Capitolo ventottesimo *Blaire*
Era un incubo, era un incubo.
Tutto ciò che riuscivo a concepire con la mente annebbiata mentre correvo più lontana possibile, era che ciò che avevo sentito aveva appena distrutto tutta la favola in cui avevo vissuto negli ultimi mesi.
Quello che avevo creduto l'amore della mia vita, si era rivelato solo la spia pagata da Claire per riferire le mie mosse ad uno psicologo.
Mi sentivo talmente vuota....
Io avevo donato tutto a lui: il mio cuore, i miei ricordi, i miei sentimenti.
Tutta me stessa.
Avevo sempre creduto che la definizione di cuore spezzato fosse una licenza poetica dei romanzetti rosa, ma in quel momento capii ciò che si intendeva: il mio cuore era in mille pezzi, frantumato e calpestato.
E faceva dannatamente male.
Corsi via da quella scuola e arrivai nel parcheggio, lasciando che l'aria fredda sferzasse il mio viso rigato di lacrime.
"Il tuo comportamento è stato encomiabile... ecco i soldi che avevamo pattuito"
"Ricorda, lei non dovrà mai saperlo"
Quelle frasi non smettevano di rimbalzare nella mia mente, come un disco rotto impazzito.
Avrei solo voluto urlare più forte dei miei pensieri, per smettere di sentire.
Per smettere di sentire tutto.
"BLAIRE! Ti prego, aspetta. Lascia che ti spieghi, ti scongiuro! Aspetta!" urlò Boyd, raggiungendomi di corsa nel parcheggio deserto.
Non lo volevo ascoltare e non volevo mai più rivederlo, perciò continuai a correre, ma lui era più veloce di me e riuscì ad afferrarmi per un braccio.
Colta da una rabbia improvvisa, mi girai e gli tirai uno schiaffo così forte che il palmo iniziò a bruciarmi.
Lui però incassò il colpo senza fare una piega, mentre la guancia gli si arrossava velocemente.
"STRONZO! Io mi fidavo di te, io ti amavo!" urlai, con voce roca.
Le lacrime e il dolore opprimente che sentivo al petto mi impedivano di respirare bene, ma continuai comunque:
"Maledetto bastardo, mi hai presa in giro! Io ti ho dato tutta me stessa mentre tu mi spiavi! Per cosa poi? Una manciata di dollari? Complimenti, sei un grand'uomo. Degno di ogni lode" sputai, con un tono che trasudava odio.
Quanto avrei voluto odiarlo...
Quanto avrei voluto non provare alcun sentimento davanti al suo bellissimo volto che mi guardava disperato.
Ma non potevo.
"Hai ragione, piccola. Hai ragione io..." tentò di dire lui, ma io lo spintonai con violenza.
"Non chiamarmi così! Non ne hai il diritto, non più!"
"Blaire, ti scongiuro. Rimedierò, farò tutto quello che vuoi... ti prego. Ho fatto una cosa tremenda, ma io so che possiamo tornare ad essere felici. Ti amo abbastanza per rimettere tutto a posto. Ti prego, Blaire, ti prego, non mi lasciare" disse nel panico, con le mani che gli tremavano mentre cercava di prendermi il viso.
Mi scostai da lui fulminea, cercando di convincere me stessa che non stava davvero soffrendo, che era solo un ottimo attore che per mesi aveva giocato con i miei sentimenti.
"Smettila! È finita, anzi, ti dirò di più: non è mai iniziata. Quello che credevo avessimo, era finzione. Nulla di più. Ed ora che l'ho finalmente capito, riprenderò in mano la mia vita. Certo, non sarà facile, perché tu sei stato molto bravo nel tuo lavoro e hai affondato per bene i tuoi artigli dentro di me, ma io ti giuro che ce la farò. Sparisci dalla mia vita, non farti più vedere. È l'unica cosa che ti chiedo" dissi, cercando di tenere ferma la voce.
Dentro stavo morendo, ma avevo la mia dignità e mai avrei permesso che mi vedesse soffrire.
Si irrigidì e cominciò a tremare impercettibilmente, prima di afferrare i miei polsi con le mani.
Sembrava nel panico più totale, non l'avevo mai visto così.
"No, no! Non dire così! Blaire, ho bisogno di te, non posso vivere senza di te" esclamò ad alta voce, mentre il suo pomo d'Adamo andava su e giù velocemente.
Non credevo alle mie orecchie: avevo scoperto tutto.
Perché continuava a fingere? Cosa voleva ottenere ancora?
Dio, volevo solo che tutto finisse.
"Lasciami in pace, che accidenti vuoi ancora da me? Ho scoperto tutto, smettila di fingere!" urlai di rimando, mentre le lacrime minacciavano pericolosamente di tornare a farmi visita.
Lui si immobilizzò per un attimo e si staccò da me, barcollando all'indietro come se lo avessi colpito:
"Fingere? Credi io fingessi di amarti?" sussurrò, con una voce che a malapena udii.
Scoppiai in una risata amara, senza la minima traccia di un divertimento reale.
Volevo soltanto che lui provasse il dolore che stavo provando io e al contempo non lo volevo, perché lo amavo troppo per permetterlo.
"Io non credo nulla, lo so fermamente. Una persona che ama, non tradisce. Mai"
Mi girai senza aspettare la sua risposta, ma lui mi afferrò e mi fece voltare, prendendomi il viso tra le mani.
Aveva gli occhi lucidi, il viso talmente pallido da sembrare cinereo e tutto il suo volto esprimeva disperazione, ma io non potevo credergli.
Cercai di divincolarmi dalle sue mani, ma lui mi tenne stretta, passandomi delicatamente i pollici tremanti sulle guance.
"Ascoltami. Per favore, amore mio. Io non ho mai finto di amarti, devi credermi. Non avrei dovuto, ma mi sono irrimediabilmente innamorato di te. Ho sbagliato, ho fatto una stronzata colossale che non mi perdonerò per il resto della vita, ma non te ne ho parlato solamente perché avevo troppa paura di perderti"
Quelle parole e lo sguardo con cui mi trafiggeva mentre le diceva, mi uccisero più di quanto una coltellata avrebbe potuto fare.
Contro ogni mio buon proposito scoppiai a piangere, ma non avrei mollato: mi aveva distrutto ed io non glielo avrei perdonato.
Mi tolsi dalle sue mani con un strattone e feci un passo indietro, mentre lo vedevo impallidire.
"Bene. Hai preso la tua scelta e mi hai persa per sempre" mormorai, con le ultime forze che mi rimanevano.
Sbiancò e scosse la testa, come impazzito.
"No, no, no! Non è vero, non può essere vero. Tu mi ami, io lo so che mi ami. Blaire, io so..."
"Si, ti amo. Fino a questa mattina credevo ancora che avrei passato il resto della mia vita con te, ma ti ho già detto che ne verrò fuori. Con i miei tempi, ma ne verrò fuori" lo interruppi, asciugandomi le lacrime con la manica del mio maglioncino.
"Io non voglio che tu ne venga fuori"
Scoppiai di nuovo a ridere amaramente e scossi la testa:
"Sfortunatamente non è più una decisione che ti riguarda"
Mi scostai i capelli dal volto e mi asciugai di nuovo le guance, come se servisse a darmi un'aria più forte.
Con quel movimento, la collanina che lui mi aveva regalato si mosse sul mio collo ed io me ne ricordai, slacciandomela e porgendogliela.
"Tieni anche questa. Non voglio nulla di tuo. Sparisci dalla mia vita. Se ti sei affezionato almeno un po' a me, fai come ti dico"
Lui non sembrava sentire ciò che gli dicevo, aveva lo sguardo vacuo e si avvicinò nuovamente a me, mettendomi una mano su una guancia.
"Non puoi lasciarmi. Dimmi che non provi nulla quando ti accarezzo" mormorò, con la voce roca spezzata e profonda.
Mosse delicatamente le dita sulla mia pelle ed io chiusi gli occhi, incapace di sottrarmi a quella tortura.
Lo amavo così tanto, non riuscivo a venirne fuori.
Come avrei potuto venirne fuori?
"Dimmi che non senti niente quando ti bacio" continuò, mormorando ad un centimetro dalla mia bocca.
Socchiuse gli occhi e posò le labbra tremanti sulle mie, che però io tenni rigide.
Provò a muoversi delicatamente, ma io mi imposi di rimanere immobile.
"Baciami. Blaire, baciami, ti scongiuro. Forse tu puoi fare a meno di tutto questo, ma io non posso. Sai che non ho niente senza di te, niente. Amore mio, se mi lasci mi uccidi" mormorò, sfiorandomi le labbra con il polpastrello del pollice.
Mi riscossi come da un sogno alle sue parole e mi staccai da lui, spintonandolo.
"È tutta colpa tua! Hai scelto tu questa strada quando per la prima volta hai accettato di vendermi per qualche dollaro. Io ti odio per questo! Ti odio per il dolore che mi fai provare! Ti odio perché hai distrutto il futuro che avevo immaginato. Hai distrutto tutto, te ne rendi conto?Lasciami andare, lasciami!" urlai.
Da lontano vidi Gemma correre fuori dall'accademia, mentre Boyd, come sotto shock, mi lasciava per cadere in ginocchio.
Una lacrima gli scivolò lungo la guancia e vidi le sue spalle tremare mentre si prendeva il viso tra le mani.
Quella visione mi avrebbe tormentato per il resto della vita, perché lo amavo tanto da non volerlo mai veder soffrire.
Ero bloccata, paralizzata da quella sofferenza che obnubilava tutto e che mi impediva di agire razionalmente.
Tentò di afferrarmi per l'ultima volta, ma in quel momento ci raggiunse Gemma, che gli urlò contro:
"Lasciala, lasciala, stronzo! Non pensi di averla già distrutta abbastanza? Sei un pezzo di merda!"
Approfittai di quel momento per correre il più lontano possibile da quei due, diretta verso la BMW di Gemma.
Lei mi raggiunse quasi subito e aprì la macchina, lasciando che mi rifugiassi sul sedile del passeggero prendendomi le ginocchia tra le braccia e raggomitolandomi come a cercare di tenere insieme i miei pezzi.
Ma come potevo, se un pezzo di me era inginocchiato in lacrime nel parcheggio e mi guardava disperato mentre Gemma accendeva il motore e mi portava via?
Semplicemente non potevo.
Mi rassegnai ad annegare nel dolore che sentivo così opprimente dentro al petto, almeno fino a quando Gemma non accostò nel primo spiazzo che trovò lungo la strada e mi abbracciò.
In quel momento, diedi veramente sfogo al pianto.
Piansi a lungo, tutte le lacrime che ero riuscita a trattenere, inzuppandole il cardigan mentre lei mi teneva stretta senza parlare.
"Oh,mi bailarina! Mi dispiace così tanto... ti porto a casa" disse alla fine, quando mi calmai.
Selina non c'era quando arrivammo, ma Gemma la chiamò immediatamente non appena io andai a chiudermi in bagno.
Cercai di non ascoltare la loro conversazione e mi guardai invece allo specchio, rimanendo spaventata dal mio stesso riflesso.
La ragazza distrutta che mi guardava, non potevo essere io.
Eppure quegli occhi rossi e gonfi erano i miei, quelle guance ancora bagnate di lacrime erano le mie, quei capelli spettinati, quello sguardo così vuoto e assente, mi appartenevano.
Sembravo un'altra, sembravo... mia madre.
Quel solo pensiero mi fece rabbrividire e tentai di non pensarci mentre mi trascinavo in camera da letto e mi distendevo sul materasso.
Chiusi gli occhi. Non per dormire, solo per cercare di smettere di pensare, ma tutto in quella stanza urlava i ricordi che avevo di lui e le lenzuola avevano ancora il suo odore.
Scattai in piedi e le tolsi con violenza dal materasso, quasi a volerle strappare.
"Maledetto, ti odio! Perché mi hai fatto questo, perché?" urlai nella stanza vuota, gettando le lenzuola sul pavimento.
Gemma entrò di corsa nella stanza e venne verso di me, abbracciandomi e cullandomi, come fossi una bambina:
"Shh, bailarina, shh. È tutto finito, è tutto finito" mormorò, quasi cantilenando.
"È l'amore della mia vita, Gemma!" urlai con un filo di voce e lei mi strinse di più.
Quel dolore, quel dolore era così opprimente.
Mi schiacciava il petto, mi impediva di respirare.
Gemma mi portò in camera di Selina e mi distese sul suo letto, coprendomi con la coperta. Mi accarezzò la fronte e stette lì con me.
"Selina è quasi arrivata"
Cercai di nuovo di chiudere gli occhi, ma d'improvviso un peso sullo sterno mi mozzò il respiro.
Fu come se qualcuno mi avesse tirato un pugno nello stomaco, la sensazione ci assomigliava.
"Blaire! Oddio..." sentii urlare Gemma da lontanissimo.
Cominciai ad ansimare alla ricerca spasmodica di aria, ma i miei polmoni non ne volevano sapere di collaborare. Boccheggiavo e mi contorcevo quando qualcuno entrò di corsa nella stanza, venendo al mio fianco.
"Mettila testa tra le gambe. Inspira, espira, inspira..."
Feci come Selina diceva e, a poco a poco, tornai a respirare normalmente.
La testa mi divenne pesante e, d'un tratto, tutto attorno a me si fece buio.
*
Non saprei dire con esattezza quante ore dopo mi svegliai, ma la luce inondava la stanza dalla finestra, perciò supposi fosse mattina presto, forse le sei o le sei e mezzo al massimo.
Ero distesa in mezzo a Selina e Gemma, entrambe ancora profondamente addormentate, quando la consapevolezza di ciò che era successo mi investii all'improvviso, come un violento pugno nello stomaco.
Era strano che dopo una crisi ricordassi ciò che era successo, eppure quella mattina avevo scolpito in testa ogni terribile, straziante fatto delle ore precedenti.
Ricordavo alla perfezione Boyd inginocchiato con il viso bagnato di lacrime, le sue parole bellissime e disperate che però non erano riuscite a salvarci e ricordavo alla perfezione quel terribile senso di perdita che avevo provato.
Mi sembrava di aver perso tutto: la mia storia d'amore, la mia dignità, la fiducia nel prossimo, quella che credevo la mia anima gemella.
Mi sentivo tradita, vuota.
Mi sentivo di nuovo la persona che ero diventata dopo l'incidente.
Boyd mi era sembrato un dono del cielo: la ricompensa mandatami per ricompensarmi di tutto ciò che avevo passato.
Lui era riuscito a restituirmi il sorriso e la gioia di vivere, per i mesi che avevamo passato insieme ero tornata la Blaire di una volta. Quella felice, ottimista, sbarazzina e piena di idee.
Per un po' ci avevo creduto con tutta me stessa.
E poi era finito tutto. Così drasticamente, così crudamente, così dolorosamente.
Due delle persone che credevo le più importanti della mia vita mi avevano tradito in una maniera così meschina che solo a pensarci avevo i brividi: Claire, la donna che consideravo come una madre, aveva orchestrato tutto.
Aveva assoldato un ragazzo affinché mi spiasse e riferisse ogni mia mossa o ogni cosa mi uscisse di bocca ad uno psicologo.
Boyd era stato eccellente nel suo incarico: mi aveva lavorata come pasta tra le sue mani, fino a farmi credere di nutrire una fiducia incondizionata in lui. Gli avevo raccontato fatti che per me rappresentavano ferite ancora aperte e sanguinanti solamente per amore e lui, aveva usato tutto ciò contro di me.
Solo ripensandoci, mi salirono le lacrime agli occhi e mi asciugai velocemente una guancia bagnata.
Ne sarei venuta fuori. Giurai a me stessa che ce l'avrei fatta.
Io ero Blaire Cannon, a volte odiavo me stessa, ma un mio pregio me lo riconoscevo: riuscivo sempre ad uscire da ogni situazione.
Non importava quanto oscura fosse, alla fine, con tempi più o meno lunghi, riuscivo a trovare la mia strada verso la luce.
E quella volta non avrebbe fatto differenza.
Feci un grande errore e accesi il telefono che giaceva sul comodino, trovandolo inondato di messaggi. La maggior parte erano di Boyd, ma c'era anche un discreto numero di sms di Claire e addirittura qualcuno da parte di Chloe.
Chloe.
Mi dispiaceva doverla ignorare, ma non ce l'avrei fatta ad incontrarla per sentirla giustificare il fratello.
Era sua sorella, capivo perfettamente che sarebbe stata dalla sua parte e che la sua fosse una posizione difficile, ma in quel momento preferivo evitare ogni contatto per leccarmi le mie ferite in santa pace.
Richiusi il telefono senza visualizzare nemmeno un messaggio e mi ributtai con la testa sul cuscino, senza riuscire, però, a riprendere sonno.
Le mie amiche si svegliarono circa un'ora dopo e mi inondarono immediatamente di attenzioni.
Erano entrambe ancora vestite e con il trucco colato addosso, sembravano distrutte e mi sentii in colpa.
Ero davvero fortunata ad averle, parevano sempre pronte a salvarmi un attimo prima che precipitassi.
"Come ti senti, tesoro?" mi chiese dolcemente Selina, spostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
"Come se un treno mi avesse investito più e più volte. Ma starò meglio. Tutto passa prima o poi, no?" dissi, cercando di sorridere nel modo più convincente che mi riuscii.
"Oh, mi querida!"esclamò Gemma, con una faccia addolorata, gettandosi su di me e stringendomi in un abbraccio.
"Hai avuto una crisi piuttosto forte, ieri. Cosa ti ricordi generalmente?"mi chiese ancora Selina, quando Gemma si fu staccata.
Mi misi seduta sul materasso e incrociai le gambe.
"Praticamente tutto. Ricordo ogni singolo fatto successo a scuola, ma dopo che sono arrivata qui, i ricordi si annebbiano"
Selina mi strinse la mano e mi guardò negli occhi, cercando di trasmettermi qualcosa che ero troppo esausta per capire.
"Hey, ce la faremo. Supereremo anche questa, mi ascolti? Tu sei forte, amica mia e anche se non capisco perché la vita sia così stronza con te, so che tu sei la persona che ha più palle di qualsiasi altra io conosca e mai conoscerò" mi disse la mia migliore amica.
"E devi anche ricordarti che nessuno, nessuno in questo maldito mundo può spegnere la tua luce, ballerina del mio corazon!" esclamò Gemma.
Le lacrime mi scorsero di nuovo sulle guance, ma questa volta erano di commozione:
"Grazie, ragazze mie, non so davvero cosa farei senza di voi. Guardate, siete esauste, ancora truccate e vestite e tutto questo è per colpa mia!" esclamai, prendendomi le guance tra le mani e scuotendo la testa.
"Stai per caso insinuando che non siamo delle gran fighe anche così?" esclamò Selina, mettendosi le mani sui fianchi e guardandomi storto.
Scoppiai a ridere, stupendomi che ancora una volta stessero sminuendo ciò che stavano facendo.
"Oh, assolutamente no! Siete delle gran fighe in qualsiasi modo, scusatemi tanto!" risposi divertita.
"Quel tono ironico non me gusta mucho, ballerina. Ma oggi sarò buona e ci passerò sopra. Allora... chi ha voglia di un bel caffè da Starbucks?"esclamò Gemma, balzando in piedi.
Selina alzò la mano entusiasta e, anche se non avevo la minima voglia di uscire fino alla caffetteria, non me la sentii di smorzare il loro entusiasmo e mi alzai anche io, con un sorriso forzato.
Non appena Gemma andò in bagno, Selina si avvicinò e mi abbracciò forte.
Il suo profumo mi dava sicurezza: l'avevo abbracciata così tante volte tra le lacrime che lei era capace di tenere insieme i miei pezzi.
"Affronteremo insieme anche questa tempesta, te lo giuro" mormorò, sospirando.
Sentii un nodo in gola, ma lo ricacciai indietro.
Non credevo che ne sarei uscita indenne, quel dolore mi avrebbe segnata per sempre, ma annuii. Un po' per non deluderla, un po' per crederci anche io.
Stavo annegando e la vita sembrava guardarmi da poco lontano, urlandomi di imparare a nuotare.
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