sono certo riusciti a ucciderli tutti. Ne stanno arrivando altri, figlio dei Kushieda, sono certa che tu lo percepisca tanto quanto me. Dovete mettervi al sicuro.
Wataru inspirò profondamente, per poi allentare la presa su Natsuko e rivolgersi a Hōjō-no-Nagatoki. La ragazza realizzò solo allora che per lo Shikken, sprovvisto di una pietra speciale e di poteri sciamanici, vedere Kana sarebbe stato impossibile. Quella che doveva essere apparsa come la combustione spontanea di un gruppo di creature demoniache sarebbe stata una visione ardua da spiegare.
-Hōjō-dono, mi rendo conto che sarete scosso, adesso. Ma dovete assolutamente entrare al riparo come pianifcato. Sembra che il destino ci sia venuto in aiuto. Andate, io resterò qui. La sola cortesia che vi chiedo è di trovare un membro della servitù che sia disposto a seguirmi al cancello principale. Se troveremo qualcuno che corra al palazzo del Bakufu, forse riusciremo a evitare altre vittime.
Lo Shikken, sorprendentemente, non obiettò. Sebbene una raffica di interrogativi potesse essere una reazione più che lecita, Hōjō-no-Nagatoki parve rivestirsi del solito, regale contegno di cui si impregnava in ogni occasione formale e annuì. Se tale contegno fosse reale o posticcio, visto il recente lutto e la totale ignoranza su quanto stava accadendo in casa sua, Natsuko non avrebbe saputo dirlo.
-Faremo come raccomandatoci. Ojosan- chiamò il nobiluomo rivolgendosi a lei.
A quell'invito a Natsuko, Kana, nonostante la necessità di mantenere alta la guardia per individuare altri demoni, si voltò con espressione corrucciata. La ragazza notò immediatamente quella reazione insolita.
-C'è qualcosa che non va? - domandò.
-Questo dovrei dirlo io - rispose lo Shikken, ignaro di non essere lui l'interlocutore a cui era rivolta la domanda.
-Natsuko-san...- Lo spettro parve esitare.
Ma senza bisogno che la frase di Kana fosse terminata, d'un tratto, Natsuko comprese.
Nella sua testa balenò il ricordo dell'ultima frase che Kana aveva pronunciato nella loro conversazione avvenuta quella sera, prima di dileguarsi.
"A convocarmi sei stata tu."
Fu difficile accettare che quelle parole così assurde potessero corrispondere a verità, ma tutti gli eventi di quella notte non facevano che confermarlo: Kana non avrebbe mai saputo dove trovarla, la prima volta che era apparsa davanti a lei. La seconda volta, pochi istanti prima, pur conoscendo la sua posizione era impossibile che il suo intervento proprio al momento giusto fosse dovuto al caso o a un incredibile tempismo.
E man mano che univa i fili della macabra trama appena scoperta, sommandoli a tutti i sintomi fisici che manifestava quando si trovava in presenza di un essere sovrannaturale, Natsuko giunse a una terza conclusione, che trovò conferma negli occhi della yurei dall'aura color fiamma.
A essere lì a causa sua non era solo Kana.
-Nagatoki-dono, perdonatemi, ma dovrete andare avanti senza di me. - Oramai ne era certa: se si fosse rifugiata nell'edificio a pochi passi da loro
-Che cosa avete detto? - Lo Shikken aveva il tono di chi era poco propenso a tollerare burle o idiozie, e pareva aver percepito il rifiuto a correre verso la sicurezza come appartenente a entrambe le categorie.
-Soldato, persuadete lo Shikken - intervenne Kana. - Fate in modo che si convinca. Se Natsuko-san dovesse recarsi dentro quel padiglione la situazione potrebbe diventare pericolosa per chi vi alloggia.
Kushieda-no-Wataru, al contrario di Nagatoki, parve recepire al volo il messaggio.
-Nagatoki-dono, la massima priorità è proteggere voi e la vostra famiglia. Forse sarebbe meglio se voste voi, da solo, ad avvertirli e radunarli: probabilmente vedere un volto sconosciuto potrebbe generare incomprensioni e farci perdere tempo prezioso. Noi vi raggiungeremo a momenti. Vi siete affidato alla mia famiglia in un momento così oscuro dell'Impero. Vi ringrazio per l'onore della vostra fiducia, ma adesso è il momento in cui più necessito che diate ascolto alle mie parole.
Hōjō-no-Nagatoki cominciò a muovere alcuni esitanti passi all'indietro, verso l'entrata del padiglione.
- Vi concedo la mia fiducia anche stavolta, nella più tremenda delle situazioni. Mi auguro sia ben riposta.
Lo Shikken si voltò, percorrendo la poca distanza rimasta tra lui e l'ingresso dell'edificio in cui risiedevano i propri familiari, per poi sparire all'interno di esso. Appena la sua sagoma non fu più visibile, Wataru non ebbe più alcuna remora.
-Hi-no-yurei, mi pare di aver capito che la tua signora sia fuori controllo. Gli Oni sono attratti da lei come falene attirate da un lume.
-Non è la mia signora - ribatté Kana. - E proprio per questo scarso controllo dell'energia spirituale sono stata in grado di trovarvi. Questo non mi pare il momento per discutere dell'argomento, figlio dei Kushieda. Presagirai come me che vi sono diversi altri Oni in questa proprietà, e ne arriveranno altri prima che possa albeggiare e siano meno propensi a vagare per la capitale.
L'uomo, con uno sbuffo, parve acconsentire a concentrarsi sulla faccenda.
-Se riuscissimo a chiamare dei soccorsi fra i guerrieri dello shogunato riusciremmo ad attendere l'alba e a mettere al sicuro la tenuta senza bisogno di rivelare i tuoi poteri, ma ci resta un dilemma: qualcuno dovrà recarsi lì dopo aver aperto il cancello. Usare la porta di servizio da cui entrano gli stessi Oni sarebbe un suicidio.
-Kana-san- intervenne Natsuko. - Non basterebbe che usassi i tuoi poteri fino all'alba per uccidere i demoni?
-Essere uno yurei non mi rende invincibile- ribatté lei. - L'energia spirituale che adopero termina se ne abuso, come accade per gli sciamani. Certo, se avessimo un altro yurei qui con noi il bilancio di forze cambierebbe. Percepisco in te l'energia di chi è affine all'arte dell'Evocazione, Kushieda-sama. Se riuscissi a convocare qui lo yurei che serve la tua famiglia, colei che ho combattuto, potremmo darvi il tempo di trovare qualcuno che si rechi al palazzo.
-Impossibile - dichiarò categorico il guerriero. - Le mie capacità non sono tanto affinate da permettermi di raggiungere uno yurei così lontano.
-Kana-san - chiamò nuovamente Natsuko, interrompendosi poi per prendere un respiro profondo e dominare le proprie emozioni. Nessuna persona con la ragione intatta avrebbe detto quel che stava per dire o fatto quel che aveva intenzione di fare. - I tuoi poteri sono in grado di guadagnare almeno un'ora di tempo?
-Combattere fino all'alba sarebbe impossibile, ma credo che non avrei problemi per un'ora.
La ragazza scoprì di avere la bocca completamente secca. Forse una piccola parte di lei sperava che la risposta dello spettro fosse negativa, ma d'altro canto sentiva di non avere una scelta, in quel frangente. Lei era la causa di quell'attacco, per qualche ragione inspiegabile, e lei soltanto poteva rivelarsi cruciale nel porvi fine.
-Wataru-sama, sarete voi a dover uscire da questo cortile e recarvi a palazzo.
-Sei impazzita, per caso? - ribatté quello. - Per ora la pioggia sembra averci dato una tregua, ma non so se mi permetterà di essere qui con dei rinforzi entro un'ora. Il. terreno fangoso non aiuta in ciò. Se io non fossi qui quando il tuo spettro esaurirà le forze, sia tu che il resto del clan Hōjō sareste condannati a morte. E per quanto il tuo destino potrebbe risultarmi indifferente in altre circostanze, hai ancora molto da rivelarmi, figlia dei Kanayama.
Natsuko ignorò quell'affermazione criptica e scosse la testa. Cominciava ad avvertire di nuovo il presagio che i demoni fossero vicini, perciò cercò di concludere quella conversazione il più velocemente possibile.
-Serve un uomo forte e giovane per raggiungere il palazzo dello shogunato in tempo; nel padiglione delle concubine non vi sono che donne e bambini. Se anche ci affacciassimo dentro il palazzo principale e trovassimo un servo disposto a rischiare la vita per attraversare questo cortile, non avrebbe con sé nulla per provare che a mandarlo lì è lo Shikken, e dubito abbiate voglia di cercare sigilli del clan Hōjō in giro. Voi sareste riconosciuto subito da chiunque e godete di buona credibilità.
La ragazza si interruppe, poi fissò Kana negli occhi. Fino a poche ore prima non avrebbe mai immaginato che nel giro di una notte sarebbe arrivata a credere all'esistenza degli yurei, tantomeno a fidarsi di una di loro dopo averla incontrata un paio di volte appena. La meravigliosa e spettrale immagine femminile sembrò capire cosa Natsuko avesse intenzione di fare senza bisogno di parole.
-È un grave rischio - surssurrò come per avvertirla.
Ma Natsuko aveva già iniziato a correre con le sue poche forze verso il centro del cortile.
Si trattava di uno spazio infinitamente più vasto di quello che circondava casa sua. Non vi erano edifici in legno o strutture facilmente incendiabili nell'arco di svariati metri. Nulla che potesse essere lambito dalle fiamme, eccetto il corpo degli Oni... o il suo.
Udì il grido di Kushieda-no-Wataru, ma non vi prestò caso. In un istante, Kana si materializzò nuovamente al suo fianco in tutta la sua eterea bellezza. Per un secondo avvertì la stretta al petto alleviarsi, ma sapeva che gli Oni non avrebbero tardato a individuarla nuovamente.
-Natsuko-san, sei sicura di quello che stai facendo?
-Non credo ci siano alternative - affermò lei, atona, tentando di apparire sicura. - Il tempo è prezioso come le gemme di un gioiello in questo momento. Non possiamo rischiare di perderlo per cercare un domestico che potremmo non trovare neanche vivo. E soprattutto non desidero che vengano coinvolte altre persone. Qualsiasi spiegazione tu intendessi darmi, accetto la realtà, e la realtà è che la causa di questa disgrazia sono io. Voglio evitare altre vittime. Mi aiuterai?
Lo spettro si lasciò sfuggire l'accenno di un sorriso.
-Daichi non mentiva quando lodava la tua generosità. Ti aiuterò finché avrò forze. Ma non so quanto riuscirò a tenerli lontano da te.
-Forse non è necessario. Il figlio dei Kushieda ha ragione a descrivere i demoni come falene attratte da un lume. Se riuscissimo a rendere questo lume in grado di bruciarle...
Kana sussultò. Sembrava aver capito, ma allo stesso tempo appariva incerta.
-Posso farlo. Ma per quanto sia sotto il mio controllo, il fuoco danza irrequieto, tentando di rompere gli schemi che impongo. Non posso garantire che non verrai ferita.
Per la prima volta in giorni, Natsuko non vacillò.
-Non ha importanza, sono disposta a rischiare. Ma sento che quelle creature sono sempre più vicine, dobbiamo sbrigarci!
Senza ulteriori cerimonie, Kana alzò un braccio. La visuale di Natsuko, abituata ormai alle tenebre notturne, fu stordita da un tripudio rovente di sfumature arancioni, dorate e scarlatte. Una cupola di fiamme si materializzò attorno a lei e ne coprì il corpo, separandola dal resto della realtà.
Non vide più nulla di quel che accadeva al di fuori della sua gabbia infuocata. L'ultima cosa che le parve di scorgere, aiutata dall'improvvisa luce generata dal potere di Kana, fu la figura di Kushieda-no-Wataru, arresosi alla consapevolezza che non sarebbe tornata sui suoi passi. Lo vide correre verso il cancello d'ingresso, ma non ne sarebbe stata così certa. Forse non era certa di nulla. Il rilascio dell'energia della yurei che aveva vicino, unita all'opprimente malessere che le annunciava che i demoni erano ormai vicini al suo corpo, le stava annebbiando la coscienza.
Dopo quello che avrebbe quantificato come un minuto si sentiva ebbra come quando provava a bagnarsi le labbra con un sorso di sakè. Fu il suono inaspettatamente piacevole della carne putrida di un Oni che sfrigolava contro la cupola di fuoco, segno che la protezione di Kana stava funzionando, a dare al suo corpo il colpo di grazia. Natsuko cadde a terra, il volto rovente e la fronte imperlata di sudore. Conscia di star perdendo i sensi, pregò qualsiasi entità divina l'avesse a cuore affinché la sua strategia non le risultasse fatale. Scivolò lentamente nell'oblio, pregando per una seconda grazia.
Se proprio è giunta la mia ora, che almeno il mio gesto non mi porti via da questa terra prima di rivedere Daichi.
*****
Ciao a tutti!
Sono sparita per un bel po' a causa degli esami universitari, ma alla fine ce l'ho fattaa finire questo capitolo!
Se dicessi di essere soddisfatta mentirei, tutta la mini "saga" di Natsuko a casa dello Shikken mi sta prosciugando, ma si tratta di capitoli assolutamente necessari e che ho dovuto reinventare più volte in quanto nella stesura originale non c'erano. Ho spezzato questo in due parti perché la seconda sarà direttamente correlata e ripartirà da dove si interrompe questa.
Intanto spero che il nuovo capitolo sia piaciuto! Probabilmente è uno dei più dinamici finora. Dopo lunghe introduzioni e spiegazioni la storia comincia a entrare nel vivo!
A presto,
Kincha007
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