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7 - What do you really feel for me?

UN MESE DI RITARDO, LO SAPPIAMO, SIAMO DELLE PERSONE ORRIBILI...BLOCCO DELLE SCRITTRICI! MA ORA, GODETEVI IL CAPITOLO, MERAVIGLIE<3 LOVE YA, LAPSUS E MOLLY

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"E' permesso?", la voce leggermente stridula di una donna, sui quarant'anni, riecheggiò insieme allo scricchiolio della porta di legno dell'aula preposta.

Si trovava al secondo piano di una struttura in mattoni rossi quasi diroccata, che era diventata da poco sede di corsi per hobbisti organizzati dalle più disparate associazioni della periferia della City - oltre che ad un centro sociale dalle dieci di sera in avanti, che accoglieva gruppi di giovani che si riunivano per fare un po' di casino, pittare i muri e fare lotte di rime freestyle. Negli angoli più bui, invece, si ritrovavano dei gruppetti di asociali e in lotta perenne col mondo per fumare qualche spinello o per lamentarsi di quanto facesse schifo la vita. Però, non le era sembrata poi così male, da fuori. Ma forse perché era giorno. Sta di fatto che poco importava la struttura, a lei interessava occupare i giorni liberi della settimana con qualche corso strano e non noioso, e quello che aveva trovato le aveva smosso una carica d'energia nel suo organismo tale per cui già una settimana prima si era andata a scegliere un quaderno brillantato e decorato per prendere eventuali appunti. E si sarebbe stufata poco dopo, ormai lo sapeva. O meglio, si conosceva molto bene, e ogni volta succedeva così.

Il cartello recitava giusto, "Cucina con gli astri". Oroscopo e cibo, due delle sue passioni più recondite che non era mai riuscita a coltivare da nessuna parte e con l'appoggio di nessuno.

"Oh là là, bonjour...lei è...?", rispose la voce con accento francese di un uomo, dietro la cattedra.

La donna entrò nell'aula e chiuse la porta dietro di sé, "Sono Lauren, mi sono iscritta al corso qualche settimana fa, ero una delle ultime in lista e-..."

"Oh oui, non mi interessano le presentasion, prenda pure posto...ehm...", l'uomo si guardò intorno all'aula, poi individuò il suo obiettivo, "Oui, ça va bien! Direi che là in fondo vicino a Christine c'est très bon...", indicò un'altra donna seduta ad un banco nell'angolino sinistro della stanza. Lauren sistemò bene i manici della borsa sulla sua spalla e si avviò verso il posto indicatole dall'insegnante. Manco a scuola era mai successa una cosa del genere, di solito era una delle più secchione e sicure della sua classe, per cui tutte le volte il posto se lo era trovato da sola.

Mentre camminava verso il banco che le era stato assegnato, la osservò e la scrutò attentamente: capelli castano scuro, lunghi fino alle spalle e un poco mossi, occhi verdi e un sorriso che puntava dritto verso di lei, quasi come se fosse felice di doverla accogliere al suo fianco sotto la sua ala protettrice. Lauren si sedette, cercando di fare meno rumore possibile – visto che solitamente somigliava più ad un elefante in una cristalleria quando si muoveva – ed aprì il quadernino, senza però fare altro. Christine la toccò dentro per attirare la sua attenzione, "Non arrabbiarti per lui, sembra cattivo e scassapalle...ma in realtà è un uomo buono!".

Lauren annuì a quel sorriso sincero, poi si rigirò per osservarlo e cercare di credere alle parole della sua nuova vicina di banco, ma subito fece una smorfia di disappunto ed agitò una mano, "Pff! Ma chi si crede di essere? Quell'accento francesino e quella erre moscia non lo rendono di sicuro il re del mondo!", commentò Lauren, corrucciando le sopracciglia, "E quei baffetti! Come minimo andavano di moda prima della presa della Bastiglia...se mi fa arrabbiare, giuro che glieli raso a forma di gatto!", incrociò le braccia al petto ed appoggiò la schiena alla sedia, contrariata, provocando una risata di Christine, che si portò la mano davanti alla bocca per non far troppo casino.

"Eh dai, non fare la bulla! Piuttosto...io sono Christine! Tu?"

"Lauren, piacere!", la donna sorrise e si girò verso la vicina per stringerle la mano.

"Come mai questo corso?", chiese di nuovo Christine.

Lauren sorrise, poi spostò lo sguardo, "Noia! Lavoro part-time, un figlio che non vedo da tempo e un divorzio alle spalle...tu?"

"Siamo gemelle separate alla nascita! Per i tuoi stessi motivi!", rispose allegra Christine, "Magari, dopo lezione andiamo a prenderci un caffè e ne parliamo meglio, ti va?". Lauren cacciò una piccola risatina ed annuì, Christine la seguì subito dopo e continuò, "Lauren cara, sento che diventeremo indistruttibili noi due!"

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Era tutto in ordine.

O quasi.

O forse no. No, decisamente. Era un casino cubico, in realtà.

Louis non aveva avuto tempo di sistemare casa negli ultimi giorni. In effetti, non ci era nemmeno mai passato da casa negli ultimi giorni, se non quella mattina per acchiappare due vestiti, malgrado le raccomandazioni della sua Arianne di ogni tanto presenziare per controllare che l'elettricità funzionasse e che l'acqua scaricasse decentemente, per non parlare del fatto che dovesse essere sempre tutto in ordine. La sua routine, tuttavia, era cambiata drasticamente; da che dormiva più di dodici ore a notte, era arrivato a svegliarsi con l'ansia sempre prestissimo, quasi all'alba. Il suo nuovo lavoro, del resto, richiedeva un'energia e una preparazione talmente spossante che lentamente si stava pentendo della scelta.

"Sono qui per te, piccolo..."

Harry.

La voce del riccio, che risuonò nel suo cervello, gli fece scuotere freneticamente il capo, come se volesse scacciare i pensieri, e poi tra sé e sé si disse che forse tutto quello su cui aveva tentato di ragionare era solamente un fiume di cazzate, navigabile per giunta.

Immaginatevi la grandezza. Harry era colui che gli aveva dato la forza di fare quel lavoro – come se poi fosse qualcosa di cui vergognarsi – di iniziare a decidere che la paura di non essere accettato dalla gente era solamente una scusa per non prendersi le proprie responsabilità. Accantonò quelle cazzate e tornò a rendersi utile. Osservò il salotto dalla soglia della porta, poi si portò le mani sui fianchi e sbuffò sonoramente, facendo spostare anche il ciuffo che gli pendeva verso destra.

Avrebbe preferito tirarsi una mazzata in testa da solo – del resto le pulizie le faceva solo quando era felice – piuttosto che sistemare quel casino assurdo. Sacchetti di patatine vuoti e unti sparsi sul pavimento, per non parlare della quantità industriale di patatine che li contornavano. Una natura morta degna della National Gallery. Il copridivano sembrava una tenda, i cuscini erano dovunque tranne al loro posto, nel posacenere c'erano più avanzi di canne che di sigarette e qua e là mucchietti di tabacco, come se i lombrichi ci avessero scavato la tana per l'inverno. C'erano anche degli ossi di pollo smangiucchiati, Zayn aveva portato il suo pitbull a casa di Louis qualche volta – quando non poteva lasciarlo a nessuno – lo aveva fatto giocare e aveva abbandonato i residui dei suoi mordicchiamenti in giro per il salotto.

Bell'amico, Louis ricordati di dargli uno scappellotto appena lo vedi. Sistemò alla bene e meglio il salotto, per non renderlo proprio impresentabile agli occhi della gente che avrebbe varcato la soglia di casa sua. E pensare se l'avesse varcata la madre...meno male che era un sacco di tempo che non si vedevano. Non di certo perché non voleva rivederla, ma perché, continuando a sperare che il loro incontro fosse stato il più tardi possibile, sarebbe riuscito a sistemare casa in una maniera quantomeno decorosa. E se avesse suonato in quel momento? Dio, e se avesse trovato le canne?

Dlin Dlon

"No! No, cazzo!", il suono del campanello quasi gli fece avere un coccolone, "Fai che non sia mia madre, fai che non sia mia madre...", continuava a ripetere, mentre nascondeva le ultime porcate e correva verso la porta. Sospirò per tranquillizzarsi, si sistemò i capelli e si preparò a trovarsi davanti l'immagine della madre dopo aver aperto la porta, lentamente.

"Cosa stavi facendo, Tomlinson? Sei con un altro e mi tradisci, o ti stavi divertendo senza di me?", Harry Styles, appoggiato con la mano contro lo stipite della porta e con un sorriso che dire mozzafiato sarebbe stato un eufemismo.

Louis scosse di nuovo il capo, "Harry! Ciao!", lo guardò per qualche secondo, magari la bellezza che radiava lo avrebbe reso più bello a sua volta, "A cosa devo l'onore di questa visita? Entra, non far caso al bordello"

Harry si guardò intorno, con le mani giunte dietro la schiena, camminando lentamente ed inoltrandosi poi verso il salotto. Louis si chinò a raccogliere qualche altra cartaccia e ad afferrare i due bicchieri che erano rimasti sul tavolino da caffè, poi li riportò in cucina, "Siediti pure, mettiti comodo", urlò dal corridoio. Harry guardò prima il soffitto, poi le cornici che c'erano su una mensola sopra la televisione, sempre rigorosamente con la mano dietro la schiena.

"Questo sei tu?", disse, ammirando una foto dal bordo vecchio e smangiato, che raffigurava una donna inginocchiata che teneva tra le sue braccia davanti a sé un bambino col caschetto castano.

Louis tornò ed ammirò la foto a sua volta stando dietro ad Harry. Sorrise, "Sì, io e mia madre. Eravamo al parco, quel giorno le avevo portato a casa una A, e lei come premio mi aveva lasciato giocare un'ora in più sulle altalene".

Harry annuì, poi si girò verso Louis e lo guardò. Il minore ricambiò lo sguardo, quasi illuminato, quasi se mai avesse visto una bellezza di tanto calibro come quella di Harry. Il riccio resistette ancora qualche istante, poi sbuffò, prese Louis per le spalle e lo scaraventò contro il muro, preso dalla passione e dalla foga di sentire le labbra sulle sue. Attaccò la bocca del castano come se solo da quel punto potesse respirare aria pulita, come se solo da quel punto uscisse acqua di sorgente, come se quel punto gli desse la forza per tornare a vivere. L'incontro di lingue sembrava pazzo, fuori di senno, eppure era qualche ora che non si baciavano, non mesi.

"Louis...", disse durante il bacio Harry.

Louis sbarrò gli occhi e scansò il riccio, "Harry, cosa provi tu davvero per me?". Il riccio si ritrovò inerme a quella domanda, non sapeva come rispondere. I sentimenti che stava coltivando per Louis erano una cosa strana, una cosa che non aveva ancora capito, per cui non gli sembrava il caso di parlarne con il diretto interessato.

"Ti ripeto la domanda, Harry...cosa provi tu davvero per me? Cosa significano questi baci random, questa voglia casuale di fare l'amore con me, fuori dal set?", Louis non sapeva dal canto suo per quale cavolo di motivo gli stava ponendo quelle domande, cosa gli stava dicendo il cervello era ancora un mistero degno dei più famosi cacciatori di fantasmi.

Harry si tirò indietro e guardò Louis per qualche secondo, poi girò il viso verso sinistra, "Non mi sembra il caso di parlarne adesso, Louis..."

"Sì, che mi sembra il caso, Harry", era impazzito. Completamente impazzito, in quel modo gli aveva letteralmente fatto capire che il sentimento che aveva accantonato per lui era proprio amore. Louis, sei un cretino.

"Non insistere, per piacere. Non ho la testa per parlarne adesso, non continuare...", rispose Harry, visibilmente innervosito. E pensare che quella discussione l'aveva scaturita una semplice voglia di vivere sulle labbra di qualcuno caro.

"E Liam? Sa di tutto questo?", Louis era famoso per riuscire a rigirare il coltello nella piaga come nessun altro al mondo, nemmeno come lo chef Tony con i suoi Miracle Blade serie perfetta.

Harry, a quelle domande, si innervosì ancora di più ed indietreggiò, "Non azzardarti a mettere il muso in faccende che non ti riguardano, Louis!", Louis sbarrò di nuovo gli occhi, poi gli scese una lacrima visibilmente. Il riccio indietreggiò ancora di qualche passo, "Ho fatto male a venire a trovarti, ci vediamo sul set", la lacrima di Louis gli fece male al cuore, gli creò uno sbrego grande come un palazzo, ma in quel momento non poteva rimanere un minuto di più. Si sarebbe fatto ancora più male di quanto già non si era fatto da quando aveva conosciuto quella meraviglia di Louis.

Il suo Louis. Che aveva appena deluso, pensò da dietro la porta di casa sua, seduto con le ginocchia al petto. E sapeva che dall'altro lato c'era la sua gioia, la sua vita, nella stessa posizione. Con le lacrime in più, però. Ed era solo colpa sua se gli aveva provocato quella reazione, chiedendosi oltretutto che cavolo gli era passato per la testa. Come avrebbe potuto fare del male ad una parte che stava diventando importantissima per la sua vita?

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Il moro tracciava le dita sul torace del castano, che se ne stava supino a guardare il soffitto, coperto fino a metà addome col lenzuolo blu notte. Ogni tanto sbuffava, ogni tanto chiudeva gli occhi, e il moro se ne era accorto, ma per rispetto non aveva fatto nessuna domanda. Fino a che una non gli pervase la materia grigia.

"Liam, è stata solo una scopata per te?", chiese senza mezzi termini.

Liam sbuffò ancora qualche volta, poi si girò verso il moro e cominciò ad accarezzargli lievemente il viso, "No, Zayn. Tu mi piaci tanto, ma sono fidanzato, capisci? Devo far chiarezza nel cervello, prima di illuderti in una qualche maniera. Non mi va di farlo, non mi va di fartelo...almeno, non così, gratuitamente..."

Zayn annuì e chiuse gli occhi, lasciandosi andare al tocco dolce e tenero di Liam, poi si risvegliò come da una condizione di coma e si alzò dal letto, "Ok...ma vedi di risolvere...", si infilò i pantaloni della tuta senza nemmeno preoccuparsi di rimettersi gli slip, "Insomma...io ci tengo a te, mi piaci davvero...", si richinò e diede un bacio lieve sulle labbra di Liam, che si fece trasportare e fece cominciare una serie di lunghi baci a fior di labbra.

"Anche tu mi piaci, Zayn...", disse Liam non appena terminò la serie di baci, "Non andartene, stai qua..."

Zayn si sollevò, "Ti ricordo che questo è il mio appartamento...", sorrise beffardamente, ma poi si lasciò andare sul letto ed abbracciò Liam.

Ciò che successe dopo, il secondo round o cosa, non è dato a sapersi. Ma tra quei due c'era qualcosa di serio che si stava per costruire, qualcosa di sincero. Certo, a patto che Liam fosse riuscito a mettere a posto la testa, la miriade di pensieri che gli attanagliavano il cervello. Sapeva che Harry non era più innamorato di lui, come un tempo quando si erano conosciuti sul set, ma sapeva anche che forse la cosa era diventata reciproca. Louis aveva preso il suo posto, e doveva in qualche modo rendersene conto ed ammetterlo a se stesso. Era ora di cambiare aria, probabilmente. Louis l'avrebbe cambiata ad Harry e Zayn avrebbe cambiato la sua. Era ora di smetterla con l'accumulo di anidride carbonica, entrambi avevano bisogno di ossigeno fresco. 

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