Cinque
Natsuko avvertì il corpo fremere. Daichi conservava un pugnale nascosto nell'imbottitura del proprio cuscino, aveva insegnato anche a lei come tenerlo in quel luogo senza rischiare di ferirsi; purtroppo, non sarebbe mai arrivata a prenderlo, quindi si impose di affrontare la situazione con sangue freddo. Quegli uomini, con tutta probabilità, non erano là per lei.
Doveva mettersi nella condizione di apparire il più innocente possibile ed evitare di essere attaccata. Se avessero chiesto del denaro non avrebbe avuto altra scelta che consegnare loro ciò che tenevano in casa. Per fortuna, la doppia vita di Daichi gli aveva fornito luoghi e agganci per tenere altri soldi e diversi beni preziosi altrove.
- Cosa volete da me? - domandò con il tono più ingenuo possibile. Non che servisse molto fingere: non aveva la minima idea di cosa cercassero quei due.
- Immobilizzala - comandò il più alto dei due al complice, ignorando la sua domanda. Un raggio di luna permise a Natsuko di scorgere il luccichio della lama di un pugnale nella cintola di entrambi. Evitò ogni resistenza, lasciando che lo sconosciuto le cingesse da dietro le braccia e la tenesse bloccata. Se avesse fatto come dicevano se ne sarebbero andati; una volta tornato Daichi, avrebbero pensato a cosa fare.
- Andrò dritto al punto, mocciosa. La tua sporca famiglia ha combinato un bel po' di guai. Il danno che ha recato alla nostra è qualcosa di irreparabile, e sarebbe sufficiente perché vi stermini tutti. Tuttavia non posso farlo, poiché oltre ad aver distrutto alcuni oggetti di inestimabile valore, state anche nascondendo qualcosa. Questo qualcosa noi lo rivogliamo qui e adesso, e se lo riavrò entro questa notte potrei decidere di graziarvi. Sto parlando di uno scrigno scuro e prezioso e del suo contenuto. Ne sai nulla?
Natsuko tacque, incredula. Aveva ancora quella gemma in mano. Ne avvertiva il tepore tenendola stretta nel pugno. Le informazioni che quell'individuo le aveva appena dato le si erano accavallate nella testa. Purtroppo, il suo silenzio fu interpretato nel peggiore dei modi.
- Lo prendo come un sì. Dove si trova?
Il bandito non aveva fatto la fatica di guardare a pochi metri da lui sul porticato, evidentemente. Se fosse stata brava a mentire avrebbe potuto raggirarli, prendere tempo o riuscire a filarsela.
- Subaru, è lì per terra - disse però il ragazzo che la teneva ferma. - L'ho sentito cadere prima che entrassimo. Ce l'aveva in mano evidentemente .
Natsuko lo maledisse tra sé e sé: se fosse stato disattento come l'altro, forse li avrebbe depistati e avrebbero rinunciato alla loro ricerca. Dal tono piatto e dalla voce, dedusse che si trattava di un ragazzo dell'età di Daichi. La presa che aveva sulle sue braccia non era così salda. Non capiva se quell'assenza di vigore fosse causata dall'arroganza di pensarla incapace di reagire o se quel ragazzo fosse a sua volta di costituzione debole. In ogni caso, se anche fosse riuscita a liberarsi, non sarebbe andata lontano. L'ombra dell'altro bandito incombeva su di lei. Si mise a rovistare per terra.
Natsuko tentò di negare l'insinuazione del ragazzo:
-Non capisco cosa stiate dicendo.
- Non cercare di mentire, per favore. Non abbiamo alcun interesse a farti del male.
L'altro ladro raccolse il contenitore da terra e lo esaminò, rigirandolo più volte e scuotendolo come se aspettasse che qualcosa cadesse a terra. C'era ancora odore di fumo, anzi: per qualche strana ragione, invece di diradarsi si era fatto più pungente, le prudeva la gola.
- È vuoto. - Aveva parlato con tono relativamente calmo, ma di colpo cambiò atteggiamento e le fu addosso, a tal punto che la giovane ne sentì il fiato acre sul volto. Le resse il viso nella grossa mano.
- Dov'è la pietra? Dimmelo, o giuro che non sarò più così gentile con voi uccellacci, ragazza!
- Se lo scrigno era in questa stanza non può essere lontano. Oppure potrebbe addirittura averla addosso.
Natsuko sussultò impulsivamente. Si sentiva incapace di controllare le più primordiali pulsioni fisiche; si detestò, pur sapendo che la causa era da attribuirsi al suo corpo debilitato e in debito di sonno. Inoltre, non poté ignorare l'ultima frase del ladro: li aveva definiti uccellacci. Tra tanti dispregiativi, aveva scelto quello maggiormente correlato alla doppia vita di suo fratello adottivo. Per la prima volta, avvertì il panico. In che situazione si era immischiato Kanayama-no-Kogoro? E soprattutto a chi mai aveva recato offesa, chi avrebbe scavalcato anche la copertura offerta loro dai vari Shikken?
L'uomo provò a persuaderla ancora una volta:
- Dammela e me ne andrò.
Strinse il pugno sinistro. Daichi dormiva con accanto a sé solo le sue armi più utili. Se per quella pietra aveva fatto un'eccezione, Natsuko non dubitava che vi fosse qualcosa di più di un semplice attaccamento affettivo. Lo avrebbe costretto a parlare. Ma prima, voleva assolutamente arrivare alla prossima alba viva e non voleva cedere quel talismano così facilmente.
Un secondo luccichio della lama del ladro creò in lei ancora più confusione, l'odore di fumo la spinse a tossire. La testa, che già le doleva a causa dell'incubo di prima, sembrava ora sul punto di esplodere. Avrebbero potuto ucciderla e andarsene con la gemma; quel solo fatto sarebbe dovuto bastare a farle spalancare la mano e lasciarli allontanarsi il più in fretta possibile dalla sua vita. Daichi avrebbe capito. Eppure esitava a dargli quella maledetta pietra.
Avvertì delle parole, ma il fumo l'aveva stordita più del capogiro di poco prima. Quell'odore non era normale. Che quei due individui ne fossero i responsabili? Non è normale, non è normale. Lo stava ripetendo anche il più giovane dei due, la presa sulle braccia di Natsuko nel frattempo si allentava sempre di più. Fumo, voci, braccia: tutto si mischiò. La testa stava iniziando a precipitare in una spirale nebbiosa.
Fu in quell'istante che avvenne il miracolo.
La giovane avvertì un bruciore pervaderle il palmo sinistro ed espandersi al polso e al braccio; non era nulla di paragonabile a quello provato in veranda. Al confronto, avrebbe preferito morire in quel preciso istante pur di porre fine alle sue sofferenze. Un grido di dolore le sfuggì dalla bocca e di colpo avvertí i muscoli di colui che la teneva ferma farsi per la prima volta tesi come corde. Per alcuni secondi l'ambiente attorno a lei parve immobilizzarsi, poi il secondo aggressore sfoderò la lama del pugnale e glielo puntò alla gola, premendole contemporaneamente una mano sulla bocca.
- Se ci riprovi, bastarda, giuro che il prossimo urlo lo soffocherai nel sangue.
- Subaru - parlò l'altro. - Era quello spettro a...
- Taci! O hai per caso dimenticato che questa donna ti ascolta?
Non lo ascoltava. Tutti i rumori attorno a Natsuko sembravano essersi improvvisamente estinti, come se avesse immerso la testa sott'acqua, in un'altra dimensione. E da dove sarebbe mai potuto giungere, d'altronde, quello che le stava davanti?
In piedi, di fronte a lei, ora c'era una ragazza. Poggiava i piedi nudi sul futon sfatto di Daichi, sfiorato dall'abito logoro e annerito dal fuoco. Lei stessa era fuoco; era, fiamma ed eternità, era vita e morte allo stesso tempo. La pelle, i capelli, gli abiti, tutto era rivestito di una mistica aura color arancione ardente che scosse l'animo di Natsuko fino alle fondamenta. Persino la sua immane bellezza, i suoi lineamenti perfetti e le labbra scure a bocciolo di rosa, passarono in secondo piano. Gli occhi erano spalancati di sorpresa come dovevano esserlo i suoi; non sembrava che si aspettasse di essere vista. E d'altro canto, non era strano. La giovane si accorse subito di poter vedere attraverso il corpo di quella creatura, scorgendo l'armadio del fratellastro oltre la sua schiena.
Se avesse potuto, avrebbe urlato di nuovo.
La creatura sembrò accorgersi di essere stata vista e apparve sorpresa della cosa, ma non ebbe il tempo di reagire. D'un tratto, come se niente fosse, dove prima c'era stato lo spazio tra il futon di Daichi e l'entrata si materializzò una seconda figura avvolta dallo stesso bagliore infuocato. Probabilmente si trattava di un'altra donna, a giudicare dalle vesti, ma la ragazza ebbe modo di osservare pochissimi particolari, dal momento che l'essere misterioso le dava le spalle. La donna che era apparsa per prima aveva un'espressione furiosa.
-Spostare lo scontro in presenza di esseri umani indifesi è un gesto che solo i vigliacchi commetterebbero!- esclamò con rabbia. Proprio mentre parlava, l'altra creatura, dopo alcuni rapidi gesti, cominciò a risplendere e ad emanare dal proprio corpo quelle che avevano l'aria di essere fiamme. Natsuko emise un grido che venne soffocato dalla mano del ladro, ancora premuta sulla sua bocca. Sarebbero morti tutti: una fiamma libera in quella stanza avrebbe trovato decine di oggetti in legno e canne intrecciate attraverso i quali propagarsi per l'intera tenuta.
-Se ti fossi fatta da parte non ci sarebbe stato alcuno scontro - precisò la seconda donna. Aveva la voce di un'anziana. -Ma poiché hai l'aria di voler usare la forza, proteggerò i miei signori con ogni mezzo.
Sollevò le braccia. Le fiamme che le crepitavano attorno cominciarono ad allargarsi, mentre Natsuko accettava l'idea che non avrebbe mai visto il sole sorgere nuovamente. Ma proprio in quel momento, la giovane dall'aspetto etereo allungò le braccia in avanti. Le lingue infuocate, che un secondo prima si tendevano come fruste pronte a scagliarsi sul primo oggetto disponibile per ghermirlo, sembrarono venire risucchiate dai palmi pallidi.
Tanto Natsuko quanto i due uomini poterono solo assistere alla scena. Il suo solo pensiero era che la causa di quel fenomeno era ancora stretta nella sua mano, ormai fradicia di sudore. Lo sentiva dentro, nelle ossa. Quella gemma doveva essere maledetta; solo con qualcosa di dannato sarebbe stato possibile evocare un essere simile.
La donna color delle fiamme si girò verso di lei e puntò la mano nella sua direzione. La pace della notte fu infranta dai lamenti disperati del ragazzo che la stava tenendo ferma, ora piegato su sé stesso con la mano sulla spalla. Natsuko si sbilanciò e poco mancò che non finisse infilzata alla lama del pugnale che le veniva puntato sul collo. Per fortuna si procurò solo un lieve graffio.
- Shuya! - Quello non accennava ad alzarsi, né a calmarsi. Alle narici di Natsuko giunse un puzzo nauseante di carne e peli bruciati, come se qualcuno avesse dato fuoco alla spalla del ragazzo. -Urara-san, uscite di qui! Ero in grado di occuparmi della faccenda, ma non potrei gestire uno scontro, invece!
- Scappa, ora! - Le ordinò la donna sconosciuta, mentre la cosiddetta Urara riprovava invece a colpire lei e lo spazio che la circondava con le sue fruste ardenti.
- Sei... sei stata tu? - incredula, Natsuko la fissò. Era assolutamente splendida, anche con il volto in preda alla preoccupazione.
- Vattene di qui, subito! - ripeté.
Natsuko reputò saggio obbedire. con uno scatto approfittò della distrazione dei due uomini per lanciarsi contro la porta.
- Torna qui, maledetta! - vociò quello non ferito. - Muoviti, imbecille, ci sta scappando!
Non sentì più cosa dicevano, ma la considerò una benedizione. D'un tratto smise di curarsi di tutto, concentrata su un solo obiettivo: varcare il cancello di ingresso e perdersi in strada, seminare quegli individui che avevano reso la sua notte peggiore di quanto non fosse già.
Corse sbandando per i corridoi, rompendo il prezioso vaso cinese tanto caro alla madre adottiva; corse a piedi scalzi nel giardino, sentendo il prato cristallizzato infrangere il proprio sonno di ghiaccio sotto le piante; corse per le vie dei sobborghi portuali della città finché non sentì i polmoni implorare ossigeno e i muscoli pietà, e anche allora non si fermò. Finché non fosse stata certa di essere al sicuro, non avrebbe frenato la sua fuga. Era lei ad avere quel che desideravano, ed era lei che avrebbero cercato: scappando li avrebbe anche condotti lontano da casa sua e da Chigusa-sama.
Il cancello principale, come aveva sospettato, era in fiamme. Dovette saltellare a piedi nudi evitando le luci aranciate dei tizzoni. Le poche persone presenti in strada a quell'ora, per lo più giovani marinai e prostitute imbellettate, le rivolsero occhiate sgomente che le scivolarono addosso come acqua piovana. Facendo capolino tra i nuvoloni scuri che rivestivano il cielo, la luna benedisse la sua corsa, mostrandole la via, e Natsuko la seguì con movimenti meccanici e disperati. Sopra di sé avvertì il rombo di un tuono.
Si concesse una tregua solo dopo cinque minuti che le erano parsi eterni. La gola le bruciava per la sete.
Appoggiata al muro di una locanda dalla porta sbarrata, ansimò e tossì. Una pioggia sottile aveva preso a cadere. Avrebbe dato chissà cosa per una tazza di tè o per della semplice acqua...
Alzò il volto, constatando che almeno sembrava essere riuscita nel suo intento. Aveva percorso tanta strada da uscire dal quartiere; molto probabilmente i ladri non l'avrebbero trovata.
Ripensando agli ultimi avvenimenti, l'immagine della ragazza di prima le balenò nella mente. Non aveva avuto un'esplicita conferma, ma era praticamente certa che fosse stata lei a ferire quel giovane e a salvarla.
Natsuko si raggomitolò su sé stessa, infreddolita e ancora tremante per la scarica di eccitazione che le aveva dato la forza di scappare. Presto, lo sentiva, sarebbe crollata. Il suo pensiero volò a Daichi. Come aveva potuto nasconderle qualcosa del genere?
Per un istante provò rabbia; poi ci furono frustrazione, incertezza, timore. Cosa poteva significare la presenza di quell'essere sotto il loro tetto? E perché quei due uomini smaniavano per riottenere la gemma che, ne era certa, era stata la causa della sua apparizione?
Era talmente persa in quell'oceano di dubbi che per poco, quando una mano artigliata fece per tranciarle la gola, non ci rimise la vita. Fu questione di una frazione di secondo. Natsuko rotolò di lato e scattò in piedi, i muscoli ancora in allerta dopo la corsa appena conclusa.
Ciò che le stava davanti ora era inquietante quanto l'apparizione in camera di Daichi, ma il suo aspetto era di gran lunga diverso. La donna era luce chiara e rovente; quella creatura invece pareva fondersi con l'oscurità della notte, esserne addirittura composta. Era un corpo nero e logoro dall'odore di marcio. Una volta, da bambini, Daichi le aveva mostrato il cadavere di una volpe; aveva lo stesso, identico puzzo.
La sensazione che provò quando i suoi occhi incontrarono quella vista fu qualcosa che mai avrebbe augurato a nessuno al mondo. Era come se un parassita avesse preso a divorarle lo spirito, lasciando intatta la carne per il semplice gusto di vederla spegnersi in una lenta e atroce tortura. Boccheggiò senza fiato.
Le orbite bianche e lattiginose del mostro la puntarono fameliche. La bocca aperta rivelò una fitta serie di zanne marce. Nemmeno il Nogitsune dei suoi incubi era riuscito a incuterle tanto terrore. Tentò di smuovere le gambe, inchiodate a terra come da una forza mistica, ma quando ci riuscì scoprì che quell'abominio era più veloce di quanto credesse. Con una mossa inaspettata se lo ritrovò nuovamente addosso, pronto a sgozzarla con quelle che solo uno stolto avrebbe definito unghie invece di artigli. Schivato anche il secondo assalto per miracolo, Natsuko si sentì pervadere dallo sconforto. Voltarsi e correre sarebbe significato farsi perforare la schiena e azzannare il collo. Affrontare un simile essere a mani nude era un suicidio. Tutti gli scenari che provava a figurarsi prospettavano la sua morte.
Chiamò aiuto, pur sapendo che nessuno sarebbe giunto a soccorrerla, e rimase immobile, impotente, attendendo la prossima mossa della creatura.
Lo sforzo di quella ragazza di salvarle la vita era stato solo un inutile spreco, dunque. Che gli dèi avessero decretato che quella sera sarebbe dovuta morire, in un modo o nell'altro?
Si aspettava di sentire i versi sguaiati del mostro sfondarle i timpani, come ultimo suono.
Forse per questo distinse nitidamente il rumore degli zoccoli dei cavalli che battevano ripetutamente il terreno.
I destrieri invasero il poco spazio a disposizione in quell'incrocio di periferia. Da spoglia tomba di una giovane donna, Natsuko lo vide trasformarsi in un luogo pieno di vita. Quattro uomini in divisa militare balzarono giù dagli animali in un unico, sincronizzato salto. Il primo a toccare terra, un giovane dai lunghi capelli scuri e dal portamento regale, indossava un equipaggiamento di gran lunga più imponente degli altri che lo identificava come capo della squadra.
- Attaccate! - comandò a gran voce.
Come arti appartenenti a un unico corpo, si lanciarono assieme all'assalto del mostro. Incredula, Natsuko osservò quei momenti scorrerle davanti. Per quanto rapida e feroce, la belva dalle sembianze umane era pur sempre una sola. Una volta accerchiata, fu solo questione di tempo prima che la katana di uno dei cavalieri ne reclamasse il cuore, da cui fuoriuscì un fiotto di nero fango puzzolente. Il cadavere crollò come un sacco svuotato. In un ultimo lamento cominciò a scomporsi, ritornando alla terra sotto forma di grassi e viscidi vermi scuri. A testimoniare la sua presenza, fino a poco prima così reale, solo una macchia nera sul terreno.
- Quindi il vecchio monaco non stava delirando - mormorò il giovane comandante di prima, girando attorno all'alone nero. - I demoni esistono davvero sono pronti ad appropriarsi di più vite possibile...
-I... demoni? - Natsuko non si era nemmeno accorta di aver parlato. Notata la sua presenza, l'uomo sussultò e le corse accanto.
- Va tutto bene? Non siete ferita? - La ragazza notò incuriosita che aveva mosso una mano come a toccarla, ma di colpo l'aveva ritirata.
- Credo di stare bene... Non so come ringraziarvi. Sarei morta, se non foste arrivati.
- Non dovete ringraziare un uomo per aver compiuto il suo dovere - replicò con un sorriso lui. Il suo sguardo attento e pacato si spostò sul collo della ragazza. - Ma state perdendo sangue...
- Oh - Natsuko si affrettò a coprire la pallida gola, imbarazzata. - Non dovete preoccuparvi, è solo un graffio. Me lo sono procurata in casa.
- In casa? È vicina? - La squadrò. Lei spalancò gli occhi. Si rese conto solo in quel momento di essere ancora in camicia da notte, senza null'altro che la coprisse in mezzo a un gruppo di soli uomini. Avvertì il viso scottare.
- In realtà.... è complicato da spiegare. Questo, vedete... non è il primo attacco a cui scampo questa notte.
- Quelle creature vi hanno aggredita più volte? - domandò preoccupato il comandante. Prima che la giovane potesse affrettarsi e spiegare che non era esattamente così che stavano le cose, continuò: - Se è come dite e non abitate qui vicino, credo sia meglio che veniate a trascorrere la notte in un posto sicuro. Domattina delle guardie vi condurranno a casa. Suzuki, carica questa donna sul tuo cavallo, la porteremo con noi.
Un soldato giovane e dal volto fiero e rassicurante emerse dalla schiera indistinta di volti e dedicò al proprio capo un profondissimo inchino.
- Ai vostri ordini, Munetaka-dono.
Natsuko spalancò la bocca. Per un attimo fu certa di non aver sentito bene, ma il suo corpo doveva averlo fatto, visto che si scoprì a chinarsi fin quasi al pavimento. Il suo salvatore, il ragazzo poco più che adolescente che aveva creduto un semplice comandante di plotone, era niente meno che il più importante principe imperiale.
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