Capitolo 14
When you left I lost a part of me
It's still so hard to believe
Come back baby, please
'Cause we belong together
📍Montreal, Canada
09/06/2019
La mattina seguente il mio beato sonno viene bruscamente interrotto non appena la sveglia che ho impostato ieri sera sul mio cellulare comincia a trillare, facendomi sbarrare gli occhi ed accompagnare il gesto con uno sbuffo.
Scendo prima con una gamba poi con l'altra dal letto e mi dirigo a passo lento verso l'armadio per scegliere i vestiti che indosserò per la meravigliosa giornata che mi aspetta.
Oggi, finalmente, è il giorno più atteso di tutto il weekend: il giorno della gara. Non vedo l'ora di assistere ad un gran premio di Formula Uno dal paddock, anche perché non ho mai vissuto un'esperienza simile in tutta la mia vita e il solo pensiero che tra meno di un'ora starò camminando in mezzo agli hospitality mi rende ancora più nervosa di quanto io non lo sia già.
Nella notte ho riflettuto molto sulla relazione tra me e Valentino e ho anche dovuto abbattere le mie certezze più fondate per giungere alla conclusione tanto desiderata dal mio cuore.
Io lo amo ancora, amo ancora Valentino, e credo che non smetterò mai di farlo; solo non trovo il coraggio per dirglielo. Ed è questo il problema.
Mentre sto per aprire le ante dell'armadio, sobbalzo nel sentire una voce alle mie spalle che dice:<<Buongiorno.>>
Mi volto di scatto e prendo un enorme sospiro di sollievo quando mi accorgo che la persona che ha pronunciato quella parola è Sofia, appoggiata alla porta del bagno, intenta a guardarmi.
<<Oh ciao, non ti avevo vista. Com'è andata ieri sera?>>chiedo, voltandomi nuovamente verso l'armadio per scegliere i vestiti, ma principalmente per nascondere l'espressione di dolore che va formandosi sul mio viso a causa di tante fitte lancinanti alla pancia.
<<Benissimo. Shawn è gentilissimo come me lo immaginavo e mi ha promesso che ci saremo rivisti.>>urla Sofia, che, da quanto sento, sta saltellando sul posto per la gioia.
<<Fantastico. Che bello.>>commento, non riuscendo ad esprimermi su altro a causa del dolore che sono convinta che, fra poco, mi costringerà a piegarmi in due talmente è forte e acuto.
<<Invece a te com'è andata?>>chiede Sofia, ignara di tutto quello che è successo ieri sera e che ha solamente complicato le cose.
<<Bene. Io e Charles siamo andati a cena e stamattina mi porta lui al circuito.>>
Quando finalmente il dolore si placa un po', riesco a connettere nuovamente il cervello ed a decidere di indossare una semplice canotta nera abbinata a degli short di jeans blu che sfumano sul bianco, che scopro poi essere in pendant con gli unici occhiali da sole che mi sono portata con me per questa viaggio, ovvero un paio azzurri con le lenti violetto.
Come scarpe scelgo un paio di comode converse bianche, ma, facendo fatica persino a piegarmi, ci metto più tempo del previsto, quindi finisco di prepararmi e scopro con orrore che sono già le otto e un quarto. Fa niente, colazione la farò al circuito, oppure sgranocchierò qualcosa di veloce in macchina.
<<Devo andare.>>annuncio a Sofia, poi, quando sono sicura che ho la sua attenzione su di me, proseguo chiedendole:<<Tu prendi un taxi?>>
<<Sì, certo. Non c'è problema. Ci vediamo direttamente al circuito.>>mi rassicura sorridendo.
Annuisco, poco convinta delle sue parole troppo insicure per essere vere e credibili e, mentre racimolo tutto quello che voglio portare con me al circuito, sento che Sofia riaccende il phon, segno che è tornata alle sue attività che stava facendo prima che la interrompessi.
<<Ciao Sofi. Ci vediamo là.>>urlo, per far sì che la mia voce sovrasti il forte rumore del phon acceso.
<<Va bene. A dopo Fede.>>mi saluta lei, voltandosi solo per scuotere una mano nella mia direzione.
Apro la porta della stanza e, una volta oltrepassata, me la richiudo alle spalle, ma non appena mi giro vado a sbattere contro un petto particolarmente tonico, e finisco nuovamente contro la porta.
Alzo lo sguardo nell'esatto momento in cui la persona davanti a me mi sussurra:<<Excuse moi, chérie. Non volevo farti male.>>
Nel vedere il suo viso ancora leggermente assonnato, ma abbastanza attivo da poter affrontare una gara e puntare alle migliori prestazioni, mi scappa un sorriso, che non tento neanche di nascondere, perché so già che non ci riuscirei.
Ho la sensazione che stamattina Charles sia più bello del solito, e non lo dico perché (finalmente) indossa gli abiti marchiati Ferrari con cui sono abituata a vederlo, ma perché stamattina mi appare di gran lunga più riposato ed energico rispetto a ieri sera.<<Tranquillo, non mi sono fatta male. È tutto okay.>>
<<Andiamo?>> propone il monegasco, tendendomi una mano ed invitandomi con lo sguardo ad afferrarla, cosa che io faccio istantaneamente, accompagnando il gesto con una sola semplice parola:<<Certo.>>
Ci incamminiamo verso l'ascensore parlando di tutto quello che ci passa per la mente, senza però mai sfiorare l'argomento "bacio", poiché entrambi dobbiamo ancora metabolizzare il tutto ed assimilarlo.
Usciti dal sontuoso hotel continuiamo a camminare verso il parcheggio dove, tra tutte le auto presenti, spicca una Ferrari rosso vivo, verso la quale ci dirigiamo e sulla quale, dopo che il monegasco mi ha aperto galantemente la portiera, salgo. Il pilota Ferrari mette in moto l'auto, il cui motore si attiva con un rombo che metterebbe i brividi a chiunque, per poi inserire la prima e partire alla volta del circuito.
<<Certo che è una bella macchinina questa.>>commento, sentendo il rumore che fa l'auto ogni volta che Charles cambia marcia e accelera ancora di più rispetto a quanto già faceva prima.
<<Non per vantarmi, ma a chi non piacerebbe guidare un gioiellino del genere?>>risponde Charles, con una nota di ironia nella voce.
<<Beh, in effetti...>>
Getto una rapida occhiata al navigatore per vedere quanti chilometri mancano per arrivare al circuito e, una volta constatato che ne mancano ancora tre, mi sistemo meglio sul sedile, accavallando le gambe per mettermi più comoda e spostandomi leggermente a destra, così da poter osservare il paesaggio dal finestrino dell'auto.
<<Guarda che bel ponte che stiamo per attraversare.>>mi fa notare Charles, svoltando a destra ed entrando nella strada ospitata dal ponte, che offre una visuale stupenda sia sull'acqua cristallina che sta sotto di noi sia sui verdi prati che si estendono dopo la fine del primo ponte, a cui segue un tratto di strada e infine un altro ponte, che ci condurrà direttamente al circuito.
Mi soffermo ad osservare l'acqua limpida e chiara presente sotto il ponte e ne rimango estasiata. Sarà che sono qui, ora, con il mio speciale amico (o forse qualcosa di più) Charles, oppure sarà semplicemente il magnifico paesaggio che si staglia davanti ai nostri occhi, non lo so, fatto sta che dopo tanto tempo mi sento finalmente felice e in pace con me stessa. Non potrei desiderare di meglio.
<<Eccoci arrivati.>> Le mie riflessioni personali vengono interrotte da Charles, le cui parole vengono immediatamente seguite dal tac della sua cintura che si slaccia, accompagnata dalla mia.
<<Guidami tu sweetie. Io non so neanche dove sono, figurati se so da che parte andare.>>rido, scendendo dalla macchina e raggiungendo Leclerc, intento a guardare il telecomando per cercare il tasto che chiude l'auto.
<<Certo. Vieni, di qua.>>mi informa, mentre con un gesto fulmineo a cui mi viene impossibile ribellarmi mi prende la mano e mi trascina con sé in una corsa verso la zona dove si terrà il briefing con i meccanici.
Mentre corriamo mano nella mano, la gente intorno a noi ci osserva stranita come se non avessero mai visto due persone correre e ridere come due matti contemporaneamente e, per fortuna, nessun fan osa fermarci per un autografo o una foto.
Arriviamo con il fiatone davanti al box della Ferrari, davanti al quale si è già accumulata moltissima gente, tra cui anche alcuni giornalisti di mia conoscenza.
<<Dillo che mi vuoi morta, ammettilo.>>accuso Charles, sfoderando però un sorriso divertito, mentre appoggio le mani sulle ginocchia e mi fermo per riprendere il fiato che mi è venuto a mancare durante la corsa. Però la rifarei per altre mille volte, sempre nello stesso posto, sempre con la stessa persona.
<<Devi allenarti un po' di più, chérie.>>mi provoca lui, per niente affaticato dalla corsa appena conclusa.
<<Sei tu quello che si allena tutti i giorni per svariate ore! Per noi comuni mortali l'attività più intensa è il passaggio dal letto al divano e viceversa.>>ribatto, ironizzando su quella che, essendo una persona infinitamente pigra, se potessi sarebbe l'attività che occuperebbe tutte le mie giornate, senza escludere nemmeno un'ora.
<<Ma smettila. Sei pur sempre un pilota, ti alleni più o meno come me.>>mi rimprovera scherzosamente Charles, rifilandomi un innocente pugno sul braccio e cercando di trascinarmi all'interno del box per il briefing mattutino del team in previsione della gara, ma io mi blocco subito, attirando la sua attenzione.
<<Non posso venire con te al briefing, Charles. Non faccio parte del team.>>gli faccio notare, mentre scuote la testa con più veemenza di quanta mi aspettassi.
<<Ma dai, non dirlo nemmeno per scherzo. Sei con me, il team non ti dirà niente.>>cerca di convincermi Charles, ma io non cedo. Non posso andare a quel briefing, mi sentirei infinitamente estranea.
Troverò qualcos'altro da fare. Non so cosa, ma lo troverò. <<No Charles. Ti aspetto qua fuori. Mettici tutto il tempo che ti serve.>>
<<Come vuoi. Ci vediamo dopo chérie. Non fare danni.>>mi saluta, dandomi un piccolo bacio sulla guancia, che io ricambio con un abbraccio altrettanto affettuoso.
<<Io? Ma quando mai.>>scherzo, mentre entrambi ridacchiamo, per poi smettere non appena Charles varca la soglia della porta rosso fuoco e sparisce nella penombra del corridoio.
Cercando di non sembrare troppo stupida mi guardo intorno, alla ricerca di qualche attività interessante da fare, ma se non si è nell'ambiente è difficile conoscere tutto e tutti all'interno del paddock.
Dopo pochi minuti, mi rendo effettivamente conto che trovare un passatempo relativamente interessante da fare mentre aspetto il pilota Ferrari è più difficile del previsto.
<<Ehi girl. Cerchi qualcuno?>>
Una voce alle mie spalle mi fa sobbalzare e, mentre mi volto nella direzione da cui proviene il suono, scopro con gioia che non è nessuno che non conosco. Infatti, a parlare in quel suo inglese impeccabile, è stato niente meno che Lewis Hamilton, vestito con una polo bianca del team ed un paio di jeans neri attillati, a bordo del suo monopattino attualmente fermo al suo fianco e sorretto da lui.
<<Ciao Lewis. In realtà no, sto aspettando Charles. È dentro a fare il briefing con il team.>>spiego, indicando l'imponente costruzione interamente rossa Ferrari.<<E tu invece? Che ci fai qui in territorio nemico?>>
<<Oh, io passavo di qui per caso. Non mi sognerei mai di affrontare il nemico da solo.>>scherza l'inglese, per poi aggiungere subito dopo:<<A proposito, ma quindi tra te e Leclerc? Come va?>>
Di fronte quella domanda, rimango lì impalata, incapace di rispondere, semplicemente perché non so nemmeno io cosa siamo io e Charles. Che rapporto ho con lui? Non ne ho la più pallida idea. Fino a ieri sera avrei detto che eravamo ottimi amici, ma attualmente non lo so neanch'io. Quel bacio di ieri sera ha cambiato tutte le carte in tavola ed io non ho la minima idea di come si faccia a tornare com'eravamo prima.
Fortunatamente, la suoneria del mio cellulare mi salva dalla scomoda risposta che il mio interlocutore stava attendendo con ansia, e, dopo aver mormorato un veloce "Sorry" a Lewis, accetto la chiamata da parte della mia salvezza: Sofia. <<Ciao Sofi. Dimmi tutto.>>
<<Dove sei? Io sono davanti al circuito, ma non mi fanno entrare.>>mi risponde, visibilmente innervosita dalla situazione.
<<Arrivo.>>le riferisco, appena prima di chiudere la chiamata e riporre il cellulare nella tasca posteriore degli short.
<<La mia migliore amica è all'ingresso del circuito, ma non la lasciano entrare. Devo andarla a prendere.>>spiego al pilota Mercedes, che mi guarda confuso.
<<Vuoi che ti accompagno? Prima ti vedevo un po' sperduta.>>mi propone, senza nessuna traccia di arroganza o superiorità nella voce.
<<Se puoi sì, grazie.>>accetto. Sono felice che si sia offerto di accompagnarmi, altrimenti senza di lui non avrei minimamente saputo da che parte dirigermi. Sia lodato Lewis Hamilton.
<<Salta su.>>mi dice, indicando il monopattino sul quale lui è già salito, pronto per partire.
<<Ma non è un po' pericoloso andare in due su questo affare?>>domando, scrutando il monopattino con aria scettica e pensando a come potremmo starci in due su quel coso.
Le leggi della fisica lo impediscono, perché, seppur sia io sia lui siamo abbastanza magri, dubito che un semplice monopattino possa reggere il peso di due persone.
Ma lui è Lewis Hamilton: le leggi della fisica non lo riguardano.
<<Se ogni domenica vado ai trecentocinquanta chilometri orari è perché ho paura di poche cose. E sicuramente non ho paura di un monopattino. Avanti, salta su.>>
Ecco, appunto.
Mi sistemo dietro il pilota Mercedes e mi aggrappo a lui con le braccia per non cadere, dato che siamo attualmente fermi. Lewis, non appena trova stabilità, si dà la spinta con il piede e sfreccia a tutta velocità per il paddock.
Ad ogni curva stretta che fa, il mio cuore manca un battito e la paura di cadere raggiunge livelli inestimabili, poi però, non appena ritorniamo in una situazione più o meno stabile, mi tranquillizzo di nuovo, ovviamente non senza aver scherzosamente rimproverato l'inglese per l'eccessiva velocità che sta facendo fare a questo povero monopattino.
Passiamo velocemente davanti alla maggior parte dei box, per poi superarli con una spinta del piede, ed in meno di un minuto arriviamo davanti all'ingresso.
Dopo che Lewis si è fermato con una frenata alquanto pericolosa per l'equilibrio sia mio sia suo, scendo dal monopattino e corro verso Sofia, sempre accompagnata da Lewis, che mi prende per mano, per far vedere al controllore che sono insieme a lui e che, quindi, non ho bisogno di un pass (che in qualsiasi caso non avrei).
Una volta superati i controlli, lascio la mano dell'inglese e corro verso Sofia che, giunta davanti a me, mi abbraccia, ricevendo un bacio sulla guancia come ricambio.
<<Ma ciao Fede. Ti aspettavo già da un po'. Come mai ci hai messo tanto?>>mi domanda Sofia, mentre tutti e tre entriamo nuovamente nel circuito.
<<Mi sono fermata a chiacchierare con questo signorino.>>rispondo, indicando Hamilton, che intanto ha ripreso in mano il monopattino e sta parlando al telefono con qualcuno. Quando si accorge che entrambe lo stiamo guardando, saluta frettolosamente la persona dall'altro capo del telefono, promettendole di arrivare subito, e si avvicina a noi.
<<Devo andare, Angela mi chiama. Il team mi vuole per il briefing pre-gara.>>spiega, mentre afferra il manubrio del suo mezzo e appoggia un piede sopra alla pedana.
<<Va bene. Ci vediamo dopo. Grazie di avermi accompagnato fino a qui, senza di te mi sarei persa.>>lo ringrazio, facendolo ridacchiare.
<<Prego figurati. Se riusciamo ci vediamo dopo. Ciao ragazze.>>
<<Ciao.>>salutiamo in coro io e la mia migliore amica, che si sta guardando intorno come per esplorare la zona circostante a noi.
Hamilton si dà una spinta e si muove verso la direzione dalla quale siamo arrivati, ma dopo aver fatto due metri si ferma di nuovo e si gira indietro per dirmi:<<Ah, comunque non finisce qua il discorso su Charles. Devi ancora spiegarmi un paio di cose.>>
Sono. Nella. Merda.
È l'unico pensiero che mi passa per la testa e che il mio cervello riesce ad elaborare in mezzo a tutto quel casino che c'è al suo interno in questo momento.
Sono fregata.
Sebbene Sofia sia la mia migliore amica, non avevo intenzione di dirle assolutamente niente riguardo al bacio di ieri sera, ma evidentemente Lewis ha stravolto tutti i miei piani, andati collettivamente e completamente in fumo in pochi secondi.
<<Sei in ritardo, Hamilton. Meglio sbrigarti.>>ribatto aggressiva, mentre riduco gli occhi a due fessure e guardo minacciosamente il pilota Mercedes, che scoppia a ridere e si dilegua a bordo del suo monopattino.
Mentre cerco di nascondere il terrore, mi preparo psicologicamente al discorso che dovrò affrontare a breve. Infatti, poco dopo Sofia mi domanda:<<Mi devi dire qualcosa?>>
Okay, ora sono ufficialmente nella merda.
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