Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Epilogo: L'ultima sirena

- Così si chiude un'era per Termirini - disse Piercarlo Valli, il vicesindaco del paese, sollevando il calice di bianco con un filo di commozione nella voce. - Mancherai a tutti, a me per primo e al nostro amico Cimarossa per secondo - continuò, indicando il buon Maresciallo. 

Nel bar riecheggiò una risata e tutti si unirono al brindisi, io compreso che pur non sopportando l'alcol mi ero prestato a quei festeggiamenti non tanto per me ma per loro, per i miei compaesani, per i compagni di un viaggio durato più di tre anni, per dargli uno spunto di discussione su cui spettegolare le settimane a venire.

Oramai erano passati più di sei mesi da quella notte e anche se avevo fatto di tutto per riprendere la mia vita il mio soggiorno al faro era diventato un vero e proprio calvario, un castello di solitudine infestato dal fantasma di una giovane sirena che avevo atteso ogni giorno ma che non era mai tornata.

Avevamo saputo il giorno dopo, da Mamma Lucia stessa, che i due danesi se ne erano andati il mattino presto, poche ore dopo la nostra visita. Ce lo disse con tono preoccupato, ingenuamente turbata da ciò che quei due colossi avrebbero potuto dire ad amici e conoscenti riguardo Termirini e la sua gente. Per noi fu una notizia rincuorante, convinti come eravamo che la nostra missione si fosse conclusa con successo. 

Tuttavia Morea non tornò né le settimane successive né per i successivi mesi ed io finii logorato dall'attesa, dal desiderio di averla con me, di poterla riabbracciare, di poterci di nuovo fare l'amore. 

Alla fine le condizioni finanziarie del museo marittimo mi obbligarono a fare i conti con la realtà e fu solo per quello se lasciai per sempre il faro ritrovandomi in questa curiosa cerimonia di restituzione delle chiavi che doveva essere anche il mio addio alla bella Termirini e a tutta la sua variopinta comunità.

- Ci mancherà un sacco - disse Mamma Lucia, prima di stamparmi due infuocati baci sulle guance. 

- Avrei voluto assaggiare la sua cucina un'ultima volta - mi disse Cimarossa, stringendomi calorosamente la mano.

- Beh, potrà sempre venire a trovarci nel nuovo ristorante di Amsterdam - disse Katrina.

- In realtà volevo rimanesse una sorpresa, comunque, visto che siamo tutti qui - alzai la voce per essere ascoltato da tutti, - volevo approfittarne per fare un annuncio - continuai mentre gli ospiti della sala del bar del porto si zittivano per ascoltarmi. - Grazie mille - conclusi, una volta guadagnato il silenzio. - Visto che la mia validissima collaboratrice e l'è lasciato scappare ne approfitto per annunciare che tornerò ai fornelli, questa volta ad Amsterdam. Purtroppo per voi questo mi obbligherà a sottrarre alla comunità anche una vostra paesana: Katrina verrà con me per gestire la sala e tutti gli aspetti economici della nuova attività.

La gente iniziò ad applaudire ma una voce li interruppe. 

- Due compaesani! - esclamò una voce alle mie spalle. - Si porta via due compaesani - precisò il Selvaggio. - Non vorrai mica separare una moglie da suo marito.

- Aspetta... cosa? Voi due quando...? - domandai.

- Nove mesi fa, ho presenziato io stesso alle nozze - disse Valli. Poi, avvicinandosi a me mi sussurrò - C'erano solo loro due, in pausa pranzo, una faccenda di un quarto d'ora. 

- Quindi per tutto questo tempo voi eravate marito e moglie e io non ne sapevo niente? - domandai, sempre più sbigottito.

- Come sai non sono solita mescolare la vita privata con il lavoro e non sarebbe neanche mia intenzione farlo se qualcuno non avesse manie di protagonismo - concluse, fulminando il Selvaggio con lo sguardo.

- Arrivati a questo punto andava detto: io e Katrina siamo marito e moglie!

Stavolta l'applauso ci fu, fu doppio e scrosciante.

Sorrisi, in fondo ero contento che anche il Selvaggio venisse con noi, non avevo osato domandarglielo perché sapevo quanto era legato a questo paese e a questo mare, ma guardandolo bene, in quel momento, con quel mezzo sorriso birbante e l'espressione contrariata di Katrina arrossata dall'imbarazzo di tutte quelle attenzioni, compresi che amava più quella donna che non quel luogo.

- E ha già deciso come chiamerà il locale? - mi domandò Rivarossa, subito dopo. 

- Sono indeciso, in realtà lo vorrei chiamare Omero, ma ultimamente pensavo di chiamarlo Meermin - risposi.

- Meermin? Come il tatuaggio della signorina olandese? - domandò il maresciallo.

- Lo ha notato?

- Sono una pessima guardia ma pur sempre una guardia - ridacchiò Rivarossa. 

- In realtà lo chiamerei così proprio per lei, perché spero che tornerà da me. 

- Una specie di segnale di fumo in caso venga a cercarla - meditò - capisco, ha un certo senso.

- Già, ma Omero è il nome di mio figlio e mi fa sentire molto egoista dedicare un locale ad una donna che ho conosciuto per un mese piuttosto che a lui. 

Rivarossa trasse un lungo sospiro e bevve un sorso di vino. 

- Vede, signor Zante, stando qui a Termirini, nonostante tutto, ho imparato molte cose sull'animo umano, spesso cose che non avrei voluto imparare. I morti non desiderano da noi gesti eclatanti per essere ricordati, spesso gli basta che li ricordiamo. I gesti eclatanti servono per i vivi, per la loro coscienza, per allontanare la paura delle malelingue. Segua il cuore, in fondo è per lei che ha deciso di rimettersi ai fornelli, no? Quando l'avrà ritrovata cambierà il nome al locale, lo chiamerà Omero e lo gestirà con lei.

Ci riflettei qualche istante poi guardai il volto largo e pacioso di Rivarossa. 

- Non l'avevo mai vista in questo modo, ma in effetti funziona - risposi.

- Si sente meno in colpa? - mi chiese il maresciallo.

- Un po' - sorrisi. 

In quel momento, nel bar del porto, entrò un uomo trafelato.

- L'ho trovata! - esclamò Isacco, ancora avvolto nel suo impermeabile giallo e incrostato di salsedine. - L'ho trovata! - ripeté, trascinandosi verso il bancone. 

Tutti si zittirono guardando il vecchio attraversare la sala con lo sguardo allucinato, gli occhi a palla, persi nel vuoto. 

All'improvviso l'allegria della festa si era trasformato in un silenzio di tensione.

- Che cosa hai trovato? - domandò Carlo, quando Isacco riuscì a sedersi al bancone.

- Ma come cosa? La sirena no! Ho trovato una sirena. 

Ci fu un mormorio indistinto.

"Il matto ha di nuovo bevuto troppo" diceva qualcuno. 

"Povero vecchio, oramai è arrivato al limite" commentava qualcun altro.

"Oramai è nel delirio più totale".

Fu il Selvaggio, che aveva più dimestichezza con lui essendo da sempre suo compagno di bevute, ad avvicinarsi e sedere accanto a lui. 

- Ma non mi dire - commentò, facendosi versare da bere per fargli compagnia. - E dove l'hai vista? L'hai fotografata stavolta?

- Eccome se l'ho fotografata! - esclamò Isacco, tirando fuori la macchina fotografica con un sorriso. 

Il Selvaggio guardò la foto sullo schermo digitale, la ingrandì e poi la passò a me. 

L'immagine raffigurava un tratto molto isolato della scogliera ma poco lontano dal mio faro, un punto in cui le correnti erano molto forti e le barche dei pescatori, per evitare di finire sugli scogli, la evitavano quasi sempre. Sugli scogli, al centro dell'immagine, si poteva vedere la sagoma sfocata di una figura femminile, l'inconfondibile sagoma di una sirena. 

- Sì, è vero, è una sirena - mormorai, restituendo la macchina fotografica all'uomo con un sorriso forzato. - Ce l'hai fatta Isacco - continuai, dandogli una pacca sulla spalla, - ora nessuno potrà più dirti che sei un bugiardo. 

- E' vero, nessuno, oramai ho trovato la sirena, farò vedere a tutti chi è il pazzo! - rispose lui, ridendo. 

Il Selvaggio si volse verso di me e mi guardò con pena. 

- Vuoi che andiamo a controllare? - mormorò.

- Sì, possiamo usare ancora la mia barca, penso che i nuovi proprietari non se ne avranno a male se ci faccio un ultimo giro.

- Viste le circostanze, lo penso anche io - rispose il Selvaggio. 

Mentre navigavamo verso la scogliera, con il profilo del faro in lontananza, non facevo altro che a pensare a quell'ultima notte, a quelle due ore che avevo impiegato per arrivare a casa del Selvaggio e da lì fino all'ostello di Mamma Lucia. Solo due ore che avrebbero segnato il resto della mia vita, due ore che avevano deciso il mio destino di uomo e di persona. 

Solcando per l'ultima volta i mari di Termirini, saltando sulle dolci onde di quel tratto di mediterraneo, neppure il Selvaggio sembrava voler parlare. Si limitava a guidare la barca guardando quell'orizzonte grigio, ricoperto di nubi, che era l'umido saluto che Termirini dava a me, lo stesso con cui aveva salutato Morea quell'ultima notte. Non più con la gioia del sole, con il cielo terso, con quella costellazione di gabbiani ma con una sorta di tristezza, di malinconia: la consapevolezza di aver perso qualcosa di importante, qualcosa di irripetibile. 

Solo due ore, poi il sorriso di quel danese, quei denti bianchi, quella luce di vittoria, la sensazione di essere stato raggirato.

Il Selvaggio spense il motore a distanza di sicurezza dagli scogli lasciando la barca a dondolare in balia delle onde, le stesse che quel giorno ci avevano portati al largo, le stesse che ci avevano visti vicini nelle nostre confidenze, che avevano accompagnato il nostro fare l'amore mentre dolcemente andavamo alla deriva di quello splendido naufragio.

Avrei voluto che quel mare mi riportasse a quel giorno, che esistesse una corrente in quell'immenso mare che faccia rotta verso i porti sicuri del passato, quei giorni interminabili di felicità che sono le uniche fiammelle di luce in quella devastante odissea di dolore che è la vita.

La figura femminile giaceva ancora lì, sdraiata sugli scogli, incorniciata dagli sbuffi del mare e da un cerchio di avidi gabbiani.

Non riuscii a guardarla più di qualche secondo, non riuscivo a farlo e distolsi lo sguardo.

Il Selvaggio in quel momento mi mise una mano sulla spalla e sono quasi certo che stesse per dirmi qualcosa ma non lo lasciai parlare.

- Isacco aveva ragione – dissi, - quella che ha trovato è effettivamente una sirena ed io sono stato l'ultimo marinaio che ha avuto l'onore di amarla.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro