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Quindici

-Fossi in te eviterei di ucciderla, ottuso e precipitoso impiastro.

Wataru aveva fatto appena in tempo a compiere un impercettibile movimento verso l'elsa della spada corta che portava alla cintola prima di ricevere quegli insulti. Arrivavano dalle loro spalle, laddove Kushieda-no-Kiyotaka si trovava, appoggiato in parte al suo bastone e in parte all'entrata del santuario di famiglia. Satomi trasalì, anzitutto perché non si aspettava che l'esorcista si trovasse lì, ma soprattutto perché da poche frasi aveva carpito che suo fratello intendesse epurare alla radice il problema di quella ragazza.

-Voi...-mormorò il giovane.- Statene fuori e tornate nel tempio, zio. Siete qui per sostenere la barriera, evitate di lasciarla scoperta per le vostre ramanzine.

-Ho infuso abbastanza energia da potermi permettere di venire a salvarti la pelle. E non chiamarmi "zio", non ci tengo a rimarcare la mia parentela con voi. Stavi per agire di impulso come tuo solito e tagliare la gola a questa ragazza, dico bene?

Wataru non negò:

-Converrete con me che non possiamo confinarla in casa nostra a vita per evitare che attiri altri demoni e che addestrarla si rivelerebbe troppo difficoltoso, soprattutto visto che gli sciamani sono impegnati a proteggere la città dai demoni. Non capisco cosa intendiate con "salvarmi la pelle" ma, come vi ho detto, conviene che torniate alla barriera.

-Più che della barriera che cinge Kamakura, preoccupati di salvaguardare casa tua. Anzitutto, se come ho sentito, questa donna viene dal clan Kanayama e hanno anche uno spettro, non dubitare che scoprendo che hai ammazzato una loro figlia smuoverebbero cielo e terra pur di vedere ogni nostro familiare spazzato via dall'esistenza, e anche solo il pensiero di un disturbo simile in questo periodo è qualcosa che non puoi permetterti. In secondo luogo, ucciderla metterebbe in pericolo noi tre per primi. Sei uno scherzo di sciamano, questo l'abbiamo sempre saputo, ma non notare neanche una cosa così evidente mi sembra troppo perfino per te. Spero che tua figlia abbia un briciolo del talento di sua madre.

-Vecchio, vi consiglio di risparmiare le offese e parlare chiaro. Datemi una sola ragione per non sgozzare questa donna, che con la sua sola esistenza minaccia la sicurezza di migliaia di persone.

-Quel che ho detto è che la ragione avresti dovuto notarla da solo. Forse la tua giovane sorella, per quanto cocciuta, saprà illuminarti. Ha dieci anni meno di te e dieci volte la tua abilità.

Satomi non si inorgoglì a quel commento. Sapeva che "dieci volte l'abilità di Wataru" non era un complimento, per il semplice fatto che l'anziano esorcista considerava le capacità del soldato prossime allo zero. Ciononostante, dovette assecondarlo.

-Mi sono accorta che una forza sconosciuta ha attraversato la protezione spirituale di casa nostra. Non si tratta di un'energia che posso dire di riconoscere, però.

-Lo credo bene. Pochi potrebbero farlo, di certo non persone giovani come te. Ma lascia che ti mostri una volta per tutte cosa nasconde la vostra ospite e perché la sua morte ci esporrebbe a un grave pericolo.

Con inaspettata rapidità, l'uomo scattò in avanti fino a raggiungere Kanayama-no-Natsuko e afferrarla per un braccio. La ragazza, che dapprima fece per protestare, si immobilizzò come una statua e sgranò gli occhi quando lo sciamano cominciò a mormorare alcune parole a voce talmente bassa da risultare inudibili. Appena ebbe terminato, la giovane cadde in ginocchio emettendo un urlo straziante e portando una mano verso lo spazio fra i seni.

-Che co... che cosa avete fatto? - domandò col viso rigato da lacrime di dolore.

-Niente che non andrà via in qualche minuto. Satomi, scoprile il petto.

La sciamana si bloccò, prima che il parente le intimasse con un'occhiata imperativa di fare come le veniva ordinato. Non avrebbe mai pensato di entrare in contatto con un membro dei Kanayama in quel modo, eppure dovette allargare con delicatezza le stoffe che le coprivano il torace, stando attenta a non rivelare nulla di impudico finché non fosse stato necessario.
Riuscì a fermarsi dopo aver scoperto solo lo sterno, ma quel che vide la paralizzò. Come incisi a fuoco sulla carne della ragazza, uno sopra l'altro, vi erano due simboli. Quello in basso, posizionato perfettamente in parallelo a dov'era il cuore, era indecifrabile. Un tempo, forse, avrebbe potuto rappresentare un ideogramma, ma ora sembrava essere stato strofinato via di forza lasciando solo una sagoma indistinta. Quanto a quello superiore, che si trovava poco sotto le clavicole, era ancora leggibile.

-Il simbolo dell'arte del Sigillo. Ma questo è... è impossibile- mormorò la sciamana, esterrefatta, rivolgendosi a Kushieda-no-Kiyotaka.

-Come hai visto coi tuoi occhi, invece, lo è. Questa ragazza porta sul suo corpo il marchio di un sigillo sciamanico. La formula che ho pronunciato serviva a rivelare le barriere erte dagli esorcisti. La manifestazione sul suo corpo tornerà invisibile a momenti, ma è inconfondibile, soprattutto per chi, come noi due, appartiene all'arte dell'Esorcismo.

-Non avevo mai sentito di un uso simile del terzo Segreto. Viene usato per sigillare yokai all'interno di aree predefinite o per creare scudi mistici per tenerli lontani, in genere.

-Non è mai troppo tardi per fare la storia, signorina.

-Non capisco - li interruppe Kanayama-no-Natsuko. La pelle del petto stava già tornando diafana, per cui si affrettò a celarla nuovamente col kosode nero mentre parlava. -Cosa avrebbero sigillato dentro di me? E soprattutto, chi può essere stato?

-Questa seconda domanda, in effetti, è sensata - replicò Satomi verso il vecchio. Un tuono in lontananza le fece alzare lo sguardo. Nubi grigie cominciavano ad addensarsi in cielo, lasciando presagire che la tregua del meteo era finita.
-Solo le persone a guida dei rami principali dei clan possono apprendere i tre Himitsu, per evitare di diffondere eccessivamente un potere così grande. Che io sappia, nessuno dei tre clan di Kamakura fa capo a un Esorcista da decenni e coloro che hanno il comando delle famiglie Anjū e Kumohara hanno assunto quel ruolo quasi in concomitanza con mio padre. In altre parole, nessuno, a Kamakura, conosce il terzo Himitsu, quello del Sigillo, fin da prima che questa donna nascesse.

-Credo che con la risposta ad essa avremo anche le altre - spiegò Kushieda-no-Kiyotaka. Satomi lo guardò con curiosità. D'un tratto sembrava avesse acquisito una serenità e una padronanza della situazione a lungo anelate, come se avesse trasformato quelle circostanze in un momento agognato da anni. Lo sciamano, aiutato dall'onnipresente bastone, si avvicinò nuovamente a Kanayama-no-Natsuko.
-Questi sigilli non sono nuovi: Ojōsan, se affermi di essere stata adottata da bambina, sono stati imposti sul tuo corpo prima di quell'avvenimento. C'è una sola persona in tutta Kamakura, probabilmente in tutta la parte orientale dell'Impero, che può aver adoperato questa arte in quel periodo di tempo, poco più di una decina di anni fa. Me la prenderò lunga in questa spiegazione, ma i dettagli possono arricchire enormemente una storia o addirittura ricostruirla laddove si era perduta. Il destino vuole che in quello stesso periodo si siano avute le ultime notizie di quella persona. Una persona che non è neanche ignota al nostro clan. Venticinque anni fa, ha infatti gettato la famiglia Kushieda in una profonda crisi dinastica, una da cui non ci siamo mai ripresi e che ha segnato l'inizio del nostro declino, tanto morale quanto spirituale, dopo l'usurpazione di cui sono stato vittima.

-Vecchio! Non starai dicendo che...- Wataru era talmente teso da aver perso il controllo della propria voce e, per una volta, Satomi sapeva che non era per il velenoso insulto verso il loro padre, "l'usurpatore", con cui Kiyotaka aveva farcito il suo racconto. Era il suo costante girare intorno al nome della persona su cui si interrogavano ad aver portato suo fratello a quel punto, e nemmeno lei si sarebbe potuta dire tranquilla, anzi, era terrificata. Anche essendo giovane conosceva perfettamente la storia che il prozio stava raccontando. Quell'uomo stava tergiversando per raccontarla un'ennesima, fatidica volta, pregustando il momento in cui sarebbe giunto alla conclusione.

-Abbi pazienza, comportati con un contegno degno del tuo rango, per una volta. Come dicevo, c'era una sola persona capace di imporre a questa donna quei simboli. La sola esorcista il cui talento e acume fossero talmente grandi da portarla ad apprendere lo Himitsu del Sigillo senza alcuno studio, alla maniera dei primi che lo concepirono, applicando semplicemente la sua prodigiosa abilità. La vera erede designata di questo clan, Kushieda-no-Tsumugi. Mia figlia. Tua madre - disse il vecchio, rivolto a Kanayama-no-Natsuko, che si era appena rialzata da terra e rischiò, dopo quella rivelazione piovutale addosso come un fulmine a ciel sereno, di cadere di nuovo per lo stupore.

Satomi non poteva dirsi in uno stato migliore, dopo che quelle parole avevano trasformato la sua paura in realtà. Paura, sì, paura di dover accettare come verità la follia appena dipintale nella mente dall'anziano parente. Perché poteva superare che la giovane Kanayama fosse una sciamana ma mai, nemmeno nella parte più recondita si sé, sarebbe stata in grado di accettare di condividere con lei un legame di sangue, era una prospettiva talmente assurda che la sua testa la rifiutava spontaneamente.

Né la giovane sciamana né Wataru furono in grado di proferire parola, impegnati com'erano a tentare di credere al racconto di Kiyotaka. L'unica che riuscì a parlare fu proprio la causa del loro dibattito.

-Siete assolutamente sicuro che non si tratti di un errore? - Per la prima volta Satomi si trovava a concordare con lei.

-Sono passati decenni dall'ultima volta che ho visto mia figlia esercitare lo sciamanesimo in mia presenza, ma riconoscerei la sua energia spirituale a occhi chiusi. L'arte praticata sul tuo corpo ne è intrisa, ragazza.

-Tutto questo resta privo di senso - ribatté finalmente Wataru. - Anche se Tsumugi-sama fosse responsabile dei sigilli, come potete dire che sia lei la madre di questa ragazza?

-Onīsama, non credo vi siano altre spiegazioni - rispose mesta Satomi, con voce flebile. Conoscevano entrambi la storia di Kushieda-no-Tsumugi abbastanza bene da non poter immaginare altri scenari. 

La donna, cugina del loro padre, era stata effettivamente l'erede designata del clan: non solo proveniva da un ramo più anziano, ma il suo talento, in particolar modo, l'aveva messa in risalto fin da bambina. Tsumugi era un'esorcista a dir poco fenomenale. Mentre era stata in vita, nell'area di Kamakura nessuno aveva dovuto temere gli attacchi di uno yokai o di uno spettro. Perlopiù, Kiyotaka non aveva mentito: la defunta sciamana aveva appreso con le proprie forze e l'ingegno un'arte millenaria che avrebbe richiesto a chiunque tre anni di studio solo per essere messa in pratica, per non parlare del perfezionamento. 

A sedici anni, prima di recarsi a Izumo pr ricevere istruzione ufficiale sullo Himitsu, Tsumugi aveva prodotto da sola un rudimentale sigillo. Chiunque ne era rimasto estasiato. Il clan, per lungo tempo, era stato convinto che dopo il percorso di formazione a Izumo, alle pendici dello Yomi, Tsumugi sarebbe tornata, sposata, dando al clan stabilità e prestigio e guidandolo con saggezza. Purtroppo, tutto ciò non era mai avvenuto. La giovane era sì partita, ma non aveva fatto ritorno a seguito di un lungo percorso di studi per perfezionare il terzo Segreto. A Izumo, Tsumugi non era mai nemmeno arrivata. Tradendo le aspettative e le speranze di decine di persone, nel momento più vitale e delicato, la donna era sparita. Le ricerche, durate settimane, erano state vane. Avvalersi degli spettri per trovare un'esorcista sarebbe stato alquanto ostico, ma non impossibile. Il loro repellere gli spiriti poteva essere, paradossalmente, proprio la chiave per trovare la loro ubicazione. Non riuscendo a farcela nemmeno in tal modo, la famiglia era giunta a una sola, inquietante conclusione. Tsumugi doveva aver creato una barriera mistica; in altre parole, non voleva essere trovata.

Una crisi dinastica aveva effettivamente sconquassato i Kushieda, che avrebbero dovuto affidarsi a un nuovo erede dopo aver per anni confidato di averne già trovata una in seguito alla probabile estinzione del vecchio ramo principale. In quel contesto, pochi mesi dopo la scomparsa della figlia, Kushieda-no-Kiyotaka aveva scongiurato, giurato e spergiurato pur di evitare quell'evenienza. Aveva assicurato che sarebbe stato in grado di riportare Tsumugi a casa propria, ma dopo tutto quel tempo, nessuno era disposto a credergli. La ragazza era la sua unica erede, era ormai alla soglia dei quarant'anni e sua moglie, da sempre cagionevole di salute, non aveva retto al colpo, lasciando presagire che si sarebbe presto consumata fino a spegnersi. In pochi giorni, Kushieda-no-Masahito, recentemente diventato padre di un maschio sano e forte, Wataru, e giudicato pieno dell'energia e dell'acume necessari a quel ruolo, era stato eletto quasi all'unanimità nuovo capo del clan Kushieda. Per un lunghissimo lasso di tempo, di Kiyotaka quasi nessuno aveva saputo più nulla nell'intera Kamakura. 

Quasi quindici anni dopo, Satomi non era che una bambina che aveva compiuto quattro giri intorno al sole quando una razzia di banditi e briganti aveva distrutto totalmente la tenuta principale di un nobile dal nome di Watanabe-no-Soma. Della proprietà, una volta terminate le violenze, i furti e gli sgozzamenti a tradimento, non era rimasto che un cimitero non consacrato, colmo dei cadaveri di tutti coloro che erano stati cari all'aristocratico, che per primo era andato in contro a quel fato. Oltre ai fratelli, alle loro famiglie e ai servi, avevano trovato la morte anche la sposa dell'uomo e le sue concubine, e con esse i bambini che avevano dato a Soma negli anni. Nella schiera di giovani donne uccise nella mattanza, era stato rinvenuto nel tempio del palazzo il cadavere di un'elegante donna, che qualcuno tra i soldati più anziani che avevano esaminato l'esito della carneficina non aveva potuto non identificare con Tsumugi. Se il clan Kushieda avesse avuto qualcuno verso cui muovere vendetta l'avrebbe senza dubbio fatto, vista l'entità dell'oltraggio subito. Con tutta probabilità, Tsumugi, i cui poteri erano noti anche tra molti membri del popolo, era stata rapita, violata e costretta a nascondere la sua presenza usando i propri poteri, usando come arma di ricatto i figli che era stata costretta a dare al proprio aguzzino. Ma, per un'amara ironia della sorte, non c'era nemmeno più nessuno su cui rivalersi. Il clan Watanabe, di dimensioni modeste, risiedeva tutto in quella proprietà ed era stato sterminato ancor prima che i Kushieda potessero realizzare di avere subìto da esso il peggiore dei torti. Per loro, ferventi shintoisti, sembrava quasi una beffa che il destino gli avesse rivolto il consiglio buddhista di guardare al futuro invece che restar bloccati a rimuginare nel passato. Molti di loro, a malincuore, l'avevano fatto. Kiyotaka non era fra questi.

Fu pressappoco questo il racconto che il vecchio fece a Kanayama-no-Natsuko per spiegarle le sue vere origini, girandole attorno aiutandosi col bastone, ora in una direzione, ora nell'altra.

-Mi state dicendo che la mia madre naturale era una Kushieda - mormorò la giovane a fior di labbra. Satomi si sorprese dal suo atteggiamento sempre serio e composto. Non fu l'unica.

-Apprendere le tue origini non sembra sconquassare più di tanto le tue emozioni -osservò Kiyotaka.

-I Kanayama sono l'unica famiglia che io abbia mai conosciuto. Apprendere l'identità dei miei genitori può placare una curiosità che avevo da tempo... ma non può colmare la loro assenza, seppure involontaria. Inoltre, scopro chi sono in circostanze abbastanza agitate. Non credo di potermi concentrare molto su chi siano i miei genitori naturali quando vostro nipote ha appena minacciato di uccidermi e voi avete rivelato un sigillo magico sul mio corpo.

-Non si tratta di magia, è un'arte spirituale millenaria e molto potente - puntualizzò acida Satomi. Aveva la conferma che cercava in quella frase ignorante: quella ragazza non sarebbe mai stata una Kushieda, sangue o meno. Si rifiutava di accettare di poter essere accostata a lei.

-Quale che sia il suo nome, questa arte è qualcosa che vi pone in pericolo, quindi forse farei attenzione a questo dettaglio, piuttosto che al vocabolario. - Per la prima volta, Natsuko aveva risposto a tono e mostrandosi scostante, facendo montare l'irritazione di Satomi fino alle punte dei capelli. Prima che potesse rispondere, furono nuovamente interrotte da Kiyotaka, che frappose fra loro l'odioso bastone.

-Direi di calmarci. La ragazza ha ragione. 

-Non ci avete ancora spiegato cos'è quel sigillo - disse la giovane sciamana.

-I sigilli, tanto per cominciare, erano due. Come ricorderai, sulla pelle di Ojōsan si trovava un ideogramma ben definito, ma poco sotto c'era un segno indistinto. Quel kanji non è visibile perché il primo è stato spezzato, e ho ragione di credere che sia facile indovinare cosa dovesse contenere. Dimmi, ragazza. Da quanto tempo hai cominciato ad attirare gli spiriti?

-Non l'ho mai fatto - replicò la figlia dei Kanayama con estrema semplicità. - E' accaduto la prima volta dopo che i vostri uomini mi hanno aggredita.

-Immagino voi due possiate immaginare con cosa la nostra ospite sia entrata in contatto quella notte - si rivolse ai due fratelli il vecchio.

-La Namida - rispose Satomi, atona.

-Proprio così. Una Lacrima, oggetto infuso di poteri divini. Poteri abbastanza forti, direi, da riuscire a interferire con un sigillo, se praticato con poco tempo per concentrarsi. Credo proprio che lo scopo di quest'ultimo fosse tenere sotto chiave i poteri della bambina, con la consapevolezza che non avrebbe avuto nessuno ad addestrarla dopo essere rimasta sola al mondo. E perciò sono convinto che mia figlia abbia applicato i kanji durante l'assalto che le ha tolto la vita, circostanza in cui tempo e concentrazione scarseggiavano. I pochi istanti di lucidità che aveva avrà dovuto rivolgerli a qualcos'altro.

-Immagino parliate dell'altro ideogramma - azzardò Wataru.

-Ogni tanto dimostri di avere una testa e due orecchie e di saperle usare contemporaneamente. 

-Fingerò di non avervi udito, vecchio. Voglio che rispondiate però: cosa contiene, di grazia, il secondo sigillo?

-Non ho la risposta e nessuno, in questo cortile, la ha. Se Ojōsan non era che una bambina i cui ricordi sono stati carpiti dal tempo, credo che l'unica a sapere lo scopo di quel simbolo fosse mia figlia Tsumugi. Potrebbe trattarsi di una protezione per la sua anima così come di uno yurei o addirittura l'anima di qualche yokai, per quel che sappiamo. Ma come tua sorella ha osservato prima, un sigillo non viene generalmente apposto su un umano ancora in vita. Se uccidessi questa donna come pensavi di fare, non sappiamo se il sigillo continuerebbe a fare effetto. E se liberassimo uno spirito qui, in queste condizioni, con te a stento in grado di rilevarne la presenza e gli unici due sciamani degni di tale nome sfiniti dalle continue veglie al Pilastro, avremmo la ricetta per un bel problema.

-Quindi cosa suggerite di fare, visto che ogni mia soluzione viene bocciata? - chiese Wataru al limite della sopportazione per i commenti dell'anziano.

-La sola cosa che puoi fare è tenere questa donna qui finché non avremo la possibilità di chiamare un esorcista che possa praticare il terzo Himitsu e scoprire cosa cela il suo corpo. Dopodiché dovremmo avere un altro esorcista pronto a purificare qualsiasi cosa esso nasconda. Sicuramente, con tutti gli sciamani impegnati a organizzarsi contro gli Oni, la cosa non sarà fattibile. Quindi, vi suggerisco di dare a mia nipote una comoda stanza e di mettervi l'anima in pace, poiché da qui non potrà andarsene. A meno che, ovviamente, non impari a controllare l'enorme potere che ha ereditato da sua madre.

Kanayama-no-Natsuko non si era lasciata sfuggire il "mia nipote" pronunciato da Kiyotaka, Satomi se ne accorse osservandole l'espressione stranita che le aveva contratto il bel viso. Ad ogni modo, la sciamana intervenne per discutere un'altra problematica.

-E' fuori questione addestrarla - negò con decisione. -Perlomeno, io non mi prenderò queste responsabilità. Il poco tempo che non passo al Pilastro sacro che il suo clan ha distrutto lo uso per recuperare le forze che queste sessioni mi tolgono.

-Ti chiederei di evitare di parlare come se accusassi me di qualcosa, Kushieda-san- rispose Natsuko. -Non so niente di pilastri, templi e altre diavolerie. Fino a ieri notte non avrei mai nemmeno immaginato di averci qualcosa a che fare.

-Sicuramente sai qualcosa dei misfatti compiuti dalla tua dannata famiglia, quello non negarlo.

-Non lo nego, così come non nego che la mia conoscenza si ferma al sapere che vengono compiuti. Ho scoperto appena ieri che la pietra conservata da mio fratello fosse vostra. Mio padre ve l'ha sottratta all'insaputa di chiunque in famiglia. Io ho saputo che fosse in nostro possesso poco meno di due settimane fa.

-Anche se stai dicendo la verità, questo non giustificherà mai il tuo clan né lo renderà meritevole di perdono - stabilì Satomi, fremente di collera. Era vero, non avrebbe mai perdonato quell'offesa poiché il disonore che essa aveva loro recato sarebbe perdurato nei decenni a venire.

-Direi che basta così, Satomi - la rimproverò Kiyotaka. -Litigare non cambia come stanno le cose. La sola soluzione che avete è quella che vi ho appena illustrato.

-Dovrei tenere sotto il mio tetto la figlia di un ladro e fingere anche che sia parte della famiglia?

A quell'osservazione la sciamana non ricevette risposta. D'un tratto, la voce coperta dal grido dei tuoni, il loro stalliere accorse a chiamarla.

-Satomi-chama, Kiyotaka-dono...- ansimò. Veniva dal portone di ingresso. -Vi prego di raggiungere l'entrata. Una donna ha appena chiesto di voi con urgenza.

-Non potete farla entrare? - domandò lei.

-Non mi ha fornito un nome noto, tantomeno un cognome. Dice di chiamarsi Chiyo. In generale, queste persone richiedono i vostri servigi, ma lei non l'ha fatto e ciò mi insospettisce. 

-Posso occuparmene io - disse Wataru con tono serio, quasi a indicare che si sarebbe sbarazzato dell'inconveniente visitatrice senza farsi scrupoli.

-No, fratello. Vado io. - Satomi si avviò verso l'entrata della tenuta, cinta da mura di pietra incornicianti un imponente cancello decorato tutt'intorno con ebano intarsiato. Voleva effettivamente allontanarsi da davanti al tempio e distrarsi dal problema di dover ospitare Kanayama-no-Natsuko. Qualsiasi cosa la visitatrice volesse sarebbe stato un modo per non pensare all'odiosa intrusa.

Lo stalliere, Shota, aprì il pesante cancello quanto bastava per consentire alla giovane di osservare la donna che le stava davanti. Ma Satomi non lo fece. Non prestò il minimo caso ai capelli corti e sporchi, al fisico emaciato ma di ossatura robusta, ai vestiti logori della sconosciuta. Non quando, accanto a lei, che lo sosteneva per un braccio, giaceva svenuto colui che aveva affollato le sue preghiere per settimane. 

Gocce piccole e sottili cominciarono ad accarezzare la pelle e i vestiti di Satomi, un ruggito del cielo sovrastò il suo urlo mentre il giovane accanto alla donna cadeva riverso a terra.

-Onīsama... Shuya! Watatu-kun, corri!

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Angolo autrice:

Ciao a tutti! Finalmente si scoprono le origini di Natsuko e il motivo dei suoi strani presagi in presenza di spiriti. Riesco a pubblicare questo capitolo a breve distanza dal precedente perché  credo che per un po' non ne arriveranno altri. Mi prenderò del tempo anche per progettare meglio i prossimi e per sistemare quelli precedenti in modo da alleggerirli un po'. Nelle prossime puntate troveremo probabilmente Daichi e Munetaka, sperando che il Magatama di Satomi lo abbia aiutato ad alzare di qualche punto la pressione arteriosa!
A presto, 

Kincha007

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