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Capitolo primo *Blaire*

"Scappa, devi scappare!" urla mio padre tenendomi il viso tra le mani.

"Non ti preoccupare per noi piccola, ok? Appena fermiamo la macchina tu scappa e andrà tutto bene. Ti fidi del tuo papà, Blaire?"

Riesco solo ad annuire mentre le lacrime mi scendono sul viso incontrollate.

La campagna desolata sfreccia fuori dal finestrino, ma non la vedo davvero.

Fisso solo la nuca di mio fratello al volante, troppo silenzioso per permettermi di convincermi che va tutto bene.

So che non va tutto bene, ma non capisco cosa stia succedendo.

Non capisco perché il mio forte papà sta piangendo guardandomi e non capisco nemmeno perché David trema mentre stringe il volante tanto forte da avere le nocche completamente bianche.

Ma ho paura. Tanta.

Sono avvolta da un terrore che sembra divorarmi dall'interno, mentre qualcosa dentro di me urla che sono ad un solo passo dal precipizio.

Che tutto sta irrimediabilmente per cambiare.

"Mi fido, papà. Andrà tutto bene, vero? Me lo prometti?" gli chiedo, cercando disperatamente una conferma nei suoi occhi verdi come i miei e lucidi di pianto.

Il mio papà piangeva...

Lui si gira del tutto verso di me e dal sedile anteriore dell'auto si sporge per abbracciarmi.

Mi stringe forte e mi bacia la fronte prima di rispondere:

"Te lo prometto, piccola"

Poi si gira lentamente verso David, gli fa cenno di accostare e mio fratello esegue senza proferire parola, bianco come un cadavere.

Ferma la macchina in uno spiazzo ai lati della strada deserta e ancora prima di spegnere il motore, si girano entrambi simultaneamente verso di me:

"Ora, Blaire! Apri la porta e corri più lontano che puoi!" urla mio fratello.

Come un automa eseguo immediatamente ciò che mi ha detto, spalanco la portiera e balzo fuori dall'auto, cominciando a correre quanto più veloce mi è possibile.

L'aria pungente della sera mi sferza il viso e mi scompiglia i capelli, mentre le mie gambe si muovono meccanicamente, come impazzite verso una direzione sconosciuta.

Il cuore mi martella nel petto, sembra pompare in ogni muscolo un'adrenalina che mi permette di non fermarmi, di continuare a procedere anche con il respiro corto e spezzato.

Ma improvvisamente due botti fortissimi rompono il silenzio di quella sera maledetta.

Me lo fermano del tutto, il cuore.
Mi tagliano di netto il respiro.

Spari sordi, secchi, neri.

A rallentatore mi giro giusto in tempo per vedere la scena: i corpi di David e papà cadono a terra come bambole meccaniche esaurite di carica, le loro membra impattano con quella terra gelida e spoglia.

Urlo fino a che mi fa male la gola, ma non riesco a sentire la mia voce.

Non vedo nemmeno l'auto dei loro assassini ripartire sgommando e sparire nella notte.

Non vedo più nulla.

Non mi curo di niente e mi fiondo verso i due uomini più importanti della mia vita, cadendo in ginocchio vicino alle loro teste.

Giacciono per terra con gli occhi sbarrati dall'orrore del loro destino, i loro corpi sono rigidi e... Dio, freddissimi.

Ma non sono morti, non lo sono...

Con la testa di David tra le mani urlo a entrambi quelle stesse parole, gli urlo di alzarsi e rassicurarmi.

"PAPÀ, SVEGLIATI!"
"DAVID, GUARDAMI!"

Urlo squarciando la quiete della campagna che mi circonda, ma continuo a sentire solo un silenzio assordante.

Non è successo davvero, non a noi.

Non. A. Noi.

È solo un incubo.

Sento le sirene in lontananza e, abbassando lo sguardo sulle mie mani, mi rendo conto di stringere il telefono e di aver chiamato i soccorsi.

Ma il telefono è pieno di sangue.

Le mie mani sono piene di sangue.

Perché sanguinano tanto?

Ora sono qui, papà.

Andrà tutto bene, fratellone mio.


*


Era passata quasi mezz'ora da quando Boyd se n'era andato dal mio appartamento in tutta fretta, lasciandomi sola, emozionata e anche un po' impaurita per la competizione che di lì a poco dovevamo disputare.

Avevamo lavorato tantissimo quegli ultimi mesi e insieme agli allenamenti e all'impegno, era sbocciato il nostro amore.

Boyd era tutto per me, non avevo più alcun timore ad ammetterlo a me stessa: aveva riportato il sole nel temporale che era la mia vita e non gli sarei mai stata abbastanza grata per tutto ciò che aveva fatto.

Accarezzai con un sorriso la collanina a forma di fragolina che mi aveva regalato prima della nostra rottura e mi persi a pensare a quanti eventi erano successi in un lasso di tempo così breve: Derek era uscito per sempre dalla mia vita, altre persone però, come Luke, Jeremy e Chloe, vi erano entrate.

Avevo provato cosa significava essere davvero innamorata, ma avevo anche provato la disperazione pura e reale di una perdita.

Ero sempre la stessa timida e insicura Blaire di prima, ma ora non odiavo più me stessa, anzi, vedevo tutto ciò che mi circondava con allegria ed ottimismo.

Il mio cellulare vibrò sul comodino, ma lo lasciai suonare, d'altronde di lì a poco sarebbe passato a prendermi Boyd e non potevo non farmi trovare pronta.

Presi la sacca speciale da competizione, quella che i miei genitori mi avevano regalato al mio primo saggio, e la riempii di tutto ciò che mi poteva servire: il body e le scarpette, il deodorante, forcine e spazzola per i capelli, un pacchetto di cracker, una bottiglia d'acqua e la trousse dei trucchi.

Il cellulare smise di suonare ma ricominciò subito, così mi decisi a prenderlo.

Mi apparve il nome di Boyd sullo schermo e sorrisi prima di rispondere, esclamando:

"Amore! Sono quasi pronta, fra quanto mi vieni..."

Un singulto disperato dall'altra parte della linea mi interruppe subito.

"BLAIRE!" singhiozzò la voce rotta dai singhiozzi di Chloe.

Il mio cuore smise di pompare sangue all'istante.

Cosa diavolo era successo?

Perché Chloe mi chiamava dal telefono di Boyd?

"Chloe, Dio! Che è successo, tesoro?" esplosi agitata in risposta.

"Blaire, oh, Boyd... io... Dio, Blaire! Boyd è rimasto coinvolto in un incidente stradale e ora lo stanno portando d'urgenza in sala operatoria, ma lui... non si sveglia! Cazzo, non si sveglia, Blaire!"

D'improvviso tutto l'ambiente intorno a me si fece silenzioso.

Troppo silenzioso.

Non sentivo nulla, nemmeno il suono del mio respiro.

Mi accorsi di aver smesso di respirare solamente quando ero già in debito d'ossigeno.

Vari suoni oltre la linea della chiamata con Chloe mi giunsero finalmente all'orecchio, ma non riuscii a curarmene, non capivo più nulla.

Tranne che... Boyd.

Il mio Boyd che non si svegliava.

Ero piú che sicura di essere caduta a terra, ma stranamente non avevo nemmeno sentito l'impatto con il pavimento.

"Bee? Mi senti?"

La voce di Luke, dall'altra parte del telefono che serravo ancora tra le dita.

Annuii e solo dopo compresi che lui non mi poteva vedere, ma proprio non avevo la forza di rispondere.

"Blaire, devi rispondermi, dolcezza, ok? Ora ti vengo a prendere e ti porto dal tuo ragazzo. Vedrai che andrà tutto bene. Rispondi solo con un 'sí' se hai capito quello che ti ho detto, ok?"

Parlava con voce dolce e carezzevole e dalle mie labbra uscii un mormorio che lui interpretò come la risposta che gli occorreva.

"Perfetto. Sono lí tra dieci minuti, Bee. Fra un pó andrà tutto bene"

Appena chiudemmo la telefonata, mi presi la testa tra le mani e inizia a dondolare in modo ritmico, con le gambe strette al petto.

Mi uscii un urlo strozzato dalla gola, quasi istintivo, che non riuscii a fermare.

Dio, non poteva essere accaduto.
Non a lui.
Non potevo perderlo.

Non sapevo se stessi urlando solo nella mia testa o per davvero, ma non mi interessava.

Nulla mi interessava.

Mi ritrovai distesa sul pavimento con le gambe tra le braccia mentre tremavo senza sosta, come se stessi morendo di freddo.

Le lacrime scendevano sulle mie guance e si schiantavano contro il pavimento sopra cui ero distesa, unico segno che stavo provando davvero quelle sensazioni.

Che non era tutto solo un orribile incubo.

Nella mia testa si susseguivano immagini dei corpi senza vita di papà e David, quando improvvisamente furono sostituiti da Boyd, nella medesima posizione di mio fratello, mentre mi guardava con gli occhi spenti, senza vita.

Nessun ultimo bacio, nessun ultimo addio, solo un dolore infinito.

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