Terza puntata [1/4]
Amber si coprì la bocca con la mano. Una volta che lo shock diminuì guardò il proprio compagno e gli disse: «È lei.»
Oliver la fissò spaesato, non sapeva di cosa lei stesse parlando, in più era concentrato ancora sui titoli di coda di quella seconda puntata. Insomma, vedere Carter da un punto di vista così umano e scisso dal suo lato artistico lo sconvolgeva ogni volta, quasi riuscisse a renderlo meno sicuro di sé e più... vulnerabile.
«Lei chi?»
«È Jade» insistette Amber.
«Cosa?» l'uomo alzò un sopracciglio con fare confuso: non riusciva ancora a capire il succo del discorso. Di cosa stavano parlando esattamente?
«L'anima gemella di Carter» sentenziò sicura, alzando solo un angolo delle proprie labbra, come se quello che aveva appena detto fosse stato ovvio.
«Scusa?» Forse mise troppa enfasi in quella domanda, ma era tipico delle donne – e nemmeno Amber ne era esente – costruire castelli in aria basati su sfumature che percepivano solo loro.
«Oh andiamo... guardala.» E indicò lo schermo. «È perfetta! Tutto quello che lui non cercherebbe.»
Era esagitata, come se avesse appena scoperto un segreto o la formula per ottenere qualcosa di mai conosciuto prima.
«Non credo che questo faccia di lei il match perfetto di Carter. Certo, ha del potenziale... come tutte tranne Mia, del resto.» Oliver, al contrario della sua ragazza, in certi discorsi era più equilibrato e meno razionale.
Erano sì diversi, ma era la convergenza il punto forte del loro rapporto: riuscivano a completarsi senza dover scendere a compromessi.
Amber alzò gli occhi al cielo.
«Non capisci?!» continuò quasi esasperata. «Con questo accordo Carter ha decretato la sua rovina!»
«Dici? A me sembra una mossa furba invece: si è trovato un'alleata in casa, dato che i ragazzi spesso mostrano insofferenza nei suoi confronti. Inoltre ha messo in chiaro le cose: fan uguale intoccabile.»
Non guardava il programma soltanto per prenderlo in giro una volta tornato da quell'esperienza, ma per pura curiosità: credeva difficile che fosse uno show televisivo a risolvere il problema di Carter riguardo una relazione, ma gli piaceva osservare come non l'avesse cambiato. Era sempre il Carter che lui aveva conosciuto anni prima e imparato a stimare, però sembrava che quell'ambiente così ostico per lui da mandare giù gli avesse ricordato di essere umano, quindi passibile di errore.
«No, ok, allora non capisci davvero.» Amber era spazientita e parlava con fare concitato, quasi fosse stata sicura di avere le verità in tasca. «Amore, io e te cosa siamo?»
Aveva deciso di partire dalla genesi per fargli apprendere la verità su quella faccenda, peccato che per far capire le cose agli uomini ci si dovesse rivolgere come a dei bambini a cui si stava insegnando a dire la parola "mamma". E Oliver non era un'eccezione.
«In una relazione?! Conviventi inerba che pagano un affitto troppo alto?» decise di assecondarla. Gli era venuto il dubbio che fosse in fase premestruale, contraddirla avrebbe solo decretato la sua prematura morte e non era intenzionato a finire sottoterra prima del tempo; così la incoraggiò, anche se era convinto di non aver azzeccato la risposta, per quanto fosse fiero di quelle che era riuscito a darle. Sapeva che a rigor di logica non facevano una piega.
«Prima di questo? Cosa siamo stati?»
La guardò sempre più preoccupato. Forse doveva trattare con del gelato, funzionava in casi come quello, no? Magari l'avrebbe distratta. Più che un discorso, sembrava l'inquisizione spagnola.
«Single? Uomo e donna?» Insomma, stava risalendo alla fonte del problema, doveva pur avvicinarsi alla soluzione!
«Che tu sia uomo è palese, dato che non ci arrivi» disse lei arresa, mentre incrociava le braccia al petto.
Oliver si perse sul broncio di Amber e, per quanto le labbra lo tentassero, voleva arrivare al punto prima che lei lo facesse diventare pazzo.
«Oh no, sei tu che parli il linguaggio sibillino tipicamente femminile! Sii chiara e spiega al tuo povero vecchio ragazzo quello che intendi.» Sorrise divertito e indifeso, aveva capito che la resa era l'unica via per uscire indenne da quella conversazione.
«Non sei povero!» Amber spalancò gli occhi, di colpo divertita.
«Vorresti dire che sono vecchio?» Si atteggiò per fingere un'offesa che in realtà non provava. Non aveva nemmeno trent'anni, che sarebbero arrivati con l'anno successivo. E anche se Amber era più giovane, la differenza tra loro era minima, considerati i due anni che li separavano.
«L'hai detto tu!» continuò lei tra una risata che le illuminava lo sguardo e l'altra. Sembrava un'eterna bambina.
«Dammi l'occasione di dimostrarti il contrario.» Oliver aveva alzato un sopracciglio e aveva iniziato ad accarezzarle la spalla scoperta con le dita lunghe. Sapeva come farla cedere, e adorava vedere l'effetto che ancora aveva su di lei.
«Sì, ok» lo liquidò. «Ma prima fammi spiegare.»
L'uomo la guardò senza aggiungere nulla, e il silenzio la spinse a continuare. «Noi prima di innamorarci siamo stati amici, ricordi? Anzi, penso di aver iniziato ad amarti quando ho capito di conoscerti bene e che il tuo essermi amico non mi bastava più. E ti conosco abbastanza per dire che per te è stato lo stesso.»
La voce si era abbassata e addolcita. Si dimostravano spesso l'amore che legava l'uno all'altra, ma non ne parlavano mai apertamente, non ce n'era bisogno.
«L'amicizia è stata la base di tutto, è vero. Io però in realtà volevo solo portarti a letto.» Si divertì a prenderla in giro prima di riprendere: «Però non so, stiamo parlando di Carter, per lui le convenzioni non esistono... funziona al contrario dei normali essere umani.»
E, Dio, lui era una delle poche persone a poterlo affermare con certezza.
«Sono sicura Oliver, è lei» rispose convinta con la testa sulla sua spalla mentre gli accarezzava il petto.
«Staremo a vedere.» Chiuse il discorso riprendendo ad accarezzarle la pelle scoperta su cui erano passati dei brividi.
«Bene, ora dimostrami che non sei vecchio.» Lo provocò prima di rubargli ogni risposta dalle labbra.
Logan se lo sentiva, era arrivato il momento di mettere nella stessa stanza quelle forze che si respingevano come due elettroni che venivano spinti l'uno verso l'altro: Kat e sua zia.
In fondo sapeva che Jules non la odiava davvero, probabilmente pensava che fosse come tutte le ragazze che il figlio aveva avuto fino a quel momento, ovvero una relazione a tempo determinato. Non che si sbagliasse poi di molto, ma il tempo di Kat non era ancora finito.
Jules doveva solo mostrare il suo vero io, quello composto dalla dolcezza di una donna perdutamente innamorata della propria discendenza, e tutto sarebbe andato bene.
Logan estrasse il cellulare, che diventava sempre più grande, dalla tasca dei pantaloni e – lingua tra i denti – digitò un messaggio da inviare a Jules.
Logan:
Cosa ne dici se Kat si unisce a noi per vedere la prossima puntata del programma?
Semplice, senza fronzoli e diretto. Sarebbe stato un successo.
Jules:
Perché? Non ce l'ha una casa?
Aveva parlato di dolcezza?
Le avrebbe risposto e una volta sollecitata la parte materna che era in lei tutto sarebbe andato al posto giusto, ne era convinto.
Logan:
Zia...
Jules:
Guardalo pure con lei, io troverò qualche amica con cui commentare la puntata.
Il famoso amore materno, giusto?
Mise in tasca il cellulare, sapeva di avere a disposizione altri giorni per convincerla del contrario.
In fondo non era andata male, avrebbe potuto dirgli semplicemente di no.
Dopo la seconda puntata la casa era in fermento: le dinamiche si stavano delineando così come le strategie, la gente si buttava a capofitto sulla persona interessata mentre i più indecisi cercavano modi per prendere tempo.
Fu così che Jade si trovò divisa tra due fuochi: da una parte c'era Carter che, per la prima volta, aveva cercato il suo supporto e si era confidato con lei, dall'altra c'era Mark e le sue attenzioni impacciate che riuscivano a metterle ansia e un sorriso dolce sulle labbra.
«Cos'è questa cosa con Mark?» Carter lo indicò in lontananza, incurante del fatto che non fosse buona educazione. Lui e Jade erano seduti su dei divanetti in tek e Mark li guardava da lontano con l'aria di un cane pronto a saltare alla gola di chi si fosse messo tra lui e il suo obiettivo che, in quel caso, era Jade.
Lei divenne rossa, era decisamente strano parlare di quelle cose con Carter, soprattutto prima di rivolgersi a Haylee e Leigh, le ragazze in casa con cui si confidava alcune cose.
Era davvero singolare che, nonostante l'imbarazzo, riuscisse ad aprirsi con una certa naturalezza con lui. Forse le aveva fatto soltanto piacere che Carter l'avesse cercata per parlare sul serio e avesse così reso vero la sottospecie di accordo a cui avevano preso parte.
Dopo una ventina di minuti in cui avevano parlato della casa, delle dinamiche e delle personalità che vi abitavano erano passati a qualcosa di più concreto e delicato. Almeno per Jade, dato che la riguardava in prima persona.
«Boh.» Era la risposta più sincera che fosse riuscita a dargli. «Prima l'incidente, poi la scelta durante la cerimonia. Penso che tutti vedano in me e Mark del potenziale anche a causa di ciò che è successo: sarebbe bizzarro se fossimo anime gemelle.»
Carter apprezzò l'uso che Jade sapeva fare delle parole: soprattutto del fatto che avesse scelto la forma più neutra "me e Mark" piuttosto che un noi. Non che fosse geloso, non aveva elementi per esserlo né voleva avanzare certe pretese su di lei, ma gli piaceva avere un rapporto esclusivo con Jade. Si stava aprendo con la casa e con lui, mostrando di avere carattere e cervello. Doti interessanti per una donna, caratteristiche che lui non poteva scopare – l'unica cosa che gli era sempre importata dopo le poche relazioni stabili che aveva avuto – e quell'aspetto lo faceva stare tranquillo: con Jade aveva preso la scelta più saggia.
«Io ti ho chiesto cosa è questa cosa con Mark, non cosa pensa la casa a riguardo.» La punzecchiò lui, divertito davanti alla sua alzata d'occhi al cielo.
«Beh, ci stavo arrivando» rispose Jade con una smorfia spazientita e allegra, a dimostrazione che il suo modo di fare non l'aveva offesa. «Penso che Mark si sia convinto che la cosa possa funzionare: forse il tuo discorso sul racconto per i figli, forse il senso di colpa o forse la convinzione degli altri l'hanno indotto a... riservarmi particolari attenzioni.»
Dio, era liberatorio e difficile. Avere l'attenzione di Carter addosso era una sensazione intensa. Occhi verdi all'apparenza gelidi che sapevano bruciare dentro quasi fossero in grado di toccare i segreti che una persona tentava di nascondere, labbra sottili che umettava e usava con più criterio di quanto si fosse aspettata, la totale considerazione che le rivolgeva. Erano cose per cui non sarebbe mai stata pronta.
C'era un qualcosa di tutto quel magnetismo naturale che le rendeva difficoltoso respirare.
Il cantante si stava rivelando molto di più di quello che lei stessa era riuscita a immaginarsi.
Carter, dal canto suo, si sentiva in colpa. Era sì una ragazza interessante, ma l'attenzione che le stava rivolgendo era viziata dai propri scopi egoistici. Non si era avvicinato a lei solo per mettere dei paletti tra lui e una fan, la verità era che aveva bisogno di un appiglio perché non si sentiva accettato.
Se con le donne non c'erano problemi, sapeva che c'erano alcuni ragazzi che non gradivano la sua presenza in casa perché pensavano che la cosa rovinasse loro la piazza, rendendo nulla la concorrenza. Aveva cercato di volare basso, ma il fatto che le ragazze facessero a gara per sceglierlo per le fughe d'amore – quando ne avevano il potere – e poi per le cerimonie settimanali non andava certo a suo favore. I ragazzi che l'avevano preso di mira cercavano di portare dalla propria parte gli altri maschi della casa, cosa che non faceva altro che spingerlo a cercare conforto tra le donne che, crocerossine in cerca dello stronzo da redimere, vedendolo spesso solo correvano a coccolarlo.
«E tu come prendi la cosa?» Per lui non era difficile interagire con il genere femminile, non quando affrontava simili discorsi da anni con Ashley, Emily e altre amiche con cui vantava un bel rapporto che non era passato dal suo letto.
Jade sgranò gli occhi. Com'era possibile che in tutto quello fosse stato l'unico a pensare alla sua opinione? La maggior parte degli altri concorrenti li spingeva l'uno verso l'altra in modo da mandarli nella cabina della verità e scoprire così se la prima coppia perfetta fosse nata.
La verità era che Carter era bravo ad ascoltare e a manipolare la gente, questo perché la cosa sviava l'attenzione da lui e dal motivo che l'aveva spinto a cercare in lei un'amica. Inoltre era bello che Jade, nonostante fosse una fan, non facesse nulla per subissarlo di domande come le altre ragazze della casa. Non gli piaceva dare agli altri elementi che poi avrebbero potuto essere usati contro di lui.
* * * * *
Nuova impostazione dei capitoli. Si aggirano tutti attorno alle duemila parole, di modo che siano più veloci da leggere, però alcune scene – come quella qui sopra – ne risentiranno. Spero non sia un problema, dato che a causa di questa frammentazione aggiornerò quotidianamente. Spero siate con me!
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