Quattordici
-Basta, fermati. Da adesso posso pensarci io.
Satomi sentiva la testa girare vorticosamente, come una barca in balìa delle correnti. Non si fermò, tuttavia. Ignorando la distrazione della voce che l'aveva chiamata, continuò ad incanalare la propria energia spirituale verso l'esterno.
-Ragazzina presuntuosa, ti ho detto di fermarti per un motivo! Se crolli adesso peggiorerai la situazione invece di aiutare.
Un bastone batté violentemente per terra e poi, con meno forza, sul fianco della quattordicenne, inginocchiata nel tempio della proprietà principale dei Kushieda. A quel contatto, Satomi si decise a mollare la presa e cercò di controllarsi il più possibile mentre il suo fisico andava alla ricerca di aria. Non si sarebbe mai fatta cogliere in un momento di debolezza dall'uomo che si trovava con lei nel tempio. Piuttosto che patire quell'umiliazione, si sarebbe data la morte da sola.
Kushieda-no-Kiyotaka, che le stava girando attorno con aria torva aiutandosi con un liscio bastone, era lo zio di suo padre e membro di un ramo cadetto del clan. Due soltanto erano le caratteristiche di quel vecchio che contassero qualcosa nella vita della ragazza. La prima era che, come lei, l'uomo apparteneva alla più rara delle tre categorie sciamaniche, l'Esorcismo. Per quel motivo, dopo diversi giorni di contrattamenti e alterchi, Masahito era riuscito a intimare allo zio di non unirsi al resto della comunità sciamanica, ma di recarsi presso la loro casa per compensare la situazione di estremo bisogno in cui versavano in quelle settimane.
La seconda particolarità, purtroppo per lei, rendeva tutto più difficile: Kiyotaka la odiava. Il vecchio provava rancore verso di lei come verso ogni cosa avesse vagamente a che fare col capo del ramo principale del clan. Da quando il padre di Satomi aveva ottenuto quel ruolo, subentrando di fatto a lui, privo di eredi, l'anziano sciamano si era isolato totalmente non solo da loro, ma dall'intera comunità sciamanica di Kamakura. Se in quel momento aveva rotto la clausura nella sua bolla di rancore, era stato solo grazie al più banale buonsenso: nemmeno un essere come quell'anziano dalla corta barba e gli occhi taglienti come lame sarebbe rimasto impassibile dinnanzi all'emergenza in cui versavano i Kushieda e l'intera città. Quando i dannatissimi Kanayama li avevano derubati della Namida appartenente al clan, avevano riversato su di loro una seconda e più importante disgrazia.
Satomi guardò la colonna spezzata di fronte a lei, sulla quale simboli e kanji* si interrompevano tagliati da una profonda crepa e proseguivano su una seconda metà, posata accanto al moncone in pietra lavica che era stato profanato. Per qualche ragione, quelle spie senza onore non si erano limitate a rubare la Lacrima, durante la loro assenza per il ritiro spirituale a Izumo. Quale che fosse il motivo del loro odio, avevano anche distrutto il Pilastro portante della loro famiglia. Quella colonna, cimelio antico millenni e risalente ai tempi in cui Amaterasu stessa aveva calcato la terra, era ciò che consentisse a un terzo della città di Kamakura protezione dalla presenza degli Oni. Se quelle creature erano riuscite a entrare in città, era solo a causa della sua rottura. Una responsabilità dei Kanayama, certo... ma nessuno, tra gli sciamani, aveva incolpato i Corvi. Tutti sapevano che spettava a ognuno dei tre clan di sciamani proteggere i propri tesori. Il disonore si era abbattuto doppiamente sui Kushieda, in una notte soltanto, e quella stessa notte aveva gettato l'intera città nel caos, con la rottura di un punto della barriera.
- Puoi andare a pranzo, se lo desideri. Rimettiti in forze, per qualche ora prenderò il tuo posto. Usa bene questo tempo per tornare in forma, non possiamo permetterci pause.
Satomi si alzò con cautela. Per tentare di sopperire alla rottura della barriera, negli scorsi giorni aveva tentato da sola di usare la propria arte sciamanica per innalzare un campo di forza che contrastasse le creature maligne, ma naturalmente, il suo corpo aveva dei limiti. Hoshi non avrebbe mai potuto alternarsi a lei: evocatori e mediatori potevano usare l'arte dell'Esorcismo con risultati molto contenuti e con grande sforzo, e lo stesso valeva all'inverso; tutte e tre le categorie sciamaniche avevano in comune la possibilità di poter interagire con gli esseri sovrannaturali, ma se Evocazione e Mediazione consentivano di avvicinarsi a essi, l'Esorcismo permetteva di respingerli all'occorrenza. Il miele non avrebbe mai potuto scacciare una vespa, così come il fuoco non avrebbe mai potuto sperare di attrarla. E così, la famiglia aveva convinto il vecchio lì presente ad aiutare Satomi prima che il suo corpo collassasse.
La ragazza incespicò uscendo dal tempio, guardando in tralice il parente mentre prendeva posto davanti all'altare shintoista che si frapponeva fra lui e il Pilastro. Era convinta che, per quanto la situazione fosse drastica, quell'uomo, sotto sotto, ne stesse godendo. In un certo senso era una vendetta perfetta: finalmente aveva l'opportunità di dimostrare alla comunità e al clan quanto la guida che avevano eletto fosse inetta. Masahito non solo si era lasciato sottrarre la Namida, ma aveva anche lasciato che il Pilastro fosse distrutto e non era riuscito a mettere che una ragazzina a sopperire alla cosa.
Satomi riuscì a riposare solo per una manciata di minuti, tempo in cui si costrinse a mangiare il più possibile per recuperare le energie. Avrebbe dato qualunque cosa per dormire qualche ora, ma mentre si stava alzando da tavola, Sumire, la bàlia di Hoshi, entrò trafelata nella sala da pranzo.
-Satomi-chama, perdonatemi il disturbo. Wataru-sama chiede di essere annunciato e di vedervi quanto prima.
La sciamana sospirò, rassegnata e preoccupata allo stesso tempo. Wataru non si sarebbe presentato per una visita da cortesia, di quei tempi, quindi poteva solo recare notizie urgenti, buone o cattive. Sperò che si trattasse della prima opzione.
-Porta del tè nello studio di mio padre, per favore. Lo aspetterò là.
-A dir la verità, signorina, vostro fratello chiede se sia possibile vederlo in cortile. Non è venuto da solo. Ha portato con sé una donna che non ha ancora annunciato.
Satomi uscì rapidamente dalla cucina. Tomoe, la moglie di Wataru, sarebbe stata riconosciuta di certo, e Wataru, in quei giorni, non si trovava presso la sua tenuta, bensì alla corte dello Shogun. La notizia di Sumire la rendeva dubbiosa. Perlopiù, avvertiva con chiarezza che una presenza sconosciuta aveva varcato la barriera che proteggeva casa loro. La cosa che la inquietò, però, fu che non si trattasse di un'aura comune. C'era qualcosa, nell'energia che percepiva, che non riusciva a identificare bene.
Nel cortile, il più anziano dei suoi fratelli stava affidando a uno stalliere il proprio cavallo. Accanto a lui si trovava, in effetti, una giovane donna di nemmeno vent'anni. Era più alta e magra, rispetto a Satomi. Indossava vestiti di fattura abbastanza raffinata, ma dall'aspetto malridotto a causa della polvere e del fango che li coprivano. Capelli lunghi fino alle natiche, lisci e scurissimi, incorniciavano un viso pallido ma coperto anch'esso di sporcizia. Aveva un'espressione seria e dignitosa, tuttavia, nonché una certa grazia nel portamento, nonostante le sue condizioni.
-Onīsama- salutò la sciamana con un inchino del capo. Anche suo fratello era malconcio. - Mi fa piacere averti qui, ma posso sapere il perché... e chi è la donna al tuo seguito?
-Giovane sorella, ti chiedo perdono, avrei voluto arrivare con più preavviso. Per quanto riguarda lei... ti presento Kanayama-no-Natsuko.
Faceva più caldo del solito quella mattina, merito del sole che finalmente sembrava essere spuntato dopo settimane. Eppure, Satomi si sentì ibernata.
-Spero si tratti di uno scherzo. -Wataru le aveva parlato della possibilità di sfruttare la figlia dei Corvi per arrivare a trovare Shuya e rimettere in sesto la reputazione del clan, ma di certo non di portarla in casa loro. La ragazza fece appello a tutta la sua calma per non reagire a sproposito verso la sconosciuta, ma fu alquanto difficile. Se fosse stato per lei avrebbe eliminato ogni traccia del clan Kanayama dalla faccia della terra.
-Nessuno scherzo, sorella.
-Ti prego di aiutarmi a capire come mai ti sei presentato qui adesso con questa donna. Dal vostro aspetto immagino sia accaduto qualcosa di serio.
Wataru le raccontò in maniera esaustiva della notte appena trascorsa. La quattordicenne ascoltò buona parte del resoconto con gli occhi sgranati, quasi senza battere le palpebre, dall'attacco dei demoni fino al colpo di stato che, a quanto pareva, lo Shogun aveva improvvisato quella mattina.
-Stento a credere che il terzo principe imperiale sia stato tanto incauto da compiere una mossa simile.
-Faticavo a crederlo anche io, ma a essere sincero, capisco come debba essersi sentito. Chiunque avrebbe perso la calma davanti alla reazione dello Shikken: da giorni insiste per tenere l'emergenza segreta a chiunque, eccetto pochi membri del governo e noi sciamani. Mi aveva confidato di star agendo così perché aveva intenzione di aver chiara la situazione in ogni provincia dell'Impero così da agire meglio, ma la sua strategia si è rivelata evidentemente incauta. La tragedia di stanotte forse si sarebbe evitata, ascoltando la proposta dello Shogun una settimana fa. E quando il principe ha visto che il suo reggente, forse solo per puro orgoglio, continuava su quella linea, ha pensato di sfruttare il manipolo di soldati lì presenti per confinare Nagatoki-Shikken nelle sue proprietà e prendere il potere.
-Il manipolo di soldati... e tu, Onīsama? Spero che questa cosa non abbia reso la nostra posizione ancor più delicata.
-Ho confidato allo Shogun che il nostro unico interesse è proteggere Kamakura da qualsiasi minaccia sovrannaturale, a prescindere da chi detenga il potere politico. Finché sarà in grado di coordinarsi con noi e aiutare la popolazione non abbiamo motivo di negargli appoggio. Allo Shikken ho ripetuto la stessa cosa, quando mi ha accusato di tradimento, spiegandogli che noi non siamo mai stati alleati di nessuno che non avesse a cuore queste terre. Per quanto riguarda Munetaka-dono, ho notato che faticava a riprendersi dall'incontro con il primo Oni che ha visto, però. Ho deciso di dargli uno dei tuoi Magatama, sorella. Quell'amuleto lo aiuterà ad affrontare l'energia corrotta con cui è venuto in contatto così come ha aiutato lo Shikken in queste settimane a tollerare la vista dei corpi dilaniati. Non avrebbe potuto davvero provare a gestire la situazione nelle condizioni in cui si trovava.
Satomi annuì, quasi distratta. I Magatama erano creati da lei proprio per le persone con un'anima talmente sensibile e fragile da non riuscire a riprendersi quando venivano in contatto con uno spirito maligno, perciò non la stupì la decisione di suo fratello. Ma fin da quando Wataru aveva iniziato il suo racconto un unico pensiero aveva occupato la sua mente, e decise di dargli voce.
-Wataru-kun, non posso fare a meno di pensare... che tutti gli sforzi fatti per rafforzare la barriera siano stati inutili, se i demoni sono accorsi a casa degli Hōjō durante la mia veglia- mormorò, quasi con tono colpevole.
-Non esattamente. Non credo tu debba essere così dura con te stessa: nemmeno il più fine sciamano riuscirebbe a sopperire perfettamente al lavoro di un Pilastro. E gli Oni, con tutta probabilità, erano già oltre il confine della barriera da tempo, nascosti in varie zone della capitale fin da quando vi hanno avuto accesso. Ieri sera si sono solo radunati in un'unica zona... e la causa di tutto ciò è lei. - Wataru indicò la figlia dei Kanayama. Satomi trasalì.
-Mi stai dicendo che questa donna è...
-Proprio così. Ojōsan è una sciamana. Per nostra disgrazia è capitato che fosse un'evocatrice priva di controllo. E a dare un parere oggettivo, possiede anche un potere piuttosto forte. Quelle creature non potevano essere tutte nella zona vicina alla tenuta dello Shikken: non saprei dire fino a che distanza sia percepibile la sua energia spirituale.
Satomi strinse i pugni fino a conficcare le unghie nei palmi e si sentì avvampare come se avesse la febbre. Se l'avessero gettata in una fossa colma di serpi si sarebbe sentita meno nervosa. Il solo pensiero che suo fratello avesse detto il vero le provocava non solo preoccupazione, ma rabbia. Dover condividere l'affinità all'arte sciamanica con un membro del clan Kanayama, l'insieme di individui che più la disgustavano nell'intero Impero, era un pensiero che la mandava in bestia al punto di rischiare di alterare la sua lucidità. Come era abitudine di Wataru quando doveva calmarsi, si forzò a inspirare ed espirare ripetutamente.
-Immagino tu l'abbia portata qui per evitare altre tragedie. - Il nobile annuì. La barriera che circondava la tenuta era tenuta in piedi da un sigillo minore e non necessitava del suo intervento come quella a cui stava lavorando dopo la rottura del Pilastro. Finché si fosse trovata al suo interno, la sua energia non si sarebbe propagata oltre le mura di cinta.
-Cosa dovremmo farne?
-Anzitutto, vorrei sapere da quando il clan Kanayama annovera persone come noi al suo interno e chi abbia portato sangue sciamanico nella loro famiglia. Forse sapere chi ha creato questo problema ci aiuterà anche a capire perché volessero rubare la nostra Namida.
La ragazza, sentendosi rivolgere quella frase accusatoria, parlò per la prima volta.
-Non c'è alcuno sciamano in casa nostra. Nessuno di noi si è mai avvicinato a quelle pratiche.
-Ragazza, ti chiedo di non mentire e non te lo chiederò gentilmente una seconda volta.- "Gentilmente" era un eufemismo. Wataru era noto per la scarsa capacità di controllarsi quando si metteva in gioco l'onore di famiglia.
-Onīsama, non credo menta - Satomi intervenne prontamente non appena vide che il fratello stava per alterarsi. Per quanto fosse uno sciamano evocatore, l'uomo aveva facoltà spirituali estremamente limitate. Si poteva dire che fosse a stento in grado di praticare le forme più basilari della sua arte. Uno spirito come uno yurei o un Oni sarebbe stato facile da individuare, ma percepire l'anima di una creatura umana e captarne le vibrazioni che emetteva in caso di menzogna era una capacità che richiedeva un lungo addestramento e una predisposizione che il giovane saburai non possedeva.
-Di te mi fido ciecamente, sorella, e lo sai, ma nulla avrebbe senso se stesse dicendo la verità. Uno sciamano può nascere solo dal sangue di uno sciamano. Suo fratello potrebbe anche essere un essere umano comune, ma se lei è una di noi, almeno uno dei suoi genitori deve esserlo.
-Non sarà mai "una di noi"- puntualizzò la ragazza con tono freddo. Per quanto la donna non stesse mentendo, mai si sarebbe abbassata ad accettarla come sua pari. - Ma non ho percepito la minima traccia di bugie in ciò che dice. Per quel che ne sappiamo, potrebbe essere illegittima a sua stessa insaputa. Magari, sua madre ha avuto una relazione con un membro della comunità.
Satomi e Wataru si guardarono, perplessi. Quella appena citata era una possibilità, ma ancor più problematica. Nessuno sciamano maschio, per regola generale, poteva avere quel tipo di relazioni con donne umane proprio per evitare il rischio di generare prole affine alle arti spirituali. Generare un bastardo in un altro clan avrebbe poi reso complicato sorvegliare il bambino per capire se fosse uno sciamano o meno e se necessitasse addestramento, pertanto, se proprio desideravano un'amante, avrebbero dovuto sceglierne una nubile da rendere loro concubina. Le donne della comunità avevano qualche libertà in più da quel punto di vista. Dal momento che gli sciamani contraevano matrimonio solo con loro simili, se anche avessero avuto un figlio da un altro uomo, l'avrebbero comunque dato alla luce in una casa di praticanti dell'arte. Se poi si fosse rivelato un umano qualsiasi, non avrebbe potuto generare eredi con capacità spirituali, pertanto avrebbe potuto essere usato per forgiare alleanze con altri clan.
-Posso fermare le vostre congetture?- intervenne Natsuko, con una calma insolita per qualcuno nella sua posizione. - Evitate di gettar fango sulla reputazione dei miei genitori inutilmente. Da bambina, il defunto Daimyō mi ha adottata. Non ho ricordi della mia infanzia prima di quel momento, né di chi mi abbia messa al mondo. Ma se ciò può fugare la vostra preoccupazione, nessun membro del clan Kanayama ha con me un legame di sangue.
Wataru fissò Satomi, certo che qualsiasi cosa sarebbe uscita dalla bocca della donna, lei l'avrebbe passata al setaccio, e che quindi fosse impossibile alla giovane mentire.
-Questo risolve almeno uno dei nostri problemi - disse. - Perlomeno sappiamo di non avere altri sciamani vaganti a porre a rischio la capitale, per ora.
-Ma ciò non toglie il dubbio su cosa fare con quella qui presente - replicò Satomi. In verità, il dubbio non c'era. In quella condizione ci sarebbe stata un'unica soluzione per risolvere il problema costituito dalla figlia dei Kanayama, adottata o naturale che fosse. Ma la ragazza omise di dirla, immaginando che suo fratello avesse prima altre questioni da risolvere. Ricordava perfettamente le parole di Wataru su come quella giovane potesse essere l'unica pista in grado di condurli a Shuya.
-Magari ne parleremo dopo, con calma e in casa. Ma, per cominciare, Ojōsan potrebbe rispondere alla domanda che le avevo posto prima che gli Oni ci interrompessero.
-La scorsa notte avete finto di voler dare la caccia ai banditi che mi hanno assalita, ma ora credo che possiamo parlare chiaro. Quegli uomini erano stati mandati da voi, dico bene?
-Sei perspicace, ragazza - replicò Wataru. - Ma stavolta non ci sarà un assalto demoniaco a salvarti, perciò esigo che tu mi dica tutto ciò che sai. Uno di quei "banditi" non ha fatto ritorno dalla vostra lurida casa dopo esserne uscito per inseguirti. Voglio notizie sulla sua sorte e non demorderò finché non me le avrai date.
-Vi darò la stessa risposta che vi avrei dato davanti allo Shikken. Io non ho la minima idea di dove sia o di che ne sia stato di quell'uomo. Avete avuto la vigliaccheria di portare con voi uno yurei che controlla il fuoco per aggredire delle persone disarmate. Dopo che un fantasma identico ha cominciato a lottare col vostro, sono scappata. Ho corso con tanta foga che non so nemmeno quale dei vostri sgherri mi abbia seguita. Inoltre, quella notte, nessuno dei due mi ha trovata prima che incontrassi uno dei demoni e lo Shogun mi soccorresse con voi presente. Non ho alcun modo di sapere che fine abbia fatto.
Calò il silenzio. Wataru non avrebbe insistito, non con lei davanti, ma Satomi avrebbe desiderato che la donna stesse mentendo. Il fatto che dicesse il vero significava solo una cosa, ossia che la ricerca di Shuya si era arenata nell'ennesimo vicolo cieco.
-Capisco. Ma in questo caso, credo possiamo discutere del resto qui davanti, invece che in casa. Faremo in fretta. Se non fossi stata una sciamana mi sarei limitato a interrogarti su questo dettaglio, ma...
-Fossi in te eviterei di ucciderla, ottuso e precipitoso impiastro.
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Angolo autrice:
Ciao a tutti! Torno relativamente presto con questo capitolo, che è in realtà metà di un episodio narrativo più grande che ho spezzato per agevolare la lettura. Ho preferito pubblicare due capitoli ora perché i prossimi capitoli mi prenderanno parecchie settimane per essere stesi, sia a causa di vari impegni, sia perché... beh, saranno capitoli belli pregni di avvenimenti. Per oggi, intanto, torno a non dare un minimo di pace alla mia povera Natsuko, che rischia di morire un giorno sì e l'altro pure.
Se volete sapere come andrà a finire, non perdetevi il prossimo episodio!
Kincha007
*kanji: ideogrammi che fanno parte del sistema di scrittura giapponese. A differenza degli alfabeti Hiragana e Katakana, indigeni del Giappone, i kanji sono stati importati dalla Cina.
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