𝗼𝗻𝗲 ― demage
Come se la forza di un calcio, dato accidentalmente, sarebbe riuscito a frantumare in piccoli pezzettini uno specchio infrangibile.
Proprio come se qualcosa si fosse rotto in due medesime parti, ma non per caso.
Ma fu qualcuno di importante a compiere il misfatto, lì cominciò a tremare, era nella tana del lupo.
Una lacrima dopo l'altra andava giù, la mente vagava frettolosamente, le mani giocavano nervose tra di loro, il tutto accompagnato dal fiato corto.
Quello stato di transizione, fu temporaneamente bloccato da uno slanciato ragazzo dai capelli corvini.
A quel punto il moro, più basso, si girò nella sua direzione, titubante.
«Kook, anch'io mi fidavo di lui, forse anche più di quanto facevi tu, ed in parte è anche colpa mia, ti ho praticamente obbligato, non sai quanto mi senta in colpa. Ma non puoi permettere che un cretino del genere blocchi la tua vita, sei nel fiore degli anni, avrai altri ragazzi, andrai avanti, lo supererai. Io e gli altri ti siamo vicini, non dimenticarlo mai, andrà tutto bene.»
Concluse il suo discorso con un sorriso caloroso ed un abbraccio, intanto che l'altro singhiozzava sulla sua spalla, era vero, non gli rimaneva che piangere, ma non era troppo tardi per mettere tutto da parte e ricominciare una vita, non è mai troppo tardi.
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Due anni prima.
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Jungkook's pov
Stavo portando avanti la falsa faccia del finto burocrate.
Finto sorriso sul volto, stile non proprio costoso - ma non malandato -, paga non proprio ottimale, ma non mi sembrava il caso di lamentarmi.
Ad essere sincero, non lavoravo, ma continuavo a fare stage di ogni tipo in giro per il mondo, che mi davano il giusto stipendio per portami avanti.
Alzai lo sguardo.
Notai piacevolmente, che sulle chiome degli alberi vi erano presenti dei boccioli, da dove successivamente, sarebbero spuntati dai bei fiori, che poi, nel clima più caldo, avrebbero dato i frutti.
Con un sorrisetto sulle labbra, diedi una fugace occhiata alla mia sinistra.
Vi era un ragazzo dai capelli dorati, di statura non molto elevata, vestiario semplice e sbarazzino, ma decorato da degli orecchini più distesi del suo collo e con una cintura che stringeva la sua vita non molto larga, anche se non si fosse stati intenditori, subito si sarebbe capito che quelli non erano degli accessori reperibili sul mercato.
Il soggetto della mia visuale, era molto concentrato nel digitare velocemente, qualcosa su un telefono degli ultimi tempi.
Appena terminai il mio stato di trance, mi guardai intorno, vedendo se da uno dei due binari, stava per arrivare il treno o no, era in ritardo di due minuti.
Mi avvicinai al mio amico, ancora intento a fare l'asociale verso i miei confronti, successivamente mi sedetti sulla stessa panchina, dove si era accomodato anche lui.
Eravamo diretti a Seoul, andavamo a trovare degli amici che non vedevamo da mesi, in quel momento ci trovavamo a Busan, la nostra città d'origine, sicuri che saremmo tornati entro meno di due settimane, a causa di qualche impegno lavorativo.
Guardai nuovamente l'orologio, sospirando annoiato.
E fu in quel momento che sentii un fischio acuto ed un'improvvisa puzza di fumo, il treno che ci avrebbe ospitato per le prossime tre ore, si era appena fermato davanti ai nostri piedi.
A quel punto, il mio compagno di viaggio, distolse lo sguardo dal suo telefono per guardare il mezzo di locomozione, rivolgendo successivamente lo sguardo a me.
«Saliamo, Kookie?»
Fece una pausa tra il mio soprannome e l'azione che voleva compiere, preso dall'eccitazione, non notai nemmeno che aveva gli occhi lucidi, semplicemente lo presi per mano, andando verso il controllore - che era appena sceso dal treno - per timbrare i nostri biglietti.
Cosa ho combinato amico mio.
Con ancora il sorriso sulle labbra, camminai lentamente per il corridoio della cabina in cui avevamo prenotato i posti, notando sorprendentemente, che erano occupati da una coppia di anziani.
Mi parve scortese chiedergli di spostarsi, quindi per l'ora e mezza successiva, rimasi in piedi, sentendo un dolore lancinante ad esse.
Sicuramente avrei avuto bisogno di un massaggio, una volta arrivato alla meta.
Apparve un broncio sul mio viso, appena vidi che Jimin, il ragazzo che andava in giro con una collana con scritto sopra il suo nome fatta a posta per rimorchiare, chissà che cosa avrà pensato il gioielliere, si era riattaccato al suo telefono, con un'espressione seria, e sicuramente, non aveva intenzione di cambiare per le prossime ore.
Gli affidai il mio bagaglio, mi misi di nuovo a camminare per i quindici metri che presentava quella cabina del treno.
Alla terza volta che facevo avanti e indietro, sentii una mano, abbastanza grande, punzecchiarmi la spalla.
Mi voltai, sperando non fosse qualcuno che volesse darmi dello stupido o che avesse intenzione di insultarmi senza un valido motivo, ma mi smentii subito; vidi un ragazzo sorridente, non molto più grande di me, con un pacco di patatine in mano.
«Ehi, ho comprato per sbaglio delle patatine in più. Ti ho visto camminare per un po', ho pensato fossi affamato visto l'ora.»
Mi mostrò la lattina di troppo.
Alzai un sopracciglio dubbioso.
Qualcuno che faceva delle proposte dal nulla a uno che neanche conosceva, non era uno che sta bene di testa, poteva essere benissimo uno stupratore o un pedofilo.
Ad in più il suo sorriso, dopo un po', era diventato quasi spaventoso.
«No grazie, sto bene an-.»
Stavo per rifiutare la proposta, ma venni bloccato da una voce dietro di me.
«Dai Jungkookie, ho fame!»
Disse il fastidioso grillo parlante, che non si allontanava per nemmeno un minuto.
Mi girai, vidi il volto di Jimin supplicante, con le mani congiunte, il labbro in fuori e gli occhi da cucciolo bastonato.
E se in qualche modo ci volesse avvelenare?
Da una parte ero bloccato dalla bambinaggine in persona e dall'altra dal sorriso quasi affascinante di uno sconosciuto.
Rimasi fermo per qualche attimo, indeciso su quel che dovevo fare.
Mi guardai frettolosamente intorno, notai un posto libero al fianco di quello del ragazzo corvino, cercai di fare finta di nulla, ma lui stesso - che era molto attento ad ogni mossa facessi - lo notò, rivolgendomi un sorriso più calmo e normale rispetto a quello di prima.
«Avresti potuto dirmi che non avevi un posto dove sederti, ti avrei ceduto il mio subito.»
Fece per alzarsi, ero sul punto di rifiutare di nuovo, quando pensai.
Ne potrei anche approfittare.
Ad essere sincero, non ero abituato a tutta quella gentilezza, per questo mi mostrai distaccato e, specialmente, non riuscivo a fidarmi.
Jimin, tutto contento, - appena il corvino si scostò dai due posti - si andò a sedere nel lato finestrino per poi riprendere il telefono.
Storsi il naso, mostrai un segno di gratitudine al corvino e mi sedetti dov'era seduto precedentemente lui.
«Davvero, ho delle patatine in più, e poi, vedevo che il tuo amico le voleva.»
Mi mostrò nuovamente il sacchetto, che aveva tenuto in mano fino a tutto quel momento, lo ringraziai ed andai a porgerle a Jimin, quando sentii dei singhiozzi consecutivi.
Immediatamente spalancai gli occhi appena lo vidi piangere.
Percepii che io stesso volevo abbracciarlo, quindi lo feci.
«Cos'è successo stavolta?»
Dissi con un tono quasi rassegnato, staccandomi dall'abbraccio.
«L-lascia stare, sto bene.»
Tirò su con il naso, afferrò lil sacchetto, lo aprì, e la cominciò a mangiare lentamente, nel mentre che guardava fuori dal finestrino.
Poco dopo mi ricordai del ragazzo corvino.
Mi girai, aspettandomi di vederlo, ma non c'era.
Si era come volatilizzato, sentii una morsa al cuore, anche se non capivo ciò che stavo sentendo dentro me stesso, ed anche se non lo avrei mai più rivisto, mi sarei ricordato di quel sorriso, che avrei probabilmente ricollegato a una scatola.
Ma sicuramente non avrei mai rimosso il suo sguardo dal mio cervello, il modo in cui mi guardò, per pochi secondi era come se mi stesse dicendo così tante cose, ma da non riuscire a capirne nemmeno una.
«Avvisiamo i signori passeggeri che siamo prossimi a Seoul, speriamo che la vostra permanenza con noi sia stata ottimale, auguriamo una serena giornata.»
Fu il macchinista a parlare, interrompendo i miei pensieri.
Il tempo era sorprendentemente volato.
Sospirai, presi i miei bagagli alzandomi, Jimin fece altrettanto copiandomi.
Dopo pochi minuti, le porte del treno si aprirono.
Entrambi giungemmo ad esse, scendendo e ringraziando lo staff per averci "ospitato".
Presi il telefono dalla tasca, deciso per chiamare un taxi che ci avrebbe portato a casa di Seokjin.
Trovai il numero e chiamai.
Nel mentre che sentii che squillava, pensai.
Se mai volessi rintracciare quel ragazzo, non so il suo nome.
Mi maledissi immediatamente per averci pensato, mi dava fastidio quell'atteggiamento, mi aveva trattato come un ragazzino, ma da un lato, ancora infantile, ero curioso.
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Ero abituato alle montagne russe.
La mia vita non me ne aveva mai risparmiata una, anzi, me ne presentava sempre di più.
Ma per almeno quella sera avrei dovuto dimenticare ciò, perché ero vicino alle persone che volevo bene.
Erano ormai le otto di sera quando arrivammo nel centro di Seoul.
Scendemmo dal taxi con i nostri bagagli e ci dirigemmo verso l'appartamento di Seokjin.
Arrivammo davanti una casa singola ed abbozzai un sorriso, non andavo lì da molto.
La casa era incorniciata da un grande cancello bianco, vi si trovava un campanello di fianco, suonai aspettando un segno di vita.
Nel mentre che attendevo, guardai al mio fianco.
Jimin non aveva più parlato dopo che lo avevo visto piangere, non mi piaceva quando mi nascondeva qualcosa, si chiudeva in sé stesso e non mi dava modo di sapere ciò che lo faceva stare male.
Dopo poco, il cancello venne aperto e ci facemmo strada per il giardino, fin ad arrivare alla porta d'ingresso.
Suonai di nuovo e pochi attimi dopo, ci venne ad aprire il padrone di casa, che subito mi abbracciò così forte, che sarebbe stato capace di rompermi l'osso del collo dalla forza che stava usando.
«Jin, basta, mi fai male.»
Mi lamentai io, si staccò rivolgendomi un finto sguardo triste, poi abbracciò anche Jimin.
«Ragazzi, mi siete mancati da morire.»
Ci fece le feste, si vedeva che era più che sincero.
«Lo vedo.»
Dissi sarcastico, Seokjin mi guardò male e mi diede uno scappellotto sulla nuca.
Non si smentiva mai.
Mi massaggiai la parte dolorante.
«Dai ragazzi, entrate, anche gli altri vogliono salutarvi.»
Si spostò dall'entrata, dandoci modo di entrare.
Subitissimo vidi un piccolo cucciolo di cavallo tutto felice, che abbracciava Jimin.
«Mi sei mancato un mondo piccino.»
Iniziò ad urlare Hoseok, era sempre stato il più rumoroso del gruppo.
Jimin contraccambiò per poco l'abbraccio.
«Mi sei mancato anche tu Hobie hyung.»
Gli sorrise, poi Hoseok venne da me.
«Ehi Kook!»
Mi abbracciò, anche se il suo sorriso morì appena mi vide.
Cercai di non farci caso e non gli diedi peso.
Alla mia sinistra, vidi una sfumatura azzurra, immediatamente sorrisi.
«Bentornati ragazzi.»
Ci sorrise Namjoon, mostrando le sue fossette.
«Siamo tutti?»
Chiese Seokjin sospettoso, mentre si guardava intorno.
«Perché? Deve arrivare qualcuno?»
Domandammo io e Jimin all'unisono.
«Deve venire un mio amico, spero sarà felice di conoscervi.»
Hoseok arrossì leggermente, avevo subito capito che quello non era semplicemente un amico.
Sentii Seokjin richiamarmi dalla cucina, così mi avvicinai.
Iniziò a tempestarmi di domande.
«Allora Kook, l'hai trovata la fidanzata?»
Mi chiese Seokjin mentre impiattava il kimchi.
Disse che era uno dei piatti preferiti dell'ospite.
«Hyung, quante volte ancora ti dovrò dire che non mi piacciono le ragazze?»
Dissi sospirando.
Seokjin alzò lo sguardo dal piatto e mi guardò.
«Finché non mi porterai un ragazzo a casa.»
Esordì per poi prendere i piatti e dirigersi verso la sala pranzo, lo seguii con altri piatti in mano.
«Allora aspetta e spera, non mi si fila nessun-»
Si girò di scatto bloccandomi.
«Jeon Jungkook, non dire cavolate, sei un ragazzo bello e attraente, sei semplicemente tu che non dai conto le persone che ci provano con te. Quindi smettila di raccontarmi bugie.»
Alzò il tono lasciandomi esterrefatto.
Si comportava come mia madre, esigeva e basta.
«Seokjin, potresti non prenderti carico della mia vita?»
Risposi acido.
Stava per controbattere, ma Namjoon si intromise.
«Ragazzi, va tutto bene?»
Chiese quest'ultimo.
«Tutto perfetto.»
Seokjin mi guardò male, poi si allontanò seguito da Namjoon.
Arrivò il preciso istante in cui mi persi negl'immensi corridoi di quella casa da sogno.
Sentii ridacchiare, con cautela mi avvicinai al suono.
Sbirciai dalla porta socchiusa.
Vi era Hoseok che si stava contorcendo dalle risate, mentre Jimin gli mostrava le foto dell'ultimo stage che avevamo fatto insieme.
Abbozzai un sorriso.
Tornai indietro, decidendo di lasciarli stare, erano molto amici, diversamente da come lo eravamo io e Hoseok, che rimaneva sulla difensiva ogni volta che il nostro sguardo si incontrava.
Ovviamente mi feci due domande, quando vidi che con Jimin si comportasse come se fosse stato il suo gemello diviso alla nascita.
Forse nutrivo un po' di gelosia, ma non riuscivo a trovare le radici di quel sentimento tanto negativo.
Era perché avevo paura che Hoseok mi rubasse Jimin? Era sicuramente così.
Pensai.
Sentii il suono del campanello che riecheggiò nelle stanze.
La porta dietro di me si aprì velocemente, vidi Hoseok correre, letteralmente, ad aprire.
Jimin cercava in ogni modo di stargli dietro, non riuscii a capire cosa avessero tutti quel giorno.
Il rosso aprì la porta, portando con sé il suo solito sorriso smagliante.
Allargò le braccia, accogliendo nei migliori dei modi, colui che - per eleganza - chiamavano ospite.
Anche se non ero molto vicino, riuscii ad intravedere una chioma bionda ed un colore di pelle simile allo zucchero, avrei scommesso me stesso, ma capii subito che proveniva da una di quelle famiglie ricche e snob.
Assunsi un'espressione di grande disinteresse, senza voglia di voler socializzare nuovamente quel giorno.
Al mio fianco scrutai la figura di Jimin, portava un colorito scarlatto sulle gote, segno che era in grande imbarazzo.
«Ehi Jimin, tutto bene?»
Posizionai una mano sulla sua spalla, sentendolo tremare al mio contatto con la sua pelle con la mia.
«Perché me lo chiedi?»
Balbettò, mentre che i suoi occhi iniziarono a farsi lucidi.
Notai che aveva cambiato atteggiamento, nel momento in cui quel ragazzo aveva messo piede in casa.
Cosa c'era di sbagliato in ciò?
Guardai lo sconosciuto dall'alto in basso.
Non mi piaceva, no, non ci avevo nemmeno parlato, ma non mi aveva fatto un'ottima impressione.
Successivamente, il biondo e Hoseok, andarono nella direzione di Namjoon e Seokjin per salutarli, lasciando me e Jimin in disparte, quasi mi chiedevo se quella fosse una scena solo per attirare l'attenzione.
Appena si avvicinarono a noi, e ne ebbi la possibilità, guardai di sottecchi il biondino davanti a me, sul suo viso non vi era nessun'emozione, era vuoto.
«Piacere, sono Yoongi.»
Mi allungò una mano e la strinsi con forza, pensando degli scenari orribili che sarebbero potuti succedere quella sera.
«Jungkook.»
Gli rivolsi uno sguardo agghiacciante, per poi mettere un braccio attorno alle spalle di Jimin, ancora tremanti, per fargli notare della sua presenza.
Non gli rivolse parola, lo guardò solamente negli occhi, con uno di quegli sguardi che avresti potuto capire o tutto o niente.
Sentii il respiro di Jimin farsi più pesante rispetto a prima, stavo iniziando dubitare che conoscesse già quel ragazzo davanti a noi.
«Mi sei mancato un mondo amore.»
Lo riabbracciò Hoseok, con la coda dell'occhio, notai che forzò un sorriso, ma non rispose.
«Ora che siamo tutti, possiamo accomodarci a tavola.»
Richiamò Seokjin, per smorzare la tensione.
Tra risatine e commenti vari, provenienti dalle due coppie, ci dirigemmo al tavolo.
Decisi di prendere il posto accanto a quello di Jimin, era insolitamente rosso.
Intanto che Seokjin andò a prendere le portate, Hoseok incitò Yoongi a raccontarci di sé.
Se in quel momento ci avessi pensato su, mi sarei accorto che effettivamente ero l'unico a non conoscerlo.
«Sono un famoso rapper.»
Bisbigliò con voce roca, poi prendendo un sorso di birra.
«Dovrebbero darti un Oscar per questa magnifica presentazione.»
Lo "sgridò" Hoseok, a cui viene lanciato uno sguardo di fuoco.
«Ma caro, conosci così tante cose di me, che potresti sentirti geloso se mi esponessi fin troppo.»
Ammiccò il biondo mentre si avvicinava al viso del suo amico.
«Sai che non intendevo quello-»
Arrossì notevolmente Hoseok.
Jimin, seduto alla mia destra, si alzò di botto e corse verso la direzione del bagno.
Mi alzai anch'io per raggiungerlo; appena si accorge della mia presenza cercò di chiudermi la porta in faccia, ma la bloccai in tempo.
«Jimin! Ma mi vuoi dire che h-»
Lo presi per le spalle e lo scossi, ma mi bloccai appena lo vidi piangere.
«Jimin, perché piangi?»
Assunsi un finto broncio e lo guardai di sbieco, scherzando e sperando che mi facesse un sorriso.
In risposta lui mi respinse energicamente.
«Perché sei così superficiale nei miei confronti?»
Singhiozzò portandosi le mani alla bocca.
«Io superficiale?»
Inarcai un sopracciglio incrociando le braccia, non capendo ciò che stava dicendo ed a cosa si riferisse.
«Mi stai trattando di merda.»
Urlò allontanandosi da me.
«Sei serio?»
Gli chiesi sorpreso.
«Mi stai ignorando.»
Smise di piangere ed iniziò a buttarmi in faccia tante parole assolutamente false.
«Non è vero.»
Esordii tirando un pugno alle piastrelle del muro, stavo iniziando a surriscaldarmi.
«Jungkook, torna a parlare con quel coglione, invece di raccontarmi
cazzate.»
Disse con tono freddo, non guardandomi ed uscendo dal bagno, lasciandomi lì amareggiato.
«Quindi hai studiato fuori dalla Corea?»
Chiese Jin curioso, l'ospite fece un sorriso forzato.
«Esatto, ho studiato per due anni a Los Angeles e un anno a Milano, sono tomato proprio oggi.»
Si pavoneggiò facendo l'occhiolino ad Hoseok, che sorrise di rimando.
«Hai avuto dei colleghi altrettanto talentuosi?»
Gli chiese nuovamente Jin, non molto intento nello smettere.
Decisi di starne fuori, lanciai un'occhiata a Jimin vedendolo più tranquillo, mentre giocava con il telefono.
«Ho incontrato un ragazzo strano.»
Assunse una strana espressione, mentre guardò verso il basso, come per non
volere sbagliar a parlare.
«In che senso strano?»
Chiese di rimando Jin, mentre prese un boccone del kimchi.
«Non ho voglia di parlarne.»
Diventò improvvisamente serio e continuò a mangiare il suo piatto.
«È sempre un piacere everti qui Yoongi.»
Lo abbracciò caloroso Jin, mentre accompagnò sia lui che Hoseok alla porta, i quali si prendono per mano per poi andarsene, dopo aver augurato una buona notte al padrone di casa.
Li salutai da lontano, poi raggiunsi Jimin, che nel mentre si era già raggomitolato sul divano.
Mi sedetti di fianco.
«Scusami.»
Bisbigliò, lo abbracciai, lui ricambiò dopo essersi accertato che questo mio gesto fosse sincero.
Sorrisi mentre le calde lacrime di Jimin mi bagnano la maglia.
«Scusami se sono stato aggressivo con te, ero solo arrabbiato nel vedere lui che pomiciava con uno dei miei migliori amici.»
Disse singhiozzando sopraffatto dalle lacrime.
«Non preoccuparti.»
lo rassicurai.
«Sai che sei adorabile anche quando piangi Jimin-ssi?»
Cercai si farlo ridere, mentre gli accarezzai la base del collo per farlo rilassare, lui ridacchiò.
«Scuse accettate.»
Dissi sorridendo.
Ci staccammo dall'abbraccio e lui si sdraiò sul morbido divano, chiudendo le palpebre.
Mi alzai da esso e mi diressi verso la cucina, però mi fermai prima vedendo Jin e Namjoon in un momento evidentemente intimo.
Feci dietrofront e mi avvicinai alla finestra più vicina.
Stava davvero nevicando a marzo?
La candida neve ricadeva sul prato solitamente verdastro, gli alberi spogli, era una situazione strana, non c'era neanche freddo.
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