Capitolo ventinovesimo *Blaire*
Per una settimana non andai a scuola e smisi di allenarmi, non perché volessi deprimermi ulteriormente restando serrata in casa, bensì perché sentivo di non avere la forza di fare nulla.
Pensai perfino più volte di abbandonare la competizione, perché per parteciparvi avrei dovuto trascorrere altro tempo con la persona che non solo mi aveva spezzato il cuore, ma che ci era letteralmente saltata sopra.
Passavo le mie giornate trascinandomi per la casa, tra il letto e il divano e mi era anche capitato di accendere il telefono, trovarlo inondato di messaggi di Boyd e Claire e quindi rispegnerlo all'istante.
Mi ero infatti imposta una terapia d'urto che mi obbligava a tenere i pensieri in direzioni completamente opposte a quelle che concernevano loro.
Non che fosse facile, tutt'altro: soprattutto non pensare al ragazzo di cui mi ero perdutamente innamorata era la cosa più difficile che avessi mai fatto, anche perché la mia mente sembrava stipata per la gran parte solo da sue immagini.
Lo avevo anche sognato e non solamente una notte, svegliandomi con le guance bagnate e il respiro affannoso.
Dire che mi aveva distrutto non era esagerato: purtroppo era la cosa più vera che avessi sentito negli ultimi tempi.
Una cosa positiva di quella situazione, però, era che la mia amica Gemma sembrava ormai essersi trasferita da noi ed io lo apprezzavo immensamente.
Lei e Selina non facevano altro che dividersi tra lavoro e scuola per rendere ogni mia giornata più allegra.
Mi facevano ridere, mi distraevano ed evitavano che mi soffermassi troppo a rimuginare.
Non che ci fosse poi così tanto su cui riflettere: sebbene ammetterlo mi facesse un male cane, la storia con Boyd era finita senza possibilità di ripensamenti.
Si era troncata improvvisamente, ma il distacco era ciò che serviva.
Una parte di me sperava di non rivederlo mai più, terrorizzata all'idea di che piega avrebbero preso le cose se l'avessi rivisto, l'altra parte di me, quella enormemente più grande e stupida, avrebbe dato qualsiasi cosa per potersi rifugiare ancora una volta tra le sue braccia.
Ero contesa tra la mancanza e la rabbia cieca.
Una pessima combinazione.
Anche quel pomeriggio ero semi distesa sul divano, stavo guardando una stupida telenovela alla tv, struccata e con i capelli spettinati, quando la porta si spalancò, lasciando penetrare nell'appartamento le voci gioiose delle mie amiche:
"Hola, querida!"esclamò Gemma, chiudendo la porta dietro di lei.
"Ciao, zombie!"disse invece Selina, facendomi ridere.
"Hey, ragazze! Che ci fate qui? Non vi aspettavo così presto" risposi, afferrando il telecomando per spegnere la televisione.
"Io ho saltato le ultime ore e Sel aveva il turno mattutino, quindi eccoci qui!"
"Wow e a cosa devo questo onore?" mormorai io svogliatamente, stiracchiandomi.
Cavolo, dovevo assolutamente farmi una doccia e togliermi il pigiama.
E anche darmi una spazzolata ai capelli, lavarmi i denti, truccarmi...
Misi a tacere la fastidiosa vocina nella mia testa: stavo benissimo così.
"Lo devi al fatto che abbiamo deciso che la tua convalescenza finisce oggi. Oggi la pianti ufficialmente di piangerti addosso e riprendi in mano la tua vita: ti lavi, ti cambi, ti rendi presentabile e stasera noi tre usciamo. Se vuoi puoi anche sbronzarti, noi non ti giudicheremo" disse decisa Selina, dirigendosi verso le finestre e aprendo le tende con un colpo secco, inondando la stanza di luce.
Quasi fossi un vampiro, mi coprii la faccia con le mani e mugolai risentita.
"Non ho nessuna intenzione di uscire" sbottai.
"E invece lo farai perché siamo arci stufe di vederti appassire qui dentro, ballerina!" disse Gemma.
Mi ridistesi sul divano sbuffando, ma sentii qualcuno tirarmi per i piedi.
Non ebbi nemmeno il tempo di protestare che mi ritrovai con il sedere per terra.
"Hey!" sbottai, mentre le mie amiche ridevano di gusto.
"Finiscila di poltrire, riprendi in mano la tua vita, raggio di sole!" esclamò Selina, allargando le braccia con fare teatrale.
"Siete due rompipalle assurde! Va bene, va bene, mi vesto e forse andrò anche a fare un giro, ma stasera non si esce, su questo sono irremovibile"
"Ti vesti, ti lavi, vai obbligatoriamente a fare un giro e forse stasera non usciamo. Ma se ti distendi ancora una volta su questo divano giuro su Dio che ti trascino nel primo locale più trash che troviamo!" rispose Selina con tono perentorio.
"E si deve anche truccare e pettinare per benino, direi io" aggiunse Gemma, con il benestare tacito di Selina alle sue spalle.
"Quanto siete insopportabili!" urlai io, alzandomi dal divano.
Loro corsero ad abbracciarmi e in un attimo fui avvolta da strette e baci sulla testa.
"Lo sappiamo, ma tu ci ami!"
"Ah... e c'è un'altra cosina..." mormorò d'un tratto Gemma, staccandosi e scambiando un'occhiata con Selina.
"Mmh... devo avere paura?"
"Prima di tutto, prometti che dirai si!" mi pregò, scostandosi una ciocca blu dal viso.
"Non posso promettere di dire sì se non so nemmeno di cosa si tratta!" protestai, mentre Selina mi guardava con fare arcigno.
"Blaire Lysa Cannon, ti ho assistita quando hai vomitato per tutta la notte dopo la tua prima sbronza, ti ho asciugato il sudore dalla fronte quando avevi la febbre, ti ho sopportato con il ciclo sin da quando avevi quindici anni, ti ho sempre sostenuta in tutti i tuoi sogni e progetti..." iniziò ad elencare con voce minacciosa.
"E va bene, va bene. Accetto" sbottai, incrociando le braccia al petto.
Loro emisero uno strillo e iniziarono a saltellare eccitate:
"Evvai! Allora sabato vieni con noi alla festa di Jeremy! È la prima festa in cui annuncerà ufficialmente la nostra relazione e non ce la farei mai se tu non fossi con me!" esclamò entusiasta la mia migliore amica, stringendomi emozionata le mani.
Mi sentii subito male e una morsa mi attanagliò lo stomaco, provocandomi una fastidiosa nausea.
Jeremy era suo amico, sicuramente lui ci sarebbe stato.
Avrei sopportato la sua vista con altre ragazze? Mentre le baciava, mentre ballava con loro, mentre le guardava?
Solo a quel pensiero mi salirono le lacrime agli occhi e le mie amiche indovinarono subito a cosa stessi pensando.
"Non ci sarà, tesoro. Jeremy mi ha detto che non esce quasi più di casa e che addirittura loro per vederlo devono pregarlo. Nel remoto caso in cui decida di venire però, conta sul fatto che ti proteggeremo noi: una tua parola e lo caccio fuori a calci in culo, te lo giuro. Ti prego, Blaire, sei la mia migliore amica ed è molto importante per me che tu venga"
Selina aveva ragione, dopo tutto quello che aveva fatto per me, andare ad una stupida festa era il minimo che potessi fare.
"D'accordo, ma me ne vado a mezzanotte" accordai quindi, con un sospiro.
La mia migliore amica esultò e mi buttò le braccia al collo:
"Sii! Sapevo che non mi avresti abbandonata, ci divertiremo un sacco!" esclamò, emozionata.
"Allora, Sel, raccontaci qualcosa di più sulla tua relazione con Jeremy... sono così curiosa!" le chiese Gemma, una volta che mi ebbero piegata al loro volere.
Mentre Selina iniziava a raccontare entusiasta di quanto romantico fosse Jeremy, il mio telefono si animò ed invase la stanza con la suoneria assordante che tanto odiavo.
Fosse stato per me non avrei risposto, ma vidi che il numero corrispondeva alla clinica di mia madre, così accettai immediatamente la chiamata:
"Pronto?"
"Ciao, dolcezza" disse la voce rassicurante di Judith, l'infermiera di mia madre, dall'altro capo della linea.
"Jud, ciao! C'è qualche problema?"
"Oh, niente di cui preoccuparti, tesoro. Portiamo solo la tua mamma alla visita bimestrale con il neurologo all'ospedale e ti chiamavo per sapere se volevi venire" mi spiegò, con la sua dolce inflessione del Sud.
"Ma certo, a che ora andate?"
"Partiamo di qui fra una ventina di minuti e, se vuoi che ti passi a prendere, posso essere da te fra una mezz'ora"
"Non ti preoccupare, casa mia dista meno di dieci minuti, quindi vado a piedi. Ci vediamo lì, Jud"
Chiudemmo la chiamata e andai velocemente in bagno a farmi una doccia e a vestirmi. Non mi curai di truccarmi, ma perlomeno volevo essere presentabile.
"Vai da qualche parte, tesoro?" mi chiese Gemma, mentre tornavo in soggiorno per andare ad infilarmi le scarpe.
"Accompagno mia madre alla visita di controllo in ospedale, torno questa sera"
"Ottimo. Ti va bene sushi per cena? Ho una voglia di cucinare pari a zero" mi chiese Selina.
"Direi che è meraviglioso" dissi ridacchiando "A dopo, ragazze!"
Chiusi la porta alle mie spalle e in meno di un minuto mi ritrovai per strada, con la fresca aria primaverile che mi solleticava il viso.
Non avevo mentito a Judith, l'appartamento era molto vicino all'ospedale, così arrivai nella grande sala d'aspetto verde pistacchio largamente in anticipo.
Feci per andarmi a sedere mentre aspettavo, ma una presenza catturò la mia attenzione: Chloe era seduta su una sedia poco distante da me e si guardava le mani che teneva in grembo.
Ovviamente era lì per il padre, ma io non ci avevo minimamente pensato e cercai di non farmi vedere mentre mi dirigevo dalla parte opposta della sala.
Non che avessi qualcosa contro di lei, non mi aveva fatto nulla, ma semplicemente non volevo discutere su ciò che era successo.
Provai, quindi, a dirigermi lontano da lei, ma ovviamente fu inutile: lei mi vide e si alzò per venire verso di me.
"Blaire! Che sorpresa incontrarti!" esclamò quando mi raggiunse, con un sorriso stanco in volto.
Restavo ancora convinta che fosse una delle ragazze più belle che avessi mai visto, con i suoi occhi azzurro ghiaccio, i lineamenti delicati e la chioma fulva così somigliante a quella del fratello.
Non volevo essere scortese con lei, così le sorrisi di rimando.
"Ciao, Chloe. Sono venuta ad accompagnare mia madre ad un controllo ma non è ancora arrivata..."
"Vieni a farmi un po' di compagnia, allora!" mi interruppe lei velocemente, prima che avessi l'opportunità di fuggire.
Mi trascinò alla sedia su cui prima era seduta e io la seguii, sospirando.
Coraggio, Blaire. Prima o poi le devi affrontare queste cose.
Una volta che ci fummo sedute, lei mi guardò gravemente prima di parlare:
"Come stai? Non ti sento da tanto e mi sei mancata" mormorò.
Mi sentii in colpa: anche lei mi era mancata e non aveva mai fatto nulla per ferirmi.
"Sto... bene, credo. Anche tu mi sei mancata, Chloe. Mi dispiace, questi giorni sono stati... difficili" sospirai.
"Ho... ho sentito quello che è successo tra te e Boyd, ma questo immagino tu lo sappia già" mormorò.
"Lo immaginavo, in effetti"
Sapevo fin dall'inizio che saremmo arrivate a quello e, vedendo la sua espressione affranta, poggiai delicatamente una mano sopra alla sua:
"È tutto okay, va bene? Non serve che tu lo giustifichi o altro. Sto bene... starò bene. È andata così e ora come ora c'è solamente da farsene una ragione"
Quelle parole mi straziarono il cuore come fossero coltelli, ma cercai di rimanere impassibile.
Mai avrei donato il mio cuore a nessun altro, ma questo non era necessario che lei lo sapesse.
"Hai ragione, lo sai? Se fossi in te lo odierei: si è comportato come un coglione, ma sono sua sorella e lo conosco. Lui ti ama davvero. In questo periodo è insopportabile con tutti, non vuole nessuno attorno, lui è... non ha importanza, volevo solo che sapessi che non era una bugia. Non tutto, perlomeno. Che tu decida di credermi o no"
Le sue parole mi sorpresero: avrei immaginato difendesse suo fratello a spada tratta, ma a quanto pareva Boyd le aveva raccontato la verità.
Tentai di impedire alle parole di Chloe di penetrare troppo la mia corazza di rabbia e dolore e mi presi la faccia tra le mani, sospirando.
"Non lo odio, Chloe. Non potrei mai farlo" mormorai, con un filo di voce.
"Fragolina?" disse ad un tratto una voce bassa e roca che ben conoscevo.
Oh, no. Ti prego, non adesso.
Non oggi, non sono ancora pronta.
Con il cuore che mi martellava nel petto, alzai il viso e mi ritrovai davanti proprio al volto che per giorni aveva sostato nei miei pensieri e nei miei sogni, senza mai darmi pace.
Era bello da togliere il fiato come sempre, anche con le occhiaie scure sotto agli occhi e lo sguardo spento.
I capelli scuri e folti erano spettinati in un modo che mi faceva venir voglia di passarci le dita in mezzo, la t-shirt nera sembrava evidenziare ogni muscolo del torace e il suo viso tormentato era ancora più stupendo e affascinante di quanto ricordassi.
Presi un respiro profondo e deglutii a vuoto.
"Ciao" mormorai alla fine, pregando Dio che mi lasciasse andare.
Non ero pronta a parlargli, le mie ferite sanguinavano ancora troppo.
Chloe afferrò velocemente le due tazze che Boyd teneva in mano e si dileguò, così io e lui rimanemmo soli a guardarci negli occhi.
Il silenzio tra noi era pesante e la mia mente cominciò ad analizzare alla velocità della luce i vari modi in cui avrei potuto uscire da quella situazione.
Feci per andarmene anche io, usando la scusa troppo scontata del bagno, ma lui mi afferrò delicatamente per il polso, fermandomi.
"Aspetta, per favore. Voglio solo parlarti" mormorò, guardando il mio viso come se lo vedesse per la prima volta.
Ero combattuta tra lo scoppiare a piangere e il tirargli uno schiaffo, dentro di me si agitavano mille sentimenti contrastanti e il mio povero cuore non avrebbe retto ancora a lungo.
Il problema era che lo amavo ancora così tanto...
"Ti chiamerò io, d'accordo? Ora..."
"Sappiamo entrambi che non lo farai, Blaire. Sono giorni che ti tempesto di chiamate e messaggi come un fottuto stalker, ma tu non hai mai risposto" mi interruppe, guardandomi finché non fui io a dover distogliere lo sguardo.
"Chissà mai perché!" sbottai, con un tono di voce più acceso di quanto volessi.
Varie persone nella sala d'attesa si girarono nella nostra direzione ed io arrossii e chiusi gli occhi, tentando disperatamente di ritrovare la calma.
Serrò la bocca in una linea dura facendo guizzare il muscolo all'altezza della mascella, come se le mie parole gli causassero un dolore fisico.
"Lo so, mi merito tutta la sofferenza che sto passando. Ti giuro che è tanta, a volte mi sembra di non riuscire a respirare quando penso che ti ho persa, ma non voglio rovinarti la vita più di quello che già non ho fatto: ti prego, torna ad allenarti. So quanto quella competizione sia importante per te, non rinunciarci proprio ora che sei ad un passo dal vincerla" mormorò pacatamente.
Alzò una mano quasi a volermi scostare una ciocca di capelli dal viso, ma poi ci ripensò e la riabbassò con un sospiro.
Perché si preoccupava per me?
L'avevo scoperto, poteva smetterla di fingere che gli importasse.
DOVEVA smetterla di fingere o sarei crollata.
"Perché continui a fingere che ti importi di me?" esclamai infatti, esausta e spossata.
Faceva ancora più male l'illusione.
Lui emise un verso frustrato e si mise una mano tra i capelli, tirandoli.
"Ancora questa storia del cazzo? Come fai a non crederci? Cristo, io ti amo, Blaire! Che tu ci creda o meno, sei il mio mondo e il mio scopo è renderti felice" esclamò, incatenando i suoi occhi caldi e magnetici ai miei, oscurando tutto il resto.
Il mio cervello analizzò le sue parole ed iniziai ad avere i primi segni di cedimento.
Avevo un nodo in gola che mi impediva di respirare normalmente e vedevo che anche lui aveva gli occhi lucidi.
Avrei voluto saltargli al collo, baciarlo e dimenticare tutto, ma sarebbe stato troppo facile.
Mi aveva tradito una volta, come potevo credergli ora?
Cosa potevo saperne io che non fosse solo un altro incarico? Che mi amasse davvero?
No, non avrei più messo in gioco il mio cuore.
"Mi amavi più della tua bugia? Se sono il tuo mondo, come hai potuto farlo ruotare intorno a falsità su falsità? Come hai potuto tradirmi e distruggermi così? Mi dispiace, Boyd, ma non credo più a nulla. Non posso, non dopo che tutto ciò in cui credevo è crollato" mormorai, tentando il più possibile di tenere la voce ferma.
Lui sembrava un relitto umano, distrutto dalle mie parole.
Mi guardava con una tale disperazione negli occhi, da togliermi il respiro.
"Blaire, mi dispiace. Ho sbagliato tutto e lo so. Non troverò mai le parole giuste per scusarmi o per giustificarmi, ma la verità è che ti amo più di qualsiasi altra cosa e che darei tutto per poter tornare indietro nel tempo e non commettere lo stesso errore. O forse lo commetterei lo stesso, perché nel bene o nel male quell'errore mi ha portato ad innamorarmi di te e il tempo che abbiamo passato insieme è stato il migliore della mia vita"
Una lacrima mi scivolò sulla guancia e lui allungò la mano per asciugarmela, ma io mi scostai un attimo prima che mi toccasse.
Sobbalzò al mio gesto e capì che nemmeno le sue parole così struggenti mi avevano fatto cambiare opinione.
Per grazia del Cielo vidi spuntare dall'ingresso Judith e due infermiere in camice rosato, che mi salvarono inconsapevolmente dal rispondere a ciò che lui aveva detto e mi diedero l'alibi perfetto per poter scappare.
Lo guardai un'ultima volta, cercando di imprimermi meglio possibile nella memoria i suoi bei lineamenti, poi decisi che era tempo di mettere un punto alla situazione:
"Devo andare, mia madre è arrivata"
Fu come se tutta l'aria contenuta nel suo corpo si svuotasse, alle mie parole si afflosciò e non provò nemmeno a fermarmi mentre lo superavo per dirigermi verso mia madre.
L'avevo ferito, ma era ciò che serviva ad entrambi: dovevamo renderci conto che era finita.
Non riuscii a fermare le lacrime mentre mi allontanavo da lui e quando arrivai da Judith e l'equipe, mi asciugai maldestramente le guance.
Il mio comportamento non passò però inosservato agli occhi di Judith, che infatti si affrettò a chiedermi:
"Tesoro, va tutto bene?"
"Oh, si si. È soltanto la stagione che mi provoca dell'allergia, niente di che..." mentii malamente e frettolosamente, forzando un sorriso.
Lei non sembrò convinta, ma mi fece una carezza e non indagò oltre, per rispetto ed educazione.
Gliene fui grata, poiché parlare di come mi sentissi in quel momento, era l'ultima tra le cose che mi andava di fare.
Salutai mia madre immobile sulla sedia a rotelle e poi ci dirigemmo tutti verso l'area neurologica dell'ospedale.
Mentre raggiungevo lo studio del medico, non potei non soffermarmi a riflettere ancora su quel confronto in sala d'attesa: per la prima volta dopo che avevo scoperto il tradimento, ne avevamo parlato in maniera fredda, senza urlarci o inveirci contro a vicenda.
Parlarne non mi aveva, però, fatto star meglio come pensavo, bensì mi aveva fatto aprire bruscamente gli occhi su un fatto fondamentale: quel confronto, era stato disastroso e a dir poco destabilizzante perché, in modo violento mi aveva fatto capire quanto ancora io fossi apocalitticamente legata a lui, in un intreccio che temevo non si sarebbe mai spezzato.
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