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X. A prescindere da me



Cecily sentì il petto di Albus alzarsi e abbassarsi regolarmente contro la sua schiena protetta solo da una felpa.
Si lasciò sfuggire un sorriso mentre tracciava un arco con la matita.
Si accoccolò meglio nell'incavo del collo del ragazzo, ispirando il suo profumo.
Lui mugugnò qualcosa, ma non si svegliò.
Cecily si era sorpresa del fatto che si fosse addormentato solo in quel momento, dopo ore che erano sdraiati abbracciati sul divanetto verde-argento della sala comune di serpeverde.
D'altronde, era quello il tuo destino se smettevi di allenarti nel campo da Quidditch a mezzanotte inoltrata con la scusa che il giorno dopo si sarebbe svolta la finale tra Serpeverde e Tassorosso.
A Cecily cadde lo sguardo sulle mani incrociate di Albus, legate intorno alla tua vita come a non lasciarla andare.
Si concentrò e fissò il quaderno che aveva davanti a sé con lo schizzo della sala comune ancora incompleto: le mancava di definire il camino, per il resto era già tutto ritoccato.
Era riuscita anche ad immaginare l'espressione di Albus mentre dormiva, perché aveva deciso di riprodurre la stanza come se un occhio esterno la guardasse, quindi anche con le loro due figure presenti.
Si mordicchiò il labbro mentre tracciava i contorni delle fiamme del fuoco che sentiva scoppiettare accanto a sè.
Aveva sempre amato disegnare.
Era come avere un diario segreto nel quale però non scriveva ciò che la turbava, ma lo disegnava.
Era il suo metodo per pensare ad altro, per staccare la spina e rilassarsi.
Non aveva mai provato a ritrarre qualcuno, infatti tutte le persone che comparivano nei suoi schizzi erano raffigurate da lontano, senza particolari.
Negli ultimi tempi le era venuta un'incredibile voglia di ritrarre Albus, senza una reale motivazione.
O meglio, una volta capito di essersene innamorata, si era resa conto del perché avesse tutta quella strana voglia di ritirarlo.
Per avere qualcosa di lui sempre con sé, come un faro che illumina la notte.
Non seppe dire quanto tempo fosse passato: d'altronde ogni volta che disegnava perdeva completamente la nozione del tempo.
Seppe solo che Albus si era svegliato perché cominciò a muoversi
-Ma buongiorno- gli disse.
Per tutta risposta il ragazzo sbadigliò e poggiò il mento sulla spalla di lei.
-Cosa stai disegnando?- chiese osservando il foglio
Cecily si affrettò a portare il quaderno al petto, nascondendo il disegno.
-Se te lo mostrassi non sarebbe una sorpresa- lo rimbeccò.
Lui alzò gli occhi al cielo.
-Allora dovrò distrarmi in un altro modo- osservò il ragazzo.
Lei alzò un sopracciglio inclinando la testa.
-Brava, questa è proprio la posizione perfetta-
Albus si chinò e prese a baciarle il collo.
Cecily si irrigidì, quasi istintivamente.
Cercò di rilassarsi: dopo tutto erano fidanzati, si presumeva che quel momento arrivasse.
Il ragazzo le carezzò il fianco dolcemente e lei chiuse gli occhi, sperando che quel momento finisse il prima possibile.
E in quello momento si rese conto che non avrebbe dovuto pensarlo: andava contro ogni logica.
Se ami una persona dovresti volerne sempre di più e non sperare che il tutto duri il meno tempo possibile.
Ad un tratto, Albus la sollevò, prendendola in braccio, e fu in quel momento che accade.
Il quaderno, prima in grembo alla ragazza, cadde a terra con un tonfo sordo, ma quel rumore bastò per ridestarla, facendola come risvegliare da un sogno.
Improvvisamente si rese conto di ciò che stava per accadere e si rese conto di come non lo volesse.
Si sentiva soffocare.
-Lasciami andare- disse con un filo di voce.
Albus sembrò non sentirla, perché cominciò a salire le scale che portavano al suo dormitorio.
-Mettimi giù- provò ancora.
-Come? Va tutto bene, tranquilla-
-No che non va tutto bene, per favore lasciami scendere-
-Cecy...-
-TOGLIMI LE MANI DI DOSSO, ALBUS POTTER!-
Albus sembrò sentirla per la prima volta perché i suoi occhi verdi si spalancarono.
La mise giù e vide che Cecily lo guardava stralunata: gli occhi azzurro scuro ancora più scuri.
Sembravano dello stesso colore della notte.
Aveva i capelli mori arruffati ed era completamente impallidita.
-Scusa- sussurrò -non... non avrei dovuto urlarti contro-
-Io...- il ragazzo non sapeva che dire e sentì un enorme senso di colpa quando vide che Cecily si stava asciugando velocemente una lacrima per nasconderla.
-Ti prego, aspetta...!- le parole gli uscirono senza nemmeno averle pensata, ma fu troppo tardi.
Lei era già scappata, e Albus si ritrovò a pensare che la ruota era davvero girata anche per lui.

******

Il corridoio che Rose percorreva per arrivare al primo piano del castello dalla torre di Astronomia la inquietava dal primo anno.
Nonostante andasse sulla torre ad osservare le stelle ogni sabato sera, percorrere quel tratto l'aveva sempre messa in soggezione.
Per quello, nonostante fosse l'ora di pranzo, la ragazza stava percorrendo la strada con ampie falcate, stringendosi nel suo cardigan.
Ad un tratto sentì un rumore e rabbrividì, aumentando il passo.
Cercava di tranquillizzarsi pensando che ovviamente non le sarebbe accaduto nulla: era ad Hogwarts, il posto più sicuro dell'intero mondo magico.
-Certo, senza fantasmi inopportuni e un sacrosanto gradino che rischia di farti slogare una caviglia ogni santissima volta- aggiungeva sempre, quando sua madre glielo ripeteva.
Eppure, quella mattina aveva una strana sensazione, come un presentimento.
Svoltò l'angolo e fece un salto, sentendo il cuore martellare come un tamburo nel petto.
-Per Merlino, Austin!- esclamò riprendendo fiato -Ma ti sembra il modo di comparire all'improvviso?-
Il ragazzo si passò una mano fra i capelli dorati.
-Io sono qui da un bel po'- disse.
Rose sbattè le palpebre.
-E cosa ci facevi nascosto nell'ombra?- chiese
-Ti prego, dimmi niente di illegale, non sono dell'umore di togliere punti a qualcuno-
Ed era vero.
Nonostante fossero passati giorni dalla gita, la rossa era ancora ferita dalle parole di Scorpius.
Ma soprattutto, imbarazzata.
Gli aveva confessato di essersene innamorata e, da quel momento, aveva cominciato ad evitarlo.
Non che lui abbia provato a fare conversazione, teneva a precisare ogni volta nella sua mente.
-Oh no no- rispose Austin Jones sorridendo smagliante -aspettavo proprio te-
-Me?- Rose lo guardò nei suoi grandi occhi castani.
Il ragazzo chinò lo sguardo noncurante mentre si sistemava meglio la cravatta di Tassorosso.
-Proprio te- aggiunse -volevo accompagnarti a pranzo-
Presero a camminare.
-Oh sei molto gentile, ma veramente non mi sento molto bene quindi penso di saltare e andare direttamente al mio dormitorio-
Si sentiva stranamente a disagio, anche a causa delle strane affermazione di lui.
Austin allargò sorriso.
-Posso accompagnarti lì, allora- aggiunse.
Il cuore di Rose cominciò a battere più velocemente.
-Ehm... la Signora Grassa odia che persone di altre casate si presentino davanti a lei- tentò di sorridergli -ma grazie lo stesso. E comunque, non potresti sentire la parola d'ordine-
Il biondo si mise una mano sul cuore, solennemente.
-Prometto di tapparmi le orecchie- e provò a far scivolare una mano in quella di Rose, che si scostò prontamente.
-Davvero, no-
Lui si mosse come un fulmine, inchiodandola al muro.
-Invece penso proprio che sarai costretta ad accettare la mia  gentile e premurosa offerta-
Il fiato caldo di lui si scontrò sul volto di lei, che fece una smorfia.
Si costrinse a non farsi prendere dal panico, nonostante ogni cellula del suo corpo urlasse: pericolo!, pericolo!.
-Per favore, spostati- gli sibilò.
Ci fu un luccichio negli occhi di Austin che si chinò verso Rose.
Lei si spostò di lato ma non poté fuggire, poiché le braccia del Tassorosso bloccavano ogni possibile via d'uscita.
Riuscì però a evitare che le proprie labbra incontrassero le sue, che scivolarono sulla sua guancia.
-Austin spostati e non ci saranno conseguenze- gli disse, con la voce ancora abbastanza ferma.
-Non l'hai sentita Jones? Ha detto di andartene-
Fu la prima volta che Rose in quelle settimane fu felice di sentire la voce di Scorpius.
-Fatti da parte Malfoy! Già voi Serpeverde subirete un'immensa sconfitta questo pomeriggio, almeno un'umiliazione personale te la voglio evitare-
Scorpius sorrise.
-Ci credi davvero? Perché invece un bel pugno in faccia non voglio evitartelo-
E in due passi lo prese per il retro della camicia e se lo piazzò davanti, mentre Rose guardava la scena allibita.
Scorpius Malfoy la stava difendendo?
-Vattene- gli  sibilò ad un palmo dal suo viso.
-Cinquanta punti in meno a Tassorosso- decretò la rossa.
Austin si girò verso di lei.
-Tu, una piccola sgualdrina, pensi di togliere a me dei punti?-
Rose non vide nemmeno il braccio dell'altro muoversi, però il sangue che colava in lenti rivoli dal naso del Tassorosso lo vide eccome.
Lo vide anche sputare e poi scappare via, le mani premute sul viso.
La ragazza buttò fuori il fiato che non si era nemmeno accorta di star trattenendo e guardò Scorpius.
-Stai bene?- le chiese subito, ma senza avvicinarsi -Ti... ti ha fatto qualcosa?-
La ragazza scosse la testa, con il cuore che a poco a poco si stava calmando.
-Non dirlo a nessuno- disse poi -per favore, è stato solo un momento... non so cosa gli sia preso, Austin di solito è così gentile...-
-O forse indossa semplicemente una maschera. Come tutti. Sai cosa diceva Pirandello? Che ognuno di noi possiede una maschera e che l'autenticità non esiste, che forse siamo autentici solo con noi stessi-
Rose pensò a quando cercava di convincersi di non provare nulla per lui.
-Forse nemmeno con noi stessi- mormorò.
-Ros... Weasley, Albus merita di sapere che cosa è successo. Lui vuole solo proteggerti-
-Ti prego, non dirglielo. E nemmeno a mio fratello, a nessuno-
Scorpius la guardò per qualche istante, i suoi occhi grigi sembrarono studiarla.
-A una condizione- disse.
La ragazza impallidì.
Mi chiedo semplicemente cosa mi abbia spinto ad innamorarmi di te.
Le parole di lei risuonarono nella mente di entrambi, come l'eco di una campana lontana.
-Dobbiamo parlare di ciò che è accaduto a Londra-
Rose si disse che se anche Godric Grifondoro l'avesse odiata per sempre per ciò che stava per fare, avrebbe saputo conviverci.
Si voltò e scappò, l'esatto contrario di ciò che una vera Grifondoro avrebbe dovuto fare.

*******

Cecily desiderò aver portato con sé le sue matite colorate: avrebbe tanto voluto poter riprodurre il vivace verde speranza che erano gli occhi di Albus.
Si appoggiò con la schiena alla grande quercia in riva al Lago Nero e sospirò, quasi divertita. Trovò davvero ironico il fatto che lei non avesse mai voluto fare ritratti perché era convinta di non esserne capace, ma quando tentava di farne uno, ecco che le veniva istintivo ritrarre il serpeverde, nonostante quello che era accaduto tra loro la mattina stessa.
Anche se lei non era sicura di essere dalla parte della ragione.
Forse aveva agito troppo bruscamente, o forse no?
Non che non ne avesse avuto motivo, specialmente dopo ciò che era accaduto.
Represse immediatamente il ricordo e lo sconfinò nuovamente nel cassetto della sua mente chiuso a chiave, ordinandogli di rimanere lì.
Eppure, si sentiva in colpa.
Ricordava perfettamente l'espressione ferita che aveva letto negli occhi di Albus.
Persa nei suoi pensieri, non si accorse che qualcuno si era seduto dall'altro lato della quercia.
Quel qualcuno si schiarì la voce.
-Ehi- disse.
Cecily trattenne il fiato.
-Mi dispiace- continuò Albus -non sai quanto-
-Non dirlo- lo fermò in un sussurro.
Lei strinse il taccuino fino a che non le si sbiancarono le nocche.
-Non posso stare zitto, Cecily- continuò continuo l'altro imperterrito -non posso lasciare che pensi che io volessi stare con te solo per quello-
-Io non lo penso! So che non è così, perché so chi sei. So che non lo faresti mai, con nessuno. A prescindere da me-
Rimasero in silenzio per un po', lei con le lacrime agli occhi e lui con le mani strette a pugno.
La ragazza poggiò la testa alla quercia e chiuse gli occhi, e attese.
-Pensavo fosse il momento- Albus sospirò -ma forse quando ami qualcuno dovresti capire ciò che prova o non prova, ciò che vuole o non vuole-
Cecily trattenne di nuovo il fiato.
-Hai appena detto di amarmi?-
-Sì- la voce di lui era incredibilmente vicina -ti amo, Cecily Blake-
La ragazza aprì gli occhi di scatto, trovandosi ad osservarsi riflessa negli occhi verdi di Albus. Doveva essersi alzato ed essersi messo accanto a lei, pensò, senza che lei se ne accorgesse.
-Ti amo anch'io, Albus Potter- sussurrò -ed è per questo che hai tutto il diritto di conoscere la verità-
Lui le prese le mani tra le sue e le strinse, quindi se le portò alle labbra.
E le baciò.
-Non sei obbligata, lo sai questo, non è vero?- sussurrò.
-Lo voglio, voglio dirti tutto. Per lo meno, per togliermi questo peso dal cuore-
E Cecily poi, con incredibile forza d'animo avrebbe pensato in seguito il ragazzo, cominciò a raccontare.
-Un giorno ero andata al lavoro con mia madre e stavamo tornando a casa, la sera. Si fece tardi e mio padre era ancora al lavoro quando accadde.
Eravamo nella strada accanto a casa nostra quando ci attaccò un gruppo di ragazzi ubriachi e in cerca di divertimento.
Probabilmente pensarono che una bambina di dodici anni fosse la preda perfetta.
Tramortirono mia madre e poi tentarono...-
Le mancò il respiro.
-Ti prego... non andare avanti- la fermò subito Albus.
Lei alzò una mano chiudendo gli occhi.
-Tentarono...- provò, ma si interruppe.
Calde lacrime cominciarono a colarle lungo le guance rosee.
Albus l'bbracciò di scatto, raccogliendo il suo minuto corpo tra le sue braccia, come a proteggerla.
Cecily si afflosciò tra le sue braccia, senza il minimo rumore.
Era quasi impressionante il fatto che la ragazza piangesse senza singhiozzare, solamente standosene lì, accasciata con la testa china e il respiro irregolare.
Il cuore martellante in petto.
-Oh Cecily...- mormorò -prometto che non ti toccherò nemmeno con un dito, se non lo vorrai. Non proverai mai più ciò che provasti quella notte, hai capito? Non devi avere paura di me, perché non ti farei mai del male. È una promessa che non intendo infrangere-
Albus la allontanò di poco da sè, continuando però a stringerlo.
-Ora pensa solamente a ciò che ti sto per chiedere- le sussurrò -qual è la cosa che desideri di più al mondo?-
Cecily si asciugò una lacrima che le era sfuggita dagli occhi azzurri.
-Ho sempre amato i baci sotto la pioggia- le rispose.
Il ragazzo sorrise.
-E sai invece cosa desidero io?-
Lei scosse la testa.
-Che piova-
E si chinò a baciarla.
Cecily infilò le mani tra i capelli scuri di Albus, che la prese per la vita con una delicatezza che mai aveva avuto prima di quel momento.
E pensò che per la prima volta le mani di un ragazzo su di sé non le fecero venire la nausea, perché non ricordò nemmeno le mani di quei malviventi di quando ero poco più che una bambina.
E si rese conto, in quella bolla magica che si era creato tra loro, che qualcosa le stava bagnando il volto.
E non erano lacrime.

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