Lost - anteprima
Erano radunati tutti nel loro studio a Los Angeles, tesi dopo la riunione con la nuova casa discografica.
«Vorrei giungere a una conclusione entro un orario umanamente accettabile, grazie.» Carter, leader nonché voce del gruppo, appoggiò le mani sullo schienale del grande divano bianco che campeggiava nella sala relax, dove – grazie a un permesso concesso a gran parte dello staff – regnava più silenzio del solito. Quella posizione era il suo modo per rimarcare autorità, dato che era lui, nel gruppo, a prendersi le responsabilità maggiori.
«Beh, siccome all'incontro con i produttori eravamo tutti d'accordo con la loro idea, non ci resta che scegliere chi di noi seguirà il progetto fin dall'inizio.» Convenne Seth per fare il punto della situazione e girare attorno alla questione scottante dell'intero progetto. In quel momento avrebbe desiderato il suo basso per evitare il rumore prodotto dalle loro voci irrequiete, ma era cosciente che quella discussione fosse inevitabile.
«Io ho sempre sostenuto che fosse una stronzata.» Logan, il più irrequieto dei Destination: glory, mostrò il proprio disappunto incrociando i piedi sul tavolino davanti a sé. Si sentì libero di guardare male i propri compagni, i suoi amici, perché sentiva che stavano tramando qualcosa; le occhiate che si scambiavano non promettevano nulla di buono. «Andiamo, perché finire in un buco di culo di città francese per continuare a incidere un album? Abbiamo lo studio qui a LA, basta e avanza.»
«Bravo, fai la voce grossa ora che non ci sono quelli dell'etichetta.» Oliver, il chitarrista, si piegò verso l'altro, seduto di fianco a lui, per essere più incisivo. «Hai avuto modo di dire la tua un paio d'ore fa, eppure non mi sei sembrato così loquace.»
Non riusciva a sopportare l'atteggiamento distruttivo di Logan, non quando si trovavano con un'immagine da ripulire proprio a causa sua. Si era aspettato più collaborazione e umiltà, non di certo la rabbia repressa e l'aperta ostilità che l'altro aveva dimostrato fino a quel momento. Lo conosceva da tanti anni per poter dire con certezza come si sentiva, sapeva che aveva capito quale sarebbe stato il costo della sua ultima bravata, eppure non si aspettava che il batterista fosse pronto a dare battaglia, non dopo i guai in cui si erano trovati.
Logan, sul punto di rispondere alle accuse dell'amico, non appena avesse smesso di ringhiare, fu battuto sul tempo da Carter. Questi si chinò vicino all'orecchio del cugino per rendere chiari alcuni concetti che sembravano essergli sfuggiti: «Forse non hai ben capito una cosa. La Drydrops Records sta prendendo piede nell'ambiente, mentre noi ormai siamo abbastanza famosi per darle l'ultima spinta di cui ha bisogno. Non è un accordo il nostro, ma un mutuo soccorso. Se loro vogliono aprire uno studio a Montpellier e vogliono che lavoriamo là, beh, lo facciamo. E se vogliono che a prendersi cura degli spazi del nuovo ambiente siamo noi, facciamo anche questo. E con il sorriso.» Il suo tono non ammetteva repliche.
«Solo io trovo assurda la cosa?» Logan non si sarebbe arreso per nulla al mondo, non era nel suo carattere.
«Sì, soprattutto se questa clausola ci permette di avere meno debiti nei confronti dell'etichetta che ci produce e più libertà per gestire la nostra musica. È una grossa opportunità.» Intervenne Oliver, il più razionale tra i quattro, senza mostrare il rancore usato nei suoi confronti poco prima. Era vitale per lui che l'amico comprendesse il motivo di quelle scelte e che, per una volta, se ne facesse pure carico.
«Hai sentito il boss supremo.» Seth incrociò le mani dietro la nuca con fare rilassato. Tra tutti era quello che riusciva a vivere le situazioni con meno stress, era lui a riportare la calma all'interno del gruppo. «Il nostro nome ha un certo appeal per le altre band. Sapere che collaboriamo con la Drydrops Records farà salire alle stelle la loro richiesta, il fatto che ci facciano sistemare lo studio come più ci piace è un incentivo per l'etichetta a dettare le regole come meglio preferiscono sugli altri gruppi. Subdolo, certo, ma maledettamente geniale. E Montpellier è stata scelta perché hanno assorbito una piccola casa discografica di là, devono sfruttare gli ampi spazi acquisiti.»
Ai suoi occhi quel mezzo era ridicolo. Un po' come trovare cimeli di vecchie glorie nei vari Hard Rock Café del mondo per attrarci più gente possibile. Era un modo della casa discografica di sfruttare il loro nome per aumentare la posta in gioco nei confronti di altri gruppi, non lo trovava giusto. Eppure tutto quello riusciva a far sì che l'etichetta stesse con meno fiato sul collo ai Destination: glory, un vantaggio che non poteva sottovalutare.
«Sistemare lo studio vuol dire arredarlo, e noi non siamo dei fottuti designer d'interni, ma musicisti. Lo ribadisco nel caso vi fosse sfuggito.» Logan stava per cedere. Non c'erano più obiezioni plausibili dopo aver sentito le risposte sensate degli altri. Il suo era un modo per tutelarsi, perché aveva intuito quali fossero i veri pensieri di Carter e dei suoi amici. Soltanto in un secondo momento si rese conto di quello che aveva detto, firmando così la sua condanna.
«Davvero?» Continuò Seth con un ghigno soddisfatto. «Non sei tu quello che ha collaborato con alcuni designer di arredamenti?!»
«Erano perlopiù suppellettili.» Il fatto che fosse un batterista non precludeva che fosse un minimo acculturato. Nel tempo libero gli piaceva leggere, non capiva le facce sconvolte dei tre ogni volta che si azzardava a usare una parola un po' più ricercata, per quanto accurata potesse essere nel contesto.
«E Carter allora? Non è per caso uno stilista oltre che un musicista?» Oliver si divertiva un mondo, glielo si poteva leggere in faccia. Al posto di Logan rispose il suo silenzio, tanto che il primo continuò: «Nonostante non abbiamo delle vere competenze per arredare un intero studio, direi che il buongusto non ci manca, né l'esperienza per dire cosa possa servire.»
Carter e Seth annuirono con lui, quasi a voler sottolineare che ogni argomento contro quella scelta non avrebbe attaccato con loro.
«Ok, ho capito. La cosa si farà.» Logan alzò le mani in segno di resa, scocciato. Era solo contro il mondo, una sensazione che nell'ultimo periodo lo accompagnava spesso. «Andiamo a Montpellier a finire di registrare il nuovo album.»
Il resto del gruppo si sperticò in gesti di esultanza senza esternare a voce la propria soddisfazione, non volevano infierire su di lui. Tentativo inutile, considerato che si sentiva già bistrattato per l'inutilità della decisione.
«Resta solo da capire chi andrà.» Aggiunse Carter pratico.
«Tutti?» Fu la risposta incerta e retorica di Logan.
«Non essere idiota.» Lo riprese il cantante. «Alcuni dovranno stare qui per curarsi degli altri affari. Non ha senso che ci si presenti in quattro per sistemare un ambiente di lavoro, quando basta una persona. Hai presente che caos ci sarebbe?»
«Bene, allora come facciamo a scegliere?»
«Non contate su di me.» Carter si mise ritto in piedi, nel tentativo di sembrare più autoritario. «Devo finire entro aprile la linea invernale, inoltre ho iniziato a prestare la voce a quei famosi audiolibri, non posso interrompere il lavoro. Raggiungerei Montpellier appena conclusi questi impegni, verso maggio.»
«Ehi, io sto organizzando un matrimonio.» Si giustificò Oliver. «Non posso lasciare Amber sola più del previsto. Sarebbe una vigliaccata da parte mia sottrarmi ai miei doveri di futuro marito.»
«Sì, certo, aspetta che ci credo.» Logan non si era lasciato impietosire dal suo pensiero altruista.
«Se la mettete così devo adempiere anche io ai miei doveri di marito, Cody potrebbe lasciarmi se sapesse quanto tempo dovremmo rimanere separati. Già non ama i periodi in cui siamo in tour, quindi capite che dovrò introdurre la questione di Montpellier con un certo tatto e ridurre la lontananza al minimo. Non so se mi spiego.» Quello di Seth era un colpo basso, non era affatto corretto ricorrere alla sua omosessualità per evitare che gli altri lo attaccassero, facendolo passare per la vittima che tra loro non era.
«Giusto, io ho Jade a cui fare riferimento ora, e il nostro rapporto è ancora agli inizi.»
Ci mancava solo Carter ad addurre alla scusa della propria compagna. Da quando aveva partecipato a quel reality game, Jade e lui erano inseparabili. Stavano insieme da poco più di un anno, eppure sembravano una vecchia coppia sposata, per quanto la loro resistenza dovesse essere messa alla prova dai suoi ritmi da rockstar. Si erano conosciuti nel momento di pausa della band, durante la fase embrionale del nuovo disco, quindi non avevano sperimentato la lontananza, il jet-lag e tutta la frenesia che derivava da una vita in giro per il mondo.
Soltanto in un secondo momento Logan si rese conto delle giustificazioni degli amici, cosa che lo portò a tentare di difendersi.
«Cos...» Iniziò, rosso in faccia per la rabbia. «No! Allora io ho Kat. Perché non la considerate?»
«Perché siete in pausa di riflessione.» Osservò serafico Seth.
Tutti, inoltre, sapevano quanto le loro frequenti pause fossero delle vere e proprie rotture in cui si palesavano altre persone nel loro rapporto.
«Per la quarta o quinta volta.» Concluse Oliver con la mascella contratta. Non era proprio un fan di Katherine, la considerava un'arrivista. Non che la considerazione stupisse qualcuno, era la verità, ma c'erano cose che solo lei era in grado di fare, ed erano tutte abilità fisiche che poche donne possedevano. Logan ne sapeva qualcosa, perché da quando avevano fondato il gruppo aveva avuto parecchie esperienze.
A destare più sospetto, però, fu il silenzio di Carter, che considerava la ragazza di Logan l'origine di ogni male. A discolpa di Kat, Logan poteva dire che era arrivata in un periodo delicato della propria esistenza, e lei era un po' borderline. Le piaceva mostrare quanto potere avesse a disposizione nella sua posizione privilegiata di fidanzata di una persona famosa, quindi si concedeva il meglio: tavoli in discoteca, alcool, qualche droga. Non che Logan ci facesse caso, era uscito una decina d'anni prima da quel giro, però Kat era brava a manipolarlo e portarlo al limite; le preoccupazioni di Carter erano dunque più che legittime, soprattutto se si consideravano tutti gli sforzi fatti per far entrare Logan in riabilitazione in passato e tenerlo pulito negli anni.
«Sai anche tu di essere la persona adatta! Hai gusto, ti piace curare i dettagli di ogni ambiente.» E, per sottolineare la cosa, Carter si indicò attorno, dove l'intervento di Logan era stato massivo per evitare che quel posto fosse un ammasso di scartoffie e scatole accatastate a casaccio. «Sai cosa può servire in un posto simile e non hai nulla che ti trattenga qui.»
"La mia vita", pensò Logan amareggiato, ma aveva intuito quanto quel discorso, in realtà, non fosse finito. C'era una parte sospesa tra loro, per convincerlo, che aleggiava sulla band come un fantasma. Tempo addietro era stato denunciato per aggressione, mentre pochi mesi prima era stato arrestato per dui, driving under the influence. Di cosa fosse sotto l'influenza non era stato divulgato, ma l'episodio valse comunque la gogna mediatica all'intero gruppo, mentre a lui spettò una multa astronomica e delle ore da scontare nei servizi socialmente utili, una pena già saldata per dimostrare quanto fosse pentito di ciò che era successo.
Evidentemente, però, non era bastato. Carter era bravo a persuadere le persone, sia Oliver che Seth in quel momento ne erano la prova. Era chiaro l'intento di suo cugino di allontanarlo dal mondo e dalle persone che riteneva responsabili della sua deviazione, e aveva convinto gli altri due della stessa cosa. Non poteva scappare dalla decisione che avevano già preso.
Lo trattavano da immaturo, esiliandolo al posto di costringerlo a un'altra riabilitazione, ma forse se lo meritava, se a trentatré anni si era avvicinato a cedere a ogni vizio possibile dopo aver giurato di smettere. Dopo essere rimasto pulito per dieci anni.
Guardò ognuno degli amici in faccia, il senso di colpa a logorarlo dentro, e si rese conto di non poter scappare dalla propria espiazione. In fondo lo doveva a tutti loro.
«Va bene.» Ammise a malincuore. «Partirò io per sistemare la faccenda.»
Si girò verso Carter per fargli capire che la vicenda non era conclusa, perché avrebbero dovuto parlare di alcune questioni private, poi si dedicò agli amici e alla prima dimostrazione di fiducia degli ultimi mesi. Forse poteva rimediare agli errori commessi.
Logan era appoggiato al parapetto di un balcone a Montpellier. Aveva appena finito di fumare una sigaretta, stagliato al tramonto infuocato di quella strana città. Non che avesse ripreso davvero a fumare, ma sapeva quanto potesse dare fastidio a Carter, il quale era stato testimone dell'atto poco prima tramite una videochiamata. Il cugino, spostando una ciocca di capelli biondi dal viso con fare stizzito, l'aveva ringraziato per aver avuto almeno l'accortezza di non farlo all'interno dello studio, così il batterista gli ricordò che nemmeno a casa amava fumare dentro quattro mura.
Appoggiò le mani al bordo della balaustra e sospirò arreso a quella situazione. Si trovava in Francia da un paio di giorni e, oltre a non essersi ancora abituato al fuso orario, non riusciva a rassegnarsi all'idea di doversi fermare lì, da solo, per un periodo di tempo che non poteva definirsi del tutto temporaneo. La città era bella e brulicava di vita, ma in maniera diversa rispetto a Los Angeles. Logan sovrastava la strada periferica di una via più grande dal primo piano di un palazzo in stile barocco. Dal gusto elegante e la facciata bianca e pulita, guardava la vita al di sotto di lui scorrere nella sua quotidianità. Le persone uscivano ed entravano dal piccolo supermercato accanto all'edificio in cui si trovava, altre si rifugiavano nel café sull'angolo, sotto lo studio. Sembrava che Montpellier si svegliasse dopo le cinque e mezza, momento in cui i primi uffici chiudevano i battenti, per permettere alla gente di concedersi un po' di tempo per sé. A LA quel clima febbrile lo si percepiva sempre, quindi, i momenti di calma precedenti al tardo pomeriggio, lui non riusciva proprio a concepirli.
Era abituato a visitare altre città. Uno dei tanti pregi del suo lavoro era quello di poter vedere il mondo, anche se in modo alquanto superficiale, considerato il poco tempo a disposizione per fare il turista, ma ora capiva la differenza abissale che passava tra sistemarsi in pianta stabile e muoversi per diverse città ogni giorno. In tour era ospite del paese di turno. Parigi, Londra, Tokyo e Rio erano solo gli sfondi – seppur maestosi – dei loro show, il meglio che potevano offrire a lui e al gruppo erano ristoranti, hotel, locali e qualche escort del posto. Non si era mai lamentato perché non era altro che ciò di cui aveva bisogno in quei momenti. Ora, invece, si sentiva un estraneo. Era uno dei tanti tra la folla che animava le vie sottostanti, ma non sapeva dove andare, perché non conosceva niente del posto, né avrebbe voluto farlo. Era impossibile interagire a causa della lingua diversa. Era una vita a cui non era abituato.
«Goditi la pace finché non siamo lì.» Gli aveva detto Carter nella chiamata ricevuta poco prima.
Maledetto stronzo, l'aveva pensata bene.
Non era il tipo da lasciare qualcosa al caso e, dopo aver visto la situazione in cui l'aveva cacciato, si era convinto che la cosa fosse premeditata, studiata in ogni piccolo particolare.
Logan non sapeva niente di francese, eccezion fatta per un paio di saluti, ma conosceva lo spagnolo, imparato alle superiori e affinato nel parlare con la domestica, Maria. La lingua era dunque un impedimento. Come avrebbe potuto ordinare un cocktail in un club la sera? C'erano dei club in quella città?
Certo, avrebbe potuto farsi capire con il linguaggio dei soldi, aveva imparato che apriva ogni porta, ma che senso aveva uscire e bere da solo? Era squallido. Inoltre non avrebbe giovato né a lui, né alla sua immagine. Se fosse stato nella città degli angeli sarebbe stato diverso, avrebbe potuto andarsene in giro, incontrare qualche conoscente e improvvisare una serata su due piedi, ma a Montpellier sarebbe stato visto come la star che girovagava solo come un cane per ubriacarsi e passare il tempo, anche se non era vero. E non era da lui cadere così in basso.
I suoi amici l'avevano isolato per responsabilizzarlo, lo capiva, era il loro modo per dargli una seconda possibilità, lontano dalle persone che l'avevano portato a quel punto critico, senza che finisse di nuovo in riabilitazione e che la cosa, poi, si ripercuotesse sul gruppo. Eppure riusciva a sentirsi soltanto perso, senza alcun punto di riferimento. Lontano da quelli a cui teneva davvero, impotente e incastrato in un mondo che non sentiva suo.
Carter l'aveva fatto per il suo bene, ma in realtà l'aveva mandato alla deriva, e Logan non si sentiva in grado di salvarsi da solo.
Attese che il tramontoscomparisse oltre i profili dei palazzi di fronte a lui, poi rientrò e prese unblocco dove annotare le idee per ogni ambiente, di modo da riempire le piantineche aveva disegnato in precedenza. Tutto, pur di non pensare a quello che siera lasciato alle spalle.
Eccoci qua, alla fine Montpellier è la meta. Cosa ne pensate? Logan ha bisogno di staccare un po' da Los Angeles, non credete?! In questa storia, almeno all'inizio, Logan sarà completamente diverso. È una persona che, a causa dello stress, vive di assoluti: o va tutto bene, o va tutto male. Qui, chiaramente, è in una fase no. Ma è solo l'inizio ;)
Inoltre ci tengo anche a lasciarvi il logo dei Glory, perché l'ho immaginato proprio così.
Mi auguro di cuore che questo estratto vi sia piaciuto, spero vivamente che vi abbia incuriosito!
Inoltre volevo informarvi che, grazie ai vostri voti, Matched è in finale agli Italian Writers Awards. Sono felicissima di aver raggiunto un traguardo simile, soprattutto perché la mia è una piccola storia, una tra le tante nel mare di Wattpad. Non vincerò mai, ma è già un'immensa soddisfazione essere arrivata fino a qui!
Cris
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