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Capitolo venticinquesimo *Boyd*

Il tempo volò in quel periodo, io e Blaire eravamo molto impegnati, tra il suo nuovo lavoro all'accademia, la malattia di mio padre e lo studio in vista degli esami finali.

Ero preoccupato che Blaire non potesse reggere tutte quelle cose portando avanti anche una gravidanza, ma lei era una forza della natura ed ogni volta che pensavo lei non ce l'avrebbe fatta, mi dimostrava sempre il contrario.

"Adoro il mio nuovo lavoro, non mi fraintendere, ma certe volte ho come la sensazione di non riuscire a reggere tutto. Insomma... questa nuova responsabilità dell'insegnamento, gli esami, il bambino e poi gli amici, la casa da tenere ordinata..." mi aveva detto una sera, mentre eravamo seduti sul divano a mangiare una pasta.

In effetti il suo viso tradiva una stanchezza marcata: gli occhi verdi erano spenti e contornati da occhiaie profonde.

La preoccupazione e il desiderio di proteggerla si erano immediatamente fatti strada in me:

"Allora devi smetterla. Chiedi una pausa a Claire e stai qui a casa a studiare... Sai che te lo permetterebbe" le dissi.

Ma lei aveva scosso energicamente la testa, infilandosi in bocca un maccherone.

"No, non esiste proprio. Devo imparare a gestire le situazioni da sola. Come farò altrimenti quando nascerà il bambino? E poi, fra soli due giorni inizieranno le vacanze natalizie quindi avrò il tempo che mi occorre per riposarmi"

Era cocciuta, testarda e determinata come al solito, caratteristiche che mi avevano fatto perdere la testa per lei.

Tuttavia sospirai contrariato.

"Sai che non devi gestire tutto da sola. Ci sono io, amore"

Lei aveva sorriso e si era venuta ad accoccolare vicino a me sul divano.

"Lo so, per questo mi è tutto più facile. E sento che diventerà sempre più facile man mano che prenderò tutte queste nuove abitudini. Comunque non vedo l'ora che sia Natale, dico sul serio. Amo quella festa!" aveva esclamato poi, cambiando discorso e sorridendo come una bambina.

Le si erano illuminati gli occhi al solo pensiero ed era così bella, sebbene fosse struccata ed in pigiama, che non riuscivo a smettere di pensare a quanto invece io amassi lei.

Sorridendo, avevo intrecciato le dita alle sue.

"Il nostro primo Natale insieme" avevo mormorato, mentre mi rendevo conto solo in quel momento di quella verità.

"Già. Il primo di molti altri, ma l'ultimo solo in due"

Era stata la risposta di Blaire, prima che mi si buttasse addosso per baciarmi.

L'ultimo giorno prima delle vacanze di Natale, Blaire era già uscita di casa quando mi alzai.

Mi trascinai in cucina e sorrisi quando vidi la sorpresa che mi aveva lasciato.

Non sapevo nemmeno come ne avesse avuto il tempo, ma sul tavolo della cucina aveva disposto due pancake, un muffin ai mirtilli, una tazza di caffè e un succo d'arancia.

Accanto a tutto ciò, aveva lasciato un biglietto che recitava così:

Buongiorno, amore!
Ti ho preparato la colazione,  
Ma ho dovuto scappare a scuola per la riunione degli insegnanti.
Mi raccomando, fai il bravo e pensami.
Ti amo, ti amo e ti amo.
-B           

Lo rilessi tre volte e sorrisi come un ebete per tutte quante, poi spazzolai la colazione ed in meno di venti minuti fui in garage a prendere l'auto, pronto a dirigermi all'accademia.

Avevo appena avviato il motore, quando il mio telefono cominciò a squillare, il display indicava un numero sconosciuto.

"Pronto?"

"Jesus' Heart Hospital, parlo con Boyd?" chiese una familiare voce di donna dall'altro capo della linea.

Il cuore mi balzò in gola all'istante ed in meno di dieci secondi capii subito che cosa stavano per dirmi.

"Si"

"Boyd, sono la dottoressa Mabel. Le avevo promesso che l'avrei contattata nel caso di un'emergenza, quindi devo dirle che suo padre è stato appena portato nel reparto di rianimazione dopo un improvviso crollo dei parametri vitali"

Non ebbi bisogno di sentire altro, con uno scatto premetti sull'acceleratore e la macchina sfrecciò in avanti.

"La ringrazio molto, dottoressa. Sto arrivando" dissi a denti stretti, prima di chiudere la chiamata.

Un'ora e mezzo dopo ero ancora seduto nella sala d'aspetto del grande ospedale, senza alcuna notizia.

Mia sorella era accanto a me, così fragile e distrutta da farmi male al cuore.

"È un'ingiustizia, cazzo" sbottò ad un certo punto, con rabbia nella voce spezzata.

Le misi un braccio attorno alle spalle e la strinsi a me, baciandole la testa.

"Lo so"

"Proprio ora che era quello di prima, il mio papà con cui potevo parlare di tutto. Quello pieno di battute e di lezioni di vita... Non è giusto che se ne debba andare ora che è appena tornato" esclamò ancora, sciogliendosi in lacrime.

Non riuscii a dire nulla per consolarla, non riuscii a trovare in me alcuna parola che potesse esserle di conforto, perché mi sentivo morire dentro.

Eppure sapevo che non potevo lasciarmi andare, un pò perchè dovevo restare forte per Chloe, un pò perché con me non c'era la persona con cui veramente avrei voluto farlo.

Restò abbracciata a me per un bel pò, entrambi non proferimmo parola in quella spasmodica attesa.

Quando finalmente la dottoressa Mabel spuntò da un corridoio, scattai in piedi, trascinando anche mia sorella.

"Dottoressa, quali sono le novità?" le chiese subito Chloe, mentre stringeva forte il mio braccio.

"L'abbiamo riportato nella sua camera, ma ha avuto un ictus questa mattina e non ha più ripreso conoscenza da allora. Se devo essere completamente sincera, non credo nemmeno che succederà. L'abbiamo collegato ad un respiratore, perché non è più in grado di respirare autonomamente. Mi dispiace tanto, ragazzi"

Il respiro mi si spezzò in gola e strinsi la mascella così forte che temetti che i denti mi si frantumassero.

Chloe si aggrappò a me e cominciò a singhiozzare sommessamente.

"Possiamo vederlo?" trovai la forza di chiedere alla donna.

"Tra una mezz'ora si, ora lo stiamo ancora tenendo sotto osservazione. Vado ragazzi, buona fortuna per tutto" rispose.

Fece per andarsene, ma poi si girò verso di noi, tornò indietro e osservando Chloe, le diede una carezza sul viso, poi sparì per il corridoio dal quale era venuta. 

Le ore che seguirono furono confusionarie e come... ovattate.

Mio padre c'era fisicamente, ma in realtà se n'era già andato.

Ogni suo respiro era indotto e rigidamente controllato da una macchina, il suo cervello non dava alcuna risposta agli stimoli e il suo cuore batteva lento ed irregolare.

Era uno strazio vederlo in quel modo, avrei voluto strapparmi gli occhi per poter conservare il ricordo del padre che avevo riavuto per quelle ultime settimane. Quello pieno di battute, risate ed insegnamenti di vita.

Chloe gli parlava, lo accarezzava e gli diceva che gli voleva bene, mentre io ero come... bloccato.

Non riuscivo a farmi forza e dirgli addio.

Sapevo che da un momento all'altro se ne sarebbe andato, le parole che avrei voluto sentisse galleggiavano nella mia mente, ma la mia bocca non ne voleva sapere di pronunciarle.

Se Blaire fosse stata con me, tutto mi sarebbe sembrato più sopportabile: l'avrei stretta e solo il suo profumo mi avrebbe dato la forza necessaria.

Deciso a chiamarla, afferrai il cellulare che non avevo toccato tutta la mattina e in un attimo mi invase una quantità enorme di messaggi.

La maggior parte era di Blaire, ma anche Gemma, Luke e Selina me ne avevano scritti un paio.

I messaggi della mia ragazza erano una sfumatura crescente di emozioni che navigavano dal curioso, all'infastidito, allo spaventato e al terrorizzato.

Leggendoli, mi pentii immediatamente di non averla avvisata per tutta la mattina.

- 9:06 Amore, dove sei? Le bambine chiedono del mio principe ahah
- 10:18 Ma hai trovato traffico? Dammi tue notizie, sai che mi preoccupo.
-10:43 Boyd, Dio santo! Ti ho chiamato tre volte, dove sei?
-11:00 Sono preoccupata da morire. Oddio, spero solo non ti sia successo nulla.
-11:23 Appena vedi questi messaggi chiamami, ti raggiungo immediatamente appena so dove sei. Ti amo.

La chiamai immediatamente e non dovetti aspettare molto prima che rispondesse.

"Boyd, Dio mio! Non sai quant'ero spaventata! Ti prego... dimmi che stai bene" esclamò lei, la voce ancora rotta dalla preoccupazione.

Solo sentire la sua voce mi tranquillizzò all'istante e spezzò per un attimo la tensione che mi attanagliava lo stomaco da tutta la mattina.

"Blaire, mi dispiace tanto. Mio padre ha avuto un ictus ed è stato portato in rianimazione questa mattina presto, ora non è cosciente e... È stato tutto così confusionario che non sono riuscito a chiamare per avvisarti" le risposi con voce esausta.

"Boyd, non provare nemmeno a scusarti. Sto arrivando, amore. Cinque minuti al massimo e sono lí da te" disse lei con tono deciso.

"Non sai quanto ti amo... ti aspetto nella sala d'entrata" sospirai, prima di chiudere la chiamata.

Blaire mantenne effettivamente ciò che aveva detto e, qualche minuto dopo, si precipitò nella grande sala d'attesa dell'ospedale.

Mi alzai in piedi per raggiungerla e lei mi saltò addosso, stringendomi forte a sé.

"Dovevi chiamarmi, dovevi chiamarmi...
Affrontare tutto questo da solo... io non so come tu abbia fatto" mormorò con la voce rotta dal pianto e con il viso sepolto nel mio collo.

"Ora sei qui e tutto va molto meglio" mormorai, inspirando il profumo dei suoi capelli.

Ci staccammo dall'abbraccio e lei incollò le labbra alle mie, calmando immediatamente la tempesta che infuriava dentro di me.

La presi per i fianchi e l'avvicinai ancora di più, quasi a voler fondere i nostri corpi insieme.

"Mi dispiace così tanto, amore... so come ci si sente" sussurrò dolcemente lei, accarezzandomi la guancia.

Chiusi gli occhi e ordinai a me stesso di placare le emozioni che infuriavano dentro di me quel tanto da poterle dire:

"Non riesco a dirgli addio, Blaire. Chloe è lí con lui, gli parla, lo bacia, mentre io... cazzo." imprecai, incapace di formulare un discorso coerente.

Lei però sembrò capire all'istante ciò che volevo dire.

Si alzò sulle punte dei piedi e mi prese il viso tra le mani, inchiodandomi con quei suoi occhi verdi incredibili.

"Lo so. So cosa si prova a perdere tutto, lo so. Eppure so anche che tu hai un'occasione: l'occasione di salutarlo, di lasciarlo andare serenamente. L'occasione che io non ho avuto e che ti pentirai per sempre se non coglierai. Io sono con te, sarò al tuo fianco sempre, va bene?" mormorò, sempre tenendo il mio viso tra le sue piccole mani.

Non proferii parola e l'attirai subito a me, seppellendo la faccia nel suo collo.

"Nessuno uomo ha mai amato un'altra donna... come io amo te" le dissi, alzando il viso solo per poterla guardare negli occhi.

Due lacrime brillarono nel verde intenso delle sue iridi quando sorrise.

"Sono pronto, se resti con me"

"Resterò finché mi vorrai" rispose lei, intrecciando le nostre mani.

La portai attraverso i corridoi fino alla stanza di mio padre, poi aprii la porta.

Non appena Chloe ci vide, si alzò di scatto e corse ad abbracciare Blaire, la quale ricambiò con trasporto.

Si parlarono sommessamente per qualche istante, durante i quali io mi avvicinai sempre di più al letto dove giaceva mio padre.

I capelli che una volta erano stati folti, ricadevano bianchi e radi sul cuscino, le palpebre erano ermeticamente chiuse e vene bluastre in rilievo gli ricoprivano mani, braccia e parte del viso.

Era lui, ma allo stesso tempo era come se non lo fosse.

Sentii la porta della stanza aprirsi e richiudersi, ma non ci feci caso.

Quando sentii due dita sulla spalle sobbalzai, come se fossi un bambino colto in flagrante mentre rubava la marmellata.

Blaire mi guardava con un sorriso incoraggiante e mi bastò un'occhiata veloce alla stanza per capire che Chloe ci aveva lasciati soli.

La mia ragazza mi prese la mano e me la strinse, portandosela alla bocca.

"Io. Sono. Con. Te" sussurrò.

Guardai di nuovo mio padre e poi lei ed i suoi occhi brillanti.

Vedevo così tante belle cose nel suo sguardo, cose che non ero sicuro di meritare.

Amore, adorazione, fiducia cieca...

Potevo farcela. Dovevo farcela.

Eppure le parole non uscivano.

Restavo fermo, intrappolato in un limbo che mi ero creato da solo.

Avrei voluto urlare per la frustrazione, ma come sempre, Blaire arrivò a salvarmi un attimo prima che precipitassi.

"Comincio io, d'accordo?"

Fece un respiro profondo, poi iniziò:

"Edward, ho avuto davvero poco tempo per conoscerla, ma mi è bastato. Le risate che abbiamo fatto in queste poche settimane, i nostri discorsi, anche solo le sue battute mi sono bastate a capire che grande uomo lei è. Mi ha raccontato di Elisabeth, del suo grande amore e sono contenta che finalmente ora vi ricongiungerete. Le voglio bene, signore, grazie di avermi accolta nella sua famiglia. Le prometto che amerò suo figlio e suo nipote per tutta la mia vita, incondizionatamente e follemente. Addio, Edward, faccia buon viaggio"

Concluse il suo discorso e si asciugò una lacrima, poi fece un passo indietro e mi guardò.

Non riuscivo a formulare un discorso coerente: ciò che aveva appena fatto per mio padre, per me, era stata la più grande dimostrazione che poteva darmi.

Allargai le braccia e lei si fiondò verso di me, stringendomi.

"Tu sei la mia Elisabeth" le mormorai all'orecchio e la sentii singhiozzare.

"Ti amo tantissimo" mi rispose.

"Sei il mio angelo, che ho fatto per meritarti? Sei così bella, intelligente, sensibile e buona... Sei la donna che amo e la madre di mio figlio. Sei tutto. Come posso essere stato tanto fortunato?" esordii ad un certo punto, rendendomi conto di tutto ciò che dicevo.

"Sono io quella fortunata, io! Amo te e questo bimbo più di qualsiasi altra cosa e così sarà per sempre"

Si avvinghiò di nuovo a me ed io la strinsi, la strinsi per un tempo che mi parve infinito e infinitesimale allo stesso tempo.

Era troppo e troppo poco.

Era l'essere innamorati.

Era Blaire.

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