Ottava puntata [2/6]
«Dove pensi di andare?» Jade si mise davanti alla rampa di scale e appoggiò una mano al muro per ostacolarle il passaggio.
Dopo che Carter se ne fu andato, in salotto scoppiò di nuovo il caos. C'erano ragazzi pronti ad accusare Olivia, altri Carter e altri a difendere entrambi, ma ciò che si percepiva era l'elettricità carica di rabbia di ogni presente pronto ad accanirsi su chiunque pur di difendere le proprie idee, e pure Jade non era da meno.
«Voglio parlare con lui, devo chiarire.» Olivia tentò di mettere piede sul primo gradino, ma l'altra la fece indietreggiare senza spostarsi di un millimetro.
«Non mi sembri nella posizione per avanzare pretese.» Jade aveva sibilato la frase tra i denti. Non avrebbe voluto essere minacciosa, ma di sicuro il risultato era assomigliato in modo pauroso a un'intimidazione, peccato che Olivia fosse pronta a tutto pur di cercare di sistemare la situazione, così mise da parte i timori e la sfidò al suo stesso gioco.
«E chi saresti tu per impedirmi la cosa?»
«Sono sua amica, una delle poche qui dentro. L'unica persona con cui ha detto chiaramente di voler parlare» rispose convinta facendo un passo indietro, una dimostrazione cristallina del fatto che lei sarebbe stata l'unica a salire le scale per raggiungere Carter. Jade a riguardo era irremovibile, ferma sulle sue posizioni e così decisa da non vacillare nemmeno per un secondo durante quello scontro, cosa che in casa non le era mai successa. «Evita di renderti ulteriormente ridicola, mi sembra tu abbia già fatto abbastanza.»
Gli altri aspettavano lo scontro sin da quando il piano di Olivia era venuto allo scoperto, ma mai avrebbero immaginato che potesse essere così fiera nell'incontrarla, al punto che Jade riuscisse a fare sentire l'altra piccola, indifesa e del tutto fuori posto, tanto che la videro fare marcia indietro con uno sguardo inceneritore e buttarsi in pasto agli altri coinquilini, pronti a parlare di cosa avrebbero dovuto fare con lei.
Jade, una volta sicura che Liv fosse innocua e non salisse le scale, intenta a intrattenersi con gli altri e a difendersi dalle loro accuse, percorse rapidamente la rampa e, con la solita grazia, raggiunse l'immensa camera da letto.
«Toc toc... si può?» Bussò sullo stipite per annunciarsi dato il passo leggero.
Carter era seduto sul proprio letto, rivolto verso la finestra e con le spalle alla porta, un segno del suo voler essere lasciato in pace. Ecco perché Jade si era annunciata, il secondo motivo era che, per la prima volta, non avrebbe assecondato il volere di Carter.
«Vedo che in certe occasioni riesci a farti sentire in modo alquanto deciso» rispose luinel voltarsi appena, accennando a quello che era appena successo di sotto con Olivia. Per quanto avessero cercato di controllare la situazione era sfuggita loro di mano, tanto che avevano urlato e permesso al cantante di ascoltare ogni frase.
Una frecciata riguardo al fatto che, quando voleva, Jade sapeva farsi sentire benissimo, quindi quell'omissione era voluta e non gradita dal diretto interessato, che si sentiva preso in giro e stupido come non mai. Un rimproverò che non le sfuggì.
«A proposito di questo...» Si passò l'indice sul contorno delle labbra per cercare un po' di conforto, quel gesto riusciva sempre a tranquillizzarla, ma Carter frenò ogni buon proposito.
«Ho detto che dovevamo parlare, ma non ho detto quando. Né, soprattutto, ho accennato a ora.»
Non era dell'umore per sentire un'altra persona deluderlo e prenderlo in giro. Non era abituato e anche lui aveva bisogno di leccarsi le ferite.
«Carter...» Lo riprese lei con fare materno e dolce, quasi stesse per spiegare a un bambino che a breve avrebbe avuto un fratellino o una sorellina. Si sedette su letto di lui dandogli le spalle, nella speranza che non percepisse la cosa come una violazione della sua riservatezza e lo rendesse ancora più scontroso. «È proprio per questo che sono qui, ci tengo a dirtelo ora perché tu lo capisca il prima possibile e possa comprendere perché non ti ho detto nulla.»
Fissava le spalle di lui per cercare una qualsiasi reazione, cosa che non arrivò, quindi continuò perché quel silenzio doveva essere la cosa più vicina a un permesso che Carter le potesse concedere per parlare.
«In primo luogo io non ho assistito personalmente alla cosa, me lo ha riferito Haylee, quindi non ho certezza di quello che è stato detto, non mi sembrava il caso di riportarti affermazioni di cui io stessa non ero sicura» cominciò, accarezzando le increspature del lenzuolo che si formavano a causa del loro peso lì sopra.
«Poi, cosa molto importante, sei un uomo adulto e ti considero in grado di ponderare le tue scelte. Sei grande e vaccinato e ho fiducia in te. Mettermi tra te e Olivia su basi nemmeno certe mi sembrava una mancanza di rispetto verso di te e la tua intelligenza. Inoltre ho pensato che la cosa potesse infastidirti. A me una simile intromissione avrebbe infastidito. Sentirsi dire che si sta sbagliando con una persona a cui si è interessati non è mai bello.»
Jade aveva continuato con più sicurezza, convinta dal rilassamento delle spalle di lui e dal riflesso che poteva scorgere nel vetro della finestra, nel quale lo aveva visto sgranare gli occhi, colpito.
E Carter, colpito, lo era davvero.
Era la prima volta che una donna lo considerava in grado di prendere decisioni assennate e gli diceva di avere fiducia in lui e nelle sue scelte, per Carter era una cosa importantissima. Un simile atto di fede l'aveva vissuto solo con poche persone, e l'unica donna a dimostrare davvero di dare peso a quelle parole era stata Candice, la persona che aveva cambiato per sempre il suo modo di percepire l'amore e ogni relazione che lo coinvolgeva.
Jade, spinta dal suo silenzio, si decise a concludere il discorso esternando le ultime motivazioni che le erano rimaste.
«Infine, ma è stata la cosa fondamentale che mi ha fermata, ho pensato a cosa vuoi, Carter. Tu volevi Olivia e vuoi scegliere. Tu con lei avevi deciso di darti una possibilità, non avrei mai potuto togliertela né sembrare l'amica gelosa che voleva decidere al posto tuo. Tu vuoi scegliere, ho voluto permettertelo.» Il cantante si girò, contrariato per quell'ultima affermazione, ma Jade non gli diede modo di aprir bocca, sentendo il bisogno di precisare il concetto. «Non pensare a un discorso presuntuoso, ho solo voluto tutelare la tua libertà di azione.»
Carter si girò a guardarla in modo indecifrabile, spostando tutto il peso sul letto e incrociando le gambe sopra esso, come era abituato a fare negli hotel di tutto il mondo, quando era in fase creativa e si ritrovava con mille spartiti sparsi sulle lenzuola e una chitarra tra le braccia. Di solito in quei momenti si sentiva stranito da ciò che gli passava per la testa, sopraffatto da ciò che la musica – ancora in uno stato embrionale – gli faceva provare. Era la prima volta che si sentiva così con una donna, e ne era spaventato.
Senza alcun controllo o alcuna via di fuga per una situazione che per la prima volta gli sembrava più grande di lui.
Jade, davanti a quel muro di indecifrabile silenzio, decise di non aggiungere altro per provare a convincerlo a perdonarla. «Forse è il caso che ti lasci dormire e torni di sotto. Ho paura che gli altri possano legare Olivia a un albero e la lascino lì a sopravvivere di stenti fino alla puntata di domenica prossima.»
Per quanto Olivia si fosse comportata male non era giusto che venisse presa di mira dal gruppo e lapidata per le proprie colpe, faceva comunque parte del gioco e tra di loro c'era la sua anima gemella. E, a malincuore, sapeva che Carter non era da escludere.
«No, aspetta.» La fermò prima che potesse alzarsi.
Al diavolo Olivia. Lei non era stata clemente con lui e lui non aveva intenzione di esserlo con lei. L'importante in quel momento era Jade.
Si sentiva uno stronzo. Era giunto alle conclusioni sbagliate solo perché aveva pensato a sé, mentre Jade, con le migliori intenzioni, aveva pensato prima al suo bene piuttosto che a tutelare se stessa sapendo di essere in una posizione scomoda.
Era una persona preziosa, e per quanto si sentisse fortunato ad averla al proprio fianco, si sentiva anche in colpa per non aver visto appieno il suo valore.
«Rimani, mi fa piacere.» Si sentiva sciocco e stucchevole, ma era arrivato il momento anche per lui di rendersi ridicolo. E farlo per Jade gli sembrava una buona occasione, ne valeva la pena. «Scusa, sono stato frettoloso nel giudicare la tua scelta, non ho preso in considerazione le implicazioni che la cosa avrebbe potuto avere. Mi sono sentito ferito, al momento, ora mi sento stupido.»
Jade si morse un labbro per evitare di ridere e urtare la sua sensibilità, ma in quel momento Carter sembrava davvero un bambino e il fatto suscitava una grande tenerezza. Evitò di dirglielo perché era convinta che una simile cosa non gliel'avrebbe mai perdonata.
«L'avrebbe fatto chiunque al tuo posto, non preoccuparti. Penso sia normale» lo rassicurò lei con un sorriso sereno per dimostrargli che non era risentita delle sue accuse precedenti. «È questo il motivo che mi ha spinta a parlarti subito e a ogni costo.»
Carter le scompigliò i capelli con affetto, grato che qualcuno avesse deciso di rendere Jade l'anima gemella di uno dei ragazzi in casa e l'avesse messa sul suo cammino.
«Sono felice che tu abbia insistito» disse all'amica mentre si stendeva a letto con lei ancora seduta sul bordo. «E ho capito di essere fortunato ad avere accanto una persona come te.»
Si sistemò sul cuscino scostando i capelli lunghi e guardandola con ammirazione e interesse, quasi l'avesse vista per la prima volta sotto una luce diversa.
«Buonanotte Carter, vedrai che domani questa sensazione sarà passata.» Lo prese in giro, accarezzandogli i capelli e spostandoli dietro il suo orecchio. «Tornerò a essere la solita Jade ai tuoi occhi, non ti preoccupare.»
Era rassicurante per lei credere una cosa simile, soprattutto perché tutto sarebbe stato più facile per entrambi.
Gli diede un bacio sulla fronte e tornò di sotto senza dargli il tempo di replicare o fare qualcosa di cui poi si sarebbe pentito.
Carter si ritrovò a sospirare da solo, con il dubbio che per la prima volta in vita sua non c'era una preda da cacciare, ma un suo pari a cui accompagnarsi.
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