Settima puntata [1/5]
Decisero di affrontare subito dopo l'argomento delle coppie. Era stato Liam a sollevare il discorso quella volta, dicendo di confrontare la puntata di quella sera, con cinque accoppiamenti, a quella della terza settimana, dove i match giusti erano quattro.
Il problema era che una coppia era composta da Spencer e Daisy, ormai da due settimane in Luna di miele, e l'altra, a quel punto, erano abbastanza convinti si trattasse di Haylee e Dylan, per quanto non ci fosse la certezza.
«Vi immaginate se in queste sei puntate, per puro caso, avessimo indovinato sempre coppie diverse e, dunque, avessimo azzeccato tutte e dieci le coppie in momenti diversi?» Intervenne Dakota a un certo punto, colta da un pensiero improvviso. Idea che gettò tutti nel panico.
«Però pensateci: Jade e Scott erano insieme in entrambe le serate e il numero di coppie era più alto.» Fece notare Leigh con una punta di rammarico nella voce, quasi le costasse portare alla luce dei fatti qualcosa che riguardava Scott. In effetti stava imparando a conoscerlo e le piaceva parecchio. Come Jade, anche lei aveva diviso le sue giornate tra lui e Carter, e non riusciva a decidere tra i due, anche perché gli uomini in questione avevano la testa altrove, oltre che lì con lei.
«Vero. E, se non sbaglio, nella terza puntata Carter era con Olivia» aggiunse Larissa dopo averci pensato un po'. «Magari loro sono una coppia.»
Gli altri la guardarono in modo strano, quasi quell'osservazione non fosse da lei e, in effetti, tutti pensavano che fosse quasi fuori luogo. Tutti tranne Olivia, che sorrise tra sé soddisfatta.
«Possibile» intervenne Drew. «C'è più possibilità sia Leighton allora, perché è stata in coppia con Carter sia la prima puntata che l'ultima, e se nella prima le coppie trovate sono state due, in quella di stasera sono state cinque. Quindi potrebbero essere anche loro.»
La sua affermazione fece annuire gli altri mentre Carter ascoltava passivo. Era contento che nella casa il gruppo si fosse accorto che le dinamiche erano legate alle sue preferenze, doveva contare qualcosa, dato che se avesse scelto male qualcuno avrebbe notato qualcosa di strano e avrebbe evidenziato invece un rapporto più indicato, ma così non era stato. Forse, per la prima volta in vita sua, aveva iniziato a capire come ci si comportava in una relazione e quale donna scegliere.
Il problema per lui era vedere come la scelta di Jade fosse condivisa e compresa dagli stessi coinquilini che approvavano in modo indiretto le sue scelte in fatto di donne. Quel fatto lo infastidiva parecchio, non era detto che fossero loro una delle coppie giuste, se si fossero basati sui caratteri l'avrebbero capito al volo. Ma nessuno conosceva Jade come lui, né lui conosceva Scott come... beh, come qualsiasi altra persona nella casa, dato che avevano parlato spesso ma pur sempre in compagnia.
Si girò verso l'amica, pronto per grattarsi un occhio con l'indice per potersi poi confrontare sui risultati di quelle ridicole supposizioni, ma la trovò intenta a ridere con Scott di un qualcosa che sembrava solo loro.
La sua risata, educata ma sincera, che riusciva a mettere chiunque di buonumore perché era contagiosa senza essere sguaiata. Carter aveva imparato a conoscerla, ma doveva ammettere di non averne provocate molte, purtroppo, e di questo si dispiacque parecchio.
Abbassò il dito dall'occhio prima che lei potesse vederlo e cercasse un modo per entrare in contatto con lui. Non voleva essere l'interruzione del suo momento felice, al contrario si trovò a pensare di voler contribuire a esso, invidiando per la prima volta Scott.
Era così assorto nei propri pensieri che fu richiamato dai coinquilini.
«Carter, ehi?» Leighton gli mosse una mano davanti al viso.
«Tarzan, sei tra noi o il richiamo della foresta è troppo forte?» Lo prese in giro Liam. In effetti, nonostante a volte legasse i capelli chiari, la barba di Carter aveva perso ogni forma logica e sembrava davvero un aborigeno cresciuto nella giungla. Sembrava avesse assunto vita propria tanto era diventata folta e lunga.
«Qualcosa da ridire contro la mia barba?» Chiese con tono finto intimidatorio ai due interlocutori.
«No» rispose ironica lei. «A parte il fatto che mi domando come sia la tua faccia!»
Leighton lo schernì bonariamente per non pensare a quanto avrebbe voluto provare su di sé la sensazione delle labbra sottili e ispide a causa proprio della barba. Non voleva esporsi troppo con lui, aveva paura di vederlo scappare e inoltre non era sicura di ciò che provava, c'era qualcosa che le diceva che poteva essere un'altra persona quella giusta per lei.
«A me piace!» Si giustificò il cantante accarezzandosi il mento con fare lacrimevole, quasi avesse voluto difenderla. «Ora è offesa. Se perderà morbidezza o volume verrò da te e mi vendicherò, stanne certa.»
Risero, più intimi che mai, e Leighton pensò che una punizione da Carter l'avrebbe accettata più che volentieri, ma forse non era il caso di essere così sfacciata da dirglielo.
*
Carter, da qualche giorno, era di umore variabile. Ed era il primo a non sapere il perché.
«Tutto bene?» Jade, apparsa al suo fianco con una delicatezza che lo fece sobbalzare perché intento a cercare di capire il suo umore nero, gli mise i capelli dietro l'orecchio prima di sedersi accanto a lui sul lettino e fissare l'acqua. «Sei strano.»
Carter sorrise. Lei lo aveva conosciuto per anni fuori da quel programma, l'aveva visto arrampicarsi sulle strutture di vari palchi, fare l'idiota con ogni intervistatore, calpestare passerelle per presentare le proprie collezioni di moda e solo ora riusciva a considerarlo strano?
Anche lui in quei giorni si era accorto di essere diverso, strano, ma non pensava di essere riuscito a preoccupare Jade fino al punto da spingerla a essere diretta, più del solito. Adorava questo suo essere imprevedibile senza essere invadente, era una dote che poche persone possedevano e sapeva di essere stato fortunato ad avere incontrato una ragazza come lei. Aveva la netta sensazione che Jade sarebbe stata una di quelle persone che avrebbe continuato a frequentare anche al di fuori del programma. Sì, la immaginava a interagire con Logan e Oliver, ma pure Emily, Ashley e, perché no, sua madre. Riusciva a figurarla muoversi nella sua quotidianità.
«Lo sono sempre stato.» Alzò solo un angolo della bocca nel tentativo di alleggerire il discorso. Non riusciva a esternarsi con lei a riguardo: non per cattiveria, ma più per confusione, non sapeva davvero dove sbattere la testa, e stare rinchiuso in casa e fare sempre le stesse cose non lo aiutava di certo, aveva bisogno di qualcosa che lo stimolasse. Di adrenalina.
Le circondò le spalle con un braccio, tanto che Jade appoggiò il viso vicino al suo collo, solleticandolo con il respiro. Carter, assorto nei suoi pensieri claustrofobici, iniziò a giocare con le punte dei capelli di Jade, trovando un po' di ristoro. Arricciare le sue ciocche attorno all'indice era diventato un tic involontario che riusciva a placarlo nel profondo, era un modo per tenersi occupato e sfogare ciò che aveva dentro e non riusciva a interpretare.
Un modo per rendere concreto il legame che li univa, quasi l'intreccio delle ciocche con le dita avesse potuto evitare che si allontanassero, non solo in senso fisico.
«Mh, ok, allora lo sei più del solito.» Jade, premuta contro il busto di Carter, si godeva il tepore di quel contatto, pensando che fosse il modo migliore di iniziare il mercoledì mattina. Le piaceva quando il cantante si prendeva cura di lei con quei piccoli gesti, riusciva a sentirsi importante per lui.
Carter le baciò la testa con fare protettivo, sospirando in maniera impercettibile alle sue parole.
Perché allora, con Jade nelle vicinanze, si sentiva così... normale?
Era bastata la sua vicinanza ad alleviare un po' la pena, come se con lei nei paraggi fosse stata meno reale.
«Penso di essere un po' stanco. O forse un po' nostalgico» mormorò con le labbra sui capelli di lei, dai riflessi ramati. «A volte capita, sono umano pure io, anche se non si direbbe.»
Era un modo per ricordarlo più a se stesso che a lei, per quanto avesse il timore che Jade a volte tendesse a idealizzarlo troppo. E, doveva ammetterlo, l'idea lo atterriva, sperava che quello che le avesse mostrato fosse bastato a convincerla che lui non fosse perfetto, ma che comunque le andasse bene così come era, anche se aveva la sensazione di non essere all'altezza delle aspettative di lei.
«Sei l'anello mancante tra l'uomo e la perfezione, lo sappiamo. Te lo ripeti ogni giorno!» Lo prese in giro Jade per cercare di farlo ridere. Lo vedeva per la prima volta smarrito, e avrebbe fatto di tutto per renderlo di nuovo sereno. «Comunque ti capisco. A volte mi è mancata casa, la normalità... ma mi piace stare qui.»
Strinse la maglietta di Carter nella mano che aveva appoggiato sul suo petto, quasi fosse stata la timida imitazione di un abbraccio. La verità era che sapeva che prima o poi tutto quello sarebbe finito, Jade aveva soltanto paura di vederlo scomparire prima del previsto, l'idea riusciva a terrorizzarla.
Avrebbe smesso di conoscerlo, di respirarlo e di viverlo a ogni ora della giornata. Sapeva sarebbe stato impossibile dimenticarlo e far finta di non averlo mai incontrato, ma doveva farci l'abitudine, perché di lì a tre settimane sarebbe successo, la loro lontananza sarebbe diventata reale.
«La verità è che ho paura del dopo. Dopo vuol dire aver fatto una scelta, scoprire chi è la propria anima gemella... non so se sono pronta per questo, ho come il presentimento che tutto ciò che mi riguarda sarà un enorme buco nell'acqua. Niente corrisponderà ai miei desideri.»
Un dopo in cui lui non ci sarebbe stato. Ecco il punto in cui i suoi sogni si sarebbero infranti, lui, ma non aveva il coraggio di dirglielo.
Carter strinse il braccio attorno alle spalle di lei per paura di vederla cadere in pezzi e gli fece tenerezza, perché riusciva a capire alla perfezione come si stava sentendo, Jade era riuscita a descrivere il senso di inquietudine che lui provava e a cui non riusciva a dare un nome.
Appoggiò la guancia sulla sua testa nel tentativo di farle capire che non voleva che se ne andasse, era una presenza preziosa da cui avrebbe fatto fatica a separarsi.
«Ma non ero io quello strano? Pensavo di dover essere la persona che aveva bisogno di sfogarsi tra noi due... per fortuna!» Aveva sentito un qualcosa di umido nell'incavo del collo all'altezza degli occhi di Jade, e si sentì in difetto. Ecco l'effetto che riusciva a farle: lui non la faceva ridere, la portava alle lacrime e non riusciva a sopportarlo. «Comunque penso che potremo essere in due disastri, se vado avanti di questo passo...»
«Il problema, Carter, è che tu anche quando combini un casino crei arte, io no. Io porto scompiglio e, di solito, mi faccio male.»
Sul fatto che portasse scompiglio Carter non aveva il minimo dubbio, perché l'aveva sperimentato sulla sua pelle. Jade aveva la stessa dolcezza di un fiore di ciliegio che abbandonava il proprio ramo per vorticare con grazia davanti gli occhi dei fortunati spettatori e giacere in mezzo ad altri come lei. Come poteva dimenticare una cosa così unica e sconvolgente?
La sua delicatezza era così struggente da diventare la sua forza, soltanto uno stupido non si sarebbe accorto di uno spettacolo simile.
O forse un pazzo.
«Jade! La produzione mi ha fornito delle forbici! Vuoi venire a vedere?» Haylee la richiamò dalla balconata del piano superiore, decidendo che quei due ne avevano avuto abbastanza del loro momento intimo dato che, a suo avviso, se non avevano capito nulla in sette settimane di permanenza nella casa, di certo non potevano capire tutto in cinque minuti.
Carter guardò Jade confuso, così lei spiegò il motivo di quel richiamo: «Annah. Haylee si sta annoiando e l'ha convinta a provare un altro taglio corto, più sbarazzino di quello che ha. Si è fatta dare gli strumenti del mestiere e vuole mettersi all'opera. Io non voglio saperne niente, ma sono curiosa di vederla all'opera, giusto per capire se mi piace come taglia i capelli. Gliel'ho detto, così ora mi stressa!»
«Chi sono io per trattenerti, a parte il tuo cantante preferito e tuo amico?» La prese in giro con finta aria di sufficienza nel tentativo di farle pesare quella che poteva parere un'offesa.
«Sei sicuro di stare bene?»
«Sono stato peggio, è una cosa passeggera. Me la sono cavata finora e me la caverò anche adesso, ma grazie.» La tranquillizzò prima di avere la certezza che l'avrebbe lasciato in balìa dei propri pensieri, di nuovo, senza giungere a una qualche conclusione, ancora una volta.
Jade lo abbracciò gettandogli le braccia al collo per poi stampargli un bacio sulla guancia.
«Spero tu l'abbia sentito attraverso quello strato di peluche che hai in faccia.» Si alzò prima di attendere risposta, ma per lei sarebbe stato difficile interpretare un silenzio simile.
Sì, l'aveva sentito. L'aveva percepito così bene da sentire male, ma non era riuscito a capire il perché.
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